…le stesse parole, gli stessi respiri del libro che leggevi di nascosto sotto il banco

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Il vero problema della scuola italiana non sono gli insegnanti che somministrano come compito per casa, la lettura della descrizione di una relazione omosessuale. Saffo e Catullo sono morti da millenni, di omosessualità (in termini di condanna, ça va sans dire) si parlava nella Bibbia.

Il vero problema della scuola italiana è che vi si legga un romanzo di Melania Mazzucco trovandovi, magari, spunti di problematiche generazionali interessanti. Per carità, non è una questione che attiene personalmente alla Mazzucco, non ce l’ho con lei. A scuola si fa lo stesso anche con Federico Moccia, con Margaret Mazzantini, con Alessandro Baricco, Andrea De Carlo, con Susanna Tamaro, Nicolò Ammanniti che, per carità, si possono anche leggere, ma, signori, la letteratura è ben altro.

E il mio non è benaltrismo spicciolo, la letteratura, quella vera, non si legge più (e, conseguentemente, non si fa leggere ai ragazzi) e ce la siamo dimenticata. Natalia Ginzburg, Rigoni-Stern, Bassani, Silone, Viganò, Cassola, Gadda, lo stesso Calvino, quel brav’uomo di Sciascia (cribbio, sarà pure un tema importante la mafia, no?), e mettiamoci pure quel grandissimo antipatico di Pasolini. Tutti dimenticati.

E le giovani leve vengono educate da queste franceschebosco a leggere nella chiusura dei lucchetti su un ponte sul Tevere, chissà quale allusione metaforica, o allenate a riconoscere nel testo letto la figura retorica predominante: la noia!

Le parrocchie di Regalpetra

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L’incommensurabile lettore Baneschi Raniero, – qui rappresentato in una sua recente istantanea – che in vacanza a Lisbona assieme alla sua Druda (che lo sopporta pazientemente e lo randella giustamente con mazzuolate bene assestate su quella testaccia dura), durante il riposo dal lavoro (lavoro? Ma di che) trova il tempo, beato lui, per leggere Sciascia, e mi invia questo estratto che mi prega di pubblicare, cosa che fo’ di buon grado, non prima di aver rifiutato la pubblicazione della seconda citazione (non di Sciascia) inviata dal Baneschi, che ho già pubblicato tempo fa e di cui lui non si è minimamente accorto, particolare, questo, che mi fa guardare con particolare sussiego e distacco alla sua presunta attenzione alle sorti del blog.

Don Ferdinando Trupia salta su dal divano – ho settant’anni, ma una bella donna la sento da qui alla chiesa del Carmine; voi voglio vedere quando avrete la mia età. I giovani protestano – ma noi in generale parliamo, sappiamo quello che lei è ancora capace di fare. Sì – dice don Ferdinando – son capace di fare cose da pazzi, con una donna.
L’altro giorno a Palermo, sapete che mi disse una donna? Tu meglio di un giovane di vent’anni sei, mi disse, non è una cosa normale, dovresti andare da Coppola (Coppola è il primario della clinica psichiatrica universitaria). Da Coppola, capite? Pare anche a me che non è una cosa normale, proprio voglio andarci, i nervi sono.

(Leonardo Sciascia, Le parrocchie di Regalpetra)

Le mafie italiane secondo Leonardo Sciascia

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“Ma il fatto è, mio caro amico, che l’Italia è un così felice paese che quando si comininciano a combattere le mafie vernacole vuol dire che già se ne è stabilita una in lingua… Ho visto qualcosa di simile quarant’anni fa: ed è vero che un fatto, nella grande e nella piccola storia, se si ripete ha carattere di farsa, mentre nel primo verificarsi è tragedia; ma io sono ugualmente inquieto.”

(Leonardo Sciascia, A ciascuno il suo)