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“Un’altro”
L’autobus della Boldrini con l’apostrofo secondo LiberoQuotidiano
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Concretezza
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“Il Nucleo della Concretezza assicura la concreta realizzazione delle misure indicate nel Piano Triennale delle Azioni concrete“ (DDL concretezza – sic!- art. 1 comma 3)
Es necesario esfuerzos

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Dài, @sanchezcastejon Pedro Sánchez, capo del governo spagnolo, che scrive “es necesario esfuerzos” col verbo essere al singolare e il sostantivo “esfuerzos” al plurale (“è necessario sforzi”). Va beh, per oggi non scrivo più. Forse.
L'”università” on line è “profiqua” (sic!)

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Il sito wikiversity.org, cugino acquisito dell’enciclopedismo cialtrone, per non essere da meno, una volta aperto si presenta in questo modo:
Se ci fate caso, solo l’italiano (e ci mancherebbe altro!) e il portoghese riportano l’autodefinizione di “Università”. In genere le altre lingue hanno un modo molto più garbato e meno pretenzioso di qualificarsi. Gli inglesi si definiscono “Comunità per l’apprendimento aperto”, i francesi “Comunità pedagogica” (bello, fine e delicato), in spagnolo si parla di “Piattaforma educativa libera” (un po’ asettico, se si vuole, ma continuano comunque a sparare basso), i tedeschi parlano di “Apprendere e insegnare”. Solo gli italiani e i portoghesi, dicevo, parlano di “Università”. E che cazzo, ma dove pensano di essere, sul web o a Cambridge? “Università” addirittura?? E cosa darebbe al sito questo alone di universitarismo, di grazia? Il fatto che tutti sono liberi di apprendere e di insegnare? Ma all’università non è così. All’università ci sono quelli che insegnano che sono delle persone qualificate e che hanno fior di titoli e meriti per farlo. All’università non insegna l’uomo della strada. L’università non è come Hyde Park, in cui chiunque si porti il proprio sgabellino ha la possibilità di dire quello che pensa a una folla di ascoltatori più o meno nutrita, un’università è soprattutto condivisione del Sapere con la S maiuscola, e sono perfettamente convinto che in una lezione scolastica o universitaria sul Verismo, nel redigere una dispensa ad uso degli studenti, nessuno si sognerebbe di scrivere che Verga “avvia una profiqua collaborazione” con Luigi Capuana perché “profiqua” con la q non esiste da nessuna parte. Questo non è fare lezione. Questo è aprire la bocca e riemire il vuoto di contenuti quali che siano. Non è un’università, è poco più degli appunti di lezione di un liceo classico presi da uno studente che in italiano ha sei e che li fotocopia per tutti i compagni di classe, lasciando lì l’errore madornale a imperituro ricordo del fatale contatto che ha avuto con l’opera di Verga e Capuana che un giorno ebbero la ventura di iniziare una collaborazione che, vedi tu, è andata loro anche bene.
MA perché a fare gli sboroni e queste figure di melma, dobbiamo sempre andarci noi italiani??
Per Rai Radio 2 Freddie Mercury è un artista con l’apostrofo
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In un Tweet di Rai Radio 2 Freddie Mercury è diventato “un’artista unico” con tanto di apostrofo. Lui che aveva un’estensione vocale inimmaginabile se lo poteva ben permettere, il servizio pubblico della Radio di Stato un po’ meno (Mama, didn’t mean to make you cry!)
Ora basta con questi post di errori diffusi, parliamo di altro.
Wikipedia, “un’incidente” e “un’altro ragazzo”
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Scrivere “un’altro” con l’apostrofo è uno degli errori più frequenti che si facciano in italiano quando si è dinnanzi a una tastiera. E’ praticamente impossibile non trovarlo in un corpus più o meno esteso di pagine web, perché quella di mettere un apostrofo tra “un” e “altro” è una tentazione troppo grande e ci cascano più o meno tutti. Ci casca anche Wikipedia, nella pagina dedicata a Love by Chance (serie televisiva), quando mette a testo
accorre subito in soccorso un’altro ragazzo
Non è il solo errore di Wikipedia in questa parte di “trama” della serie televisiva. Vi si trova anche un delizioso: “un’incidente” nel passo che recita:
Quando Pete, un ragazzo popolare tra le ragazze ma segretamente gay e ricattato dal suo ex ragazzo, incorre in un’incidente stradale
E’ questo il rispetto che i compilatori di Wikipedia e i suoi revisori riservano ai lettori esterni. E’ questa l’affidabilità che molti wikipediani vantano per la propria improponibile creatura. Sciatteria diffusa e pressapochismo spicciolo a profusione. Non resta che ricavare la versione PDF della paginaccia mal scritta e consegnare ai posteri l’ignobile porcata.
L’INVALSI e la battaglia di “Anzio”
Michela Murgia scambia un verbo per una congiunzione
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Michela “Kelledda” Murgia è una scrittrice eccellente e teologa raffinata. Confesso di essermi letteralmente scompisciato dalle risate leggendo “Il mondo deve sapere” (per le edizioni ISBN che fanno libri molto belli, dàtemi retta, se lo trovate su Amazon compratelo!) e di avere amato moltissimo il suo superbo “Accabadora”. Ho affrontato con dedizione il suo “Ave Mary” di cui confesso di non aver capito un accidente. La seguo su Twitter e mi piace leggere i suoi articoli sulla stampa nazionale. Insomma, la Murgia è una di quelle persone di cui l’Italia dovrebbe andare orgogliosa se avesse più a cuore i suoi artisti.
Però anche lei è caduta nelle maglie dell’errore banale ma sostanziale, iniziando questo tweet con una “e” maiuscola accentata al posto della “e” maiuscola semplice, sostituendo una congiunzione (anche se non si dovrebbero iniziare i discorsi con “e…”, mi diceva la mia maestra delle elementari, la Quaglierini, Dio l’abbia in gloria) con un verbo. Probabilmente si tratta di un errore generato dall’uso un po’ troppo disinvolto della tastiera dello smartphone, considerato che la “e” maiuscola è accentata e che il carattere corrispondente è facilmente raggiungibile in quell’ambiente di scrittura, mentre non è direttamente digitabile sulla tastiera del PC domestico. E’ un errore che probabilmente dipende dal sostrato della lingua sarda, di cui la Murgia è figlia giustamente orgogliosa, che non distingue le vocali aperte da quelle chiuse.
Nulla di che, dunque. Solo che è bello correggere Michela Murgia su queste piccole cose.
Gentiloni scambia Melville per Oscar Wilde
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Delizioso svarione del Presidente del Consiglio a “Che tempo che fa”, domenica scorsa.
Nel citare “Bartleby lo scrivano: una storia di Wall Street”, Gentiloni ne ha attribuito la paternità letteraria a Oscar Wilde (che era irlandese), mentre è universalmente noto che l’opera è stata scritta da Hermann Melville (che era statunitense).
“Poco male” – direte voi – “sbagliano tutti” ed è proprio vero, tutti sbagliano e tutti sbagliamo: ma non tutti siamo il Capo del Governo. L’esercizio della retorica è proprio della politica, è un’arte raffinata e delicata, non si può metterne in pericolo il risultato finale con una citazione sbagliata. E infatti una volta profuso lo svarione governativo, su Twitter è stato tutto un rincorresrsi di tam tam della serie “Avete sentito?” “Sì, ha detto proprio così, ha citato Oscar Wilde” “Noooo, ma davvero? Ma che figura!” e poi via a cavalcare l’onda della notizia.
Io, come sempre, arrivo con leggero ritardo e in leggera controtendenza, ma queste cose disturbano il mio senso estetico e mi dànno parecchia ma parecchia noja. Tra l’altro gli errori letterari paiono essere quelli su cui maggiormente scivolano i nostri massimi rappresentanti: prima di quello di Gentiloni c’era stato Renzi che aveva attribuito a Borges una poesia che non era di Borges. E si va avanti così, con faciloneria e sciatteria diffuse. E, soprattutto, con silenzio. Permettete allora che qualcuno che si arrabbi ci sia.
Effetto Streisand: Paolo Attivissimo sbaglia il verbo “pouvoir”

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E così, nella selva selvaggia (sempre più aspra e più forte) degli svarioni, delle svisature, delle sviste, degli ooooops ortografici, linguistici, culturali e grammaticali di cui tanto mi piace andare a caccia, è incappato anche il nostro caro amico Paolo Attivissimo.
In un post del suo blog (il “Disinformatico”, casomai ci fossero dubbi), il Nostro racconta di aver passato del tempo a comunicare e a scambiarsi messaggi con un truffatore che si finge donna per “acchiappare” trasferimenti bancari via Western Union (o qualsiasi altro vettore internazionale di denaro). Beato lui, e pensare che c’è gente che deve lavorare e non può concedersi questi piccoli e innocenti piaceri della vita. Va beh, a un certo punto della corrispondenza, scritta in un improbabile linguaggio da bot con parole straniere di difficile identificazione, *.issimo si imbatte in un probabile francesismo, la forma verbale “Puyisse” scritta ortograficamente da cani (ma del resto da un truffatore che si finge una bellissima donna per spillare soldi a quelli che ci cascano non ci aspettavamo niente di diverso), e la spiega come un errore di ortografia “al posto di puisse, voce del verbo pouver”.
Qualcuno dei suoi solerti vassalli, valvassori e valvassalli gli ha fatto notare che in francese il verbo “pouver” non esiste, che, se del caso, esisterà il verbo “pouvoir”, che significa, appunto, “potere” e l’errore è stato bello che sistemato. Ma volevate che io non lo aspettassi al varco? E siccome il Superlativo afferma sempre candidamente che il web non perdona e non dimentica, ecco l’istantanea, l’effetto Streisand, lo screenshot ripreso dal cellulare (mitico Samsung J1, 98 euro e funziona ancora come una scheggia!) della papera linguistica commessa e candidamente ammessa nei commenti.
E, come si suol dire, avanti un altro!
Oggi Charlie Charplin è morto. Anzi, no, è nato!

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Dopo l’apostrofo di troppo della Boldrini, mi è capitato di aguzzare la vista (come recitava una rubrica de La Settimana Enigmistica) navigando in rete (ma in particolare su Twitter) e sono giunto a una serie di strafalcioni ed errori tra i più svariati, di cui vi darò conto, magari uno alla volta.
Il primo lo fa Radio 2 RAI sul suo profilo Twitter. Oggi è l’anniversario della nascita di Charlie Charplin, ma per loro il 16 aprile 1889 è la data della sua morte (avvenuta in realtà il 25 dicembre 1977).
Ora, per carità, anche qui non è che ci sia da stracciarsi le vesti e strapparsi i capelli dalla vergogna, per carità, può succedere a tutti un momento di “fosforescenza”, ma un conto è se questo errore lo faccio io, che non ho una redazione che si occupa di queste cose, che sono solo un lettore (o un ascoltatore, si veda il caso) e che, soprattutto non sono un servizio pubblico, un conto è se lo fa la radio di stato, che dovrebbe dare informazioni corrette anche quando si tratta di interventi occasionali, come quello su Charplin.
Avanti un altro!
L’orizzonte con l’apostrofo di Laura Boldrini
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Questi devono essere tempi crudeli e di totale generale disorientamento se un politico (e, dico, un politico) che siede in Parlamento grazie ai voti dei suoi sostenitori, ma che per la Costituzione rende conto all’intero popolo italiano, che, oltretutto, gli paga un lauto stipendio, scrive “un’orizzonte” con l’apostrofo.
E’ successo a Laura Boldrini e le ho fatto “tana” su Twitter solo ieri sera. E il bello è che i follower che hanno commentato (tranne uno, immaginate chi?), siano essi favorevoli o contrari alla politica boldriniana, non se ne sono minimamente accorti, continuando, imperterriti e noncuranti, ora a tessere le lodi ora a lanciarle vagonate di pomodori marci virtuali via web.
Chiariamo bene: io sono perfettamente convinto che Laura Boldrini sappia molto bene come si scrive “un orizzonte”, e che sia consapevole che l’apostrofo non ci va. Non addebito questo errore all’ignoranza. Ma alla sciatteria sì. A quell’atteggiamento precipitoso, cioè, che fa sì che una persona (certamente gravata da decine di impegni) dedichi a pubblicare un contenuto un tempo estremamente limitato. Si scrive, poi non si rilegge, si preme “pubblica” (e “pubblica” vuol dire esattamente “rendi pubblico”, “diffondi”), pare che vada bene così, poi si scivola sulla buccia di banana. Non è esattamente quello che si dice un atteggiamento rispettoso nei confronti dei lettori. O, come in questo caso, dei follower, che non ti chiedono minimamente di scrivere per loro, se lo fai è perché sei TU che hai qualcosa da dire, e il minimo che si possa pretendere è che tu lo faccia nel modo più corretto possibile.
Chi parla male pensa male.
PD: un anno di governo con l’apostrofo
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La gente mi dice spesso che son troppo pignolino (ma va’?) nell’individuare gli errori di ortografia in rete. E troppo crudele nello stigmatizzarli, perché “in fondo sono solo degli errori di battitura o delle banali sviste che non denotano necessariamente l’ignoranza o la malafede di chi li commette” (ah, no?).
Allora mi dicano Lorsignori come deve essere classificato questo prezioso reperto che illustra la “scuola che cambia” secondo il Partito Democratico (ora lo so che cosa direte, che ce l’ho a morte con il Partito Democratico, sì, e allora?) e che pubblicizza un incontro con Renzi in testa al quale spicca la scritta “2014-2015 un’anno di governo”. “Un’anno” con l’apostrofo! (cliccate sull’immagine per ingrandirla, peccatori!)
C’è indubbiamente da crederci che la scuola cambierà se si usano gli apostrofi là dove non ci vogliono. Credo anche che una cultura basata sulla banalizzazione e sulla tolleranza di questo tipo di orrori per cui la mia maestra delle elementari, la Laura del Quaglierini, non avrebbe esitato a mettermo un segno di matita blu e a rimandarmi a posto con una bella rampogna, non sia una cultura che cambia l’Italia. Tutt’al più la mortifica.
Non è un errore grave? E invece sì. E’ gravissimo. E se lo si vuole tollerare a tutti i costi si è complici di questa cultura della sciatteria e del va’-là-che-vai-bene.
Magari, questo sì, ci si può fare una risata e cominciare a fidarsi un po’ meno.
Wikipedia: una sera sarai con “un’altro”
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E continuano a usare espressioni nobili come “enciclopedicità”, “punto di vista neutrale”, “affidabilità”. E’ la loro migliore maschera.
Però continuano a infarcire una supposta enciclopedia di errori ortografici macroscopici come “un’altro” scritto con l’apostrofo, che avevo già segnalato tempo addietro ma che sembra essersi espanso come vezzo scrittòrio o aver contagiato altre pagine, come se fosse un virus.
Permeati di buonismo quando serve (“Noi lo diciamo che la nostra non è una risorsa affidabile!” – o bravi!-) e di scaricabarile negli altri casi (“Trovi un errore? Correggilo così ci aiuti a migliorare” – come se fosse colpa di chi legge se chi scrive sbaglia) gli articoli di Wikipedia ci (di)mostrano cosa c’è veramente dietro all’ipnosi collettiva per questa terra di nessuno che continua a lievitare i suoi introiti sotto forma di donazioni.
E non vale l’obiezione per cui questo errore si verifica in appena sei voci su oltre un milione. Intanto perché non glielo ha ordinato il dottore di chiamarsi “enciclopedia” (“taccuino per appunti” sarebbe una dicitura senz’altro più adeguata) e poi perché è come lo studente che alla Maturità fa un tema di schifo e si giustifica dicendo “Sì, però durante l’anno scolastico ho sempre preso voti più alti.” Può darsi, ma intanto, carino, questo è quello che hai scritto.
Vediamoli tutti questi “errori di digitazione” (li chiamano tutti così). Vi ci metto anche gli screenshot che potrete ingrandire a vostro piacimento (poi ditene male!).
E se Wikipedia non incanta neanche te hai già fatto un grosso passo avanti. I hope some day you’ll join us!
CENAIA
“dedicata a Sant’Andrea, quest’ultima poi ricordata in un’altro atto del 5 febbraio 1193”
(http://it.wikipedia.org/wiki/Cenaia)
STAZIONE DI CIAMPINO
“terminava all’interno di un cortiletto interno ed un’altro terminava all’interno delle ex rimesse dei mezzi”
(http://it.wikipedia.org/wiki/Stazione_di_Ciampino)
YINGLUCK SHINAWATRA
“ritorsioni ad opera delle camicie rosse. Un’altro procedimento penale che grava su Yingluck, maturato”
(http://it.wikipedia.org/wiki/Yingluck_Shinawatra)
ROYAL FUSILIERS
“fino al 1968, quando è stato incorporato con un’altro reggimento per formare il Reggimento Reale Fucilieri”
(http://it.wikipedia.org/wiki/Royal_Fusiliers)
LA PIOVRA (SERIE TELEVISIVA)
“Sara Granchio, figlia di Rosario Granchio (un’altro dei killer appartenente al commando che uccise”
(http://it.wikipedia.org/wiki/La_piovra_(serie_televisiva))
DOXORUBICINA
“usando N-nitroso-N-metil uretano producendo un’altro antibiotico sempre di color rosso”
(http://it.wikipedia.org/wiki/Doxorubicina)
“Un’altro” svarione di Wikipedia ai Giardini Fratelli Cervi di Barletta
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I Giardini Fratelli Cervi sono a Barletta. Lo so grazie a Wikipedia.
Sempre grazie a Wikipedia so anche che “in questo parco si può fare una tranquilla e serena passeggiata tra i vialetti, portare i bambini a giocare ai parco giochi”. Ma guarda un po’. E io che pensavo saltasse fuori Jack lo Squartatore dai cespuglietti. Grazie per questa precisazione.
Poi Wikipedia mi chiarisce che dei due parchi giochi per bambini “uno fino ai 10 anni e un’altro per gli 11+”. A parte il discorso che non fila, ci sarebbe da sottolineare con la matita blu quel “un’altro”. Ma come, l’enciclopedia mondiale, la più informata, la più ricca di voci, quella del primo banco, la più carina, la più amata dagli italiani casca miseramente su un errore di ortografia come questo?? Ma non è un compendio del sapere? Non chiedono i soldi per mantenere questo apparato di server e di strafalcioni??
Mi dicono: “Questa voce sugli argomenti architettura e botanica è solo un abbozzo.” E va beh, chi se ne frega? Un abbozzo deve PER FORZA essere scritto male e contenere errori ortografici?? Se è un abbozzo tienilo per te, se lo pubblichi scrivilo ammodino perché magari qualcuno lo legge.
Poi aggiungono: “Contribuisci a migliorarla secondo le convenzioni di Wikipedia”. E perché, non lo sto facendo? Va bene, va bene, il mio blog non è nelle convenzioni di Wikipedia. Ma tanto per cambiare chi se ne frega.
Un’altra poesia senza apostrofo
L’apostrofo che fa i fanghi alle Terme di Buçaco (Portogallo)
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Le terme del Buçaco sono quelle in cui andava il personaggio di Pereira a fare le cure per dimagrire. Il film di Roberto Faenza, interpretato da un magistrale Marcello Mastroianni, ci restituisce un Portogallo “primo”, quasi “primitivo”, per questo dotato di un’aura di sacralità immensa, che su un sito web del cui nome non voglio ricordarmi
è stato storpiato dall’uso dell’apostrofo. Anche questa è sciatteria.
Auto pirata senza apostrofo
“Un’altro” e gli errori ortografici di Wikipedia
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Ultimamente su giornale e web scrivere “un’altro” con l’apostrofo è diventato uno sport nazionale.
Ognuno di noi ha, in verità, qualche piccolo difetto ortografico nel maneggiare la tastiera. Io sto diventando presbite, quindi tendo sempre di più a commettere errori che prima non commettevo.
Uno, però, lo continuo a fare. Scrivere “telfono” per “telefono”. E’ più forte di me.
Ma “un’altro” con l’apostrofo è ben più di un errore, è una banalizzazione dell’ortografia, visto che apostrofo e barra spaziatrice si trovano agli antipodi della tastiera.
Un errore macroscopico e imbarazzante che si trova ovunque. Web, soprattutto, ma anche giornali e riviste.
Ho deciso di segnalare questo errore ogni volta che lo trovo, un po’ qua e un po’ là.
Con questo post inizio, quindi, una “nuova” sezione del blog.
Da cosa cominciamo? Ma da Wikipedia, naturalmente.
Facciamo una premessa. Nella voce di Wikipedia dedicata all’album di Francesco Guccini “Guccini Live Collection” si premette che il Cantautore non avrebbe approvato quel progetto discografico.
Tra le motivazioni viene riportato quanto segue:
“Come prova della sua estraneità a quell’opera, il cantautore porta il fatto che nella versione originale il titolo Un altro giorno è andato è scritto con l’apostrofo (Un’altro giorno è andato)”
Guccini, dunque, si indigna non solo per il prodotto discografico finale di cui non condivide l’idea e la struttura, ma anche per il fatto che sia uscito con il titolo di una sua nota canzone (“Un altro giorno è andato”) scritto con l’apostrofo.
Wikipedia – Guccini Live Collection
Ora, andiamo a vedere un po’ dov’è che Wikipedia scrive “un’altro” (rigorosamente con l’apostrofo).
Prendiamo, ad esempio, la scheda sul film “Cime tempestose” del 1992. E’ materiale grezzo e in itinere, e questo potrebbe anche stare quasi bene al lettore (Wikipedia è un progetto in continuo divenire) ma si legga il seguente passaggio:
“Lontano 4 miglia da li, si trovava un’altro posto, ovvero Turchross Grange. Non sapendo cosa fare l’uomo si ritrova ad andare li.”
Ci sarebbe anche da segnalare che “lì” come indicazione di luogo si scrive con l’accento, ma transeat.
Visto che Wikipedia stessa offre la possibilità ai lettori di salvare le voci in formato PDF (non modificabile, e procedente dalla stessa fonte), ecco l’habeas corpus che potrete scaricare e consultare a vostro bell’agio:
Wikipedia – Cime tempestose – Film
Ora vogliamo andare su Sky Italia? Ma sì, forza…
Si apprende ivi che alla sezione “Tecnologie e Servizi”, MySky offre la possibilità di “Registrare un programma guardandone un’altro contemporaneamente”
E va beh. Anche qui potete prendere il PDF per vostra consultazione e riferimento futuro:
Ora uno mi può anche dire: ma tu non sbagli mai. Non sbagli mai gli apostrofi, tu che fai tanto il saccentello?
Certo che li sbaglio. Ma non vado certo in giro a dire di essere un’enciclopedia on line!