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I veneti sono persone straordinarie.
Sono riuscito a vivere quattro anni in Veneto malgrado loro ammirandone estasiato l’arte di combinar pasticci e porvi rimedio in un battibaleno, magari un po’ impacciati perché alla fine tutti riconoscono che xé pegio el tacón del buso.
Se c’è qualcosa che caratterizza i veneti rispetto ai loro dirimpettai lombardi è la totale assenza di prepotenza. Senso di superiorità, sì, voglia di primeggiare senz’altro, spacconeria -quando serve- quanta ne vuoi, diffidenza nei confronti del prossimo a quintalate (de ti no che no me fido, ti xé massa un impostor). Ma prepotenza mai.
Così hanno tirato fuori questa storia dell’indipendenza e del referendum. Che è, se vogliamo vederla proprio fino in fondo, una coglionatura di quelle gigantesche, ma che rivelano come i veneti siano degli straordinari prestidigitatori con le parole, al punto da aver trasformato un sondaggio in un referendum, una raccolta di opinioni spontanee (e tutte legittime e rispettabili) in una delibera del popolo sovrano.
I veneti sono gli unici che credono che il 73% di loro abbia votato a questo sondaggio on line quando solo il 60% della popolazione può contare su una connessione Internet. A questo punto il sondaggio potevano farlo per alzata di mano.
Son così i veneti, scoprono di averla pestata, si incazzano, sbràitano, tiran giù due bestemmie, tracannano una tagliatella dal Nardini e non gliene frega niente, neanche dell’indipendenza alla “Marieta-monta-in-góndoea“. Chè domani c’è da alzarsi presto e da andare a lavorare, e i tosi xé stràchi, vardalà…