Ilvio Pannullo – Mentre l’Italia sana spera, il Cavaliere cementifica

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Quando un sistema di produzione e di consumo entra in crisi – come è accaduto e come presto si potrà comprendere ancor più pienamente – le classi dirigenti di un paese dovrebbero interrogarsi sulle cause del disastro, analizzarle e proporre nuove soluzioni che indichino una strada sostanzialmente diversa, affinché la situazione non si riproduca in seguito. In un momento di crisi globale come quello che stiamo attraversando, se da una parte è logico aspettarsi la richiesta popolare di una direzione chiara verso cui muovere con decisione, dall’altra, purtroppo, siamo costretti ad osservare impotenti come simili decisioni vengano prese da quegli stessi soggetti che ci hanno trascinato nel baratro in cui ci ritroviamo. Aspettando un piano energetico nazionale ispirato da una nuova visione dell’economia, dell’ambiente e delle esigenze umane, dove il concetto di sostenibilità non sia più un inutile corollario ma piuttosto il cardine stesso del nuovo sistema, riscopriamo, ancora una volta, la vergogna che si prova ad essere governati da una massa informe di incompetenti lobbisti. Nonostante le idee lanciate dalla nuova amministrazione americana, per alleggerire l’impatto della crisi finanziaria sull’economia reale il governo italiano non è stato in grado, infatti, di trovare un’idea migliore del cementificare l’intero paese, per la felicità dei grandi costruttori e dei fan dell’abusivismo edilizio.

Oramai già entrato nella storia con il nome di “progetto casa”, il disegno di legge presentato da Berlusconi è l’emblema dell’italianità: tante promesse e qualche buona idea usate a copertura di una montagna di oscenità. Il piano prevede infatti un intervento di edilizia popolare con un intervento da 550 milioni concordato con le regioni: le case saranno date in affitto a giovani coppie, anziani, studenti e immigrati regolari, con diritto di riscatto. Il grosso della manovra, tuttavia, è un altro: il via libera ad un sostanzioso aumento delle cubature di tutto il patrimonio immobiliare esistente; una folle liberalizzazione delle norme – peraltro già poco rispettate – relative all’edilizia ed un ritorno in alcuni casi a quel "ravvedimento operoso" che tanto sta a cuore agli abusivisti. C’è un articolato, infatti, già discusso dal presidente Berlusconi con i governatori del Veneto, Giancarlo Galan, e della Sardegna, Ugo Cappellacci, che costituisce l’ossatura di quella "rivoluzione" annunciata, e che già ha ottenuto l’approvazione delle due Regioni.

Vediamolo dunque questo progetto di stampo federalista che potrebbe essere ripreso in gran parte dal governo. L’intestazione non potrebbe essere più fuorviante: "Intervento regionale a sostegno del settore edilizio e per promuovere l’utilizzo di fonti di energia alternativa". Dall’analisi del testo risulta come, alle Regioni che accettano il piano, venga data la possibilità di ampliare gli edifici esistenti del 20%; di abbattere edifici – quelli realizzati prima del 1989 – per ricostruirli con il 30% di cubatura in più in base agli "odierni standard qualitativi, architettonici ed energetici"; di abolire il permesso di costruire per sostituirlo con una certificazione di conformità giurata, da parte del progettista. Non ci vuole molto per capire cosa questo provocherà in un paese come il nostro noto per la sua solida anima antilegalitaria.

Il primo punto che merita attenzione riguarda l’ampliamento degli edifici esistenti. I Comuni possono autorizzare, " in deroga ai regolamenti e ai piani regolatori" l’ampliamento degli edifici esistenti nei limiti del 20% del volume, se gli edifici sono destinati ad uso residenziale, del 20% della superficie se sono destinati ad altri scopi. L’ampliamento deve essere eseguito vicino al fabbricato esistente. Se è giuridicamente o materialmente impossibile sarà un " corpo edilizio separato avente però carattere accessorio". Ma non basta. La Regione "promuove" la sostituzione e il rinnovamento del patrimonio mediante la demolizione e la ricostruzione degli edifici realizzati prima del 1989, che non siano ovviamente sottoposti a tutela, e che debbono essere adeguati agli odierni standard qualitativi, architettonici ed energetici. Anche qui i Comuni possono autorizzare l’abbattimento degli edifici -sempre in deroga ai piani regolatori – e ricostruirli anche su aree diverse, purché destinate allo stesso scopo. Qui l’aumento di cubatura previsto è del 30% per gli edifici destinati a uso residenziale e del 30% della superficie per quelli adibiti ad uso diverso. Se si utilizzano tecniche costruttive di bioedilizia o che prevedano il ricorso ad energie rinnovabili l’aumento della cubatura è del 35%. Sono poi previsti sconti fiscali: il contributo di costruzione sugli ampliamenti sarà infatti ridotto del 20% in generale e del 60% se la casa è destinata a prima abitazione del richiedente o di uno suo parente entro il terzo grado.

Fin qui la legge che verrà proposta alle Regioni, che ha già la disponibilità di Veneto e Sardegna, anche se non c’è dubbio che, con Comuni assetati di quattrini e assediati dalla crisi economica, le adesioni saranno molte. C’è anche una ridefinizione delle sanzioni, solo amministrative nei casi più lievi e più severe se nel caso di beni protetti. A preoccupare è però soprattutto un ambiguo "ravvedimento operoso con conseguente diminuzione della pena e nei casi più lievi estinzione del reato", dal vaghissimo sapore di condono, oltre all’introduzione di norme per semplificare le procedure riguardanti i permessi in materia ambientale e paesaggistica. La linea di fondo è di fatto molto chiara: l’idea è quella di cercare di creare le condizione per mettere in circolazione tutta quella massa di denaro non dichiarato che mal tollera qualsiasi forma di legalità, tassa o restrizione e che nel nostro paese ha dimensioni ciclopiche.

da: www.altrenotizie.org

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