Il Ministro del Rancore e lo spazzacorrotti

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salviniatto

C’era una canzone di Renzo Arbore che si intitolava “Je faccio ‘o show”. Non se la ricorda nessuno, ma pazienza. In compenso ieri Salvini lo show lo ha fatto sul serio, aprendo in diretta Facebook, e seguito da 30.000 fans (neanche tantissimi, a dire il vero), il plico proveniente dalla Procura della Repubblica di Palermo e contenente l’informazione di indagine per il reato previsto dall’articolo 605 del codice penale, firmato dal Procuratore in persona Lo Voi e esteso sotto forma di lettera gentile, breve, concisa ma chiara e netta.

Lo show è continuato con il solito attacco alla magistratura, rea soltanto di non essere stata “eletta dal popolo” come lui. Che non è stato nemmeno eletto, ma nominato, come diceva Beppe Grillo quando era ancora vivo. Poi se l’è presa con i suoi tradizionali avversari:  Roberto Saviano, Gad Lerner, Matteo Renzi, Fiorella Mannoia. No, dico, se la è presa con Fiorella Mannoia, quella di pesca forza tira pescatore e dimmi dimmi mio signore. La cantante. Che male può fargli una canzonetta? Non si sa. Ma l'”eletto dal popolo” che spettacoleggia su Facebook ci ricorda da vicino il Berlusconi che, pure, se la prendeva con i magistrati gridando al colpo di stato e all’uso politico della giustizia. Solo che lui non aveva bisogno di Facebook, aveva i giornali e le televisioni per condizionare l’opinione pubblica italiana.

Intanto che Salvini fa ‘o show, il ministro della giustizia Bonafede è orgoglioso del decreto “spazzacorrotti” che sta per essere discusso in Parlamento. Quello che prevede l’istituzione della laida figura del pentito. Perché sarà introdotta una norma che prevederà la non punibilità del corrotto che, dopo essere stato folgorato sulla via di Damasco e una volta pentitosi, si autodenuncia entro sei mesi dal fatto, sempre che non sia stato indagato prima, restituendo il maltolto e dando ampie indicazioni alla magistratura su dove trovare il denaro da restituire. Non si sa che fine faccia il corruttore, ma queste sono cose secondarie. Ora, se un corrotto può farla franca fingendo un provvidenziale ravvedimento che lo salvi dal gabbio, vi immaginate un ladro di autoradio (ma si rubano ancora le autoradio??) che non può andare dal giudice a dire “Restituisco la refurtiva, ma non processatemi”?? Siamo all’assurdo che per un furtarello si va in galera e non ci sono santi, e per aver preso mazzette ce la si può cavare facendosi spuntare l’aureola dei bravi cittadini redenti, quando il reato di corruzione desta un allarme sociale notevole. Per uscire indenni da una accusa di diffamazione bisogna mettere mano al portafoglio e risarcire il danno prima che cominci il dibattimento (sempre se il giudice lo accetta), per una corruzione basta un “mea culpa”. E che cazzo!

E’ uno spettro da seconda repubblica che non spaventa ormai più nessuno. Però inquieta non poco.

Un altro “un’altro” su Wikinews

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unaltro

I Wiki*.* (Wikipedia e i suoi cosiddetti “progetti fratelli”)sono indubbiamente molto efficaci per far fronte alle idiosincrasie di tanti suoi utenti: hai voglia di sfoggiare tutto il tuo sapere? Vai su Wikipedia e ti sentirai anche tu autore di un pezzo di cultura condivisa; hai voglia di giocare al piccolo curatore editoriale? Wikisource te de dà la possibilità; hai velleità da professorone? Ti iscrivi a Wikiversità e il gioco è fatto. Tutto libero, tutto gratis, tutto a portata di mano, tutto orrendamente fasullo.
E chi è che non ha mai sognato di fare il giornalista almeno una volta nella sua vita? Niente paura, c’è un rimedio anche per quello. Si chiama Wikinews ed è una specie di Wikipedia delle notizie. C’è tutto, non manca nulla, la pagina principale, il bar (chissà mai se serviranno una Coca-Cola come si deve), il portale della comunità, il link per fare una donazione (si sa che senza lìlleri non si làllera), il link alla pagina in altre lingue. Manca una cosa sola, ma è un dettaglio trascurabile: le notizie.
Sono andato, così per curiosità, a vedere quali fossero le ultime notizie pubblicate alla data di oggi: ce n’è uno dell’11 maggio sugli autobus vecchi, tutto il resto sono cronache della giornata di serie A e di serie B. Nessuno che parli del governo che Bibì e Bibò hanno in animo di assemblare (sembra in effetti un PC che ha più problemi di conflitti che altro), nessuno che riferisca sugli incidenti sul lavoro dell’Ilva, sul rinvio a giudizio nell’ambito del processo Ruby Ter di Berlusconi, ma nemmeno sulla sua riabilitazione e così via elencando gli ultimi fatti della settimana. Ecco l’elenco delle ultime pubblicazioni:

wikinews

Ogni tanto si legge qualcosa. Ma è veramente una sofferenza guardare questo progetto languire e non essere che un vorrei-ma-non-posso della Wikiconoscenza on line. E quando si legge qualcosa ecco che appaiono di nuovo gli sfondoni. E’ dal 4 dicembre 2007 che è on line un articolo intitolato “Guantanamo: nuove rivelazioni sul manuale operativo militare di Delta Camp” che contiene la versione “un’altro” con l’apostrofo al posto di “un altro” scritto correttamente. Cioè, dal dicembre 2007 i volontarissimi del progetto non si sono nemmeno resi conto di un errore madornale di ortografia (del resto la voce non viene più modificata dal 25 agosto 2010), e non c’è stato nessuno che abbia avuto un po’ di pietà nei confronti del lettore finale e abbia deciso di correggerla. Ingrati.

Non resta che archiviare anche questa versione PDF a perenne memoria y que otros se jacten de las paginas que han escrito.

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La sentenza della trattativa stato-mafia è come un film in bianco e nero (ri)visto alla TV

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trattativa

E allora è stato definito finalmente da una sentenza di primo grado che sì, la trattativa stato-mafia ci fu, e che Dell’Utri, Mori, Subranni e De Donno debbono essere condannati a 12 anni di reclusione. L’ex senatore Mancino, invece, deve essere assolto. Il teorema regge e le ipotesi cominciano a trovare un fondamento giuridico, una radice profonda nelle sentenze di quei giudici che hanno sostanzialmente accolto l’impianto accusatorio dei pubblici ministeri. E’ stato proprio Di Matteo a dire: “Sanciti i rapporti col Berlusconi politico”. L’ex Cavaliere ha replicato: “Parole di una gravità senza precedenti”. E via schermeggiando.

Comunuque vada, non è una novità. Delle trattative stato-mafia si sapeva già da quando la sentenza contro Giulio Andreotti mise la pietra tombale della prescrizione su eventi antecedenti la primavera del 1980. Eventi che sono stati dimostrati, confermati e vagliati da tre gradi di giudizio. Non era vero nulla quello che urlava esultante l’allora più giovane avvocato Giulia Bongiorno nel comunicare al suo assistito l’esito favorevole della sentenza di Cassazione: “E’ finita, è finita per sempre!” Qui quello che resta per sempre sono fatti comprovati e inaccessibili per il decorrere del tempo dalla giustizia di stato.

In ogni modo, quello di oggi è un film già visto. Un film dell’orrore, s’intende.

Magistratura vo’ cercando

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toghe-giustizia

E son di nuovo tutti ancora lì a dirci che non dobbiamo perdere la fiducia nella magistratura, che la magistratura non va delegittimata, che è al servizio del paese e che, in $oldoni, ha sempre ragione anche quando sbaglia.

L’ultimo caso in ordine di tempo è quello della sentenza della Corte di Strasburgo che sanziona l’Italia perché Contrada non doveva essere condannato per concorso esterno in associazione mafiosa. Un danno morale per 10.000 euro (briciole, rispetto al danno morale effettivamente patito) e lo spunto per una revisione del processo.

Già, ma com’è che i magistrati di primo grado, di appello e di Cassazione non se ne sono accorti? Non basterebbe questo per creare quanto meno un clima di legittimo sospetto tra l’opinione pubblica e chi aveva il compito di verificare tutte le condizioni di condannabilità di un uomo?? Perché, minchia, c’è una bella differenza tra una condanna e una sentenza che afferma che qualla condanna non doveva essere comminata. E se questa differenza non la vedono i magistrati chi dovrebbe vederla, il pizzicagnolo all’angolo? E’ a loro che ci affidiamo per far andare avanti la giustizia, non vogliamo dire che possano esserci anche delle sentenze diverse e perfino contrapposte, vogliamo solo dire che questo squilibrio non può essere degno di uno stato democratico e di diritto.

Facciamo un salto indietro. Ai tempi di Mani Pulite la magistratura aveva addosso il sacro crisma dell’unzione da parte dell’opinione pubblica con tanto di invito a non fermarsi. E finché a cadere nel pentolone erano i Craxi e i Forlani tutti erano contenti: era uno shakerare in continuazione la classe politica italiana, finché qualche pera marcia non cadeva giù dall’albero.
E la gente voleva che questi magistrati non si fermassero, a tal punto che quando anziché il pezzo grosso, cadeva nel pentolone il pesce piccolo, il pesce piccolo si meravigliava. Del resto lui non faceva politica, ma magari aveva una fabrichètta e dava i dané, sì, insomma, la bustarèla, la stècca, all’assessore del comune di Legnate sul Groppone per beccarsi l’appalto e vedersi assegnati i lavori di ritinteggiatura dei cancelli degli edifici pubblici. E allora cosa vogliono da noi, che non stiam minga a scaldar le sédie, té, ciapa là, l’è propi ‘nsci che va la vita, e alle elezioni successive il voto era per Berlusconi.

Ecco, io son convinto che non è che la gente che ha votato Berlusconi abbia visto in lui una persona capace e politicamente formata, anzi, penso proprio che a quella gente lì della preparazione politica di Berlusconi non gliene potesse fregare una mazza: chi ha votato Berlusconi ha votato un simbolo, quello dell’imprenditore che ha tante ma tante svànziche e che è riuscito a non farsi mai beccare. Alla gente non piaceva Berlusconi, piaceva l’impunità che lui rappresentava.
Riusciva a metterseli tutti nel sacco, lui, e quando non ci riusciva tutto era colpa dei magistrati comunisti, colpevoli di far politica a colpi di sentenze.

Poi un bel dì l’han condannato pure lui e allora, anziché acquistare fiducia nella magistratura la gente ne ha persa ancora di più. Fino ad arrivare al folle che ha sparato al suo giudice.

Senza arrivare ad aberrazioni del genere, basterebbe essere consapevoli del fatto che la magistratura e le sentenze che emette possono essere oggetto di critica come qualunque altro potere o espressione del pensiero e di esercizio della legge al mondo. A qualcuno andrebbe via la voglia di ammazzare, ad altri quella di sentirsi protetti qualunque cosa dicano o facciano.

Il romanzo popolare di Elena Ceste

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E’ un po’ di tempo che non faccio “outing”.

Quindi dichiaro davanti a persone di specchiate fede e moralità quali reputo i lettori del mio blog, che io guardo “Chi l’ha visto?” il mercoledì su RAI3 e anche “Quarto grado” il venerdì su Rete Quattro. E’ l’unica coincessione che faccio ai canali di Berlusconi ma lo guardo.

Mi piacciono questi programmi che vanno a rimestare nel torbido e che per farlo hanno bisogno della qualifica di “televisione di servizio”. Sono letteratura, non televisione. Letteratura di genere “minore”, certo, come erano i romanzi di Carolina Invernizio o i racconti di cappa e spada, come il giallo Mondadori comprato ogni due settimane all’edicola. O come “Urania”. O “Segretissimo”. O “Il giallo dei ragazzi”, per chi se lo ricorda (e ci vuole una memoria di molibdeno tungstenato a ricordarselo).

Il genere è quello del romanzo popolare. La quotidianità si fa racconto, e allora è avvincente anche quando viene ricostruita decine e decine di volte (si veda il caso, perché non esistono risvolti giudiziari consistenti).

Il caso di Elena Ceste è stato sviscerato fino all’inverosimile. Oggi il marito è stato raggiunto da un avviso di garanzia per omicidio volontario (non si sa se anche per occultamento di cadavere). Il cadavere, o quel poco che ne restava, è stato trovato giorni fa.

Mi aveva sempre colpito la religiosità di questa donna che ha fatto quattro figli e che ora rischiano di trovarsi, oltre che senza madre, anche senza padre. Una religiosità che semprava costituire una zavorra al suo poter vivere in maniera libera. Quasi sicuramente questa donna aveva tradito il marito, e il senso di colpa ha fatto sì che o lei si suicidasse o che venisse ammazzata. Ed è il senso della “vergogna”, del “peccato” a farla da padrone. Come se non dovesse/potesse esserci anche un senso del “perdono” da parte di un marito che, se la sera del litigio non si fosse messo a guardare “Don Matteo” alla televisione, magari avrebbe fatto meglio. E’ morta nuda perché la nudità è lo stato in cui l’uomo e la donna furono cacciati dall’Eden, dopo aver mangiato del frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male (boia come sono ganzo!). Aveva chattato su Facebook (mal gliene incolse!), aveva ritrovato persone che aveva conosciuto, aveva approfondito la conoscenza, magari aveva anche consumato qualche rapporto sessuale con una o più di queste persone, ma ci sono tante cose, in primo luogo il perdono e, nel caso, la separazione e il divorzio. Ma per chi ha una vita di fede questi non sono rimedi a cui ricorrere, sono marchi di infamia, sono stigmi. E allora si va a morire, nudi, per aggiungere vergogna a vergogna e per farla finita con quello che si è vissuto come un’onta incancellabile.

Bella storia, sì. Poi magari vi parlo anche di Roberta Ragusa.

Travaglio ha ragione!

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Travaglio ha ragione. Può magari risultare antipatico a qualcuno (e va beh…); a me, per esempio, non piace il fatto che affibbi nomignoli ai politicanti e ai politichesi italiani. Quel ricorso giornalistico per cui, sempre per esempio, Angelino Alfano diventa Angelino Joli. Lo trovo un insulto al suo indiscutibile talento. Non mi piace nemmeno che sul suo giornale Berlusconi venga indicato come “B.”. Ma “B.” de che?? Ci vuole tanto a scrivere un cognome per esteso? Mica devi mandare un SMS che se sfori i 160 caratteri il gestore ti tassa del doppio. E non sei nemmeno su Twitter, che cazzo.

Ma a parte queste piccolezze Travaglio ha ragione. Quando distingue i fatti dalle opinioni e quando i fatti li documenta. E’ questo che fa incazzare i suoi interlocutori: quello che dice è vero.

E ieri sera in TV era perfettamente vero quello che diceva alla presenza del Presidente della Regione Liguria Burlando che gli ha chiesto se lui devierebbe il Fereggiano: “Non sono mica un ingegnere idraulico, la paghiamo profumatamente per decidere. (…)”. E’ come dire “Ognuno si tenga i propri ruoli”. Che è la prima cosa che dovrebbe avvenire in un confronto (o scontro) normale. Ma non c’è stato nulla di normale in quella sede. Santoro ha cercato di troncare lì la polemica con un “Marco, questo è un luogo di discussione, non si insultano le persone, basta”. Chissà che insulto c’è nel ricordare a un Presidente di Regione che ha la responsabilità dei suoi atti, siano essi compiuti o mancati! E allora Travaglio ha deciso di andarsene. Devo riconoscere che lo ha fatto a larghe falcate mostrando una tensione e un nervosismo notevoli, ma nessuno è obbligato a stare calmo e a mostrare imperturbabilità in una situazione del genere.

Santoro ha scambiato l’assunzione di responsabilità per atto antidemocratico e la critica (feroce, sì) per una azione antidemocratica, e questo è grave. Spero che dalla prossima puntata, sia che Travaglio resti che se ne vada, qualcuno pensi a un titolo diverso da quello di “Servizio Pubblico”.

L’Instituto Cervantes censura la presentazione di un libro sulla mafia

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Íñigo Domínguez è un giornalista e scrittore che lavora al quotidiano “El Correo” come corrispondente da Roma.

L’Instituto Cervantes è l’organismo di diffusione di lingua e cultura spagnola più accreditato nel mondo.

Íñigo Domínguez ha pubblicato un bel libro intitolato “Crónicas de la mafia” che ripercorre storicamente tutte le tappe del fenomeno mafioso dall’ottocento ai giorni nostri. E’ un libro scritto con attenzione, scrupolo e verità. E’ stato presentato a Madrid, Barcellona, Oviedo e Santander e ha venduto oltre 5000 copie.

L’ultimo capitolo è dedicato a Berlusconi e ai suoi rapporti con Marcello Dell’Utri e Cosa Nostra.

E’ stata organizzata una presentazione del libro a beneficio degli spagnoli che vivono a Roma, ma l’Instituto Cervantes fa un passo indietro. La presentazione non si fa più. Il saggio di Íñigo Domínguez è scomodo, rischia di compromettere i rapporti con l’Italia (la verità compromette i rapporti?). L’ambasciata spagnola a Roma dichiara che  “L’Istituto Cervantes deve fare promozione culturale. Un libro sulla mafia è controverso, scomodo e il Cervantes non deve entrare in certi argomenti. E’ come se l’Alliance Française (Istituto di cultura francese ndr) presentasse a Madrid un libro sull’Eta scritto in francese da un giornalista francese” (fonte: il Fatto Quotidiano).

L’Instituto Cervantes che applica la censura nei confronti di un’opera più che dignitosa non può portare nella sua denominazione il cognome dell’autore del Chisciotte, faro di letteratura universale. La censura non è e non può essere patrimonio comune e universale da associare all’opera del Sommo. E anche gli spagnoli hanno il diritto di sapere che cos’è la mafia.

Sfidamento ai servizi sociali

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La sentenza sull’affidamento in prova ai servizi sociali per Berlusconi (o, in alternativa, la misura più afflittiva degli arresti domiciliari) si dovrebbe conoscere oggi pomeriggio alle 17.
Anzi, probabilmente neanche in quel momento, avendo il Giudice deputato un periodo di tempo fino a 5 ulteriori giorni per decidere.

Tutti, però, dànno per scontato che il Nostro andrà in affidamento. Non solo, ma ci dicono anche dove (in una comunità per anziani non autosufficienti) e per quanto tempo (un giorno alla settimana per non più di sei ore).

C’est à dire che si sa GIA’, prima ancora che il Giudice sia sia pronunciato in proposito, quello che sarà il destino dell’ex Cavaliere, neo pregiudicato.

Non sappiamo chi lo abbia deciso, o chi abbia pilotato la stampa, la radio e la televisione a diffondere questa notizia, ma intanto è stata diffusa e sta avendo effetti devastanti. A parte il fatto che chiunque sia stato condannato a quattro anni i reclusione e dovesse scontarne uno, anzi, 9 mesi per effetto della cosiddetta “buona condotta” ad assistere i vecchietti ci andrebbe di filato, per un giorno alla settimana e per non più di sei ore. Pazienza se per un giorno alla settimana.

Il punto è che si sta facendo una inaccettabile pressione sui giudici, che dovrebbero poter decidere in autonomia e serenità.

Quello che si teme è che se a Berlusconi venissero dati gli arresti domiciliari avrebbe delle condizioni indubbiamente più restrittive come, ad esempio, il divieto di avere contatti con estranei ai familiari più stretti. Una sorta di Sant’Elena che preluderebbe al tramonto politico e personale del badante del cane Dudù, senza passare dal “via” della propaganda elettorale per le europee.

Così, in caso di affidamento ai servizi sociali la magistratura diventerebbe di colpo comprensiva e degna dei propri ruolo e funzione, mentre se dovesse prevalere l’ipotesi dei domiciliari si potrebbe dare la colpa alle solite toghe comuniste e tirar fuori la teoria del complotto e della giustizia a orologeria per un pregiudicato che sta cadendo nel vortice di una serie inevitabile di condanne che nessuna palla di vetro tribunalistica potrà mai evitare.

Il testo del fuori onda Toti-Gelmini su Berlusconi

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G: Come sta il cavaliere, sta bene?
T: (…)
G: Meglio così, è parcheggiato.
T: Gli fa male dietro il ginocchio, non cammina.
G: Ah sì?
T: E’ con le stampelle, ma siccome non ha tanta forza…
G: Non si tira su
T: Il resto no, sta uguale. Sta…non sa cosa fare con Renzi…
G: Non ho capito.
T: Non sa cosa fare con Renzi
G: E lo so.
T: Perché ha capito che ‘sto abbraccio mortale ci sta distruggendo ma non sa come sganciarsi… è angosciato dal 10…
G: E certo.
T: Una de “La Stampa” di Torino mi ha detto che non gli dàno un cazzo neanche gli assistenti (affidamenti? ndt) sociali, gli dicono vada a casa, stia lì e non rompa i coglioni.
G: Sì è un consiglio perfetto.

Dalla Turchia con livore

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A seguito del mio articolo sull’oscuramento di Twitter in Turchia, mi sono arrivati commenti pubblici e mail private di un signore italiano che vive lì. E che ha cercato notizie su Kati Hirschem. Lo rassicuro, è un personaggio letterario.

Definisce il mio articolo “ridicolo e superficiale“. E fin qui è un suo diritto, non è certo questa la sede adatta per discuterne.

Mi segnala, inoltre, di non vedere “in esso nessuna analisi o conoscenza dei reali accadimenti qui in Turchia” e mi fa notare che mentre io me ne sto al calduccio nella placida democrazia italiana che mi permette qualunque libertà di espressione, in Turchia alcuni giornalisti languono nelle galere del Paese senza neanche un processo sommario (l’espressione che ha usato è, letteralmente, “senza processo“, quindi si intende “senza NESSUN tipo di processo” neanche quello sommario alla Ceausescu, per intenderci).

Partiamo da una premessa necessaria e indispensabile: Twitter, Facebook, YouTube e anche Wikipedia NON sono risorse democratiche della rete.
Appartengono a dei gruppi di interesse che vi versano fior di quattrini (o, in altri casi, li fanno versare dai donatori) e, quindi, il loro contenuto può essere censurato, elaborato, oscurato o mantenuto secondo i parametri che questi gruppi di interesse stabiliscono volta per volta per il loro esclusivo e personale tornaconto.
E’ il caso, ad esempio, della foto della donna africana che allattava a seno nudo oscurata da Facebook.
Non si sa quanti account al giorno vengano chiusi di iniziativa di Twitter, ma sappiamo che, a torto o a ragione, ci sono.
YouTube è il più grande contenitore di filmati e musiche protetti da diritti d’autore. Questo non vuol dire che YouTube sia illegale (il contenitore non può essere responsabile di chi immette i contenuti) ma significa che se si procedesse contro TUTTI coloro che immettono contenuti illegali su YouTube, YouTube crollerebbe.
Sulla non-democrazia in Wikipedia (autentica terra di nessuno) ho scritto così tanto che vi rimando alla sezione relativa.

Cosa so della situazione in Turchia?
Vediamo, so che il Primo Ministro si chiama Erdogan, che non è un signore esattamente tollerante (come Berlusconi), ma che è andato al potere perché una maggioranza del suo paese lo ha votato in elezioni regolari e definite “democratiche” alla vigilia, che ha condanne penali (come Berlusconi) e che sotto il suo governo sono state varate leggi che permettono di bypassare la funzione della magistratura, come è accaduto nei governi Berlusconi, ma stavolta in materia di censura. L’editto bulgaro su Biagi, Santoro e Luttazzi, insomma, come l’editto di Ankara contro Twitter. Solo che di Enzo Biagi si sono dimenticati tutti, mentre di Twitter in Turchia ci si dimenticherà fra due giorni.

Beninteso, la colpa non è solo di Berlusconi, che ha vinto anche lui delle elezioni democratiche, a differenza di Renzi. Il 1 aprile prossimo, in Italia, entrerà in vigore il regolamento dell’AGCOM che toglie alla magistratura il potere di stabilire, attraverso un regolare dibattimento processuale, cosa è coperto da diritto d’autore e cosa no, e di oscurare, eventualmente, i siti che ospitano questi materiali.

Alla faccia della democrazia italiana!

 

Grafica da: http://it.wikipedia.org/wiki/Turchia

La dama bianca

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E’ già diventata “la dama bianca” la neoarrestata Federica Gagliardi, accompagnatrice di Berlusconi al G8 di Toronto del 2010.

E’ una severissima ingiustizia giornalistica. La “dama bianca” quella vera, Giulia Occhini, compagna di Fausto Coppi, fu condannata a tre mesi di carcere per adulterio, cioè per amore.

La Gagliardi è stata beccata con 24 chili di cocaina (che è pur sempre una “dama bianca” anche quella, a suo modo) nel bagaglio a mano di un volo che, voglio dire, 24 chili di bagaglio a mano, ma che cazzo ci deve portare una persona sull’aereo?

C’è sempre questo becerismo di massa che gioca con le parole e riadatta maglie un po’ strettine della storia passata a quella presente, quando l’unica maglia da ricordare con la dama bianca era quella biancoceleste di un uomo solo al comando. Il suo nome era Fausto Coppi.

La grande Medusa

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Il grande Sorrentino, sotto il beneplacito dei grande Fellini, del grande Maradona e dei grandissimi Talkin’ Heads, è arrivato con una grande 500 a ricevere il grande applauso per aver rappresentato filmicamente una grande Italia e avere distribuito il suo lavoro con la “Medusa”, così il grandissimo Innominato ci guadagna qualche cosina anche lui a vendere il Made in Italy all’estero, e si piglia la briga di farlo vedere all’universa Italietta becero-comunista stasera su Canale 5, chè un po’ di grande pubblicità male non fa nemmeno lei, date retta.

Poi se ne vien dove col capo giace/appoggiato al barile il miser Grillo

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Massì, massì, è tutta colpa di Grillo che ha defenestrato i parlamentari del Movimento 5 Stelle, rei di aver opinato che è stato un errore andare a dire “Io non sono democratico con voi” al neo-Presidente del Consiglio consultante perché non gli si doveva dire nemmeno il fatto suo.

Ma certo, ci mancherebbe, la questione è che nemmeno il Movimento 5 Stelle è democratico e chissà cosa vogliono questi qui, a parte rassegnare delle dimissioni che saranno fittiziamente respinte dal Senato, e andare a creare un gruppo autonomo o finire nel gruppo misto (senza più neanche l’obbligo di restituire una parte dello stipendio mensile alle casse dello stato).
La questione non è che la direzione del Partito Democratico ha imposto a un paese intero un cambio di Premier (atto decisamente democratico) senza passare per le urne (a che servono le elezioni, del resto?), non è il PDL che caccia Fini (“Che fai, mi cacci?” Sì!), no il punto è che la gente se ne va perché non è più in sintonia con chi l’ha votata, e allora, basta, se ne vada pure e più non ci percuota lo scroto.

I versi del titolo sono tratti dal XVIII canto dell'”Orlando Furioso”. A volte si dice, eh?

La Signora della porta accanto

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Letizia Marinelli

Questa signora è la nuova arma di distrazione di massa della disinformazione  e del pettegolùme abruzzese.

Credo che tutti siano d’accordo nel ritenere, insieme a lei, che l’adulterio non è più reato. E possiamo tranquillamente aggiungere che ognuno fa la nanna con chi vuole, avendo da rispondere esclusivamente alla propria coscienza e alla propria famiglia, se ne ha una.

Basta, non c’è altro.

Non ce ne frega niente se ha trascorso una notte d’amore con il Governatore Chiodi nella stanza 114 dell’Hotel del Sole di Roma, piuttosto che se ha occupato con lui o con chiunque altro, ma anche da sola, la numero 3 di un albergo a ore (“la meno schifosa”, secondo una canzone di Herbert Pagani). Né tanto meno se quella notte d’amore sia stata il frutto di una debolezza o di una passioncella passeggera o se quella relazione sussista tuttora.

Ci interessa, casomai, con quali soldi quella notte d’amore, ovunque consumata, sia stata pagata, se coi soldi pubblici o coi loro soldi privati.

Perché se è stata pagata con i soldi privati sono ancora affari loro e la cosa non costituirebbe notizia. Se, come pare, sarebbe stata pagata con i soldi pubblici, allora è solo questo il dato che importa. Se Chiodi fosse stato da solo e avesse pagato con la carta di credito della regione una dormita prima della quale si fosse fatto portare, che so, una bottiglia di champagne, sarebbe stata la stessa cosa.

Se ci sono stati favoritismi nei confronti della signora stessa o di suoi familiari lo si dimostri e basta. Se no lasciatela in pace.

Perché quella che è passata in secondo piano è stata la dichiarazione dello stesso Chiodi: “Ho sentito Silvio Berlusconi e non ho alcun dubbio sul fatto che sia io il candidato di centrodestra”.

E vincerà.

 

La prescrizione secondo Wikipedia

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Su Wikipedia, alla voce in italiano riguardante “Adriano Sofri” è riportato che:

“Leonardo Marino, (…) invece fu inizialmente condannato e successivamente assolto per intervenuta prescrizione del reato (…)”

Ora, bisognerebbe spiegare, e per l’ennesima volta, a Lorsignori, che se un reato viene dichiarato prescritto, questa NON è una assoluzione. Se no l’imputato sarebbe stato assolto (per non aver commesso il fatto, o perché il fatto non sussiste o perché il fatto non costituisce reato).

Nel caso di Leonardo Marino, poi, la responsabilità era stata, secondo la stessa Wikipedia, riconosciuta nei gradi di giudizio precedenti. Dunque, ancora una volta, Marino era responsabile ma non poteva essere condannato perché sono passati troppi anni dai fatti contestati alla data della sentenza definitiva. E lì muore il processo.

Ma “non essere stati condannati” non significa automaticamente “essere stati assolti”. Non è che prima uno era colpevole (condanna) e poi non lo è stato più (assoluzione).

E’ un pensiero di formazione tipicamente destroide per cui “nessun condannato = tutti innocenti” (del resto quante volte le prescrizioni di Berlusconi sono state fatte passare per “assoluzioni”). E che questo pensiero venga esteso da Wikipedia al popolo del web non può che fare paura.

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Trojaium!

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da "il Manifesto"

Questo breve post doveva avere, nelle mie intenzioni, un titolo più efficace. Chiedo scusa a mia moglie ma non me la sento di rischiare una querela per diffamazione.

Dunque la legge elettorale.

La legge elettorale la stanno facendo due extraparlamentari. Due persone che in parlamento non siedono. Uno perché non è stato nominato con il “Porcellum”, l’altro perché è stato nominato e deve lasciare la casa del Grande Fratello. In Italia le leggi le fa il parlamento, quindi cosa c’entrano loro?

Berlusconi è stato condannato in via definitiva per frode fiscale e il prossimo 10 aprile (con calma, ma con molta calma, mi raccomando!!) si deciderà che affidarlo in prova ai servizi sociali. Matteo Renzi è stato condannato in primo grado dalla Corte dei Conti Toscana a risarcire 55.000 euro (di cui 14.000 di tasca sua) per danno erariale. E poi si dice che non c’era una “base comune d’intesa”!

D’Alema ha detto “Il Parlamento può correggere il testo”. Ah sì?? Davvero?? Io pensavo stesse lì per figura. Ma tu guarda, può correggerlo, a volte uno si stupisce.

Cuperlo si è dimesso ma non se n’è accorto nessuno. “Nemmeno lui”, direi io se solo non l’avesse già detto Crozza ieri sera.

E’ una legge che viene concepita in vitro, grazie allo spermatozoo renziano e all’ovocita del Berlusca, con gravi sospetti di non costituzionalità. Le preferenze, quelle, proprio non vanno giù.

Lo chiamano “Italicum” perché se lo avessero chiamato “Italicus” sarebbe stata una strage. Di democrazia.

“Un’imprenditore” per Repubblica

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Sono grato alla sensibilità e all’indubbio buon gusto di Rosellina La Commare che su Facebook mi ha segnalato questa pregevolissima perla.

A proposito dei filmati suppostamente girati da Lavitola ai danni di Berlusconi (cinema sperimentale, notoriamente), il quotidiano “Repubblica”, sul suo account Facebook sostiene che “Un’imprenditore confessa: “#Lavitola filmò #Berlusconi con prostitute a Panama”. E tutto questo piace a 1404576 persone!!

Venga a prendere il caffè da noi…

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Napolitano, nella sua ultima visita a Poggioreale ha promesso un messaggio alle Camere sui  temi dell’indulto e dell’amnistia. Si è bevuto un bel caffè (pure ‘n carcere ‘o sanno fa’!)  coi detenuti e poi se n’è scappato perché l’attendeva la crisi del Governo Letta, che non è  mai stata crisi davvero.

Non ho mai negato la mia posizione favorevole all’indulto in primo luogo (che non cancella i  reati) e all’amnistia, anche in combinato. Per le condizioni disumane in cui versano le  nostre carceri (“chiste so’ fatisciente, pe’ ‘cchist’e fetiente se tengono l’immunità!“) e  perché il sistema penale italiano è un monolite che non ha mai cambiato faccia mentre la società muta e non vede più certi comportamenti come reati.

Quindi indulto sì, amnistia probabilmente, ma anche e soprattutto depenalizzazione,  sfoltimento dei processi, nuova visione del crimine da parte delle leggi e dei codici.

Non è possibile che si rischi la galera per diffamazione, non è possibile andare in carcere perché si è craccato un software e lo si è dato a un amico, o si è cancellato il timbro del biglietto dell’autobus e lo si è obliterato un’altra volta.

Riscrivere le regole prima di ogni altra cosa, quindi. E fare in modo che tutto questo non  appaia come in grande salvacondotto a favore di Berlusconi.

A questo proposito Napolitano ha detto che «Quelli che, come i grillini, mi accusano di  volere un’amnistia pro-Berlusconi sono persone che fanno pensare a una sola cosa, hanno un pensiero fisso e se ne fregano dei problemi della gente e del Paese».

Che crema d’Arabia ch’è chistu caffè!

Vito Crimi e l’ipertrofia prostatica di Berlusconi

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Allora, Vito Crimi, componente del Movimento 5 Stelle della Giunta per le elezioni del Senato, questa mattina ha pubblicato quanto segue sulla sua pagina Facebook:

“Ma vista l’età, il progressivo prolasso delle pareti intestinali e l’ormai molto probabile ipertrofia prostatica, il cartello di cui sopra con “Non mollare” non è che intende “Non rilasciare peti e controlla l’incontinenza” (cit. Paola Zanolli)”

All’inizio il casus belli è stato il verificare se quel post sia stato inserito mentre Crimi era impegnato nella discussione a porte chiuse della Giunta sulla decadenza di Berlusconi. Poi è apparsa una nota di Adriano Nitto, suo collaboratore parlamentare, per cui “il post relativo a Berlusconi è stato inserito alle ore 10.04, prima dell’inizio dei lavori in Camera di Consiglio.”

Anche nella migliore delle ipotesi, quella del post spedito su Facebook durante la sospensione dei lavori, e, quindi, quando non si è soggetti a nessun obbligo, quella di Crimi è una iniziativa assolutamente deprecabile.

Primo, perché Crimi fa parte di una giunta che deve valutare aspetti tecnici ed eventuali incompatibilità seguendo la legge, non è un andrologo, ragion per cui dell’ipertrofia prostatica di Berlusconi non ce ne importa una beatissima, non è un argomento che Crimi deve valutare.

Secondo, perché anche se formalmente e tecnicamente puoi farlo, non vai a pubblicare un post su Berlusconi (o su chiunque altro) di cui vai a occuparti di lì a pochi minuti per giudicarlo decaduto o meno. Un insegnante che inserisse un post a cinque minuti dallo scrutinio definendo un suo alunno un “piscione” o un “cagone” o financo uno “scorreggione”, o parlasse semplicemente del fatto che questo ha bisogno spesso di andare al bagno, andrebbe immediatamente sotto disciplinare se non addirittura sotto processo (o anche tutti e due, non è mica proibito, anzi!). E col cavolo che potrebbe dire a un giudice “Io in quel momento non ero in servizio e scrivo quello che voglio!”

Alle 16,51 Crimi ha detto ai giornalisti: “Vi siete inventati una storia che non c’è”. “Era un post satirico, non mio, e non aveva nulla a che vedere con la seduta, irrilevante rispetto ai suoi lavori. L’ho solo ripreso”.

Ma non cambia niente. Che era satirico si vede. Che non fosse suo è altrettanto palese. Ma è anche palese che si trova sulla sua pagina pubblica Facebook e che lui, comunque, ne rispondo. Se io pubblico sul blog una lettera di un’altra persona che contiene delle offese nei confronti di un terzo la responsabilità è mia.

Con ogni probabilità Paola Zanolli aveva tutto il diritto di scrivere quello che ha scritto, non doveva mica partecipare alla Giunta per le elezioni e decidere sulla decadenza di un senatore!

Porca miseria, la democrazia dal basso, la potenza della rete, lo scambiarsi idee, internet, gli Android, i tablet sventolati con nonchalance in aula (“Noi ce l’abbiamo e lo sappiamo usare, guardate come siamo fighi!!”), Patty Smith che risuona davanti a una attonita Boldrini, People have the power, la gente ha il potere ma che potere è quello di parlare delle pareti intestinali di Berlusconi???

Le lacrime della Senatrice Paola De Pin

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Si è parlato tanto, forse troppo e a sproposito delle lacrime della Senatrice Paola De Pin  (Gruppo Misto), provvidenzialmente asciugate dal Partito Democratico nell’immediatezza della  sua dichiarazione di voto a favore del governo Letta.

Certamente è stato sgradevole e inopportuno dirle “Ti aspettiamo fuori”, espressione da  scuola elementare e da baruffa d’infanti con la cartella pronta ad essere tirata addosso al  primo “avversario” a tiro.

Certamente è disdicevole urlarle “Venduta!”, con una leggera punta di scilipotismo intenzionale, e accomunarla a quanti, invece, si sono venduti davvero per far saltare il  governo Prodi, lei che il governo Letta voleva, al contrario, salvarlo.

Sì, tutto questo è censurabile.

Ma non può essere censurabile, invece, la legittima critica politica nei confronti di questo  gesto. Proprio perché la critica afferisce a quelle stesse imprescindibili ragioni di  coscienza che hanno spinto la De Pin a esprimere la sua fiducia.

E siccome una coscienza ce l’hanno anche gli altri, non solo lei, allora cominciamo dal  fatto che la De Pin, eletta nel Movimento 5 Stelle, ci è restata dal  dal 19 marzo 2013 al  23 giugno 2013. Tre mesi. Pochini anche per maturare una vocazione migratrice.

Ma, soprattutto, è stata eletta per difendere la scelta di:
a) non allearsi con nessuno;
b) non dare fiducia a nessun governo che non fosse “a 5 stelle”.

Questo era il suo patto con i suoi elettori. Poi si può pensare benissimo che queste  condizioni siano inaccettabili, e infatti allora la gente vota qualcos’altro, ma i termini  erano questi.

Ora lei:
a) ha assunto una posizione vicina a quella del Partito Democratico (che col cavolo che le avrebbe asciugato le lacrime se non avesse annunciato voto favorevole per Letta, diciamolo chiaramente);
b) ha votato la fiducia al governo dell’inciucio con Berlusconi.

Insomma, ce n’è da essere indignati. Non è che la gente fa passare queste cose nel dimenticatoio così, solo perché la commozione ha la meglio.

O solo perché si è voluto dare via libera a “un grande”.

Letta continua: un pisano all’uscio!

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Ha iniziato citando Einaudi, ma anche Benedetto Croce. E, ça va sans dire, Papa Francesco.
Del resto il mondo, notoriamente, è una grande chiesa che parte da Che Guevara e arriva fino a Madre Teresa.
Ha proseguito con espressioni e parole di comprensione nei confronti della Senatrice Paola De Pin che, guarda caso, ha votato a favore del suo governo, e quando Silvio Berlusconi ha annunciato la sua resa ha mormorato “Grande!”
Tutti bravi, tutti buoni. Un risultato che, probabilmente, neanche lui si aspettava.
Per continuare ad essere un alleato di Berlusconi.

Della Concordia e della metafora del paese

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Screenshot da www.repubblica.it

Questa storia del raddrizzamento della Concordia all’Isola del Giglio non convince nessuno. Enrico Letta dice che è un “grande orgoglio italiano”.

Lo scrittore Roberto Saviano, su Facebook, quanto meno si pone il dubbio, legittimo ma radicalmente dissentibile, se questa remissione “in asse” sia o non sia un simbolo evidente e parlante di un desiderio della collettività di uscire dalle acque e riprendere la posizione eretta.

La Concordia che è venuta fuori dall’acqua del Tirreno è storta, melmosa, tetra, rotta. Ecco il grande orgoglio italiano. Eccola la metafora del paese. Fa paura e la terranno lì ancora per non si sa quanto tempo.

E il catetere da adulti imposto (per sbaglio o per imperizia) a una bambina di due anni provocandone la morte, il carabiniere che ruba il bancomat di una donna per andare a giocarsi i soldi alle slot machines, l’arresto del cantante Zuccherino che ha partecipato a una sparatoria, il videomessaggio di Berlusconi che stamattina presto c’era e poi non c’è più, Ligabue che cade al concerto all’Arena di Verona, un commando di vegani che assalta una festa degli arrosticini, queste non sono metafore dell’Italia, questa E’ l’Italia.

Nessuno ci rimetterà mai più in asse.

Il “pregiudizio positivo” e altri incidenti di Jovanotti

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Jovanotti nel 2008 (da www.wikipedia.org)

Io il mare dentro una conchiglia non l’ho mai sentito.
Quand’ero piccino il mi’ zio Piero e la mi’ zia Iolanda mi portavano al mare, pigliavano le conchiglie a riva e mi dicevano di metterle all’orecchio, ché “si sente il mare”. Io lo facevo, ma non sentivo niente. Ci guardavo dentro per vedere se ci fosse qualche onda che faceva ciaff ciaff. Macché! Poi mi sono reso conto che il rumore che si sente è l’effetto fisico delle conchiglie che si chiudono all’orecchio. Nulla di prodigioso.

Da quando faccio fisioterapia per curare i miei gravi acciacchi ho capito che la frase per cui “la vertigine non è paura di cadere ma voglia di volare” non è vera. Se hai problemi di deambulazione la paura di cadere ti viene e come! Con o senza stampelle.

Per questo non mi piace Jovanotti. Ed è per questo che mi preoccupa la gente che lo va a sentire e che considera il suo verbo come oro colato.

Jovanotti ha rilasciato delle dichiarazioni a dir poco criticabili a Massimo Gramellini de “La Stampa” in una fortunata intervista pubblicata ieri.

“A me piacciono cose che non stanno insieme nella stessa compilation, Elton John e De André, il pop e Miles Davis. Ricordi quel film dove Nanni Moretti diceva ironicamente: “Ve lo meritate Alberto Sordi”? Il guaio è che a me piacciono sia Moretti sia Sordi.”

Il film di Moretti in cui è contenuta quella frase storica è “Ecce Bombo”, per la cronaca.
E il guaio non è che a Cherubini piacciano sia Sordi che Moretti, sia De André che Elton John, sia Miles Davis che il pop, ma che non dica che Miles Davis NON è Elton John, e che Alberto Sordi NON è Nanni Moretti.
Poi possono piacere tutti.
Il mondo non è una grande chiesa che passa da Che Guevara e arriva fino a Madre Teresa, non sono tutti buoni allo stesso modo.
La gente è diversa. E così i prodotti cinematografici o musicali.
Bombolo e Thomas Millian possono far ridere. Ma non sono “La Famiglia” di Scola. E nemmeno Buster Keaton o Stan Laurel e Oliver Hardy. La differenza non la fa la compilation, ma l’approccio con cui si guarda l’opera.

“Non ho sovrastrutture ideologiche. Avevo un babbo anticomunista e una zia del Pci. Sotto casa c’erano un ritrovo di fasci e uno di comunisti. A me piacevano le moto dei comunisti e le scarpe dei fascisti. Nella mia testa di bambino non esistevano pregiudizi.”

La prima sovrastruttura ideologica è il non tener conto che essere del PCI era l’espressione di un convincimento personale. E che il fascismo non ha nulla a che vedere con l’ideologia, il fascismo è un crimine.
Dice che nella sua testa di bambino non esistevano pregiudizi. Male assai, perché a me è sempre stato insegnato, fin da bambino, che il fascismo è male. Avevo dei pregiudizi, sì. Anzi, no. Perché aborrire il fascismo non è un pregiudizio. Grazie a un bisnonno socialista, un nonno (suo genero) democristiano, uno zio velatamente comunista e suo fratello che era repubblicano.
Poi, magari, anche sotto il fascismo saranno state fatte delle cose utili. Che so, Mussolini avrà fatto costruire dei ponti, delle strade, delle scuole. Ma smettiamola con la retorica del gucciniano “anche chi è di destra ha i suoi pregi ed è simpatico”, perché non fa ridere nessuno.

“Ah, se riuscissimo a cambiare le persone nei centri di potere! Il segnale sarebbe talmente forte… Gente nuova nella cultura, nella scuola, nella tv, nell’economia. Pensa: (…), un Baricco alla Cultura, solo per parlare dei settori che conosco.”

E qui si resta veramente senza parole.

(Sul Governo) “non credo che riuscirà a fare grandi cose. Anche se Letta è il primo presidente del consiglio che ha due mesi meno di me…”

E allora? L’autorevolezza si misura forse per imperativo anagrafico? Qual è il valore aggiunto che dà una informazione di questo genere? Si può essere più giovani di Jovanotti ed essere vecchi, come si può essere più vecchi ed essere più giovani. Non è un gioco di parole. Letta non riuscirà a fare grandi cose non già perché sia, come è, più vecchio di un cantante, ma perché ilgoverno di larghe intese non ha nessuna ragion d’essere, perché è esponente di un partito che si sta dando la zappa sui piedi da solo e perché ha come principale alleato un condannato in via definitiva per gravi reati di tipo fiscale.
Quanto al resto, appunto, non è questione di anagrafe. Sono convintissimo che esistano persone molto più giovani di Jovanotti, Nelson Mandela, per esempio.

“Berlusconi ha confermato il pregiudizio positivo: lo guardano come una cosa impensabile, inspiegabile, come il festival di Sanremo o la commedia all’italiana.”

Jovanotti parla per ossimori. Il “pregiudizio positivo” non ha alcuna ragion d’essere, essendo connaturata nel termine “pregiudizio” un’accezione negativa. Che Berlusconi venga visto, all’estero, come una cosa impensabile non dovrebbe destare meraviglia. Un uomo che ha avuto il potere esecutivo per quasi 20 anni, che ha manipolato la RAI a suo piacimento, si è fatto costruire leggi secondo il suo personale uso e consumo, che ha monopolizzato l’informazione e continua a monopolizzarla certo che può essere guardato con pregiudizio. Il pregiudizio del “com’è stato possibile che gli italiani abbiano potuto eleggerlo?”. Questo sì che è un pregiudizio positivo. Invece, secondo Jovanotti, la positività del pregiudizio starebbe addirittura nel fatto che il fenomeno Berlusconi verrebbe visto come qualcosa di piacevolmente anomalo, come Elio e le Storie Tese che partecipano a Sanremo con la canzone mononota o Gigliola Cinquetti che non ha l’età. O Alberto Sordi che si è reinventato gli italiani come una macchietta. Non è una macchietta, Berlusconi non ha niente di positivo.

(Berlusconi ti è simpatico?) “Umanamente sì. Ma lo combatto perché in tutti questi anni non ha fatto nulla per l’Italia. In lui vedo il prodotto di un Paese di individui e non di cittadini.”

Un altro scivolone jovanottiano di grossa portata è proprio quello di voler separare l’aspetto umano di Berlusoni (quello simpatico) da quello politico (da combattere). E il punto che non va è proprio quello che l’aspetto personale e umano di Berlusconi si è mescolato a quello pubblico fino a contaminarlo con gli esiti che abbiamo visto. Toh, uno dice, “Sì, il caso Ruby, ti hanno condannato a quattro anni, la decadenza dalla carica di senatore, hai altri processi in corso, hai rimbambito gli italiani a suon di tette e culi alla TV, però sai, umanamente mi stai simpatico!” All’anima…

(La grazia a Berlusconi) “Se la chiedesse e gliela concedessero, non mi scandalizzerei. Perché per me è un avversario politico, non antropologico. Ma adesso ci serve Renzi. Serve cambiare il simbolo. Il racconto del nostro Paese langue. Bisogna inserire personaggi nuovi per renderlo affascinante. Dopo Berlusconi e Grillo c’è bisogno di energia nuova!”

Quindi, la grazia a Berlusconi, se non è auspicabile, quanto meno non sarebbe tale e grave da poter destare scandalo.
Indubbiamente, si tratta di un provvedimento del Presidente della Repubblica, che lo concede se e quando ricorrono determinate condizioni. Da questo punto di vista no, non c’è da scandalizzarsi. Magari noi italiani siamo più abituati a scandalizzarci se una persona che ha scontato per intero la sua pena torna (come è prevedibile) in libertà.
Ma c’è da scandalizzarsi se questa grazia dovesse rappresentare l’ennesimo salvacondotto, dopo le amnistie e le prescrizioni. Lì non ci sarebbe più nulla di antropologico da salvare.
Quanto a Renzi, Jovanotti usa due volte l’aggettivo “nuovo”. Ora, ci dovrebbe dimostrare che uno che ha cominciato nel 1999 come segretario provinciale del Partito Popolare Italiano, coordinatore e segretario provinciale de La Margherita, Presidente della Provincia di Firenze (2004-2009), poi sindaco di Firenze, uno sulla cui reggenza alla provincia la Corte dei Conti ha aperto un’indagine per le spese di rappresentanza, uno che va ad Arcore nella Villa privata di Berlusconi, tutto questo sia il nuovo che avanza.

(Grillo) “Sono un fan dell’uomo di spettacolo. Mi conferma nella mia rabbia, ma questa rabbia non si trasforma in entusiasmo. Non voglio offendere chi l’ha votato, sono sicuro che l’ha fatto in buona fede, ma quando ascolti un comizio di Grillo non ti viene mai voglia di rimetterti in gioco, di cambiare la tua vita.”

Eh sì, aspetteremo un concerto di Jovanotti per avere tutta l’energia di votare Renzi! Se poi vuole anche darci una cassa di Maalox contro il mal di stomaco gliene saremmo grati.

Luciano al Violante…

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Dunque sì allora vediamo un po’, perdavvero, ma ci avete capito qualcosa? Voi no? Nemmeno io.

Dunque, ci sarebbe che c’è una Giunta al Senato della Repubblica, propriamente quella lì, che dovrebbe decidere questa cacchia di “agibilità” di Berlusconi, che a chiamarla “agibilità” sembra che sia venuto un terremoto e uno debba rientrare dentro casa sua ma non gli dànno il permesso se non viene riparata la crepa.

C’è una crepa, dunque, in Berlusconi, e questa crepa si chiama condanna definitiva passata in giudicato (già, se è definitiva per forza deve essere passata in giudicato, se no non sarebbe definitiva, io veramente non so come cazzo parla la gente…).

Si dà il caso, però, che c’è un signore che dice che Berlusconi ha tutto il diritto difendersi, ma di difendersi da che cosa non si sa, visto che a suo dire la Giunta non è un organo giurisdizionale e dovrebbe limitarsi alla presa d’atto della condanna e a ratificare la decadenza di Berlusconi dal ruolo di senatore.

Ma se devono solo prendere atto e ratificare allora perché si deve votare e Berlusconi invoca il PD affinché non lo impallini? E se non è un organo giurisdizionale che ci sta a fare?

A farci venire un bel mal di testa a tutti, ecco cosa ci sta a fare.

“Io non voglio dividere la mia libertà con gli altri”

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A “Prima Pagina”, la trasmissione di approfondimento dei quotidiani in edicola di Radio Tre, questa mattina ha telefonato un ascoltatore che, dichiarando di votare Berlusconi pur rendendosi conto che i suoi comportamenti privati sono incompatibili con la sua attività di Presidente del Consiglio, ha affermato, tra l’altro “io non voglio dividere la mia libertà con gli altri”, aggiungendo di preferire l’uso della macchina a quello dell’autobus (e va beh, fin lì affari suoi), di detestare i centri sociali, la massa acritica dei ciclisti che vanno in giro tutti insieme.

“Tutta la città ne parla”, la trasmissione successiva che si basa proprio sulle telefonate a “Prima Pagina” ha preso la palla al balzo e ha organizzato una delle ennesime programmazioni a tema Berlusconi.

Vi ripropongo l’intervento dell’ascoltatore e il mio.

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Perché sono favorevole all’amnistia

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Premetto che da un provvedimento di amnistia io avrei tutto da perdere e nulla da guadagnare, avendo presentato alcune querele alla magistratura come parte lesa, e rischiando, quindi, di non poter avere soddisfazione in sede penale.

Tuttavia, ecco perché sono favorevole all’amnistia che non ci sarà:

* non sarà e non potrà essere un’amnistia ad personam. Potrebbe essere, al contrario, un provvedimento contra personam, visto che se ne può escludere l’applicabilità per reati particolarmente odiosi o che destino allarme sociale.
Berlusconi potrebbe, dunque, non goderne. E se dovesse goderne sarebbe solo un rinviare di poco il momento di scontare la pena, visto che i tempi per una sentenza definitiva di altri due processi si stanno abbreviando (Caso Unipol e Caso Ruby) al punto che potrebbero inficiare alcuni dei benefici di cui Berlusconi dovesse godere o aver goduto.
Del resto, Berlusconi ha già goduto dell’applicazione dell’amnistia, la prima volta con l’accusa di falsa testimonianza, l’altra con quella di falso in bilancio per l’acquisto dei terreni di Macherio.
Quindi questi parlamentari che si scandalizzano farebbero bene a guardarsi un po’ alle spalle e ad informarsi.

* la situazione carceraria italiana è esplosiva. Bisogna fare qualcosa e farlo subito. Non ci sono né tempo né soldi per aspettare di costruire nuove carceri o di adeguare quelle esistenti alle esigenze contingenti, non ce la faremmo mai e i detenuti continuerebbero a suicidarsi;

* la situazione terribile dei detenuti in regime di carcerazione preventiva (cioè in attesa di processo), costretti a condividere la già penosa vita dei condannati definitivi, e l’uso disinvolto che ne fanno i magistrati, rende necessaria una revisione del codice di procedura penale. Che è uno strumento abbastanza buono, ma sul tema specifico fa acqua da tutte le parti;

* dunque, se si dovessero cambiare le regole del gioco (ovverosia le leggi che lo regolano) non si potrebbe fare a meno di annullare il gioco in corso, se non altro per rispetto di quanti hanno “giocato” con regole più sfavorevoli;

* l’amnistia conviene soprattutto per lo Stato, che è il primo a dover rispondere a se stesso per non essere stato capace di garantire che l’esecuzione della pena abbia avuto le finalità di recupero e di reinserimento previste dalla Costituzione.

Ecco.

Il PD respinge un emendamento abrogativo della salva-Previti

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ANDREA COLLETTI. Signor Presidente, con questo emendamento andiamo a cancellare un comma dell’articolo 47-ter dell’ordinamento penitenziario, aggiunto dalla famigerata «legge Cirielli», ovvero soprannominata, dai colleghi del PD, «legge salva Previti».
Allora, andiamo a citare qualcosa. «Cercano di salvare Previti con altra norma ad personam» (Massimo D’Alema). «Purtroppo, alcune norme quando le avremo abolite – per inciso, adesso abbiamo l’opportunità di abolirne almeno una – avranno fatto effetto e chiuderemo le stalle quando i buoi saranno scappati, perché molte leggi sono legate a scadenze precise.
Una volta al Governo faremo subito un provvedimento per sospendere gli effetti delle leggi ad personam e dopo le scriveremo» (ottobre 2005). Stiamo ancora aspettando.
La Cirielli è una legge a fini privati, è stato compiuto un altro grave strappo istituzionale. Ebbene, rammendiamo questo strappo istituzionale, siamo qui apposta.
Una Camera a gettoni decide secondo interessi penali e criminali di questo o quell’esponente della maggioranza (Luciano Violante, 15 dicembre 2004). Parliamo di un amico di Berlusconi, neanche di un nemico, di Violante. La salva Previti è una porcata (Anna Finocchiaro, 14 dicembre 2004). Ci avevano dato dei matti quando abbiamo parlato di scandalo; lo scambio eccolo qua, la salva Previti (Gavino Angius, 5 luglio 2005), e via discorrendo. Titolo di la Repubblica: l’opposizione grida allo scandalo contro una legge ad personam scritta direttamente nello studio dell’avvocato Previti. Ora finalmente dopo otto anni, anzi sette anni e mezzo, abbiamo l’opportunità, grazie ad un emendamento del MoVimento 5 Stelle, di cancellare questa norma salva Previti. Oltretutto abbiamo trovato che non è solo salva Previti perché, aiutando gli ultrasettantenni, salva anche un noto pregiudicato che ha fatto una manifestazione ieri proprio qui vicino.

MAURIZIO BIANCONI. Ma piantala imbecille!

PRESIDENTE. Onorevole Bianconi, la richiamo all’ordine. La prego. Onorevole Bianconi, la prego!

ANDREA COLLETTI. Invito sempre la Presidenza a togliere la sambuca almeno la mattina…(Commenti)

PRESIDENTE. Onorevole Colletti, prego anche lei di mantenere…

MAURIZIO BIANCONI. Vergogna! Idiota! Me ne vado da me! (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi! Onorevole Bianconi, la prego. Onorevole Bianconi! Onorevole Colletti, la prego di concludere il suo intervento sull’emendamento. Onorevole Colletti, per favore!

ANDREA COLLETTI. È una necessità per far funzionare quest’Aula…

PRESIDENTE. Onorevole Colletti, la prego di concludere il suo intervento. Le sono rimasti due minuti e cinquanta secondi (Il deputato Bianconi si avvicina al banco del deputato Colletti – Gli assistenti parlamentari si interpongono tra il deputato Colletti e il deputato Bianconi).

MAURIZIO BIANCONI. Come hai detto ? Voglio sapere cosa ha detto quando sono uscito. Mascalzone!

PRESIDENTE. Onorevole Bianconi, la richiamo all’ordine.

ANDREA COLLETTI. Glielo ripeto.

PRESIDENTE. Onorevole Colletti, la prego di concludere il suo intervento sull’emendamento in questione.

ANDREA COLLETTI. Signor Presidente, se mi lascia concludere. Se lei mi dà la parola io concludo.

PRESIDENTE. Gliela do, però lei concluda il suo intervento.

ANDREA COLLETTI. Signor Presidente, io concludo se me la dà. Grazie mille. Quindi, questo emendamento, oltre a togliere una norma della salva Previti, toglie ovviamente anche una norma del salva Berlusconi, perché lo è diventata in automatico. Ora ci domandiamo: ma come voteranno il PD e SEL su questa norma che abroga un pezzo della salva Previti ? Allora, io la risposta già ce l’ho purtroppo, ma facilmente la vedremo da tabellone elettronico (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

DONATELLA FERRANTI, Relatore per la maggioranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATELLA FERRANTI, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, ho evitato di intervenire su alcuni aspetti che magari potevano riportare gli interventi a quello che è il testo del decreto-legge, però non posso non intervenire su questo emendamento. In realtà, qui si vuole eliminare qualcosa che non c’è nel decreto-legge e che sta nella legge dell’ordinamento penitenziario, articolo 47-ter, comma 01, che – qui poi si fanno nomi – però in realtà prevede che possano scontare la pena esecutiva alla detenzione domiciliare gli ultra settantenni, escludendo peraltro una serie di reati, che sono quelli dell’articolo 4-bis e altri reati molto gravi ed escludendo questa possibilità laddove si tratti di un recidivo. Ecco, questo comma dell’articolo 47-ter è fuori da qualsiasi modifica del decreto-legge e non è stato preso in considerazione dalla Commissione perché è fuori anche del tema specifico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole De Lorenzis. Ne ha facoltà.

DIEGO DE LORENZIS. Signor Presidente, stavo ragionando su quello che ha dichiarato il mio collega Colletti poi, vista la reazione dell’onorevole Bianconi, credo che voterò a favore come il mio gruppo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole Ferraresi. Ne ha facoltà.

VITTORIO FERRARESI. Signor Presidente, colleghi, certo che sentir dire da una collega che questo emendamento, che va comunque a modificare una norma dell’ordinamento penitenziario, e comunque in generale di questo stiamo parlando, è fuori tema, quando nei decreti che fate e che facciamo, che sono decreti omnibus, c’è veramente di tutto, è veramente sorprendente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Sono veramente allibito. Fuori tema, addirittura!
Colleghi del PD, dopo che nel 2004 avete fatto un’opposizione veramente stringente su questa norma e dopo che sono stati fatti una serie di girotondi, quindi anche con una forza mediatica imponente, fuori da quest’Aula, votare questo emendamento mi sembra veramente il minimo di coerenza, il minimo, veramente, di rispetto verso i cittadini italiani.
Ora noi abbiamo questa occasione. Quindi, coraggio, colleghi del PD: scongelatevi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

PRESIDENTE. Onorevole Ferranti, lei è già intervenuta. Non posso darle nuovamente la parola.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull’emendamento Colletti 2.13, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Scanu…
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:

Presenti e votanti  415
Maggioranza  208
Hanno votato sì   94
Hanno votato no  321.

La Camera respinge (Vedi votazioni – Applausi polemici dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Colpo di grazia

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Brunetta e Schifani saliranno al Quirinale, forse già domattina, con le dimissioni dei deputati dei loro gruppi firmate in tasca, per chiedere la grazia per Berlusconi al Capo dello Stato. Atteggiamento senza dubbio di interlocuzione e conciliazione.

Bondi ha detto che o si va a un provvedimento di clemenza istituzionale o si paventa la guerra civile. Rassicurante.

In Italia l’istituto della grazia è regolamentata dall’articolo 681 del codice di procedura penale.

Come direbbe il nostro ultrafelede Baluganti Ampelio, “O cosa ci sarà scritto”? Andiamo a vedere almeno il comma 1:

“La domanda di grazia, diretta al Presidente della Repubblica, è sottoscritta dal condannato o da un suo prossimo congiunto o dal convivente o dal tutore o dal curatore ovvero da un avvocato o procuratore legale ed è presentata al ministro di grazia e giustizia.”

Bondi, Brunetta e Schifani non sono né tutori né prossimi congiunti di Berlusconi, cosa ci vanno a fare?
Vanno, evidentemente, a sollecitare la concessione di una grazia motu proprio da parte di Napolitano. Certo, Napolitano lo può fare. Può, cioè, in linea teorica, concedere la grazia a Berlusconi o a chiunque altro anche senza che l’interessato la chieda.
Ma occorrerebbe, comunque, un’istruttoria. Non è che Napolitano conceda la grazia random!

C’è un’altra cosa molto interessante da osservare. La concessione è causa di estinzione della pena e non del reato.
Vuol dire che la colpevolezza di Berlusconi, ormai, è assodata e giudicata, non si mette in discussione.
Il massimo che la delegazione quirinalizia può ottenere è che Berlusconi non sconti la sua pena residua ai domiciliari o in affidamento in prova ai servizi sociali (o in carcere, se lo preferisce), ma non che venga cancellato il “marchio d’infamia” che grava su di lui, e di cui la stampa e l’informazione internazionale stanno parlando.
Le pene accessorie (cioè la famigerata interdizione dai pubblici uffici) sono cancellate solo se il provvedimento lo stabilisce espressamente.

Di che cosa stanno parlando?

Santanchè: Avere le palle per sbattere Berlusconi in galera

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da: www.corriere.it

Cos’è la polemica sterile e fine a se stessa? Non è il non essere d’accordo, come pensano in tanti (troppi!), ma il costringere l’interlocutore (volente o nolente) a non poter rispondere per il semplice fatto che quell’argomento con esiste.

Prendiamo, per esempio, Daniela Santanché su La7 a “Omnibus” che dice: “Pensate che la sentenza sia giusta e non politica? Abbiate le palle di mettere Berlusconi in galera!”

Lei lo ha detto così. Nel titolo (ma solo nel titolo) il Corriere lo ha sostituito con “coraggio” (chissà perché, visto che si tratta di una citazione riportata da un personaggio pubblico che l’ha pronunciata in televisione), mentre “il Mondo” lo ha più cortesemente messo tra virgolette. Petite politesse solennelle.

Tutti sanno che non si tratta di avere le palle o meno, ma di ordinamento.

Berlusconi è alla sua prima condanna. Tre anni sono stati indultati grazie alla bellissima idea dell’amico Mastella di concedere un indulto che non serviva a niente e a nessuno. Per scontare questa pena residua può (se lo vuole) chiedere gli arresti domiciliari o l’affidamento in prova ai servizi sociali. Se non vuole né gli uni né gli altri va in carcere. E non perché ce lo mandi qualcuno, con le palle o senza, ma perché lo sceglie lui.

E quante palle ci vogliono a stare nella stessa formazione politica di un pregiudicato?

Il Partito Democratico salva Alfano

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Il Partito Democratico salverà Angelino Alfano dalla mozione di sfiducia individuale presentata da Movimento 5 Stelle e SEL.

Renzi ha riferito che Franceschini avrebbe detto (il solito discorso riportato, mai nessuno che citi le fonti) che chi non è d’accordo con questa linea è fuori. Franceschini dice che renzi mente e che deve chiedergli scusa.

In breve, tutti litigano, ma sotto l’indicazione del Presidente della Repubblica (“Non ci si avventuri a creare vuoti e a staccare spine”) domani Alfano non cadrà.

Del resto far cadere un alleato di governo pare brutto.

E allora si salvi Alfano per mano di quello che fu partito di opposizione a Berlusconi sulla carta e che è stato il primo a costruirgli un lasciapassare glissando su quella legge sul conflitto d’interesse che doveva essere il primo passo verso la deberlusconizzazione del Paese. Tanto le teste che cadono non fanno troppo rumore.

Verrà la morte e avrà i suoi occhi

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Come diceva Cesare Pavese? Ah, sì, ecco, “Scenderemo nel gorgo muti.”

Nel gorgo ci stiamo precipitando con scippi di democrazia, colpi di mano, sgambetti, sotterfugi, dichiarazioni eclatanti. Stanno uccidendo lo stato di diritto e noi siamo qui a riempire secchiellini di sabbia, a mangiare come maiali, a spalmarci l’olio al cocco e a sfoderare le infradito.

E’ una bella morte, in fondo. Uno non se ne accorge nemmeno. O, quanto meno, è talmente convinto di essere vivo che quando crepa di asfissia democratica non sa se dare la colpa al palombo coi piselli che gli è andato di traverso.

Il parlamento (il minuscolo non è voluto, ma ormai ce lo lascio) si ferma perché un processo a Berlusconi sta arrivando in Cassazione. E la Suprema Corte cerca di evitare il rischio che alcune accuse cadano in prescrizione.

E’ una cosa spaventosa non solo per la richiesta, di per sé abnorme, che si è trasformata in una sospensiva di 24 ore dell’attività parlamentare, ma soprattutto per l’appoggio del Partito Democratico incapace di difendere la attività parlamentare ordinaria per fare un favore (o renderlo, non si è capito bene) al gruppo dell’amico Silvio (hanno bisogno di fare un’assemblea? Non c’è problema, la fanno fuori dagli orari dei lavori di aula e di commissione!), per il comportamento inqualificabile di Pierdomenico Martino, che si è scagliato contro alcuni dei suoi colleghi, per Renato Schifani che ha annunciato che se Berlusconi viene condannato e interdetto dai pubblici uffici in via definitiva il PDL se ne va (da dove se ne vada lo sanno tutti, dove vada è un po’ più difficile da stabilire), per il potere giudiziario, separato da quello politico e da quello esecutivo, per il fatto che il “cittadino Silvio Berlusconi” deve essere esattamente quello che è, cioè un cittadino, e per il fatto che per NESSUN cittadino (neanche parlamentare) sono mai state richieste 24 ore di sospensione dell’attività parlamentare.

Continuiamo a mangiare. Ammazza quanto magnamo!

Berlusconi in Cassazione il 30 luglio

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Roma, la Corte di Cassazione

Ok, si diceva? Ah, sì, Berlusconi.

Berlusconi, o, più esattamente, il processo Mediaset, andrà in Cassazione il 30 luglio. Significa che, salvo rivii, si arriverà a una sentenza definitiva. O forse anche no, perché la Cassazione potrebbe, tecnicamente, rinviare il processo in Corte d’Appello, oltre che accettare il ricorso di Berlusconi e assolverlo seduta stante senza rinvio, o confermare definitivamente (stavolta sì) la setenza degli altri gradi di giudizio.

Perché il trenta luglio? Perché a settembre (ovvero alla riapertura dopo la sospensione dell’anno giudiziario) metà dei reati che vengono contestati all’ex Presidente del Consiglio potrebbero cadere in prescrizione. Questo comporterebbe una dimininuzione della pena inflitta in secondo grado (4 anni di reclusione e 5 anni di interdizione dai pubblici uffici), che farebbe scendere la reclusione a meno di 3 anni, dunque, non scatterebbe più l’interdizione automatica dai pubblici uffici. Il punto è questo.

Il Prof. Coppi del collegio di difesa di Berlusconi ha dichiarato: “è una fissazione d’udienza tra capo e collo”. Ma perché? Non è stata forse la difesa a ricorrere alla Suprema Corte?

Il PDL si chiede: “Perché tutta questa fretta?” Ma è evidente, per non mandare in prescrizione la parte prescrivibile del processo.

Qualcuno si stupisce ancora che il PDL si stupisca?

Sette anni di desiderio

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Come dico sempre io, le sentenze si eseguono, si applicano. Ma si possono tranquillamente discutere. Di più, se si tratta di sentenze che riguardano personaggi pubblici che abbiano o abbiano avuto particolare rilevanza nella vita sociale o istituzionale, si possono esprimere anche quei moti di soddisfazione o di disaccordo radicale che caratterizzano i nostri umori.

Certo, e perché no? La gente sui social network esulta alla sentenza che condanna Berlusconi alla pena di sette anni di reclusione più l’interdizione perpetua ai pubblici uffici. Sì, è legittimo. Magari poco elegante. Certamente si tratta di esternazioni personali. Ma anche questo è possibile.

Poi ci sono quelli del PD che vorrebbero festeggiare, sì, ma, ahinoi, si tratta solo del primo grado di giudizio, per cui siamo in tempo a vedere ribaltato tutto, bisogna aspettare, se festeggi ora rovini tutto, eh, la prescrizione arriva, si sa come funziona la giustizia in Italia, poi figuriamoci, con un politico come lui (e qui si accredita la tesi del tutto berlusconiana per cui le sentenze dei giudici sono politiche, e bisognerebbe spiegare a lorsignori che tre sono i poteri dello stato, ma sono anche indipendenti), ma sì, poi se la vedranno in appello, da qui all’appello deve passare un anno e in un anno nasce un gobbo e va diritto.

Dimenticano Lorsignori che questo procedimento si è svolto col rito del giudizio immediato. Come dice il nostro lettore Baluganti Ampelio, che cos’è il rito immediato?? Andiamo un po’ a informarci… Toh, qui c’è una risorsa che si chiama “Diritto on line” dell’Enciclopedia Treccani. Chissà cosa c’è scritto? Ecco:

“Il p.m. chiede il giudizio immediato cd. tipico, ai sensi dell’art. 453, co. 1, c.p.p., a fronte di una pluralità di presupposti (Bene, T., Giudizio immediato, in Spangher, G., diretto da, Trattato di procedura penale, vol. IV, t. 1, a cura di L. Filippi, Torino, 2009, 408 ss.). In primis, deve sussistere l’evidenza della prova.”

Quindi, per poter accedere al rito immediato è necessario che la prova sia evidente. Ovviamente ci sarà stata una udienza-filtro in cui, sulla base delle richieste dei pubblici ministeri, un giudice preliminare abbia stabilito che quella prova evidente c’era. Poi si va a processo. E il processo di primo grado ha confermato quell’evidenza della prova che era stata stabilita in sede preliminare.

E’ logico che il PD non parlerà mai male del suo prezioso alleato di governo e che abbia tutto l’interesse a sposare un garantismo ad oltranza. E’ coprotagonista di una anomalia della democrazia che sta diventando pericolosa per tutti.

Il “nuovo” che avanza: Giorgio Napolitano Presidente della Repubblica

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Nel 2006, a poche ore dall’elezione di Giorgio Napolitano al suo primo mandato presidenziale, raffazzonai alla bene e meglio questa foto che ritraeva l’ex Presidente Giovanni Leone, napoletano, in uno dei suoi gesti più caratteristici, giocando sulla troppo facile analogia tra “napoletano”, “napulitano” e “Napolitano”. Una cretinata.

Oggi tutto si è capovolto, stiamo assistendo a una commedia degli orrori, non c’è proprio nessuna voglia di ridere, ma che dico, di fare anche una sola macchietta su ciò che è accaduto.

L’elezione al secondo mandato di Napolitano, lo sappiamo benissimo, prolunga la presidenza di Re Giorgio ancora per uno, massimo un paio d’anni. Il Presidente della Repubblica è nel pieno dei suoi poteri per sette anni, cos’è questo inciucio per un Presidente della Repubblica a tempo determinato? Quali sono i termini che montiani, berlusconiani e bersaniani hanno pattuito, novelli camminatori verso la Canossa quirinalizia, quando sono saliti al colle per piangere la totale sconfitta del PD -o sghignazzarci sopra, si veda il caso- capace solo di bruciare le candidature di Marini e di Prodi, implorando Napolitano di restare quel tanto che basta? Già, ma che basta a far che?

Una cosa è certa, l’accordo finirà, prima o poi, con il ridare il paese in mano a Berlusconi. E stavolta sarà la stangata finale.

Laura Boldrini: “Non immaginavo questa povertà in Italia”

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Questa Signora dall’aria mite e dai modi edulcorati, per volere del neo-eletto Parlamento, e in particolare del PD, Presidente della Camera dei Deputati, durante una conferenza stampa a Civitanova Marche, in occasione dei funerali delle tre vittime della strage di stato, suicide non per la crisi economica che ha strangolato i loro conti in banca, ma per la politica che ha strangolato le loro esistenze più intime, ha detto:

“Non immaginavo questa povertà in Italia”.

No? Decine di viaggi in tutto il mondo per occuparsi degli ultimi, dei più poveri e degli emarginati ed è stato necessario che tre persone si togliessero la vita a pochi chilometri dalle sue radici (l’attuale Presidente della Camera è nata a Macerata) per rendersi conto che la gente è alla canna del gas.

Questa legislatura non durerà. E’ troppo lontata dalla gente e dai bisogni del Paese. Invitare Papa Francesco o auspicarne la visita alla Camera mentre la gente muore di paralisi dello Stato più che un sintomo è un segno del dove stiamo andando: verso nuove elezioni, in cui il M5S avrà un calo dei voti considerevole, e in cui il partito di maggioranza relativa sarà quello di Berlusconi.