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A Firenze è stato istituito il primo ambulatorio ospedaliero di omeopatia per donne in gravidanza.
Non ho mai avuto nulla contro le persone che decidono di curarsi con l’omeopatia. Molte volte sono persone che non riescono a risolvere le loro piccole o grandi patologie con la medicina tradizionale e provano qualunque cosa pur di star meglio. Bisogna avere rispetto della sofferenza altrui, quale che sia, e per qualunque motivo si manifesti.
Quello di cui, invece, non ho rispetto, è l’omeopatia in sé. Un metodo di cura che non è altro (nella stragrande maggioranza dei casi) che acqua e zucchero (e in quanto tale male non fa, possono assumerla anche i diabetici, viste le dosi infinitesimali di zucchero presente nelle “palline” intrise di acqua). Le quantità di principio attivo presenti in un preparato omeopatico (cominciamo a chiamare le cose con il loro nome: “preparato” e non “farmaco”, né tanto meno “rimedio”) sono solitamente diluite a livello tale da non lasciare più traccia di sé nel prodotto finale. Prodotti preparati con diverse sostanze di partenza, dopo una certa diluzione non sono più distinguibili l’uno dall’altro, tanta e tale è l’infinitesimalità delle tracce di principio attivo che vi si possono rinvenire.
Ma non devo stare qui a spiegarvi come (non) funziona l’omeopatia. Voglio soltanto dire che chiunque decida, per motivi insindacabilmente suoi, di curarsi con un approccio medico “alternativo” (o “complementare”, come si usa definirlo oggi), dovrebbe farmi il favore di pagarselo di tasca propria. Sono ben felice di pagare il servizio sanitario nazionale con le mie tasse. Ma che si offra medicina vera. Non c’è nulla di male nel pagarsi acqua e zucchero a costi incredibilmente spropositati, ma che sia coi propri soldi, non con quelli della collettività. E le visite omeopatiche, quelle che durano un’ora e mezza, e ti chiedono di tutto, perfino come ti puzzano i piedi (è successo a me), se uno proprio se le vuol far fare, chiama il proprio omeopata di fiducia, se lo paga ed è a posto con tutti. Non ci deve arrivare tramite un CUP, anche se, come in questo caso, il servizio è dedicato a un insieme ristretto di pazienti (le donne in gravidanza), ma con patologie molto delicate da affrontare.
Bisogna rassegnarsi (e io lo faccio ben volentieri): per il momento non sussiste nessuna evidenza dell’efficacia dell’omeopatia, e io voglio che i miei soldi pubblici vadano a guarire qualcuno, non a illuderlo o a rappresentare un inutile effetto placebo che non serve a nessuno, men che meno al malato.
Un ambulatorio di medicina omeopatica disponibile in SSN rappresenta una sconfitta per tutta la collettività e un passo indietro per la scienza. Ovvìa…