Il ministro Cancellieri e gli scontri delle manifestazioni di Roma

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Screenshot da: corriere.it

Il Ministro Cancellieri ha fatto delle esternazioni che non sono sicuro di avere ben compreso.

Riguardano il materiale video e fotografico inerente gli scontri tra polizia e manifestanti a Roma e in altre citta’ italiane dove, c’e’ da dirlo, finalmente qualcuno scende in piazza perche’ non ne puo’ piu’. Certo, siamo sempre troppo pochi e sempre perennemente in ritardo rispetto agli altri paesi europei, Spagna in testa, in cui se una legge non va la gente riempe le piazze e le strade. Pero’… “algo es algo”, dicono gli spagnoli.

Svariati quotidiani hanno pubblicato delle foto in cui si vedono risultati di atteggiamenti e azioni non esattamente sempre condivisibili da parte delle forze dell’ordine nei confronti dei manifestanti.

La Cancellieri ha ribattuto: “Una foto è spesso l’effetto finale di qualcosa che magari si è svolto prima. Io porterei anche le foto del poliziotto cui hanno spaccato il casco in testa: foto per foto, parliamone.”

Va bene, dico io, parliamone.

Sì, una foto è l’effetto finale di un qualcosa che si è svolto prima. E quel qualcosa puo’ essere qualunque cosa. Puo’ essere il manifestante violento che spacca il casco a un poliziotto, certo. Nessuno dice che i manifestanti siano per forza tutti pacifici, o che tutti recitino il Santo Rosario dalla mattina alla sera e poi passino ai Vespri e alla Compieta.
Ci sono quelli che vogliono manifestare pacificamente (ma, aggiungerei, anche in modo particolarmente incazzato, perché la pace e l’atteggiamento pacifico e non ostile non escludono l’indignazione) e quelli che vanno li’ per spaccare tutto.
Per cui se qualcuno fotografa o filma qualcuno che prende a sprangate sulla testa un poliziotto e gli rompe il casco di sicurezza non vedo perche’ quella foto non debba essere usata come documentazione di un fatto censurabile.

Ma allo stesso modo, se vedo la foto di un ragazzo preso a calci in faccia dalla polizia ANCHE quella foto dimostra che prima c’è stato un qualcosa. Di sicuro che la faccia quel manifestante non se l’è insanguinata cadendo su una roccia durante una gita in montagna. Guardiamole tutte le foto, certo. Ma non è che se un evento non è documentato nelle foto della polizia ma lo è in quelle dei dimostranti quell’evento non è accaduto. E viceversa. Il fatto che esistano foto della polizia che mostrano poliziotti intenti a fare con difficoltà il proprio dovere e a fare in modo che nessuno si faccia male non vuol dire che NESSUNO si sia fatto del male.

Con un’aggravante speciale, però. Che chi ha sfondato il casco del poliziotto ha commesso un atto contro un pubblico ufficiale e ne risponderà allo Stato (come signor XY e non come “i manifestanti”), e al poliziotto come parte offesa, ma chi ha dato un calcio in faccia a un dimostrante rappresenta quello Stato stesso a cui il cittadino deve rispetto. E a cui il cittadino manifestante, anche e soprattutto quando viene arrestato o fermato, viene affidato. E’ in QUEL momento in cui al cittadino, anche se colto in flagranza di reato NON DEVE SUCCEDERE NIENTE. Non gli deve essere torto un capello, altro che calci in faccia!

La Cancellieri aggiunge: «tutto si può fare meglio, non lo metto in dubbio, ma vorrei che le cose venissero viste con serietà per quello che sono e che chi fa manifestazioni le faccia in maniera libera, ma secondo le disposizioni che vengono date: libertà di manifestare nel rispetto della libertà di tutti di vivere una vita serena»

Non ho capito. Le manifestazioni debbono essere fatte secondo delle “disposizioni”? E quali sarebbero? Ah, sì, quelle del rispetto della libertà di tutti di vivere una vita serena. Giusto. Mi viene da dire che forse è proprio perché c’è gente che non vive una vita serena che si va a manifestare. E che è lo Stato che deve individuare chi commette azioni illecite. Poliziotto o manifestante che sia.

Isoliamo i violenti. Isoliamoli TUTTI.