Valerio Di Stefano – Il degrado della cultura e la cultura degradata: involuzione del diritto d’autore in rete

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La montagna sonnacchiosa e abulica del Governo di centro-sinistra, ha partorito un topolino rachitico e inadeguato a danno della libera circolazione della cultura e delle idee in rete.

Poco prima di chiudere i battenti per le vacanze estive, il Senato della Repubblica ha approvato in via definitiva il disegno di legge n. 1681 composto da due soli articoli, il primo riguardante la trasformazione della SIAE in ente pubblico economico a base associativa, e il secondo che reca una modifica all’articolo 70 della legge sul diritto d’autore (L.633/41 e successive modifiche) in tema di libere pubblicazioni attraverso la rete.

Il programma con cui il Governo Prodi si è presentato al vaglio dell’elettorato per le elezioni politiche del 2006, oltre ad essere confuso e particolarmente lacunoso in tema di libero accesso dei cittadini ai contenuti culturali della rete prevedeva, con un linguaggio che aveva più la parvenza di voler riempire le centinaia di pagine di cui era composto, piuttosto che rivelare all’opinione pubblica chiarezza espositiva e di idee, che:

Lo strumento più proprio per realizzare interventi sistemici è il distretto culturale, che tiene insieme tutti i soggetti che possono fare sistema sul territorio marcandone la fisionomia e la crescita: dal museo alla biblioteca, all’impresa artigiana, all’Università, all’editoria, alla multimedialità, ecc.”

Per cui

Le altre misure che crediamo necessarie sono:
– tutelare il diritto d’autore soprattutto in rapporto all’innovazione tecnologica; (…)”

E non dimentichiamo di segnalare, last but not least, la ciliegina sulla torta sull’immancabile, auspicato e mai realizzato avvento dell’Open Source non già come strumento veicolare principale di conoscenza ma come semplice artificio per il risparmio economico delle imprese e della Pubblica Amministrazione:

(…) dovremo tradurre in pratica le dichiarazioni di principio in favore della diffusione dell’Open Source nelle amministrazioni. Questa risorsa allevierà la dipendenza dalle onerose licenze commerciali.”

A parte il fatto che anche in politica sciacqursi la bocca con terminologie come “Open Source” e “Software libero” è diventato uno sport nazionale, il tradurre in pratica una linea di intervento specifico per la libertà culturale in rete si è di fatto materializzata con una modifica di portata praticamente nulla, se non addirittura dannosa, circa un presunto ampliamento de libero utilizzo delle opere dell’ingegno, limitate (non si sa per quale motivo) alle immagini e alle musiche (le opere cinematografiche, si sa, continuano ad essere tutelate dal famigerato Decreto Urbani, che continua ad essere in vigore indisturbato nel nostro Paese, e quivi più dolor che punge a guaio, come avrebbe detto il Poeta).

In definitiva, al comma 1 dell’articolo 70 è stato aggiunto il seguente:

1-bis. È consentita la libera pubblicazione attraverso la rete internet, a titolo gratuito, di immagini e musiche a bassa risoluzione o degradate, per uso didattico o scientifico e solo nel caso in cui tale utilizzo non sia a scopo di lucro. Con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, sentiti il Ministro della pubblica istruzione e il Ministro dell’università e della ricerca, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, sono definiti i limiti all’uso didattico o scientifico di cui al presente comma.

Il legislatore non poteva scrivere di peggio, sia per quanto attiene l’intelligibilità e la lettera della norma, sia per quanto prefigurato dai contenuti.

Si noti prima di tutto l’estrema genericità del linguaggio: sarà possibile riprodurre “immagini” e “musiche”. Quale tipo di immagini e quale tipo di musiche non è dato saperlo: fotografie, dagherrotipi, pitture, riproduzioni fotografiche di sculture o opere architettoniche, musiche interpretate dagli autori o affidate ad altri interpreti, tutto è estremamente confuso e nebuloso.

Il disorientamento del legislatore e, conseguentemente, della Comunità che nella rete si occupa di dare una maggiore visibilità ai contenuti liberi mediante la loro diffusione gratuita (unico requisito chiaro della norma, e ribadito dalle espressioni “a titolo gratuito”, e “solo nel caso in cui tale utilizzo non sia a scopo di lucro”), si accresce quando chiarisce che queste riproduzioni debbono essere effettuate “per uso didattico o scientifico”. E, naturalmente, quando il legislatore non si preoccupa minimamente di chiarire quello che intende con questa espressione, ma passa la patata bollente al Ministro per i beni e le attività culturali (Pietro Folena, sul suo blog scrive che “noi avremmo voluto scriverli direttamente nella norma, ma abbiamo accettato una mediazione”)

La formula è lugubre e sinistra perché oltre a non dare alcuna indicazione su ciò che si può fare e ciò che non si può fare limita l’utilizzazione del materiale ai soli scopi didattici e scientifici, non allargando, ad esempio, la possibilità di farne uso da parte di biblioteche on line, enciclopedie e risorse di consultazione.

In breve, Wikipedia non potrà linkare, ad esempio, alla voce “Beatles” né la discografia completa né tanto meno una scelta più o meno “ragionata” della produzione dei quattro ragazzi di Liverpool.

Dulcis in fundo, la qualità delle immagini e delle musiche deve risultare “a bassa risoluzione” o “degradata”.

Una riproduzione rimpicciolita di “Guernica” di Picasso è al contempo sufficientemente “degradata”?

E un quadro di Amedeo Modigliani ripreso da una fotografia che non ha le dimensioni dell’originale e pubblicato in bianco e nero?

E l’ultimo concerto di Fabrizio De André campionato in monofonia e a qualità inferiore rispetto allo standard degli MP3 (che, comunque, sono già abbastanza degradati rispetto ad altri formati audio non compressi)?

Risposte operative non ce ne sono.

Polemiche sì. Come quella dello stesso Pietro Folena che in una intervista a “Punto Informatico” dichiara: “Purtroppo va detto che l’art. 70 concede pochi spazi e libertà rispetto alle esigenze attuali delle libere utilizzazioni. Aveva senso con la carta stampata, ma oggi con Internet è tutt’altra faccenda.” Dunque, invece di riformare per intero l’articolo 70, unanimemente riconosciuto obsoleto, si è preferito metterci la tradizionale toppa, rappresentata da un pasticciaccio brutto armato per non far torto alla SIAE, società monopolista sia della tutela dei diritti degli associati ma anche, a volte, di quelli dei non associati, che con questa legge sfugge alla competenza giuridica della magistratura amministrativa per passare a quella della magistratura ordinaria.

Sull’altro fronte, l’Avvocato Giorgio Assumma, in un messaggio indirizzato al Presidente della Repubblica, e riportato dal Sito della SIAE, sembra chiarire una volta per tutte e in maniera definitiva quale sia l’orientamento della Società nei confronti della regolamentazione dell’uso delle opere dell’ingegno (competenza che, in uno stato di diritto, dovrebbe continuare a spettare al Parlamento, per quanto incerto sul da farsi):

In una fase storica della nostra civiltà, quale quella attuale, in cui da più parti si cerca di sacrificare la tutela morale e patrimoniale degli autori e degli editori sull’altare di una incomprensibile libertà pubblica di apprendimento e di informazione, le Sue parole suonano come fermo monito al rispetto dei diritti di chi, con il proprio lavoro ideativo, vive e si dedica al costante rinnovamento del patrimonio intellettuale nazionale.

Se la libertà pubblica di apprendimento è “incomprensibile” per questo signore, non ci resta che fare in modo che la rete sviluppi sempre di più quelle licenze aperte (dalle GNU alle Creative Commons, senza dimenticare il concetto di Copyleft) che hanno tutelato e tutelano il software prima, e, da svariati anni a questa parte, la musica, la cinematografia, l’editoria e la fotografia, in un crescendo piacevolmente rossiniano di opere liberamente disponibili, scaricabili e utilizzabili, da farci dimenticare gli oziosi ghirigori legislativi di una classe politica che ha perso qualsiasi contatto con le vere istanze di accesso alla cultura e alla pluralità dei saperi di cui il pubblico ha fame.

 

Creative Commons License

Foto on line e SIAE: interrogazione parlamentare

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L’azione della SIAE contro il sito homolaicus.com per recuperare migliaia di euro in diritto d’autore per la esposizione di immagini su quelle pagine non profit e con finalità didattiche, continua a suscitare vivacissime polemiche e, dopo l’avvio di una petizione da parte degli insegnanti, arriva anche una interrogazione parlamentare firmata dal senatore dei Verdi Mauro Bulgarelli.

Bulgarelli, oltre a delineare le pesantissime conseguenze che possono derivare dalle interpretazioni di SIAE dell’attuale normativa, nell’interrogazione considera l’opportunità di introdurre anche in Italia la disciplina del fair use, locuzione che in altri paesi protegge proprio la riproduzione di opere a finalità didattiche ed educative.

Ma ecco qui di seguito il testo presentato da Bulgarelli:

Interrogazione a risposta scritta
Ai ministri della Giustizia, della Pubblica Istruzione, dei Beni e attività culturali

Premesso che:
– l’ufficio Arti Figurative della SIAE ha inoltrato varie denunce, con richiesta di ingenti somme pecuniarie, al sig. Enrico Galavotti, insegnante di Cesena, autore di ipertesti pubblicati su sito internet di didattica e cultura non profit di Cesena
www.homolaicus.com, da lui realizzato e gestito attivamente da un decennio; Galavotti (meglio conosciuto in rete col nick di Galarico) è uno dei fondatori del web didattico nazionale, ed è stato denunciato per l’utilizzo di immagini digitali riproducenti 74 dipinti protetti dai diritti d’autore;

– la decisione della SIAE induce a forti preoccupazioni per l’aver introdotto un precedente che potrebbe avere forti ripercussioni negative sull’operato di tutti quegli insegnanti autori di siti internet e divulgatori di preziosi materiali didattici e culturali; la SIAE, infatti, applicando in maniera distorta una legge le cui origini risalgono all’anteguerra (legge del 22/4/1941, n. 633 e successivamente adeguata con la cosiddetta "Legge Urbani" – legge 22 maggio 2004, n. 128) e non individuando alcuna differenza tra uso didattico-formativo-istituzionale e uso commerciale, pretende il pagamento di cifre rilevanti relative a diritti d’autore su opere protette realizzate da artisti viventi o scomparsi da meno di 70 anni;

– in particolare la SIAE, applicando impropriamente solo ed esclusivamente l’art.3 della legge 633 del ’41, sostiene discrezionalmente che l’utilizzazione, anche parziale, di un’opera costituisca lesione del diritto morale dell’autore e che la riproduzione non autorizzata delle opere in questione leda gli esclusivi diritti patrimoniali che la legge riconosce a quest’ultimo; al tempo stesso la SIAE trascura, però, l’applicazione dell’art. 70 della stessa legge del ’41, che prevede massima libertà per l’uso di immagini a scopo didattico non commerciale e di insegnamento senza finalità di lucro, a patto di citare la fonte (cosa che è avvenuta regolarmente nel sito in questione);

– sono innumerevoli le conseguenze dirette che si potranno verificare interpretando in maniera distorta la norma:

* qualsiasi sito scolastico o blog didattico che utilizza per puro scopo didattico file sonori, immagini protette, citazioni d’autore, rischia ingenti sanzioni e quindi la chiusura immediata;
* le rappresentazioni teatrali, i saggi di fine anno caratterizzati da sottofondi musicali alla presenza di pubblico o dei genitori diverrebbero insostenibili dal punto di vista economico;
* la realizzazione di cd rom didattici e la creazione di ipertesti risulterebbe estremamente costosa;
* la libertà didattica e le specifiche competenze professionali degli insegnanti ne risulterebbero pesantemente condizionate;

il comportamento della SIAE, in sostanza, appare limitare fortemente la funzione formativa della Scuola e la libertà didattica degli insegnanti; a tale proposito, si fa presente che la legislazione statunitense sul "fair use", permette di pubblicare materiali sotto copyright senza autorizzazione, purché vi siano fini e intenti educativi; il principio del fair use, infatti, rende i lavori protetti dal diritto d’autore disponibili al pubblico come materiale grezzo senza la necessità di autorizzazione, a condizione che tale libero utilizzo soddisfi le finalità della legge sul diritto d’autore, che la Costituzione degli Stati Uniti d’America definisce come promozione "del progresso della scienza e delle arti utili"; la dottrina tenta in questo modo di equilibrare gli interessi dei titolari di diritti individuali con i benefici sociali o culturali che derivano dalla creazione e dalla distribuzione dei lavori derivanti;

si chiede di sapere:
se i ministri in indirizzo non ritengano opportuno – attraverso specifici provvedimenti legislativi – esentare gli insegnanti, nell’ambito della propria specifica funzione educativa, formativa e didattica, dall’osservanza del copyright, operando essi in un contesto palesemente senza fini di lucro e di alta utilità sociale;

se non ritengano opportuno introdurre anche in Italia, in materia di diritto d’autore, il principio del "fair use".

Sen. Mauro Bulgarelli

da: www.punto-informatico.it

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Valerio Di Stefano – La SIAE rimborsa gli autori fotocopiati. E gli altri?

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E’ in corso da parte della SIAE il rimborso dei mancati diritti d’autore nei confronti di tutti gli autori e gli editori di cui sono state fotocopiate le opere nelle copisterie o nelle biblioteche pubbliche, private e degli atenei.

Lodevole iniziativa, ma è estremamente prevedibile che l’azione, più che a tutelare gli Autori, vada ad esclusivo beneficio degli iscritti alla stessa SIAE.

Dal sito internet dell’associazione si legge: "La SIAE è la Società Italiana degli Autori ed Editori. La sua funzione istituzionale è la tutela del diritto d’autore. La SIAE amministra le opere di oltre 71.000 aderenti facendo sì che per ogni sfruttamento di un’opera sia corrisposto all’autore e all’editore un adeguato compenso." In breve, chi rimborserà il laureato la cui tesi di laurea è stata fotocopiata (a buon diritto) da chi ha pagato una copisteria fior di quattrini per il servizio? E quali e quanti diritti incasserà il professore universitario che, per rendere la sua opera disponibile al maggior numero di studenti, la fa pubblicare dalla tipografia locale a costi contenuti, ma non può accontentare le richieste di un numero alto di studenti? 

Il diritto d’autore di tutti continua ad essere calpestato a favore dei privilegi d’autore di pochi.

Valerio Di Stefano – Rimborso SIAE ma solo per le imprese

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Nella giungla delle normative e dei cavilli della legge sul diritto d’autore, sta per entrare una ulteriore e intricata problematica, destinata certamente a creare una discussione serrata tra addetti ai lavori e opinione pubblica.

 

Secondo quanto riferiscono vari organi di informazione (tra i più sensibili al problema segnalo l’emittente Radio 24, che sta riportando la notizia non soltanto nella programmazione dedicata ai media e alla rete, ma anche in quella più generalista delle news e dei notiziari di approfondimento), presto sarà possibile richiedere, per tutti i titolari di partita IVA, il rimborso del pagamento della quota per il diritto d’autore relativa all’acquisto di CD-R, DVD-R, altri supporti magneto-ottici (riscrivibili e non), cassette audio analogiche e videocassette vergini.

 

Come si ricorderà, l’aumento del prezzo al pubblico di questo tipo di supporti per il backup dei dati (o, in alternativa, per la creazione di copie di sicurezza di materiale coperto da diritto d’autore legalmente detenuto) entrò in vigore con la più recente delle modifiche alla L. 633/41 e pose non pochi dubbi. 

In primo luogo ci si chiedeva per quale motivo dovesse essere corrisposto il pagamento di una quota forfettaria per il diritto d’autore anche quando il supporto (per esempio il CD-R) veniva utilizzato per scopi assolutamente leciti, e comunque per usi non direttamente connessi al pagamento dei diritti: per esempio copie in MP3 di CD musicali regolarmente acquistati e detenuti, masterizzazione di foto, filmati, scritti e lavori realizzati in proprio e i cui diritti sono già naturalmente disponibili per l’autore, copie di sicurezza di dati importanti per la nostra attività personale o professionale eccetera.

 

Secondariamente, sorgeva il ragionevole dubbio che quanto pagato in più per avere diritto alla copia privata di un’opera dell’ingegno andasse realmente a beneficiarne l’autore (o l’interprete, o chiunque ne detenga i diritti). In altre parole, se Tizio duplica un CD di canzoni di Renato Carosone, chi lo rassicura del fatto che il supplemento pagato per l’acquisto del CD vergine vada effettivamente nelle tasche degli eredi dell’artista napoletano e non venga ridistribuito, per esempio, tra gli autori e artisti che detengono i primi posti nella hit-parade delle vendite?

 

Stabilendo la possibilità per le imprese di vedersi rimborsate le eccedenze ingiustamente corrisposte solo per avere usato dei CD-R per il backup periodico dei dati di uno o più PC (gestione clienti, fatture, corrispondenza ed altro) dietro una semplice autocertificazione, si va a sanare solo parzialmente una situazione che appare al limite dell’assurdo.

 

In effetti non si vede come mai questo diritto al rimborso debba essere stabilito per le imprese e non anche per il privato cittadino. Non sempre, infatti, il concetto di "copia privata" o "a uso personale" coincide con la nozione di violazione del diritto d’autore.

 

E’ indubbio, infatti, che se il Tizio di prima masterizza un CD audio contenente la voce del figlio che pronuncia le prime parole per poterselo ascoltare in automobile quando rientra a casa dal lavoro (caso strano, bizzarro, al limite dell’assurdo, probabilmente, ma la legge e la normativa devono garantire anche questi diritti), realizza una "copia privata" e "a uso personale", ma non lede il sacrosanto diritto di nessuno a disporre dei diritti economici della propria opera.

 

Il punto è che si tratta di una normativa sbagliata nella pratica e non nel principio di base. Perché non tiene presente il fatto che se io sono autorizzato a copiare qualcosa e a cederlo ad altri (o perché sono io stesso l’autore di quel qualcosa, o perché l’autore me ne ha dato il permesso) non sarei tenuto a corrispondere alcunché.

 

Di fatto, la possibilità da parte delle imprese di chiedere il rimborso di quanto pagato in eccesso contribuisce sempre di più a creare la spaccatura tra cittadini di serie A e di serie B. Nessuno rimborserà mai niente al signor Mario Rossi che non è titolare di Partita IVA.

 

Soprattutto, nessuno rimuoverà gli ostacoli che si frappongono tra il signor Rossi e la fruizione delle opere dell’ingegno altrui che, proprio in quanto tali, sono sottoposti a una serie infinita di regolamentazioni possibili che l’attuale dispositivo di legge non è più capace di contemplare.