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Vittorio Emanuele di Savoia - Wikipedia

Vittorio Emanuele di Savoia

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Dinastia dal 1820
Casa Savoia

Vittorio Emanuele II
Umberto I
Vittorio Emanuele III
Umberto II
Vittorio Emanuele di Savoia
Emanuele Filiberto di Savoia

Vittorio Emanuele Alberto Carlo Teodoro Umberto Bonifacio Amedeo Damiano Bernardino Gennaro Maria di Savoia (Napoli12 febbraio 1937) è un imprenditore italiano.

È figlio dell'ultimo sovrano Italiano, è sposato con Marina Ricolfi Doria da cui ha avuto un figlio, Emanuele Filiberto.


Indice

[modifica] Titoli nobiliari

Vittorio Emanuele di Savoia è conosciuto all'interno di ambienti monarchici come principe di Napoli. La Repubblica Italiana non riconosce nessun titolo nobiliare italiano. Poiché al capo di casa Savoia spetta il titolo di duca di Savoia, l'attribuzione di quest'ultimo titolo a Vittorio Emanuele è legata alla controversia sulla successione dinastica.

[modifica] Rientro in Italia

Ha vissuto in Svizzera, a Ginevra, fino al 2002 quando venne abolita la norma costituzionale che obbligava gli eredi maschi di casa Savoia all'esilio.

Risulta tra gli iscritti alla Loggia massonica P2. Durante il periodo dell'esilio suscitò varie polemiche con alcune dichiarazioni infelici:

  • Nel 1994, quando, nel corso di un'intervista televisiva, gli fu chiesto se fosse disposto a giurare fedeltà alla Costituzione repubblicana per tornare in Italia, lui rispose:
Collabora a Wikiquote « No. No. Non voglio rispondere a questa domanda. È una cazzata! »
  • Il 1 maggio 1997, quando nel corso di un'altra intervista televisiva, rifiutò di scusarsi per la firma di un Savoia alle leggi razziali, precisando:
Collabora a Wikiquote « No, perché non ero neanche nato. E poi, non sono così terribili. »
  • Il giorno successivo, il 2 maggio 1997, dichiarò in un comunicato:
Collabora a Wikiquote « Le leggi razziali furono certo un grave errore. »
  • Solo il 15 luglio 2000, in un'intervista televisiva, dichiarò:
Collabora a Wikiquote « Sono disposto a giurare fedeltà alla Costituzione della Repubblica anche pubblicamente, se proprio lo devo fare. »

Nel 2002, invece, con un comunicato emesso da Ginevra, prese ufficialmente le distanze dalle leggi razziali, per la prima volta nella storia di casa Savoia.

Sempre nel 2002 furono pubblicate dichiarazioni in cui accettava la fine della monarchia.[1]

Nello stesso anno, dopo l'abolizione dell'esilio, insieme con il figlio giurò per iscritto e senza condizioni fedeltà alla Costituzione Repubblicana ed al presidente della Repubblica, rinunciando in tal modo esplicitamente a qualunque pretesa dinastica sullo stato italiano.

Nel novembre 2007 ha richiesto allo Stato Italiano 170 milioni di euro come risarcimento per l'esilio oltre alla restituzione dei beni confiscati dallo Stato nel 1948. Tale richiesta contraddice ciò che Vittorio Emanuele dichiarò con una lettera [5] alla Camera l'8 Luglio 2002:

Collabora a Wikiquote « Mentre apprendo con soddisfazione che la vicenda della mia famiglia sta per entrare nella fase finale della sua risoluzione, desidero assicurare che è mia intenzione ritirare il ricorso, che presentai avanti alla Corte europea dei diritti dell'uomo, con sede a Strasburgo, una volta approvata la legge costituzionale abrogativa dei due primi commi della XIII disposizione transitoria e finale della costituzione e decorsi i tre mesi prescritti senza che venga richiesto il referendum confermativo. »

[modifica] Capo di casa Savoia?

Pur non essendo i titoli nobiliari riconosciuti dallo Stato italiano (ed essendo pertanto privi di qualunque tutela legislativa), può essere comunque utile riportare le controversie sorte sull'assegnazione ereditaria del titolo di capo di casa Savoia.

La "successione al trono" (comunque priva di valore legale) di Vittorio Emanuele di Savoia è questione controversa e alcuni ritengono che si debba considerare il cugino Amedeo di Savoia Aosta il vero capo del casato. Da anni, infatti, sul punto si è aperta una disputa tra le varie famiglie nobili italiane. I pareri contrari si fondano sul matrimonio con Marina Ricolfi Doria (non nobile) mai riconosciuto da suo padre, Umberto II. Queste famiglie riconoscono come capo del casato Amedeo di Savoia, sposato con una principessa d'Orléans (matrimonio annullato dalla Sacra Rota nel 1987), e, per taluni, più consono a rappresentare la famiglia.

Secondo quanto riferito dallo storico Aldo Alessandro Mola, il 15 dicembre 1969 Vittorio Emanuele scrisse un "decreto" con il quale, dichiarando decaduto il padre, si autoproclamò re d'Italia.[2]

Inoltre, i sostenitori di Amedeo di Savoia Aosta sostengono che, per effetto del suo matrimonio "diseguale" del 1970 e in mancanza del preventivo consenso del padre, ovvero in contrasto alle leggi che regolamentano la successione dinastica in casa Savoia (normativa dei matrimoni sabaudi - regie patenti del 13 settembre 1780)[3], Vittorio Emanuele abbia perso ogni diritto di successione al trono ed abbia perso l'appartenenza alla Famiglia Reale, con perdita di ogni titolo e rango in favore di suo cugino Amedeo di Savoia Aosta.[4] Vittorio Emanuele, pertanto, secondo questa interpretazione, non è mai stato erede al trono (Umberto II, che non abdicò mai, non designò il suo successore ed anzi fece chiudere nella propria bara il sigillo reale) ed è in discussione lo stesso ruolo di capo di casa Savoia.[5]

I sostenitori di Vittorio Emanuele affermano invece che il matrimonio sarebbe stato accettato anni dopo dal re, e che l'approvazione non sarebbe più necessaria ai sensi del disposto dello Statuto Albertino che abrogò ogni norma precedente. A ciò, Vittorio Emanuele aggiunse:

Collabora a Wikiquote « Ci si dimentica la legge salica: la successione è automatica, e pertanto non era necessaria alcuna nomina da parte di mio padre. Mia moglie è per diritto acquisito la principessa Marina di Savoia»

Queste discussioni, aggiunte ad antiche rivalità storiche, hanno fatto sì che tra i due cugini non scorresse buon sangue. L'episodio più significativo si è avuto quando i due vennero alle mani al matrimonio di Felipe e Letizia, eredi al trono spagnolo. Nei giorni immediatamente successivi, Vittorio Emanuele dichiarò circa il cugino Amedeo:

Collabora a Wikiquote « È terzo nella linea di successione. È nessuno. Rappresenta solo sé stesso. »

La "Consulta dei Senatori del Regno", la più alta autorità monarchica voluta dall'ultimo re d'Italia nel 1955, esistente in Italia (fu sospesa da Vittorio Emanuele nel 2002 ma alcuni suoi membri si riunirono nella nuova "Associazione Consulta dei Senatori del Regno") sotto forma di associazione privata (riconosciuta ai soli fini fiscali), in data 7 luglio 2006 ha decretato che Amedeo di Savoia è

Collabora a Wikiquote « il capo della casa di Savoia, è il duca di Savoia con i relativi titoli e le prerogative ad esso spettanti »

Egli diverrebbe così l'erede ipotetico di Umberto II. Motivo ufficiale: il matrimonio di Vittorio Emanuele con una borghese senza l'assenso del sovrano, che è richiesto dalle Regie patenti promulgate (nel 1780 e nel 1782) da Vittorio Amedeo III di Savoia, re di Sardegna. Da diversi commentatori - a torto o a ragione - si è ipotizzato che la decisione, o quanto meno la scelta del momento in cui renderla nota, sia anche una conseguenza delle recenti vicende giudiziarie che hanno coinvolto il figlio dell'ultimo re d'Italia. La decisione segna comunque un punto di svolta in un'annosa querelle che ha visto contrapporsi i due rami di casa Savoia.

Alessandro Aldo Mola, presidente della Associazione Consulta dei Senatori del Regno, rispondendo alle affermazioni di Emanuele Filiberto, secondo cui tale organo non è legittimato a proclamare il duca Amedeo d'Aosta come capo di casa Savoia, ha dichiarato

Collabora a Wikiquote « La Consulta dei senatori del Regno non è mai stata sciolta. L'associazione fu creata il 20 gennaio del 1955 da circa 160 senatori, il cui atto di volontà fu riconosciuto direttamente da Umberto II, in una lettera del 3 febbraio dello stesso anno, in cui il sovrano non abdicatario ed esule, conferì a questa istituzione il compito della conservazione e della continuazione dei valori e della memoria politica e culturale del senato del regno »

Di diverso avviso il professor Sandro Gherro (ordinario di diritto ecclesiastico nell'Università di Padova avvocato della curia romana per nomina della segreteria di stato vaticana) secondo il quale il vero capo di casa Savoia è Vittorio Emanuele.[6]

Diversa posizione è sostenuta dall'avvocato Franco Malnati[7] (membro della Consulta dei Senatori del Regno sospesa da Vittorio Emanuele), basandosi sulla sentenza della commissione elettorale che, nel 1983, riconosceva il pieno godimento del diritto di voto ad Amedeo d'Aosta perché «non parente stretto» dei Savoia:[8] sulla scorta di tale documento Franco Malnati conclude che Amedeo di Savoia non può rivendicare alcun diritto su Vittorio Emanuele essendone solo cugino di settimo grado, ma, a loro volta, i sostenitori di Amedeo ricordano che non esiste alcuna legge che ponga un limite ai gradi di parentela per la successione (tanto che Carlo Alberto di Savoia successe legittimamente a Carlo Felice pur essendone cugino addirittura di tredicesimo grado).[9]

Nel 1960 Umberto II scrisse a suo figlio Vittorio Emanuele alcune lettere autografe dal contenuto inoppugnabile, mediante le quali lo avrebbe escluso esplicitamente dalla successione al trono.[10] Successivamente a questo episodio epistolare, Umberto II presentò ufficialmente la consorte ed il figlio di Vittorio Emanuele in una manifestazione promossa dall'UMI (oggi a favore di Amedeo) a Beaulieu il 4 giugno 1978, cui parteciparono migliaia di monarchici:[11] tuttavia occorre precisare che tale "presentazione" avvenne (come risulta dalla registrazione dell'incontro)[12] non attraverso la viva voce di Umberto, ma da parte di un rappresentante dell'organizzazione monarchica.

La vicenda è comunque tuttora oggetto di controversia tra le opposte fazioni, che sostengono altrettanto opposte tesi.

[modifica] Albero genealogico

Vittorio-Emanuele di Savoia Padre:
Umberto II, re d'Italia
Nonno paterno:
Vittorio Emanuele III, re d'Italia
Bisnonno paterno:
Umberto I, re d'Italia
Trisnonno paterno:
Vittorio Emanuele II, re d'Italia
Trisnonna paterna:
Maria Adelaide d'Asburgo-Lorena
Bisnonna paterna:
Margherita di Genova
Trisnonno paterno:
Ferdinando I, duca di Genova
Trisnonna paterna:
Maria Elisabetta di Sassonia
Nonno materno:
Alberto I, re del Belgio
Bisnonno materno:
Filippo del Belgio
Trisnonno materno:
Leopoldo I, re di Belgio
Trisnonna paterna:
Genevieve Prigent
Bisnonna paterna:
Milena del Montenegro
Trisnonno paterno:
Pietro Vukotic
Trisnonna paterna:
[[]]
Madre:
Maria José del Belgio
Nonno materno:
Alberto I, re del Belgio
Bisnonno materno:
Filippo del Belgio
Trisnonno materno:
Leopoldo I, re di Belgio
Trisnonna materna:
Luisa d'Orléans (1812-1850)
Bisnonna materna:
Maria di Hohenzollern-Sigmaringen
Trisnonno materno:
Carlo Antonio di Hohenzollern-Sigmaringen
Trisnonna materna:
Giuseppina di Baden
Nonna materna:
Elizabetha di Baviera
Bisnonno materno:
Carlo Teodoro, duca di Baviera
Trisnonno materno:
Massimiliano di Baviera
Trisnonna materna:
Ludovica di Baviera
Bisnonna materna:
Maria José di Braganza
Trisnonno materno:
Michele I, re di Portogallo
Trisnonna materna:
Adelaide di Löwenstein-Wertheim

[modifica] Vicende giudiziarie

Nel corso degli anni alcuni scandali legati a vicende giudiziarie hanno contrassegnato la vita di Vittorio Emanuele:

  • Già negli anni settanta Vittorio Emanuele venne indagato sia dal giudice istruttore Carlo Mastelloni della pretura di Venezia per traffico internazionale di armi verso alcuni paesi mediorientali posti sotto embargo, sia dal giudice istruttore Carlo Palermo della pretura di Trento. Il caso venne successivamente trasferito alla pretura di Roma. Tale indagine fu archiviata. Da tenere presente che Vittorio Emanuele era intermediatore d'affari per conto anche della Agusta, e, grazie all'amicizia con lo Scià di Persia Reza Pahlavi, proprio in quegli anni concludeva compravendite di elicotteri tra l'Italia e la Persia.
  • Il 18 agosto 1978, sull'Isola di Cavallo (Corsica), ci fu una sparatoria a seguito del furto del gommone di Vittorio Emanuele da parte di conviviali del miliardario Nicky Pende, Vittorio Emanuele sparò alcuni colpi di fucile. L'ipotesi d'accusa, sulla base della quale fu in seguito arrestato, fu che uno dei proiettili colpì lo studente tedesco di 19 anni Dirk Geerd Hamer, figlio di Ryke Geerd Hamer, che stava dormendo in una barca vicina e che morì nel dicembre dello stesso anno dopo una lunga agonia. Di ciò, però, non vi fu piena prova, in quanto la difesa sostenne la presenza di altre persone che avrebbero sparato durante la colluttazione, poi fuggite e mai identificate dalla gendarmeria francese. Anche il calibro ed il rivestimento dei proiettili che ferirono a morte il giovane risultarono diversi da quelli in dotazione al fucile di Vittorio Emanuele di Savoia (al quale sarebbe stato contestato, senza però addurre alcuna prova convincente, di aver effettuato una sostituzione d'arma). Nel novembre del 1991 venne prosciolto dalla Camera d'accusa parigina dall'accusa di omicidio volontario e condannato a 6 mesi con la condizionale per porto abusivo d'arma da fuoco. Il 21 giugno 2006, durante la sua detenzione nel carcere di Potenza, una microspia avrebbe intercettato una sua conversazione in cui avrebbe ammesso l'omicidio e di essere uscito vittorioso dalla vicenda. Il contenuto della conversazione, come riportato dalla stampa, sarebbe il seguente:
Collabora a Wikiquote « Anche se avevo torto... devo dire che li ho fregati. È davvero eccezionale: venti testimoni, e si sono affacciate tante di quelle personalità importanti. Ero sicuro di vincere. Io ho sparato un colpo così e un colpo in giù, ma il colpo è andato in questa direzione, è andato qui e ha preso la gamba sua, che era steso, passando attraverso la carlinga. »
  • Il 16 giugno 2006 il GIP Alberto Iannuzzi del Tribunale di Potenza, su richiesta del PM Henry John Woodcock, ne ha ordinato l'arresto con le accuse di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e al falso, e associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione nell'ambito di un'indagine legata al casinò di Campione d'Italia. Il 23 giugno 2006, in seguito ad una parziale ammissione dei fatti che gli sono stati addebitati, per decisione del GIP di Potenza, è stato messo agli arresti domiciliari a Roma, in una casa del quartiere Parioli di proprietà della famiglia Fabbri, dove si trasferì con la moglie Marina Doria. Il Tribunale del Riesame di Potenza, in data 20 luglio 2006, gli ha revocato gli arresti domiciliari, imponendogli il solo divieto di espatrio. Al suo rilascio, dichiarò alla stampa:
Collabora a Wikiquote « Se uno è in cerca della giustizia, alla fine la trova. La vita, a volte, è davvero molto strana: ho atteso cinquantasei anni per rientrare in Italia, e ora non la posso più lasciare. »

A soli otto giorni dalla propria liberazione, il 28 luglio 2006, in una telefonata ad un conoscente, Vittorio Emanuele dichiarò:

Collabora a Wikiquote « Questi giudici sono dei poveretti, degli invidiosi, degli stronzi. Pensa a quei coglioni che ci stanno ascoltando: sono dei morti di fame, non hanno un soldo. Devono stare tutto il giorno ad ascoltare, mentre probabilmente la moglie gli fa le corna. »
  • Circa la questione delle intercettazioni telefoniche, agli inviati del Tg satirico Striscia la Notizia che gli hanno consegnato il famoso premio del Tapiro d'Oro, ha affermato:
Collabora a Wikiquote « Le intercettazioni sa come le fanno? Si prendono le paroline e poi le si appiccica. »
Collabora a Wikiquote « Tutto ciò è un sistematico attacco ai danni di casa Savoia. Nel modo subdolo dei poteri occulti. Sono rimasto in silenzio per molte settimane, su consiglio dei miei avvocati, ma ora è il momento di parlare, per fare emergere la verità. Stiamo vedendo ogni giorno che cosa accade nel mio Paese, e cioè intercettazioni telefoniche, fughe di notizie, voglia di protagonismo da parte di alcuni personaggi. Lo scorso inverno, casa Savoia aveva indici di gradimento molto alti, e in quel momento è partito questo sistematico attacco per far sprofondare la nostra immagine. Non so se ci sia un disegno unico dietro a quanto mi è accaduto, ma io intendo parlarvi di Giustizia, e della mia fiducia nei suoi riguardi. »
  • Il 13 marzo 2007 la Procura della Repubblica di Como, sulla scorta del riesame integrale di tutte le intercettazioni, ha chiesto l’archiviazione delle due inchieste aperte nei confronti di Vittorio Emanuele di Savoia a Potenza e trasferite a Como, e che coinvolgevano anche l’ex sindaco di Campione d’Italia Roberto Salmoiraghi, l'imprenditore Ugo Bonazza, Giuseppe Rizzani e la signora Vesna Tosic: il 27 marzo il GIP del tribunale di Como ha accolto l'istanza di archiviazione.
  • Il 25 giugno 2007 Vittorio Emanuele è stato denunciato dal cugino Amedeo di Savoia Aosta per via delle affermazioni ingiuriose contenute nell'intervista che Vittorio Emanuele stesso aveva rilasciato, pochi giorni prima, al quotidiano "la Repubblica" e al mensile "Point de Vue".[13]

[modifica] Note

  1. ^ nel libro Lampi di vita [1] di Alessandro Feroldi (edito da Rizzoli), Vittorio Emanuele dichiarò che:
    • "Io sono il primo ad accettare che in Italia ci sia la Repubblica e non più la monarchia", (pagina 162, righe 9 e 10).
    • "Oggi come oggi non vedo l'utilità di riportare in Italia una corona" (pagina 207, righe 8 e 9).
    • "Sappiamo tutti che l'Italia non può più tornare ad essere una monarchia" (pagina 207, riga 26).
    • "Ormai la Monarchia in Italia non ha più ragione d'essere" (pagina 216, riga 17).
  2. ^ [2], [3], [4]
  3. ^ normativa_matrimoni_it.pdf
  4. ^ 20060707_consulta_it.pdf
  5. ^ Del medesimo avviso autorevoli autori come: S. Bordonali, Un’ipotesi adeguatrice della XIII disposizione finale transitoria, Rivista Araldica, 1995-1999. M. Bon di Valsassina, La XIV disposizione finale della Costituzione e la sua opinabile ricostruzione ermeneutica, Giur. Cost., 1967. Gigi Speroni, In nome del re. Conversazioni con Gigi Speroni, Rusconi, 1986. A. Squarti Perla, In nome del Re, Maroni, 2006.
  6. ^ Intervista
  7. ^ Articolo su www.ilmeridiano.info.
  8. ^ Articolo su www.ilgiornale.it.
  9. ^ www.monarchia.it
  10. ^ www.politicaonline.net
  11. ^ www.diesis.it
  12. ^ www.youtube.com
  13. ^ www.politicaonline.net

[modifica] Onorificenze

Cavaliere dell'Ordine Supremo della Santissima Annunziata - nastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro - nastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere Balì di Gran Croce d'Onore e Devozione del Sovrano Militare Ospedaliero Ordine di Malta - nastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere Balì del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio - nastrino per uniforme ordinaria


Poiché al capo di casa Savoia spetta tradizionalmente il titolo di duca di Savoia, l'attribuzione di quest'ultimo titolo al cugino Amedeo è legata alla controversia sulla successione dinastica.

Quasi tutti questi appellativi non possiedono, per l'ordinamento repubblicano dell'Italia, la natura di titolo di merito o ereditario. L'Ordine Supremo della Santissima Annunziata non è riconosciuto dallo Stato italiano, mentre quello Mauriziano è conservato come ente ospedaliero e funziona nei modi stabiliti dalla legge. Il solo titolo riconosciuto dalla Repubblica Italiana è quello di Cavaliere d'onore e devozione del Sovrano Militare Ordine di Malta.

[modifica] Voci correlate

[modifica] Altri progetti

[modifica] Collegamenti esterni

Vicende giudiziarie
Controversia con Amedeo di Savoia Aosta
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