Ateismo
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
![]() |
« La paura ha creato gli dèi. » |
(Lucrezio, De rerum natura)
|
![]() |
« Io non so se Dio esiste, ma se non esiste ci fa una figura migliore. » |
(Stefano Benni, [1])
|
![]() |
« Grazie a Dio sono Ateo. » |
Nella sua accezione più ampia, il termine ateismo (dal greco "atheos", "senza dio, privo di dio", composto dall'alfa privativo α- e da θεός, dio) definisce la posizione sia di chi non riscontra nell'esistente alcun soggetto dotato di proprietà superiori o soprannaturali, sia di chi afferma positivamente l'impossibilità dell'esistenza di siffatti soggetti; si contrappone al teismo. Si differenzia anche dall'agnosticismo, categoria cui appartengono tutti coloro che sulla questione "sospendono" o comunque non esprimono giudizio. Da notare che in passato, con il termine ateo, alcuni credenti definivano anche, impropriamente e per lo più spregiativamente, gli appartenenti a religioni diverse dalla propria.
Non necessariamente il termine ateismo è sinonimo di areligiosità. Può infatti darsi il caso di atei dichiarati che credono in concetti come "forza universale" o simili, i quali, pur non avendo caratteri teistici, conservano comunque elementi di religiosità (posizione avvertita ma fortemente contestata da Michel Onfray, che la esclude dalla propria ateologia). Per esempio Bertrand Russell si è sempre proclamato ateo, ma era un matematico platonico, e dichiarava in Storia della filosofia occidentale (Longanesi, Milano 1983, pp.55-56): «La matematica è, credo, ciò su cui sostanzialmente poggia la fede in una verità esatta ed eterna, nonché in un mondo intelligibile al di sopra dei sensi.» Questa è un’affermazione non di carattere monoteista, ma certamente panteista, e quindi religiosa. Alcuni considerano il buddismo una religione atea in quanto si occupa di spiritualità ma non presuppone l'esistenza di una divinità. Il Buddha va piuttosto considerato un agnostico, poiché dichiara (Majjhima Nikàya, discorso 63°): “Quindi, Malunkyaputta, tieni presente quello che ho spiegato perché l’ho spiegato e quello che non ho spiegato perché non l’ho spiegato. Quali sono le cose che non ho spiegato? Se l’universo è eterno o no; se l’universo è finito o no; se l’anima è la stessa cosa del corpo o no.” Bisogna anche tenere presente che se egli non riconosceva gli dèi, e anzi aveva atteggiamenti sprezzanti nei loro confronti, nella realtà ha creato i presupposti perché i posteri considerassero proprio lui una divinità. Come infatti è poi puntualmente avvenuto.
Analogamente il termine ateismo non è necessariamente sinonimo di anticlericalismo, il quale si caratterizza piuttosto come movimento di opposizione all'ingerenza temporale del clero nella vita civile, e quindi può essere appannaggio anche di credenti che vogliano tenere separati i due ambiti. Inoltre vi è la posizione opposta a quella dei credenti anticlericali, la quale è invece da includere nell'ateismo, pur essendo molto particolare: è quella dei cosiddetti "atei cristianisti/teocon", i quali sostengono i valori cristiani, pur non credendo nell'esistenza del Dio cristiano.
Sebbene molti tra coloro che si dichiarano atei condividano un diffuso scetticismo di fondo verso il soprannaturale e lo spirituale, le convinzioni degli atei provengono da mille diverse fonti culturali, filosofiche, sociali e storiche, cosa questa che fa sì che non esista né un pensiero unico né una linea comune di comportamento e di azione tra gli atei. Una distinzione molto significativa ed efficace è quella tra l"ateismo pratico" e l'"ateismo teorico", di cui si può trovare origine nella categorizzazione dell'empietà fatta da Platone nel dialogo Le Leggi (Libro X, 885 B - 909 E), dove l'ateo "pratico" (quello che vive come se la divinità non esistesse) è passibile di condanna al carcere, ma l'ateo "teorico" (quello che nega l'esistenza degli dèi e che li irride) deve essere messo a morte. Le sue parole sono addirittura: "...i colpevoli di tale empietà falsa e menzognera vanno messi a morte non una, ma più volte."
Indice |
[modifica] Argomentazioni per la non esistenza di divinità
![]() |
Per approfondire, vedi la voce Esistenza di Dio. |
La conclusione atea al problema dell'esistenza di uno o più dei è che le argomentazioni indicano che non ci sono ragioni sufficienti per credere in un dio o nelle divinità, o perché non esistono, o per altre ragioni quali il fatto che le parole non fanno riferimento a niente o i concetti non hanno senso o non sono conoscibili.
[modifica] Ateismo forte
![]() |
Per approfondire, vedi la voce ateismo forte. |
La posizione chiamata ateismo forte (o ateismo esplicito) è quella secondo cui non esiste alcun dio. Ad essa si oppone l'ateismo debole, che è la mancanza o assenza di fede in un certo dio, senza la pretesa che questo non esista. L'ateismo forte asserisce positivamente, quanto meno, che non esiste alcun dio o divinità, e può spingersi fino a sostenere che l'esistenza di alcune o di tutte le divinità è impossibile dal punto di vista logico. Ad esempio, gli atei forti sostengono comunemente che la combinazione di attributi che possono essere ascritti a Dio (quello di Abramo), quali ad esempio: onnipotenza, onniscienza, onnipresenza, trascendenza, omnibenevolenza, è logicamente contraddittoria, incomprensibile, o assurda; quindi si afferma che l'esistenza di Dio è impossibile a priori. Similarmente, l'ateismo esplicito può sostenere che qualsiasi asserzione circa l'esistenza sovranaturale è irrazionale e falsa a priori.
[modifica] Ateismo debole
La posizione dell'ateismo debole è così riassumibile: non ci sono motivi per credere in un qualsiasi dio, o di qualsiasi fatto o entità, per ragioni diverse dalla prova della loro esistenza. Gli atei deboli sostengono che il semplice indicare che non ci sono argomentazioni a favore dell'esistenza che siano accettabili da un punto di vista scientifico è sufficiente a mostrare che l'esistenza di quel dio non è necessaria alla descrizione del mondo. Dio in tal senso è inutile applicando il rasoio di Occam; e l'onere della prova tocca al sostenitore dell'alternativa più complicata. Tale posizione è alla base dell'aneddoto, probabilmente apocrifo, che ha come protagonisti Laplace e Napoleone. Quando Laplace presentò la prima edizione del suo lavoro a Napoleone, questi osservò: "Signor Laplace, mi dicono che avete scritto questo grande libro sul sistema dell'Universo e non avete mai menzionato il suo Creatore". A queste parole Laplace replicò seccamente:
![]() |
« Sire non ho avuto bisogno di quell'ipotesi.[2] » |
Secondo questo ragionamento una persona che sia in grado di confutare qualsiasi argomento che incontra a favore dell'esistenza di quel dio è giustificato nell'adottare una visione atea; secondo la visione scettica l'ateismo è quindi la visione di base. Questa obiezione, come detto, viene spesso espressa in termini che la collegano all'onere della prova: secondo gli scettici, cioè, tocca ai sostenitori dell'esistenza di un qualsiasi fatto o entità (nella fattispecie un dio) stabilire i fatti. Le dimostrazioni filosofiche dell'esistenza di Dio, molto diffuse nel Medioevo, sono state poi contestate dai filosofi illuministi. Dopo la rivoluzione scientifica, i pochi tentativi di portare prove scientifiche a favore dell'ipotesi dell'esistenza di Dio, tra i quali va citato quello di Kurt Gödel[3], non hanno ottenuto un consenso significativo nella comunità scientifica.
[modifica] Storia
Per una giusta prospettiva storica sulla storia dell'ateismo bisogna definire molto bene e a priori il significato degli aggettivi con cui viene accompagnato il sostantivo ateismo. La distinzione tra forte e debole ha una sua giustificazione nella percezione che comunemente si dà alla definizione di ateo in Occidente, dove si identifica il teismo col cristianesimo. In questo contesto risulta "forte" l'affermazione non esiste alcun dio, mentre può essere considerata "debole" quella non esiste il dio come viene posto nella Bibbia. Ma questa seconda affermazione può presupporre la credenza nel dio degli Stoici, in quello dei Neoplatonici, in quello di Giordano Bruno, in quello del Deismo, in Shiva, in Vishnù, nell'Atman, nel Tao, ecc.
Non va dimenticato che la prima distinzione sui tipi di ateismo risale a Platone, che nel dialogo Le Leggi, prendendo in considerazione l'empietà in quei tempi nei confronti degli dèi olimpici, aveva piuttosto indicato un ateismo privo di giustificazioni teoriche, quindi pratico, distinguendolo nettamente da quello che aveva motivazioni filosofiche, quindi teorico. Con tutte le approssimazioni che le categorizzazioni storiografiche possono avere, è quindi la distinzione teorico-pratico ad avere fondamento nella storia della filosofia, per quanto quella forte-debole possa essere di qualche utilità discorsiva in senso generico.
A conferma di quanto sopra viene proprio l'atteggiamento della Chiesa Cattolica. Un teologo contemporaneo tra i più prestigiosi come Cornelio Fabro, autore di una Introduzione all'ateismo moderno (1964), conduce tutta la sua analisi proprio contro l'ateismo teorico, ciò quello che intende spiegare analiticamente, gnoseologicamente e ontologicamente l'inesìsistenza di Dio. Questo è infatti il vero pericolo per la religione, perché mina le fondamenta della credenza nel divino in quanto categoria ontologica. Per determinare un ateismo che meriti l'aggettivo di "teorico", non basta perciò la negazione dell'esistenza di Dio in quanto "petizione di principio", ma occorre che motivazioni filosofiche la sostengano e la giustifichino in quanto tale.
[modifica] Antichità
I primi pensatori a negare l'esistenza degli dei (ateismo forte), furono alcuni sofisti greci, come Diagora di Mileto, Crizia, Protagora, mentre si può parlare di ateismo teorico per gli Atomisti Leicippo e Democrito, perché il teorizzare l'esistenza di atomi, che muovendo nel vuoto "creano" la realtà fisica, esclude non solo ogni "creazione" (questa la teologia greca non l'ha mai prevista), ma neppure una formazione del cosmo a partire dal caos primitivo ad opera di una qualsiasi causa divina. Il cosmo è infatti creato e ordinato dagli atomi stessi quali particelle elementari e cause di tutta la realtà cosmica.
Per quanto Epicuro non negasse esplicitamente l'esistenza degli dèi, egli li relegava negli intermondi, più come simboli della beatitudine e dell'indifferenza che come realtà ontologiche. Lucrezio che a lui fa riferimento però va oltre, perché stigmatizza la credenza negli dèi come il peggiore dei mali. Ma ancora prima di Epicuro, i Cirenaici, senza neanche prendere in considerazione l'esistenza degli dèi (e quindi non negandola ma considerandola priva di senso), avevano indicato nella ricerca del piacere l'unica forma di vita saggia, in netto contrasto con la teologia della virtù che il loro contemporaneo Platone sosteneva.
Un ruolo storico rilevante nella negazione dell'esistenza del divino ce l'ha Evemero, uno scrittore d'incerta nascita (Messina, Messene o Messana) che tra la fine del IV sec.a.C e l'inizio del III in un suo Scritto sacro (Cicerone, De natura deorum, I, 119) tradotta in latino da Ennio, avanzava la tesi che gli dèi non fossero altro che eroi o uomini illustri del lontano passato, che il mito e la devozione popolare avevano finito per far considerare degli dèi. La tesi per un verso è il primo esempio di disscrazione del concetto di dio, ma nello stesso tempo è stato sfruttato dai teologi cristiani quale dimostrazione che gli dèi pagani erano falsi, contrapponendovi il vero dio della Bibbia.
[modifica] Dal Quattrocento al Seicento
Non sono documentati casi significativi di ateismo in età medievale, mentre questa visione del mondo pare ricomparire in sottofondo, ma in forma molto attenuata ed ambigua, più naturalistica che atea, in alcuni filosofi rinascimentali come Pietro Pomponazzi (1462-1525) e Giulio Cesare Vanini. Spesso ostracizzati e perseguitati e in alcuni casi (come Vanini) condannati a morte. A scanso di equivoci bisogna però precisare che se si guarda bene a fondo, in nessuno di questi personaggi si scorge un vero ateismo, ma semmai un preludio del panteismo di Spinoza e del deismo di Toland.
Giulio Cesare Vanini (1585-1619) è colui che in maniera più esplicita enuncia una teoria panteistica basata sulla divinità intrinseca della natura e sull'appartenenza dell'uomo ad essa come sua parte. Egli riprende il pensiero di Pomponazzi e Cardano per formulare una religione della natura in sé autosufficiente, senza che ci sia perciò bisogno di nessuna rivelazione né di nessuna sacra scrittura ad avvalorarla. Posizione ovviamente intollerabile per la chiesa, che lo manda al rogo nel 1619.
Anche la letteratura libertina, che percorre tutto il Seicento, per quanto devastante per la religione costituita, mostra segni di ateismo estremamente deboli, perché prevalgono nettamente gli aspetti panteistici e deistici che la caratterizzano. Il celebre trattato De tribus impostoribus scritto verso la metà del secolo, tanto esecrato dalle autorità ecclesiastiche, non è altro che la versione dotta di uno sbocco panteistico alla incredulità nella rivelazione, presente a livello popolare sin dal Cinquecento. I tre impostori (Mosè, Gesù Cristo e Maometto) hanno sfruttato l'ignoranza del popolo per poterlo manipolare a piacere e l'ignoto autore scrive: "Quelli a cui premeva che il popolo venisse represso e controllato attraverso simili fantasticherie, hanno coltivato tale seme religioso, facendone poi una legge e costringendo il popolo, con il terrore del futuro e della punizione divina, ad obbedire ciecamente."
Di genere differente è il Cymbalum mundi (probabilmente risalente a fine Cinquecento) che è invece una sprezzante e blasfema ridicolizzazione della religione cristiana, ma senza alcuna proposta alternativa. Nel Cymbalum vi sono espressioni enfatiche di irreligiosità come "rinnego Dio" e bestemmie come "corpo d'un Dio", ma nell'insieme si tratta dello sfogo di una persona arrabbiata e aggressiva, ma incapace di colpire a fondo le basi del cristianesimo né di delineare un ateismo motivato. Altre numerose opere libertine percorrono tutto il Seicento minando la fede religiosa ma con scarso peso, limitandosi a proporre od auspicare un ateismo pratico povero di idee, ma specialmente fatto di rancore contro l'arroganza e il parassitismo dei preti.
[modifica] Il Settecento
L'ateismo ha una rilevante ripresa nell'Illuminismo, con Jean Meslier (1664-1729, con Julien Offray de La Mettrie (1709-1751), con Adrien Helvétius (1715-1771), con Denis Diderot (1713-1784) e infine con il barone Paul Henri Thiry d'Holbach (1723-1789), il più importante teorico dell'ateismo materialistico.
Determinante è la figura di Jean Meslier come precursore di un ateismo illuministico che avrà il suo periodo più florido tra il 1740 e il 1780. Curato alla guida della parrocchia di Etrèpigny, vicino a Mézières nelle Ardenne per circa 40 anni. Dopo avere svolto con diligenza e insospettabile apparenza di fede il suo compito per tutto questo tempo, questo prete, alla sua morte avvenuta nel 1729, lascia due sorprendenti lettere e una grande opera di circa 3500 pagine a stampa, il cosiddetto Testamento in cui evidenzia delle contraddizioni interne fra passi dei Vangeli nelle traduzioni utilizzate dalle Chiese cristiane. E Meslier, animato da un profondo senso etico, enuncia anche un progetto di comunismo, che egli traeva probabilmente dall'esperienza delle prime comunità cristiane, con un implicito invito alla rivolta contro il potere costituito.
Per lui lo stato sociale che si è determinato deriva dalla debolezza e dell'acquiescenza del popolo lavoratore, che produce e ha le briciole del suo lavoro. Le classi parassitarie nobiliari ed ecclesiastiche sono delle sanguisughe che vanno abbattute. Le ricchezze della terra vanno divise tra chi ne ha diritto e in parti uguali. Il diritto di proprietà va invece abolito e ci si deve ribellare agli abusi dei nobili e dei preti, mutando radicalmente i rapporti sociali delle società esistenti. Dice nel ‘’Testamento’’: “Unitevi per scuotere il giogo tirannico ... I più saggi di voi guidino e governino gli altri”
Anche il suo materialismo è una grande novità filosofica. Scrive ad esempio: "L'origine della credenza negli dèi sta nel fatto che alcuni uomini più acuti e sottili, e anche più scaltri e malvagi, si sono innalzati per ambizione al di sopra degli altri uomini, giocando con facilità sulla loro ignoranza e sulla loro ingenuità." Dio non c'è e la materia è l'unica realtà; essa è eterna e in perpetuo movimento e soltanto ciò che corporeo è reale. Per lui non ci possono esser dubbi, bisogna ammettere la sola esistenza della materia e la sua eternità e dinamicità perpetua. Dice riguardo all'"essere" della materia: "Non avrebbe mai potuto incominciare ad essere, perché ciò che non è non può darsi od avere l'essere."
Dopo Meslier la figura più importante di ateo è Julien Offray de La Mettrie (1709-1751) che con ‘’L’uomo macchina’’ (1748) scandalizza il mondo settecentesco con un ateismo su base biologica. Già in precedenza egli aveva sostenuto la materialità dell'anima in ‘’Storia dell’anima’’ ma in maniera ancora incerta. Egli trae da Locke i suoi fondamenti gnoseologici e partendo dal dualismo cartesiano ne fa un monismo della sola res extensa abolendo la res cogintans. Se Cartesio considerava "macchine" solo le bestie, La Mettrie fa dell'uomo una macchina e l'assimila ad esse scandalizzando molti.
La Mettrie sostiene che se l'ateismo fosse universalmente diffuso le religioni verrebbero distrutte, e aggiunge: "Non ci sarebbero più guerre teologiche né i soldati di religione, che sono terribili! La natura, ora infettata da questo sacro veleno riprenderebbe i suoi diritti e la sua purezza". La Mettrie è anche sostenitore dell'edonismo, perché è attraverso il corpo che si conseguono la maggior parte dei piaceri Contrariamente a Helvétius e d’Holbach, che sono atei deterministi, egli è indeterminista: “Il caso ha gettato noi nella natura, mentre tanti altri, per mille cause, non sono nati e sono rimasti nel nulla".
Ne "L’anti-Seneca" La Mettrie ribadisce il suo edonismo, che trae dai Cirenaici, da Epicuro e da Lucrezio. Attacca l’etica dell'austerità e del sacrificio degli Stoici asserendo: “Questi filosofi sono severi e tristi, noi invece saremo dolci e allegri. Essi dimenticano il corpo per essere tutt’anima, noi invece saremo tutto-corpo”. Il fine dell'uomo è conseguire la felicità e siccome il corpo è fondamentale per ottenerla non è necessario essere istruiti. Per quanto gli intellettuali abbiano i piaceri dello spirito che ne danno parecchia, attraverso lo studio, la lettura, la musica e le arti, anche le persone rozze possono averne la loro parte perché “Dormono, mangiano, bevono e vegetano trovando il piacere”.
Claude-Adrien Helvétius (1715-1771) introduce un ateismo sensistico e materialistico che è implicito nelle sue tesi ma di cui ha fornito pochi elementi di tipo teorico, e comunque di seconda mano, presi da Condillac e da Locke. Egli può venire considerato un moralista sociologo per il quale la soggettività va sempre sacrificata a favore della collettività; in quanto solo la dimensione della socialità è "virtuosa". Di conseguenza egli vede l'educazione dei cittadini come il compito primo di uno stato virtuoso che abbia a cuore la loro felicità. Egli riduce comunque la nostra conoscenza del mondo ad una pura fissazione mentale delle esperienze dei sensi.
Paul Henri Thiry d'Holbach (1723-1789) può venire considerato non solo il più importante filosofo ateo materialista del Settecento, ma anche colui che ha fornito il primo vero sistema ateistico di interpretazione della realtà. Per questo suo intento sistemico gli è stato rimproverato un dogmatismo che lo avrebbe portato a fare della metafisica atea. D’Holbach costuisce infatti la sua ontologia sul presupposto monistico e su quello necessitaristico dell'essere, com'era già stato, ad esempio, per gli Stoici. Per lui tutta la realtà in ogni minimo dettaglio è necessitata, ed anche ogni uomo nasce perché è necessario che ciò avvenga, così come necessitati sono i suoi comportamenti.
Con Il cristianesimo svelato pubblicato nel 1761 D'Holbach accusa di falsificazioni le sacre scritture e la teologia cristiana. Nel 1770 pubblica Il saggio sui pregiudizi dove colpisce a fondo l'ignoranza, le superstizioni della religione e i pregiudizi di ordine morale. La visione del mondo atea e materialistica è però espressa chiaramente solo in Il sistema della natura, anche del 1770, dove il suo sistema filosofico viene esposto con completezza. Segue nel 1776 La morale universale o Catechismo della natura, dove D'Holbah dà indirizzi di morale atea molto precisi.
Secondo D’Holbach l'universo è costituito unicamente di materia. essa esiste da sempre e nessuno può averla creata. La materia è "Una catena eterna di cause e di effetti .... In natura si verificano azioni e reazioni di tutti gli esseri che essa contiene gli uni sugli altri, risultandone una serie continua di cause, di effetti e di movimenti .... I movimenti degli enti sono sempre necessitati dal loro essere, dalle loro caratteristiche e delle cause che su essi agiscono". Il movimento è un meccanismo di azioni e reazioni che egli trae in parte dal meccanicismo di Cartesio, ma facendo del dualismo di questi un monismo assoluto dove solo la "res extensa" esiste.
La figura di Denis Diderot (1713-1784) è forse la più significativa di tutto l'illuminismo, sia per essere stato il principale progettista e fautore della grande Enciclopedia delle scienze, delle arti e dei mestieri, e sia perché ha rappresentato l'aspetto più profondo e complesso della cultura illuministica. Una profondità e una complessità che però male si conciliano con la chiarezza. Se lo si confronta col suo grande amico e collaboratore D'Holbach, si vede come l'ateismo sia stato espresso in maniera quasi antitetica, tanto sicuro, dogmatico e pesante il barone franco-tedesco quanto incerto, complicato ed elegante il plebeo Diderot. Questo giustifica il giudizio degli storici che vedono solo nel primo - e non nel secondo - un vero teorico dell'ateismo.
Se però si prende in considerazione l'opera dei due nel suo insieme, ci si accorgerà che per quanto D'Holbach sia più chiaro, sistemico ed incisivo, Diderot è più proteiforme e incerto, ma anche più profondo. Nell'Interpretazione della natura però egli è chiaro nel dire: "Il fisico, la cui professione è di istruire e non di edificare, abbandonerà dunque il perché e si occuperà solo del come. ... Quante idee assurde, supposizioni false, nozioni chimeriche in quegli inni che alcuni temerari difensori delle cause finali hanno osato comporre in onore del Creatore! ... Anziché adorare l’Onnipotente negli esseri stessi della natura, si sono prosternati davanti ai fantasmi della loro immaginazione."
La stagione dell'ateismo settecentesco si può dire che si chiuda con la Rivoluzione, che peraltro esso non ha ispirato, essendo stati a ispirarla piuttosto Voltaire e Rousseau, entrambi deisti e fieramente anti-atei. Persino la ventata razionalistica che aveva alimentato la cultura tra il 1730 e il 1790 sembra diluirsi. Un fanatico come Robespierre, quasi mistico nella sua ferocia e intransigenza da virtuoso "uomo della provvidenza", combatte decisamente l'ateismo. L'opportunismo politico di blandire un cattolicesimo frustrato e ora risorgente fa di Napoleone lo sponsor di Chateaubriand, che con Il genio del cristianesimo, uscito nel 1802, segna la fine di un stagione culturale luminosa, ma crollata insieme alle utopie sanguinarie dei Saint-Just e dei Robespierre.
[modifica] L'Ottocento
Per quanto il secolo si apra con l’apparente sconfitta delle idee illuministiche il messaggio laico e razionalista dell’illuminismo ha prodotto i suoi frutti, dando all’Europa e all’Occidente un primato culturale che dura ancora oggi. L’uomo dell’Ottocento, anche se lo sfondo socio-politico non sembra molto cambiato, è come fosse antropologicamente un essere diverso, perché si è veramente entrati nella “modernità”. Questo anche grazie ai filosofi atei, che hanno dato un forte contributo rompendo il fronte di una religiosità che sulle due sponde del cristianesimo e del deismo sembrava dominare.
L’Ottocento non ha più teorici dell’ateismo; Marx ne è un deciso assertore, ma non un suo teorico. Esso per lui è solo la base di un pensiero socio-economico destinato a cambiare le società industriali e i rapporti di produzione e di potere. Semmai è Feuerbach a caratterizzarsi come un teorico dell’ateismo attraverso la sua straordinaria ricerca antropologica sull’origine dell’idea di Dio. Nell’opposizione tra romanticismo filo-religioso e positivismo anti-religioso a questo va il merito di aver raccolto l’eredità dell’ateismo del secolo precedente e di avergli dato una dimensione scientifica più profonda. L’anticlericalismo alimenta come un fiume sotterraneo la cultura dell’Ottocento e i semi proto-comunisti di Meslier (anche se ignorato da Marx) e quelli libertari di La Mettrie e Diderot incominciano a dare i loro migliori frutti.
L’eredità di Meslier tra gli stessi religiosi già a fine Settecento è straordinaria. Sono migliaia i preti che non si riconoscono più nella fede cristiana. E se, come dice Michel Vovelle, in Francia dopo il 1793 avevano rinunciato al sacerdozio 20.000 preti (il 66% del totale), ma per viltà o convenienza, quelli che lo fanno nell’Ottocento sono pochi, ma lo fanno per convinzione, e il peso della loro testimonianza è enorme. Così l’incredulità religiosa si diffonde e si avvia a toccare la sua punta massima dal 1820 in poi con vistose aree culturali atee soprattutto tra gli uomini di scienza.
Numerose e notevoli sono le preoccupazioni della chiesa per l'allontanamento dalla fede. Il vescovo di Orleans nel 1860 rileva che nella sua diocesi di 360.000 abitanti non più di 25.000 hanno osservato il precetto pasquale. Nella classe intellettuale l’abbandono del cristianesimo porta nella maggior parte dei casi ad abbracciare il deismo o ad assumere un atteggiamento agnostico, ma dopo la metà del secolo molti deisti passano decisamente all’ateismo. E' abbastanza plausibile l'opinione secondo la quale l'Ottocento sarebbe stato il secolo che ha visto la massima diffusione dell'ateismo. Mentre il Novecento, specialmente nella seconda metà, avrebbe rivelato un ritorno alle religioni, per quanto, abbastanza spesso, in direzioni non-cristiane o in religioni new age, oppure verso religioni sincretiche o "fai-da-te".
Gli sviluppi della fisica e della matematica conducono anche ad aprire un dibattito sul determinismo (Laplace).
Nell'Ottocento la popolarità dell'ateismo aumentò moltissimo, in conseguenza anche alle scoperte scientifiche della biologia (la teoria dell'evoluzione di Charles Darwin), dell'antropologia e dell'idea della possibilità di dominare la natura derivante dalla rivoluzione industriale. L'ateismo fu portato avanti dai filosofi della sinistra hegeliana come Ludwig Feuerbach e divenne un aspetto fondante del materialismo dialettico di Karl Marx e Friedrich Engels, così come del positivismo (Auguste Comte, Félix Le Dantec). In particolare Marx indagò il fenomeno religioso all'interno della società contemporanea, in cui predomina il modo di produzione capitalistico, individuandone una delle ragioni nei rapporti di produzione generanti alienazione e feticismo (inteso quest'ultimo come inversione tra soggetto e oggetto che fa apparire i rapporti sociali come rapporti tra cose e viceversa). Tale alienazione impedirebbe ai soggetti di essere consapevoli della realtà ontologica nascosta dietro i fenomeni economici e sociali, nello stesso modo in cui l'ignoranza delle leggi della natura impediva in passato di dare spiegazioni razionali ai fenomeni naturali. Da ciò la fuga nella religione e nella superstizione, superabile solo con l'organizzazione della società sulla base delle decisioni consapevoli e scientificamente fondate degli uomini associati, e non dei meccanismi impersonali e spontanei del mercato.
Max Stirner, pseudonimo di Johann Kaspar Schmidt, contemporaneo di Marx, nel 1845 pubblica L'unico e la sua proprietà, opera che verrà idolatrata e odiata, in cui con un ateismo senza mezzi termini critica Feuerbach, Bauer e i comunisti, fa tabula rasa di tutta la filosofia precedente e dei fantasmi dell'irrazionale, propugnando un estremo individualismo e adottando, anzi, proprio il termine egoismo. Stirner fu, di volta in volta, definito profeta dagli anarchici, dai fascisti, dai libertari. Lo stesso Friedrich Nietzsche fu folgorato da Stirner, tanto che temette di essere accusato di plagio. Va ricordato anche l'ateismo di Arthur Schopenhauer, da alcuni definito l'ateismo della disperazione'. Su una posizione simile anche Giacomo Leopardi.
Durante quasi tutta la sua storia il pensiero ateo è stato osteggiato anche apertamente e gli atei furono spesso considerati immorali e come tali perseguitati. Nell'antica grecia filosofi come Diagora di Mileto e Protagora furono osteggiati e perseguitati. Platone nelle Leggi propose d'introdurre pene severissime (fino all'ergastolo) per gli atei.[4] L'editto di Tessalonica del 380 impose il cristianesimo come religione di stato. Per tutto il medioevo l'ateismo viene messo fuori legge e per gli atei era previsto solitamente il taglio della lingua.[5]
Un importante contributo all'ateismo del Novecento viene dal biologo francese Felix Le Dantec, che riprende l'ateismo deterministico di D'Holbach in chiave biologistica ed evoluzionistica (lamarckiana) pubblicando nel 1907 il saggio L'Athéisme nel quale espone le tesi del suo ateismo scientifico monistico e deterministico.
Ancora nell'Ottocento la maggior parte delle nazioni occidentali aveva il cristianesimo come religione di stato e gli atei potevano essere accusati di blasfemia. In Gran Bretagna il libero pensatore Charles Bradlaugh fu ripetutamente eletto in Parlamento, ma fino alla sua quarta elezione non poté prendere posto in aula perché rifiutava di prestare giuramento sulla Bibbia. Nel Novecento, in Occidente queste leggi sono state cancellate o abbandonate di fatto. Tuttavia in alcuni stati dell'America del nord esistono ancora leggi discriminanti verso i non religiosi.[6] Anche in Irlanda esistono limitazioni per i non religiosi. Durante il periodo della Guerra Fredda, l'Unione Sovietica e la maggior parte dei regimi che si definivano comunisti portarono avanti l'ateismo di stato e l'opposizione alle religioni organizzate. La stessa pratica privata, in alcuni paesi e periodi, incontrò opposizioni e ostracismi severi, malgrado la libertà di culto privato fosse ufficialmente consentita.
In età contemporanea l'ateismo si è diffuso enormemente ed è spesso associato al razionalismo.
Nel 2005 Michel Onfray ha pubblicato un Trattato di ateologia che reca significativamente il sottotitolo "Fisica della metafisica". Onfray infatti precisa le fondamenta della scienza definita ateologia da Georges Bataille, basandole su una critica scientifica delle religioni, a partire dall'esame dei testi sacri delle tre grandi religioni monoteistiche. Inoltre egli mutua da Nietzsche la convinzione che l'invenzione di Dio è in opposizione alla vita, che l'invenzione dell'aldilà serve a svalutare l'unico mondo reale, che l'invenzione dell'anima immortale ha lo scopo di spregiare il corpo, la sua cura e i suoi piaceri. Pertanto "il vero peccato mortale" sarebbe "l'offerta di un oltremondo" per farci perdere "l'uso e il beneficio del solo mondo esistente".
[modifica] Dibattiti sull'ateismo
Sul piano morale, nell'ambito della visione cristiana il termine ateo viene spesso usato in senso dispregiativo, per cui l'ateo è colui che nega un'entità che costituisce un riferimento etico. Gli atei ribattono che la fondazione dell'etica non richiede di ipotizzare l'esistenza di Dio, come è stato spesso affermato anche da filosofi cristiani come Kant[7] e Bonhoeffer[8].
Sul piano filosofico, alcuni atei rifiutano di essere definiti secondo la contrapposizione «Dio esiste / Dio non esiste», e affermano semplicemente di possedere una visione naturalistica del mondo, che rifiuta tutti gli approcci mistici o soprannaturali, relegandoli all'ambito della superstizione e delle credenze: il concetto è esemplificato da questi ultimi con l'asserzione Non credo in Dio per lo stesso motivo per cui non credo a Babbo Natale o alla Befana[citazione necessaria].
D'altro canto, l'ateismo viene accusato di esprimersi in forme fideistiche: assumendo cioè come un postulato l'affermazione «Dio non esiste», logicamente indimostrabile. A tale critica gli atei rispondono che l'ateismo non è un atto di fede, ma una scelta razionale. A differenza dei teisti, infatti, sono pronti a ricredersi nel caso l'esistenza di Dio fosse dimostrata. Sostiene Sam Harris:
![]() |
« Ebrei, Cristiani e Musulmani affermano che le loro scritture hanno una conoscenza dei bisogni dell’umanità talmente approfondita che potrebbero solo essere state scritte sotto la direzione di una divinità onnisciente. Un ateo è semplicemente una persona che ha preso in considerazione tale affermazione, ha letto i libri e ha trovato l’affermazione stessa ridicola. Non c’è bisogno di prendere tutto per fede, o essere in alternativa dogmatici, per rigettare credenze religiose ingiustificate. » |
(Sam Harris, 10 myths -- and 10 truths -- about atheism[9])
|
Le discussioni sull'esistenza di Dio e sulla sua influenza sugli uomini riguardano questioni fondamentali per le persone e in varie circostanze possono avere conseguenze rilevanti sul piano del consenso ideologico e politico. Non stupisce quindi che i dibattiti relativi spesso assumano toni aspri e prese di posizione faziose.

[modifica] Diffusione
Alcune stime sul numero di atei nel mondo:
- Britannica Book of Year (1994): 1 miliardo e 154 milioni di atei e agnostici nel mondo.
- La World Christian Encyclopedia annuncia 1 miliardo e 71 milioni di agnostici e 262 milioni di atei nel mondo nel 2000.
- Un'inchiesta condotta in 21 paesi su un campione di 21.000 persone pubblicata nel dicembre 2004 annuncia che il 25% degli europei occidentali si definisce ateo/agnostico contro il 12% nei paesi dell'Europa centrale e orientale.
- Adherents.com riporta 1100 milioni di "non religiosi", categoria (maggiori informazioni) che include Secolari, Irreligiosi, Agnostici, Atei, Umanisti, Deisti, Panteisti, e Liberi pensatori.
Il numero di fedeli per le varie religioni e movimenti non religiosi è trattato nell'articolo religioni maggioritarie.
[modifica] Note
- ^ http://aforismi.meglio.it/aforisma.htm?id=1bc0
- ^ Does God Play Dice?
- ^ Kurt Gödel. La prova matematica dell'esistenza di Dio. A cura di Gabriele Lolli e Piergiorgio Odifreddi, 2006.
Kurt Gödel. «Ontological Proof», da Collected Works: Unpublished Essays & Lectures, Volume III. pp. 403-404. Oxford University Press, New York 1995. ISBN 0195147227 - ^ Cronologia dell'ateismo dell'UAAR
- ^ Cronologia dell'ateismo dell'UAAR
- ^ [1]
- ^ Immanuel Kant. Fondazione della metafisica dei costumi, 1785
- ^ Dietrich Bonhoeffer. Etica. Queriniana, Brescia, 1995.
- ^ Articolo del Los Angeles Times, 24 dicembre 2006 http://www.latimes.com/news/opinion/la-op-harris24dec24,0,3994298.story?coll=la-opinion-rightrail
- ^ http://europa.eu.int/comm/public_opinion/archives/ebs/ebs_225_report_en.pdf
[modifica] Bibliografia
- Sigmund Freud, Oskar Pfister. L'avvenire di un'illusione (Die Zukunft einer Illusion, 1927). Trad. di Sandro Candreva. Bollati Boringhieri, Torino 1990. ISBN 8833905497.
- Eugenio Lecaldano. Un'etica senza Dio. Collana "I Robinson/Letture", Laterza, Bari-Roma 2006. ISBN 8842080004.
- Mary McCarthy. Ricordi di un'educazione cattolica (Memories of a Catholic Girlhood, 1957). Trad. di Augusta Mattioli. Il Saggiatore, Milano 1972, edizione fuori commercio. ISBN 8877100931. SBN IT\ICCU\RLZ\0067809
- Georges Minois. Storia dell'ateismo (Histoire de l'athéisme, 1988). Trad. di Oreste Trabucco e Lelio La Porta. Editori Riuniti, Roma 2000. ISBN 8835954940.
- Michel Onfray. Trattato di ateologia. (Traité d'Atheologie, Grasset, Paris 2005). Collana "Le Terre", Fazi Editore, Roma 2005. ISBN 8881126788.
- Bertrand Russell. Perché non sono cristiano (Why I Am not a Christian, 1957). Trad. di Tina Buratti. Tea editrice, Milano 1999. ISBN 885020468X.
- Ibn Warraq. Perché non sono musulmano. A cura di Monica Corbetta. Ariele, Milano 2002. ISBN 88-86480-53.
- Christian Chabanis. Dio esiste? No, rispondono.... Mondadori, Milano 1974.
- Hans Kung. Dio esiste?: risposta al problema di Dio nell'eta moderna. Mondadori, Milano 1987. ISBN 88-041-6424-7
- Piergiorgio Odifreddi. Perché non possiamo essere cristiani (e meno che mai cattolici), 2007, Longanesi (Le Spade)
- Richard Dawkins. The God Delusion (L'illusione di Dio), Mondadori, 2007
- Sam Harris. La fine della fede, Nuovi Mondi Media, 2006
- Christopher Hitchens. Dio non è grande, Einaudi, 2007
[modifica] Voci correlate
- Agnosticismo
- Ateismo forte
- Agnosticismo forte
- Ateismo agnostico
- Anticlericalismo
- Laicismo
- Ateismo di stato
- Ateologia
- Deismo
- Esistenza di Dio
- Materialismo
- Movimento Bright
- Razionalismo
- Teismo
- Paradosso teologico
- Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti
- Atei devoti
[modifica] Altri progetti
[modifica] Collegamenti esterni
- UAAR – Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti
- NOGOD - Atei per la laicità degli Stati
- Associazione Atheia - Atei e Agnostici della sinistra non stalinista
- Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno"
- Dawkins e Dio
- Un sito dedicato all'ateismo