La SOPA di Fava all’italiana

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Il mondo gira e noi siamo ancora lì a guardarci le dita dei piedi, compiaciuti di quanto siano belle le nostre estremità che ballano sul compiacimento che ci fa affermare che sì, finalmente Wikipedia e lo sciopero della rete hanno fermato SOPA, PIPA e quant’altro.

Attenzione, per l’opinione pubblica della rete è merito dell’oscuramento di Wikipedia, beninteso, non certo dell’opposizione di Obama, che tra parentesi sarebbe anche il Presidente degli Stati Uniti, se un disegno di legge liberticida non è passato dalle Camere degli States.
 
Noi che ci fidiamo della rete, noi che esercitiamo il sentimento web-confidential per eccellenza, ovvero l’illusione che la rete possa effettivamente cambiare la politica, eravamo talmente impegnati ad applaudire un javascript di Wikipedia che non ci siamo accorti che da noi  qualcosa non è mai cambiato.

E quella che non è mai cambiata è la composizione del Parlamento.  Perché uno dice: "Via, Berlusconi se n’è andato, adesso si cambia pagina, sì, magari Monti potrà fare delle cose criticabili ma l’essenziale è che la vecchia gente sia stata spazzata via."

Mica vero. E’ cambiato il Governo, non la Legislatura. Quelli che erano al Parlamento tre anni e mezzo fa ci sono ancora, non sono cambiati. Sono sempre lì e legiferano. Noi non ce ne accorgiamo ma legiferano.

Giovedì scorso l’on. Fava ha proposto un emendamento in Commissione per le Politiche Comunitarie.
Cosa dice questo emendamento? Semplicemente che qualunque soggetto che ne abbia interesse che ritenga (si badi bene, che "ritenga", non che "sia certo") che su una determinata pagina web siano ospitati contenuti che secondo lui ledono il proprio diritto d’autore può rivolgersi al provider che ospita quella pagina chiedendo che venga eliminata, e se il provider non ottempera può essere ritenuto responsabile della diffusione di quei contenuti.

In pratica il Far West.

E’ una norma che incita alla vigliaccheria e alla giustizia-fai-da-te, quella per cui se una persona ritiene leso un proprio diritto non si possa e non si debba rivolgere alla magistratura (che verificherà, se del caso, se quel diritto è stato effettivamente leso oppure no), ma stabilisca a priori, per mezzo del suo sentire che sì, gli è stato fatto un torto.

Leggi ammazzablog, inciuci delle Authority, progetti di legge proposti dalla Carlucci, bavagli. Il clima in Italia sulla rete è pesante. Ma a noi sembra non importare. Come sempre saremo ben lieti di piangere quando il danno sarà fatto (cioè se e quando l’emendamento verrà definitivamente approvato e trasformato in legge) e di andare a piangere da mamma Wikipedia chiedendo un altro sciopero che ci faccia illudere che anche in Italia un gruppo di utenti che scrivono arbitrariamente delle voci che vengono altrettanto arbitrariamente catalogate come "enciclopedia", senza nessuna supervisione scientifica, possa fare il bello e il cattivo tempo in politica.

Che PIPA!! Sempre la solita SOPA…

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In rete, come nella vita, le cose belle vivono solo un giorno. Come le rose.

Fino a non più di 24 ore fa si parlava del coraggio e della determinazione del Comandante De Falco, fino a 24 ore fa la gente inventava magliette con su scritto "Vada a bordo, cazzo!" e oggi l’argomento è passato in secondo piano, chi ha fatto quella maglietta ci ha depositato sopra un po’ di sudore di ascelle, l’ha schiaffata in lavatrice e poi l’avrà ripiegata nell’armadio-hard-disk dei ricordi. Non è più di moda.

La "serrata" per 24 ore della Wikipedia inglese, con il conseguente oscuramento delle sue pagine, viene annunciata come un successo planetario, un auto-oscuramento che, finalmente, ha smosso le coscienze dei legislatori americani e ha sensibilizzato l’opinione pubblica sul pericolo che l’approvazione di leggi come e SOPAPIPA potrebbe far ricadere sugli utenti del web e sulla loro libertà di opinione, discussione o critica.

Peccato che non sia stato un oscuramento.

Nessuno si è preso la briga, ad esempio, di cancellare temporaneamente i contenuti e di rimetterli in linea il giorno successivo. Sapete cos’hanno fatto? Hanno semplicemente agito attraverso un javascript. Voilà, c’est l’unique question, scriveva Albert Camus.
Claudio Leonardi, un bravo giornalista de "La Stampa", se n’è accorto e ha pubblicato un articolo dal titolo "Crumiri del web, come aggirare lo sciopero dei siti" [1], in cui, ricordandoci che i javascript possono essere tranquillamente disabilitati dal nostro browser, perché, si veda il caso, possono essere responsabili di visualizzazioni di pubblicità indesiderate "che possono infastidire l’utente, se non qualche operazione più maligna."



Bastava, dunque, disabilitare i javascript nel nostro browser. Leonardi spiega anche come fare, e lo fa il tre righe: "Se si utilizza Firefox, cercate i menu Strumenti/Opzioni/ Contenuti. Lì si trova la voce da disattivare. Se si usa Internet Explorer, poco cambia: il percorso da fare è Strumenti/Opzioni Internet/Sicurezza, e una volta lì, chiedete… Su Google Chrome, minime varianti."

Un altro uovo di Colombo citato da Leonardi è l’utilizzo della cache di Google. O di Kiwix, uno di quei software che permettono di portarvi Wikipedia appresso, chè certamente c’è gente che lo fa.

Insomma, uno sciopero-non sciopero che non ha fatto del bene a nessuno. Se non a Wikipedia e a Wikipedia Foundation, naturalmente, che da questa iniziativa ha tratto un bel po’ di visibilità.

Scrivono:

"More than 162 million people saw our message asking if you could imagine a world without free knowledge."

"For us, this is not about money. It’s about knowledge." [2]

Ora, 126 milioni di persone non sono uno zuccherino. Ma lasciamo perdere, non è il dato numerico ad essere interessante di per sé (in Italia milioni di persone guardano Mediaset…), è il fatto che per loro "non si tratta di denaro, ma di conoscenza" che stride con i fatti. Il porsi come limite minimo per la sopravvivenza una cifra sempre maggiore, che durante le ultime vacanze natalizie si è limitata a superare la cifra di soli venti milioni di dollari, non mi pare esattamente un puntare sulla conoscenza anziché sul denaro. Sì, lo so che ripeto sempre la stessa solfa, ma è anche vero che Wikipedia ogni anno chiede sempre più donazioni agli utenti.

E ne ripeto anche un’altra di solfa, così, magari, mi autoincenso anch’io davanti a quattro o cinque lettori: gestisco sette biblioteche on line, fra generaliste e specifiche di settore. Non ho mai chiesto un centesimo a nessuno. Fine dell’autoincensamento. [3]

La cultura non
fa sciopero. I quattrini sì.

E siccome un javascript non è costato un solo centesimo di dollaro, Wikipedia si è permessa lo sciopero.

Ma vediamoli da vicino questi "scioperanti". Il sito www.soprastrike.com ha pubblicato la lista intera dei siti che hanno aderito alla protesta e all’oscuramento. Ce ne sono due versioni, la lista completa [4] e quella dei "confirmed participants", sulla home page [5].
Nella lista completa ci sono molti indirizzi di account Facebook. E va bene, e allora? Vuol dire che alcuni utenti oscureranno la loro pagina Facebook,  e ammesso che sia possibile farlo con un messaggio di sensibilizzazione, tutto sommato mi sembrano un numero estremamente esiguo.

Tra i "colossi" figurano i siti di Michael Moore e Peter Gabriel. Immagino che la rete possa resistere 24 ore anche senza di loro.

Come al solito, in rete come nella vita cosiddetta "reale" (come se quella della rete fosse "irreale", poi!) c’è chi batte i denti, chi prende il ritmo e chi ci balla sopra.


PS: Il titolo di questo post è frutto della poliedrica creatività di Andrea Lawendel che ringrazio.
 

[1] http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/tecnologia/grubrica.asp?ID_blog=30&ID_articolo=9990&ID_sezione=38
[2] https://www.valeriodistefano.com/public/wikipediathankyou.pdf
[3] http://www.controversi.org/donazioni.htm
[4] http://www.sopastrike.com/on-strike/
[5] http://www.sopastrike.com