Ottava rima
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L'ottava rima è il metro usato nei cantari trecenteschi e nei poemetti del Boccaccio (Ninfale fiesolano, Filostrato ...), chi l'abbia inventato per primo si discute ancora. Diventerà poi il metro di poeti popolari, come Antonio Pucci, e colti come Franco Sacchetti che lasceranno poi al Pulci, al Boiardo, all'Ariosto e al Tasso, di elevarlo alle più alte cime. La popolarità dell'ottava riuscì in questo modo a sostituire la terzina dantesca. È ancora questo metro che sarà utilizzato dai poeti estemporanei per i loro contrasti di improvvisazione fino ai nostri giorni.
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[modifica] In Italia
Sebbene nel corso dei secoli siano stati utilizzati i più disparati schemi di rime per strofe di otto versi, è possibile individuare due principali tipi di ottave nella letteratura italiana:
[modifica] L' Ottava Toscana
Lo schema rìmico più utilizzato nella è quello dell’ottava a rima toscana, detta anche ottava o stanza, è una strofa composta di otto endecasillabi rimati, che seguono lo schema ABABABCC, quindi i primi sei endecasillabi sono a rima alternata, e gli ultimi due a rima baciata ma diversa da quelle dei versi precedenti, e uguale a quella del primo verso dell'ottava successiva.
Un esempio di ottava a rima toscana:
Or, se mi mostra la mia carta il vero,
non è lontano a discoprirsi il porto;
sì che nel lito i voti scioglier spero
a chi nel mar per tanta via m'ha scorto;
ove, o di non tornar col legno intero,
o d'errar sempre, ebbi già il viso smorto.
Ma mi par di veder, ma veggo certo,
veggo la terra, e veggo il lito aperto.
(Ludovico Ariosto Orlando Furioso 6,1)
[modifica] La fortuna nella poesia popolare
Legata alla cultura dell'oralità, sopravvive ancora in Toscana e nel Lazio soprattutto nella forma dello strambotto e del rispetto (composizioni popolari in ottava rima di tipo prevalentemente lirico).
L' ottava rima (Soprattutto nella forma dell'Ottavina) è spesso utilizzata dai poeti improvvisatori come metro per i loro "contrasti" (gare di versi improvvisati). Un interessante esempio è costituito dalla manifestazione "Incontri di poesia estemporanea" di Ribolla (Grosseto) e nel Festival regionale di canto a braccio di Borbona (Rieti).
Questa forma di comunicazione in un recente passato era fortemente diffusa nel territorio, e costituiva uno dei principali veicoli delle informazioni. Come scrive Pietro Clemente(1): “Nella Toscana meridionale l’ottava aveva nel passato quasi la funzione di “etere” della comunicazione popolare, era conosciuta in almeno due varietà melodiche (“quella del bruscello” e “quella dei contrasti”) ed era oggetto di competenza e di gusto in varie forme: l’improvvisazione a contrasto (più specializzata), i poemi e contrasti a stampa spesso memorizzati o trascritti nei quaderni contadini, il bruscello e lo spettacolo itinerante detto Sega-la-vecchia , le maggiolate”. L’ottava rima italiana, così come è arrivata sino a noi, è la continuazione di un’arte antica, cui si riconoscono ascendenze nella più alta poesia rinascimentale: “L’arte del dire” come viene definita da Dante Alighieri ne La vita nova(2).
Quindi a partire dal ’300 con i “poeti trovatori”, l’ottava rima improvvisata ha mantenuto la struttura metrico-ritmica e la stessa melodia, divenendo nel tempo patrimonio esclusivo dei poeti popolari dell’Italia centrale. All’innegabile continuità di lungo periodo l’attuale forma improvvisata sconta l’impatto della letteratura epico cavalleresca a stampa del ’500 a cui hanno fatto seguito “quattro secoli di produzione in ottava a carattere più o meno popolareggiante, fonte di scambi e prestiti continui tra l’ambito popolare della tradizione orale e quello più o meno colto della scrittura e della stampa”(3)
In Italia la poesia estemporanea, con le accademie di poesia settecentesche, ha avuto sicuramente un periodo di grande splendore, conquistando consensi anche in ambito colto; tuttavia dopo fasi alterne, fra ottocento e novecento, subisce una crisi che ne ridimensiona la diffusione. Data per morta negli ambienti colti, viene invece conservata e diffusa nel mondo popolare. Anche durante il fascismo, nonostante che la promozione culturale di quegli anni incoraggi le gare poetiche improvvisate, la limitazione della libertà di espressione inibisce la partecipazione dei poeti che si oppongono al regime. È solo nel secondo dopoguerra e più tardi sul finire del Novecento che si torna a rivalutare l’ottava rima come forma comunicativa legata all’oralità e a dedicare attenzione e studi specifici alla materia.
Senza addentrarsi in un discorso sulla struttura formale dell’ottava, possiamo invece cercare di cogliere le sue trasformazioni storiche e sociali sottolineando le valenze culturali e l’uso ideologico che ha fatto di questa “arte” un mezzo di diffusione delle informazioni e di conoscenza per il mondo popolare. L’ottava rima cantata è divenuta lo strumento orale più conosciuto nel mondo contadino ed operaio proprio per la funzione di opposizione alle forme di potere e di protesta contro la scrittura.
L’arte dell’improvvisar cantando è un’arte popolare che tocca le vette della fantasia e della creatività, e i poeti che ancora praticano la poesia a braccio sanno dare prova delle loro capacità espressive, ma soprattutto di un modo di esserci nel mondo e di rappresentarsi con modalità oggi assolutamente insospettabili eppure ancora fortemente suggestive. A sottolineare la vitalità che la pratica del canto in ottava rima ha recuperato in quest’ultimo periodo, va segnalato che negli ultimi anni sono emersi anche alcuni giovani poeti che si misurano con l’azione dell’improvvisazione in rima, usando le stesse modalità del passato. È da notare inoltre che l’ottava rima si confronta anche con altre tecniche e modalità dell’improvvisazione: recentemente a Braccagni (GR) si è tentato di mettere a confronto forme diverse, quali il Rap e l’ottava rima(4). L’interessante dibattito su questo terreno consente di aprire scenari nuovi per l’improvvisazione poetica, tali da stimolare nuovi percorsi e da rivitalizzare la tradizione, e sui quali si può ragionare in termini di confronto. Un particolare impulso alla conoscenza dell’improvvisazione poetica e alla ripresa di attenzione e di ascolto, oltre che di produzione delle performance dei poeti estemporanei, è avvenuta a Ribolla sin dal 1992. Ribolla è un paese dell’interno collinare della Maremma grossetana divenuto tristemente famoso per il disastroso scoppio del grisou nella miniera, al pozzo Camorra, dove persero la vita 43 minatori. Era il 4 maggio 1954. Oggi, a distanza di oltre cinquant’anni, la notorietà di questo paese è legata non soltanto a questo triste evento, ma anche all’appuntamento annuale dei poeti estemporanei, giunto alla quindicesima edizione. Le iniziative che si sono succedute in maniera continuativa dal 1992 in poi, sono state avviate grazie al coinvolgimento dell’Archivio delle Tradizioni Popolari della Maremma grossetana, che tramite Corrado Barontini (membro del comitato scientifico) sin dai primi anni ha seguito costantemente la realizzazione degli incontri di poesia estemporanea. Insieme agli enti locali quali il Comune di Roccastrada e la Provincia di Grosseto, all’iniziativa hanno preso parte attivamente, anno dopo anno, l’Associazione Arci di Grosseto, il Centro Studi Tradizioni Popolari Toscane di Firenze e l’Associazione culturale “Sergio Lampis – Improvvisar cantando” (costituitasi proprio in funzione dell’ottava rima nel 2003). Ribolla è divenuto così un luogo d’incontro, di diffusione e di rilancio della poesia estemporanea.
In questa nostra epoca i “raduni” dei poeti in ottava rima sono sempre più rari e soprattutto, rispetto al passato, sono cambiate le modalità: si agisce sul palco, si amplifica la voce, si viene incisi con qualche registratore magnetofonico o ripresi dalla TV locale, tuttavia a Ribolla sono rimaste inalterate le regole dell’improvvisazione (l’uso dell’ottava rima “legata”) ed il fatto che i contrasti, cioè gli argomenti sui quali i poeti cantano, in coppia ed in forma oppositiva, le loro ottave, vengono ancora suggeriti dal pubblico.
Ribolla, pur caratterizzandosi per la costanza e il rigore delle iniziative, e per il particolare impegno versato nella realizzazione degli appuntamenti annuali, lontana dall’esaltazione enfatica ed a scopi puramente spettacolari, non è l’unico evento che si realizza nell’Italia centrale: infatti sono da segnalare altri appuntamenti, come quello di Cetica, nel Casentino, di Terranova Bracciolini (AR) di Agliana (PT), di Suvereto (LI),di Borbona ( Ri ) e di Braccagni e Pomonte nel grossetano.
Con l’espressione“l’arte del dire” ripresa dalla Vita nuova di Dante, Vasco Cai di Bientina, uno dei migliori poeti improvvisatori del secondo Novecento, ha inteso definire l’ottava rima improvvisata, che è stata usata nel mondo contadino ed operaio anche come forma di contestazione. Non a caso il “contrasto”, cioè l’opposizione dei temi sviluppati dai poeti su richiesta del pubblico, rappresenta spesso l’elemento di forza delle gare che appassionano per il dibattito su argomenti di attualità, di politica e di costume.
Se da una parte rimane motivo d’orgoglio l’avere traghettato in maniera pressoché immutata la forma dell’ottava rima nel terzo millennio, così come ci è stata tramandata per molti secoli, dall’altra l’uso di temi legati alla modernità e alla politica ne ha consentito una sorta di rinascita:
Abbia pure la sua trasformazione come la vuole la moderna usanza ma se si definisce ottava rima ha sempre la sua forma come prima(5).
Sono ancora i versi del poeta Vasco Cai di Bientina (PI) che indicano nella contaminazione tematica la vera trasformazione di questo genere, che per chiamarsi “ottava rima” non può cambiare la propria forma. È forse grazie alla forte ripresa nel secondo dopoguerra che l’improvvisazione poetica è potuta arrivare sino ai giorni nostri con caratteri stilistici inalterati mantenendo anche nella forma una comunicazione di senso immediato.
Il convegno di studi attuato recentemente a Ribolla ha messo a confronto competenze e punti di vista diversi, coinvolgendo sia le Università che i ricercatori e gli appassionati dell’improvvisazione poetica e naturalmente i poeti a braccio. Ognuno per le proprie specificità si è interrogato sul futuro dell’ottava rima e sui contesti socio-economici e culturali nei quali questa forma di canto improvvisato ancora viene realizzata. Perché abbia “sempre la sua forma come prima” occorrerà trovare la giusta misura nel riconoscere e tutelare la tradizione dai contesti innovativi, proprio perché la poesia estemporanea ha per sua natura una componente di spettacolarità che si adatta all’uso turistico e di spettacolo.
note
(1) Cfr. P. CLEMENTE, Prefazione in GIOVANNI KEZICH, I poeti contadini, Bulzoni, Roma, 1986
(2) Dante, ne La vita nova, parla “della gentilissima” Beatrice e nel III capitolo scrive: “Pensando io a ciò che m'era apparuto, propuosi di farlo sentire a molti, li quali erano famosi trovatori in quello tempo: e con ciò fosse cosa che io avesse già veduto per me medesimo l'arte del dire parole per rima…”.
(3) G. KEZICH, I poeti contadini cit. - pag 18.
(4) Proprio su quell’esperimento è uscito recentemente un volume: R. FIDANZI E E. GALLI (a cura di), Tradizione e nuovi linguaggi dell’improvvisazione in versi, C&Padver, Arcidosso, 2006, che riunisce le comunicazioni e i materiali di quella iniziativa.
(5) Parte finale della quarta ottava del testo di Cai: “Con allusione ai falsi giudici. Convito” in F. Franceschini (a cura di) I contrasti in ottava rima e l’opera di Vasco Cai da Bientina, Pisa,1983 (pag. 170).
[modifica] L'Ottava Siciliana
Un altro tipo di ottava è quella siciliana, che non presenta il distico finale e ha dunque schema (ABABABAB).
Esempio di ottava siciliana:
Qui, d'Atropos il colpo ricevuto,
giace di Roma Giulia Topazia,
dell'alto sangue di Cesare arguto
discesa, bella e piena d'ogni grazia,
che, in parto, abbandonati in non dovuto
modo ci ha: onde non fia giá mai sazia
l'anima nostra il suo non conosciuto
Dio biasimar che fè sí gran fallazia.
Giovanni Boccaccio - Epitaffio di Giulia Topazia
[modifica] All'estero
L'ottava avrà largo successo anche fuori d'italia diffondendosi velocemente per tutta Europa, rimanendo popolare fino a tutto l'ottocento.
Lord Byron la userà per i suoi poemi Beppo (1818) e Don Juan (1819 - 1824). Altri personaggi che hanno composto ottave furono: John Milton, John Keats, Edmund Spenser, Robert Browning, Percy Bysshe Shelley e William Butler Yeats.
A titolo di esempio, ecco l'ottava d' incipit del Don Juan di Gerorge G. Byron:
I want a hero: an uncommon want,
When every year and month sends forth a new one,
Till, after cloying the gazettes with cant,
The age discovers he is not the true one;
Of such as these I should not care tovaunt,
I'll therefore take our ancient friend Don Juan--
We all have seen him, in the pantomime,
Sent to the devil somewhat ere his time.
George Gordon Byron, Don Juan, I 1 vv.1-8
[modifica] Voci correlate
[modifica] Bibliografia
Questa bibliografia non pretende di essere esaustiva, ma solo di fornire una indicazione della produzione editoriale esistente, particolarmente quella locale. Oltre ai testi di autori classici (quali Dante, Ariosto, Tasso, eccetera) che hanno costituito il principale punto di riferimento nella formazione di molti poeti popolari, sono da segnalare le opere pubblicate da alcuni poeti estemporanei che hanno seguito un proprio filone compositivo alternando l’improvvisazione alla scrittura poetica; ci sono poi alcuni studiosi che, soprattutto in tempi recenti, hanno dato alle stampe articoli e libri su vari aspetti della poesia a braccio. I recenti convegni realizzati a Tolfa e Allumiere (RM) nel 1987, a Grosseto nel 1997 e a Ribolla (GR) nel 2007, diventano un punto di riferimento indispensabile per comprendere meglio la complessità della comunicazione in ottava rima.
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