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Nadia Toffa sta veramente esagerando. Anzi, ha rotto decisamente i coglioni. Sostenere che il cancro è un dono, anche se lo si sostiene esclusivamente per proprio conto e sulla base della propria personalissima esperienza, è un’offesa nei confronti di tutti quelli che soffrono per questa malattia, per i loro diretti congiunti, per le tante disperazioni che caratterizzano i contesti personali e familiari di chi è affetto da tumore. Il cancro è un dono una veneratissima sega. Un dono ti sorprende, ti lascia a bocca aperta dallo stupore, sei sempre grato a qualcuno per quello che hai ricevuto, che sia una persona cara ad avertelo fatto o Dio in persona (naturalmente solo per chi ci crede, chi non ci crede muore come un cane tra atroci sofferenze) mentre il tumore è tedio, lo accogli con sconforto, non sai più che fare, sei disorientato, cerchi di reagire al meglio, ma il meglio non è mai sufficiente, il cancro è l’anticamera della morte, è il calvario della chemioterapia, di speranze che svaniscono, di una vita che non è più degna di essere vissuta come tale.
Nadia Toffa sarà anche malata, ma anche i malati dicono banalità assolute e dozzinali. Ha detto “se ce l’ho fatta io a sconfiggerlo ce la può fare chiunque”. Ma non è tutto: “Tutti i tumori sono uguali”. Un cazzo. Ci sono tumori che, presi a uno stadio iniziale, possono perfino essere guariti con un intervento chirurgico e un po’ di radioterapia. E ci sono tumori in stadio talmente avanzato da essere curati con la sperimentazione perché ormai non c’è nulla da fare. Di tumore si muore. Il cancro uccide. E uccide lentamente, in anni e anni di sofferenze e di alternarsi di speranze e sconforto. Siamo felici che Nadia Toffa si sia illusa di averlo sconfitto, ma c’è gente che non ce la fa sul serio, non per finta, e non è vero che quel “chiunque” riesca sempre e comunque a cavarne le gambe.
Ma poi, perché Nadia Toffa ha tirato fuori questo florilegio di affermazioni sconcertanti e discutibili? Perché aveva da promuovere un libro. E non potrebbe farlo attraverso i canali tradizionali delle librerie, dei giri per l’Italia per raccontare la propria esperienza, della propaganda della sua casa editrice? No, perché se un libro dice delle cose interessanti lo posso anche comprare, se no sono libero di lasciarlo lì ad aspettare di arrivare al più presto nei remainders con 70% di sconto o di andare direttamente al macero, che nel caso della Toffa è anche la soluzione più auspicabile, se le premesse sono queste. Nadia Toffa ha fatto della sua malattia un pretesto per spettacolarizzare, non per condividere. E questo francamente è inaccettabile, se non altro perché c’è gente che soffre in silenzio, lontana dalle telecamere, dai social network, dalle reti sociali, dalle Iene e dal mondo luccicante dello spettacolo. C’è gente che per la chemio perde i capelli e che si rinchiude in casa per la vergogna, perché il cancro non si accontenta di essere una malattia autonoma e distruttiva, no, ti porta la depressione, ti porta il vomito, non ti riconosci più, dimagrisci, sei uno zombi vivente. E tutto questo ha una dimensione che si chiama “privato”. Io ho sempre pensato che se avessi il cancro ne parlerei, ma dal mio blog, per le persone che mi vogliono bene e che mi apprezzano, per chi vuole leggermi, non per una generalità indifferenziata (come l’immondizia!) di sciacalli. Perché è questo che sono i curiosi delle malattie altrui, sciacalli, e Nadia Toffa non ha fatto altro che dar loro da mangiare carne fresca in uno spettacolo senza fine.
Sì, Nadia Toffa ha decisamente rotto i coglioni. Banalizzare, come sta facendo lei, è solo profondamente pericoloso. E nel tempo in cui ho scritto questo articolino sono già morte oltre 300 persone per cancro nel mondo, secondo le ultime statistiche.