Per cui la quale, citare, citare, citare…

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- Questo file è licenziato in base ai termini della licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo 3.0 Unported”]It’s still the same old story. Stavolta a essere pescato con le dita nella marmellata è  stato Massimo Gramellini. Oh, non da me, per carità, tutto quello che vi offro è roba  “precotta” (se volete “mangiare” meglio cucinatevi da soli!).

I fatti (molto semplici, in verità). Una ragazza (de)scrive una esperienza vissuta sul suo  account Facebook. Alcuni giorni dopo invia lo scritto a “Lo Specchio” de La Stampa.

Gramellini lo legge, gli piace, e riscrive la storia a modo suo, traendone un “Buongiorno”  (il nome della rubrica quotidiana che tiene sul giornale torinese).

Sembrerebbe non esserci niente di strano, e apparentemente è proprio così.

(Cliccare sull'immagine per ottenerne l'ingrandimento)

Siamo abituati a “prendere ispirazione”, a “integrare”, a “trarre spunto”, a “manipolare”, a  “riassumere”, a “citare” le cose altri che ci siamo dimenticati come si fa.

La maestra Laura Quaglierini, della Scuola Elementare “Angiolo Silvio Novaro” di Vada che ho  frequentato, ci diceva sempre che le citazioni vanno messe fra virgolette, e che bisognava  indicare tra parentesi l’autore e il titolo dell’opera da cui si citava.
Erano indicazioni da scuola elementare, appunto, d’accordo, ma funzionano anche oggi.
E poi la Quaglierini ci diceva, soprattutto, che “non si copia!”

Una volta scrissi un articolo su questo blog a proposito di Fabrizio De André che aveva  composto (composto??) la musica de “La canzone dell’amore perduto” su un Concerto per Tromba  e orchestra di Telemann.
Apriti cielo! Mi arrivarono commenti e insulti (alcuni biecamente censurati) perché non si  doveva dire che quella musica era palesemente copiata. Bisognava dire che De André era un  poeta (e allora perché ha scritto una canzone? Non poteva limitarsi a scrivere i versi?), che  comunque la canzone era bella (e chi lo ha messo in dubbio?), che si fa sempre così, che va  bene Telemann ma De André è De André. Come se l’elaborazione fosse migliore dell’originale.

Ora, che cosa sarebbe costato a Gramellini dire “Questa storia me l’ha raccontata una  lettrice e io ve la racconto a mia volta con parole mie”?
Oltretutto è incorso in un involontario ma malaugurato errore, cercando di condire la  narrazione con riferimenti temporali precisi (fa svolgere i fatti il 21/10 scorso, mentre la  ragazza ne parlava già su Facebook il 3/10).

E’ così difficile avere rispetto per le nostre fonti? Forse no, ma non ci si riesce ancora.