Ecco perché siam tutti qui davanti a te Charlie Brown

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Non sopporto i Peanuts. Quelli di Schulz, con Charlie Brown, Linus, Lucy, Schroeder, Woodstock, Marcie e quant’altri.

C’è stato, in verità, un periodo in cui più che amarli li ho tollerati. Ho apprezzato, magari, il tratto semplice e ben tracciato di Schulz. Ma, per il resto, mi hanno sempre lasciato un po’ distaccato. Curioso, quelli intorno a me, al Liceo, ci ridevano, compravano quaderni e diari con l’immagine del bracchetto, il Bar Liceo aveva degli adesivi con uno Snoopy un po’ panciuto e mal ricalcato che scimmiottava l’originale.

Fatto sta che un giorno lessi un paio di illuminanti pagine sull’argomento in “Apocalittici e integrati” di Umberto Eco (roba del 1964, come me). E mi sentii bene all’idea che non ero solo io a pensarla così.

Ora come la penso? Mah, fondamentalmente sempre allo stesso modo. E’ un fumetto WASP al cento per cento. Non c’è nulla di male a essere White (se ci fate caso tra i bambini delle strisce non ce n’è neanche uno di colore, l’unico nero non è nero perché è nero, è nero perché è sporco), Anglo-Saxon (quante strisce sul campo da baseball, quante attese del Grande Cocomero!) e Protestant (risulta fosse la religione che professava Schultz), solo che alla lunga stufa.

E quello che stufa di più dei Penauts sono le situazioni ripetitive. Dai già citati baseball e Grande Cocomero, all’uccellino che rùzzola, all’aiuto spichiatrico che costa 10 centesimi, a Linus che abbraccia la coperta e si ciuccia il dito.

Sono bambini che non diventano mai grandi, pur parlando, ragionando e spesso comportandosi esattamente come i grandi, ma oltre a questo c’è un cane che si comporta come un umano, immaginando di ripetere le gesta del Barone Rosso, o cercando invano di trovare un incipit folgorante e che passi alla storia per un romanzo che non vedrà mai la luce.

E quel senso di bullismo strisciante che si avverte quando si legge che Charlie Brown è “quel buffo bambino dalla testa rotonda”, un gelo nelle vene al solo pensare che Charlie Brown potremmo essere noi, ma tanto non lo siamo e possiamo ancora permetterci il gusto di riderne, ah ah ah!

WordPress: “Siamo felici quando qualcuno diffonde la buona parola”

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Screenshot dal documento "Libertà" di WordPress

Dio mio, io adoro WordPress. Davvero, non so che cosa sarebbe stata la mia vita informatica e questo mio blog stesso senza la presenza di questa interfaccina semplice semplice (cioè proprio come piace a me) dalle mille risorse.

E’ incredibile, ma un software o un’applicazione possono DAVVERO rendere migliore la vita. O, almeno, fare in modo di migliorare l’umore per affrontarla, che non è poca cosa.

Mi è successo con WordPress recentemente, mi accadde con PGP molti anni fa. Non li considero “strumenti” (nel qual caso uno varrebbe l’altro) ma vere e proprie manne dal cielo.

Però in WordPress c’è qualcosa che mi lascia perplesso (mi “perplime”, come dicevamo, scherzando, io e una mia amica) ed è la traduzione in italiano della documentazione, della manualistica e di quant’altro. Non parlo certo di manuali cartacei scritti direttamente in italiano e magari disponibili in libreria, ma proprio dei file, delle documentazioni, delle istruzioni e di tutto quanto attiene WordPress, fino, last but not leat, alla licenza.

La licenza non è una stupidaggine, è il documento o l’insieme dei documenti che stabilisce che cosa tu possa o non possa fare con quel pacchetto.

E leggo in un documento denominato “Libertà” (traduzione letterale ma scorretta di “freedom”, che avrei reso meglio con “diritti”, accessibile solo dal pannello di controllo di WordPress una volta installato, che:

“WordPress è un software Libero e open source, creato da una community distribuita di sviluppatori volontari, sparsi per il mondo.”
Odiio, “sparsi” per il mondo fa pensare subito a una diàspora, ma cosa sarebbe questa storia della “community distribuita”? Si distribuisce una comunità? E da quando?

“SI ha la libertà di ridistribuire copie del programma originale in modo da aiutare il prossimo.”
Pensavo che poter redistribuire il programma fosse qualcosa di più di un semplice aiuto al “prossimo” (definizione sinistra di evangelica memoria che indica, più semplicemente, gli “altri” in senso generico), pensavo che signoficasse avere l’autorizzazione di poter dare il software a chi si vuole senza dover necessariamente incappare nella legge penale e rischiare la galera per averlo fatto. Chi usa WordPress o lo redistribuisce non è il buon samaritano. Non necessariamente, almeno. A volte la documentazione e i manuali d’uso servono molto di più di un CD o un DVD che contenga in file con tutti i file di starting di WordPress. Voglio dire, aiutare il prossimo significa metterlo nelle condizioni di imparare ad usare una cosa, non dargli quella cosa che non sa usare.

“Siamo felici ogni volta che qualcuno diffonde la buona parola”
E questa è l’apoteosi del WASP che c’è in WordPress. La buona parola? Quale sarebbe questa buona parola? Dovrebbero essere felici ogni volta che viene distribuito il prodotto, perché un prodotto open source e gratuito come WordPress la vince di gran lunga su concorrenti costosi e meno performanti. WordPress è un ottimo prodotto. Anzi, diciamolo pure, un prodotto eccellente. Ma non è il Vangelo, su via…

E ci sarà qualcuno che mi dirà “Se la traduzione così com’è non ti sta bene falla te” (già mi par di sentire il Baluganti Ampelio tuonar queste parole) oppure “RTFM!” L’ho letto il manuale, ed è tradotto male. Problemi??