Un inedito di Gabriel Garcia Marquez

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Il giorno in cui il mio bisnonno Amaranto Buendia Babilonia uscì di casa alle sette del mattino, trovò Macondo ridotta a un vero troiaio.
Non ebbe il tempo di pensare "Bòia, si zìzzola dal freddo" per via del ghiaccio con cui mi piace tanto ricoprire i paesi quando scrivo, che subito il ricordo gli si fece dapprima sbiadito, poi sempre più denso e vìvivo, come l’odor di guayaba che coltivava la mia prozia Marianna Ursula detta "Boccadoro" nel giardino della sua casa di Cochabamba, e che mi era gradito quando la primavera veniva a irrompere i ricordi con il rimpianto delle altre stagioni perdute e del puzzo del tabacco da pipa che si respirava ancora sugli abiti del marito José Arcadio Buenasnoches, morto dopo aver combattuto cento battaglie, aver promosso sessanta sollevazioni popolari, aver fatto la guerra del 15-18, perso un braccio e una moneta da dieci centavos nella battaglia di Guaharracay, firmato seicendosessantadue cambiali in bianco, e avrei dovuto rammentarmi che quello era il tempo in cui mia cugina Babilonia Amaranta mi offrì il fiore dei suoi anni piu’ belli che olezzavano di  miele e di pepe, e fu cosi’ che quando mi affondai in quel ricordo, Macondo sparì come per magia, la stessa che avvolgeva la spirale dei miei sensi mentre il mio antenato Mariano Buenasnoches contemplava lo scorrere del suo sangue virginale sulla neve porca miseria ora non so più da che punto ero partito e mi tocca riscrivere il romanzo daccapo…


PS: Scusa, Gabo!

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