Come ammazzare mamma e papà

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Io non sopporto dover parlare di scuola qui sul blog. Ci sono, tuttavia, occasioni in cui non resisto, specialmente quando certe grottesche vicissitudini fanno tornare alla memoria un fortunato libro di Antonio Amurri, “Come ammazzare mamma e papà”, ultimo (o penultimo, so un cazzo io) di una serie di manuali umoristici sul delitto della moglie, del marito, della suocera e, appunto, dei genitori.

Amurri scherzava, ma due maestre della Scuola Primaria “Adriano Olivetti” di Scarmagno, loro no. In un tema (che sanno un accidente i bimbetti delle elementari di fare i temi, tutt’al più i pensierini) è stata proposta la traccia «Chi vorresti uccidere, per primo, tra tuo padre, tua madre o tuo fratello?». Ma sì, certo, si possono anche proporre tracce del tipo “Dove preferiresti sganciare la tua prima bomba atomica, in Siria, in Palestina o in Corea del Nord??” oppure “Contro chi scaricheresti il tuo bel bazooka nuovo appena regalato da Babbo Natale, contro un gruppo di guerriglieri curdi, contro vecchi inermi armeni o contro una donna incinta tibetana?”. Si può, diceva Gaber, con la scusa della libertà didattica del docente si fanno passare per oggetti di lezione delle iniziative che lasciano di stucco. Ma i bambini devono essere educati a capire come funziona la grammatica, la matematica, a scoprire la storia, la geografia, com’è fatto il corpo umano… ma com’è che quando andavo io alle elementari si imparavano cose come l’analisi logica e del periodo, l’apotema, la circonferenza, il pancreas, ci insegnavano a non metterci le dita nel naso e a non tirare le caccole ai compagni con la bic usata al contrario stile cerbottana… era così che eravamo, e adesso arrivano due docenti di 58 e 60 anni, sul filo della pensione (che, voglio dire, ringrazia no’ Dio che la pensione l’hai beccata) e chiedono ai bambini chi farebbero fuori per primo tra il padre, la madre e il fratello. Si noti bene: “per primo”. Perché evidentemente gli altri due li fanno fuori dopo, su dettatura di traccia.

Non mancavano pietosi e risibili riferimenti sessuali:  «Accade quando vostro padre si ferma lungo la strada con le prostitute». Ecco, è il papà il primo ad essere fatto fuori, perché va a mignotte. Il contorno lessicale è la definizione dell’atto sessuale con «ciupa ciupa» e «bunga bunga». Ecco i limiti entro i quali l’orizzonte culturale viene delimitato: ci si muove tra la Littizzetto e Berlusconi, una specie di große Koalition dell’educazione sessuale per teneri virgulti.

Otto famiglie hanno proposto querela. Ma gente così non la puoi mica mandare in galera. Gente così la mandi in televisione e ci fai un programma comico. Il pubblico ministero, infatti, forse anche sollecitato dall’involontarietà dell’umorismo, ha chiesto l’archiviazione. Si vedrà se gliela concederanno. Intanto è in corso un provvedimento disciplinare. E magari qualche otto-novenne starà già affilando il pennino per piantarlo nella gola a mamma e papà che non gli comprano il telefonino nuovo.

Una maestra spiega ai suoi bambini che Babbo Natale non esiste. E ha fatto dimolto bene!

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A Parma una maestra si è azzardata a spiegare ai bambini della Scuola Primaria in cui insegna che Babbo Natale non esiste.

Che è una leggenda, appunto, e che come ogni leggenda è un mito, un’invenzione.

Apriti cielo e spalancati terra! Sui giornali locali (ma reperibili regolarmente in rete) sono apparse lettere di protesta di genitori indignati perché sarebbe stato rubato ai loro pargoli il diritto di sognare. Probabilmente qualcuno avrà fatto una regolare querela alla magistratura per furto di renne e sparizione di barba bianca e vestito rosso.

Scrive alla Gazzetta di Parma il padre di uno di questi bambini defraudati: “Vorremmo che tu regalassi a questa maestra la magia che proviamo noi quando ti scriviamo, la magia di quando fatichiamo ad addormentarci pensando a te che arriverai con le tue renne, un po’ per la speranza di vederti e un po’ timorosi perché non ti conosciamo. La magia di quando ci svegliamo al mattino e corriamo a guardare sotto l’albero. Vorremmo che tutti provassero queste emozioni, perché ce n’è bisogno. Queste cose non hanno età”. Sì, forse queste cose non hanno età, ma suo figlio sì, ha otto anni, e a otto anni si è abbastanza sbozzolatini per smettere di credere a Babbo Natale venire educati alla realtà e alla verità.

Ed è questo il peccato mortale della maestra, quello di aver detto la verità. Su Facebook c’è un vespaio insopportabile di mamme che le si accapiglierebbero contro se solo si azzardasse a toccare ai loro figli le bugie su Babbo Natale, Gesù Bambino e la Befana, con tanto di slitta, mangiatoia e camini in cui passare. La verità è un’arma formidabile. Sbugiarda chiunque in meno di un secondo. I fatti riescono sempre a zittire una polemica.

Ma la maestra non è stata criticata perché Babbo Natale effettivamente non esiste. Quella cosa nessuno può metterla in discussione. E’ stata criticata per aver detto la verità.

In breve, il re è nudo e fa anche dimolto schifo.

La pagella della prima elementare

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La pagella della prima elementare è sempre qualcosa che, quando la ritrovi in giro, ti fa pensare molte cose.

La prima è che sono entrato in una scuola della Repubblica per la prima volta il 1 ottobre 1970 e non ne sono praticamente uscito più.

La seconda è che avevo sette in religione, e che dovrei cominciare a vergognarmene.

La terza è che avevo sei in attività manuali e pratiche e che sono decisamente peggiorato.

Però in compenso ora i voti li do io. : - )

Alunno tira un pugno alla maestra ma il portiere della scuola minimizza: “e’ solo un bambino!”

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E’ la visione della scuola che hanno tutti, c’è poco da fare, quella in cui i ragazzi sono ragazzi, i bambini sono bambini, gli adolescenti sono adolescenti e, solo per questo, sono sempre e comunque giustificabili, e non può abitare in loro neanche il minimo sentore di stronzaggine acuta. E se si comportano da stronzi, non è perché sono stronzi, è perché hanno dei problemi, e gli insegnanti farebbero bene a capirlo una volta per tutte.

Il bambino di nove anni ha menato di santa ragione la maestra.

O, forse di santa ragione no, magari l’ha menata solo quel tanto che basta per crearle un codice verde al pronto soccorso (roba minima, s’intende, son bambini).

Che, voglio dire, una bella cosa non è, anche per un bambino con problemi e seguito dall’insegnate di sostegno (già, ma al momento dell’accaduto l’insegnante di sostegno dov’era? Se c’era non vorrei essere nei suoi panni, se non c’era è certamente l’effetto dei tagli all’organico di sostegno operato dalla Signorina Rottermeyer, Reggente del Pio Istituto del Ministero dell’Istruzione).

Ma “un bambino è sempre un bambino”, dice l’unica voce che si leva dal personale scolastico dell’istituto frequentato dal Franti di turno. E l’unica voce di chi è? Della maestra che è stata menata? Del direttore didattico? Del collegio dei docenti riunito in seduta straordinaria? No, del portiere del plesso scolastico.

Che evidentemente ne sa più degli insegnanti. E infatti lo schiaffano sulla cronaca di Roma di “Repubblica”.