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C’è qualcosa di strano nell’aria. Anzi, di normale.
Tra poche ore si avrà la sentenza di Cassazione per Marcello Dell’Utri, condannato in appello a sette anni di reclusione, dopo la più pesante condanna di primo grado.
Questione di ore, dicevo. Ore che sembrano quelle di ogni giorno, ore che sanno della stessa rassegnazione con cui l’opinione pubblica ha vissuto questi 16 anni. Pensando che tanto non succede niente, che i potenti la fanno sempre franca, che la giustizia non funziona, che è troppo tardi.
Ecco, ora l’arrivo della giustizia è questione di ore. Conferma della sentenza di secondo grado (Dell’Utri va in carcere), annullamento senza rinvio (le sentenze precedenti diventano carta straccia), annullamento con rinvio (si deve fare un nuovo processo tenendo conto di determinati elementi). Tre ipotesi su cui poggiano le non-attese degli italiani.
Perché gli italiani non attendono più. Non hanno più la rabbia di 16 anni fa. Sono disattenti, distratti, quasi insofferenti.
Come se la bufera che, comunque vada, sta per abbattersi sulla storia, neanche li riguardasse più.