Rima (linguistica)
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In poesia, la rima è l'omofonia, ovvero l'identità dei suoni, tra due o più parole a partire dall'ultima vocale accentata che si verifica per lo più tra le clausole dei versi. Altrimenti si definisce rima interna. Nell'analisi metrica, i versi che rimano tra loro sono indicati mediante la stessa lettera.
Indice |
[modifica] Schemi rimici
- Baciata: un verso rima con quello successivo. Schema metrico AABB
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« Una donna s'alza e cànta La segue il vento e l'incànta |
(G. Ungaretti - Canto beduino, vv. 1-4)
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- Alternata: il primo verso rima con il terzo, e il secondo con il quarto. Schema metrico ABAB, CDCD
- Incrociata: il primo verso rima con il quarto, il secondo con il terzo. Schema metrico ABBA CDDC
- Incatenata: il primo verso rima con il terzo della prima terzina, il secondo con il primo della seconda terzina, il secondo di questa rima con il primo delle terza terzina, e così via. Da notare il fatto che tutta la Divina Commedia è strutturata in questo modo. Schema metrico ABA, BCB, CDC.
[modifica] Altre rime
- Composta: una parola rima con l'insieme di due o più parole Es. oncia / non ci ha
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« cercando lui tra questa gente sconcia,
con tutto ch'ella volge undici miglia, e men d'un mezzo di traverso non ci ha. » |
(Inferno - Canto XXX vv. 85-87)
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- Derivativa: tra due parole che hanno omogeneità etimologica Es. guardi / sguardi
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« bollir le notti, e ’n sul giorno esser fredda;
e tanto si raffredda quanto ’l Sol monta, e quanto è più da presso. » |
( Petrarca - Canzoniere - Stanza III - vv.5 e segg)
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- Rara o Cara: usa parole rare, insolite o straniere Es. bovindo / tamarindo
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« mentre urla il medico la sua lezione sprengel e koch, » |
( Arrigo Boito - Lezione d'Anatomia - Strofa VI - vv. 3 e segg.)
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Secondo i trattatisti medievali una rima italiana si potrebbe definire sempre "Cara" quando vi siano tre consonanti prima dell' ultima vocale, il gruppo massimo di consonanti ammesso in lingua italiana (rostro: mostro); in effetti questo tipo di rime risulta più raro delle altre.
Tuttavia non esiste una maniera scientifica per distinguere le rime rare.
In ogni caso in italiano sono rare tutte quelle rime tra versi sdruccioli o bisdruccioli (Vàndalo - Scàndalo )
- Equivoca: parole di uguale suono ma significato diverso Es. campo / campo (terreno, verbo campare)
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« Non vogliamo ricordare
vino e grano, monte e piano, |
(G. Pascoli, L'or di notte, vv 21-24)
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- In tmesi: rima tra una parola e una mezza che finisce nel verso successivo Es. volgo / folgo-re
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« Ma sia pioggia di mite lavacro:
Tutti errammo; di tutti quel sacro- santo Sangue cancelli l'error. » |
(Manzoni - La Passione - vv.86 e segg.)
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- Grammaticaleo desinenziale : ha identità di desinenza Es. cantando / andando
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« Ma piú quand'io dirò senza mentire: Donna mi priegha, per ch'io voglio dire. » |
(Petrarca, Rvf, 70, 19-20)
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- Identica: parola che rima con sé stessa (Esempio tipico è la parola Cristo nella Commedia)
- Imperfetta: assonanza: le vocali uguali e consonanti diverse Es. fame / pane consonanza: vocali diverse e consonanti uguali Es. amore / amaro
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« Io non so che cosa sia, se tacendo o risonàndo |
(C. Rebora, Campana di Lombardia, vv 5-8 )
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- Inclusiva: una delle due parole è contenuta nell'altra Es. assalto / alto
- Ipermetra: una delle due parole è considerata senza la sillaba finale Es. scalpito / Alpi
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« Ah l'uomo che se ne va sicuro, agli altri ed a se stesso amico, |
(Eugenio Montale - non chiederci la parola vv. 5 e segg.)
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Le rime ipermetre sono tipiche di una poesia che non abbia uno schema metrico rigoroso, tuttavia alcuni poeti riescono a mantenere lo schema metrico del componimento facendo seguire il verso ipermetro con un verso ipometro; in modo che la sillaba in più del verso ipometro, rientri nel computo del verso seguente, e si abbia così un effetto molto simile a quello della rima in tmesi, esempio:
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« Si dondola dondola dondola (Novenario sdrucciolo ipermetro) la sillaba "la" è in più e andrebbe letta nel verso dopo senza rumore la cuna (Ottonario piano ipòmetro) da leggere: "la senza rumore la cuna" |
(G. Pascoli, Il sogno della Vergine, 49-51)
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- Interna: lega parole che si trovano a metà o all'interno del verso
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« Così mia sorte ria mi calca e sbassa e mi mette in manette e mi sorpassa » |
(Ludovico Leporeo)
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Oppure lega una parola interna con la parola di fine verso
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« e pianto, ed inni, e delle Parche il canto » |
( Foscolo - Dei sepolcri.)
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- Rimalmezzo: Benché vengano spesso confuse, la rimalmezzo è qualcosa di più della semplice rima interna; è una rima di tipo metrico, che divide il verso in due semiversi, in due emistichi:
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« Immune fruga in fretta arraffa Splendido cromo e un lampo è ruga |
(Cacciatore)
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Volendo semplificare il concetto la rimalmezzo si ha quando i versi potrebbero essere divisi in versi più piccoli rimanti tra loro, in questo caso i versi sono divisibili ognuno in due quinari:
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« Immune fruga in fretta arraffa |
L'Endecasillabo che abbia costantemente una rimalmezzo con il verso precedente è detto "Endecasillabo Frottolato"
esempio: eo tengo due famigli e pane in ventre
per zò besognia ch'entre in gran pensieri
non sai ca le mogli'eri a chioppa a chioppa
(...ecc...)
- Perfetta: l'identità di suono è totale Es. pane / cane
La rima perfetta è la rima "classica" del verso italiano:.
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« Nel mezzo del cammin di nostra vita Mi ritrovai per una selva oscura |
(Dante - Divina commedia - Inferno I)
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Si definisce una rima come "perfetta" in genere soltanto quando la si voglia mettere in opposizione alle assonanze, che sono di fatto rime imperfette es: noto:nodo.
- Per l'occhio: a uguaglianza di parole scritte non corrisponde uguaglianza delle parole all'orecchio Es. comando / mandò
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« lo qual io dissi e mando a lei che mel comandò. » |
(Francesco da Barberino, Documenti d’amore, I, pag.32)
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- Per l'orecchio: a uguaglianza di suono non corrisponde uguaglianza delle parole scritte Es. Nietzsche / camicie
- Ricca: tra parole che condividono altri fonemi prima dell'ultima vocale tonica Es. chiostri / inchiostri
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« Così nel mio parlar voglio esser aspro
com’è ne li atti questa bella petra, la quale ognora impetra » |
(Dante - Così nel mio parlar voglio esser aspro vv.1-3)
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- Sottintesa: che nasconde una parola, in alcuni casi oscena. Talvolta si trova in un verso privo dell'ultima parola la cui identità fonica è simile a quella del verso precedente (può costituire anche un'assonanza); questo tipo di rime è spesso usata negli stornelli e nelle canzoni popolari spesso di argomento licenzioso.
- Ripetuta: ripetizione nello stesso ordine (ABC - ABC)
[modifica] Rime Culturali
[modifica] Rima Siciliana
Esiste poi un'altra categoria di rime, che fonologicamente parlando non sono vere e proprie rime, bensì il risultato della trasposizione in italiano, a forza di copie successive, di testi in altre lingue o dialetti; questo tipo di rima è detto rima culturale. Il caso tipico è costituito dalla Rima siciliana:
Si chiama Rima Siciliana la rima di "i" con "e" chiusa ("morire" e "cadere") e di "u" con "o" chiusa ("distrutto" e "sotto"). Questo fenomeno si deve alla tradizione manoscritta (toscana) dei testi della "scuola poetica siciliana".
Le rime culturali erano molto in voga nella poesia delle origini.
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« "Di sùbito drizzato gridò: «Come?
dicesti "elli ebbe"? non viv' elli ancora? non fiere li occhi suoi lo dolce lume?». » |
(Dante - Inf. X - 69 )
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« Questi parea che contra me venisse
con la test'alta e con rabbiosa fame, sì che parea che l'aere ne tremesse. » |
( Dante - Inf. I - 48 )
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Infatti nel sistema vocalico siciliano "e" lunga, "i" breve e "i" lunga latine danno "i", mentre "o" lunga "u" breve "u" lunga latine danno "u": perciò in siciliano avremo rima "tiniri" e "viniri". Dal momento che i testi della produzione siciliana si sono diffusi prevalentemente attraverso le copie fatte da amanuensi toscani, i quali durante il processo di copia li hanno alterati secondo le proprie abitudini di pronuncia anche nelle rime, rime originariamente perfette come "Luci" e "cruci" sono diventate "luce" e Croce".
[modifica] Altre Rime Culturali
- la rima guittoniana o rima aretina (dal poeta Guittone d'Arezzo che ne fa largo uso) , che ammette la rima di "i" non solo con "é" (e chiusa) ma anche con "è" (e aperta), e "u" non solo con "ó" (o chiusa) ma anche con "ò" (o aperta).
- la rima umbra che permette la rima tra "ìe" ed "i" e tra "ùo" e "u"
- la rima bolognese che rima "u" con "o"
- la rima francese che fa rimare tra loro "a" ed "e", quando queste sono seguite da n + consonante (es: "ant" : "ent" )
Tutte queste rime sono piuttosto popolari nel 200 e nel 300, successivamente il loro uso va via via scomparendo, anche se in qualche sporadico caso qualche poeta ne ripristina l'uso.
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