Agli zoppi pedate negli stinchi

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Io sono zoppo. Non ho nessuna difficoltà a dirlo pubblicamente. Ma veramente zoppo. Però devo dire che in questa condizione mi ci ritrovo dimolto bene. La gente mi cede il posto sull’autobus, senza fare nemmeno una domanda, le macchine inchiodano con un stridìo di pneumatici che fanno sggnììììììk sull’asfalto bollente dell’estate torrida (ma nemmeno tanto) rosetana, quando attraverso sulle strisce pedonali, qualche persona di buon cuore mi cede il posto nella fila alla posta, insomma, è una bella vita. Perché mettere sotto sulle strisce una persona qualsiasi passi, ma un invalido al 50% no.

In quanto zoppo, io non posso mettere le scarpe normali che portano tutti. Ho bisogno di scarpe ortopediche fatte su misura. E la ASL me ne paga un paio l’anno. Generalmente si tratta di modelli che ordino per affrontare l’inverno. Quindi mi ritrovo, in fondo all’anno, con il problema di che cosa mettermi d’estate.

Quest’anno un paio di scarpe (nate male già di loro) ha deciso di abbandonarmi sul più bello e sfracellarsi mettendomi in pericolo mentre camminavo per la strada ed esponendomi a rischi non indifferenti, nonché a dolori lancinanti ai piedi, che ho particolarmente delicati da quando subirono un intervento chirurgico.

Per cui ho deciso di ordinare un paio di scarpe estive (c’è un ricco catalogo con dei modelli eleganti e anche un po’ sbarazzini, anche se ho ripiegato su una roba un po’ più francescana), visto che sono costretto a portare “obtorto collo” delle scarpe invernali portate e riportate poi, ma che almeno mi sorreggono. Sono al lumicino anche loro, ma finché vanno, tutto fa verdura, diceva quello che vendeva la frutta.

Ordino, decido di pagare (400 euro ballanti e sonanti) perché QUEL paio di scarpe NON rientra tra quelle che mi “passa” la Mutua, ma le scarpe non arrivano. Appetto una settimana, poi due, poi tre, poi stamattina chiamo e mi incazzo. Non c’è niente da fare, ho poco da incazzarmi, se ho bisogno di un paio di scarpe nuove devo aspettare i loro tempi tecnici che sono di una quarantina di giorni dal momento della consegna alla consegna del prodotto finito. In più il personale è in ferie e non sarà al completo fino al 17 agosto (cioè quando rientreranno un po’ tutti). E io mi ritroverò, bene che mi vada, a pagare 400 euro per un paio di scarpe che porterò sì e no una settimana, massimo due, toh!

Poi l’estate, finalmente, finirà, e io sarò costretto ad andare in giro con i sandali gfrancescani d’inverno, sentendo così quella ascesi tipica del fraticello di Assisi, quando doveva calpestare la neve coi piedi coperti solo dai suoi sandali, cioè praticamente a piedi nudi. Esattamente come adesso sono costretto a portare scarponcini alti il 6 agosto, con un effetto bollore straordinario e un grato sentore di Bleu d’Auvergne (o di marcetto abruzzese, ora non so).

E’ proprio vero quel che si dice a Livorno: agli zoppi pedate negli stinchi.

Le scarpe della cummara

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La mia consorte, Rosa Imelda Marcos de Di Stefano, ci tiene a mostrarvi questo delizioso pajo di sandalyni che ha comprato a Giulianova e che ha pagato, utilizzando comodamente la mia carta di credito, appena 105 euro, ma è un affarone, sono già scontati del 20% e le hanno anche offerto il caffè, tè, ciàpa!!

Infradito

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Infradito, oh, rieccole, quelle di gomma, ma nuove nuove, comperate per passare una tregiorni alle terme, con l’accappatoio di spugna bianco, l’acqua calda e lievemente sulfurea (ovverosia puzzolente appestata) che ha un effetto rilassante-drenante-rassodante-energizzevole per forza, con quello che mi fate pagare, nemmeno fosse la piscina dell’acqua benedetta di Lourdes, infradito di gomma, dicevo, colore nero, modello unisex, dovessero mai prenderti per frustone, che fanno tanto Giappone, buone per la geisha come per il lottatore sudatissimo di sumo, unto e bisunto, e poi le altre infradito, quelle comprate per andare ad assistere a un matrimonio indiano a Londra, sfoggiate nuove nuove, con la loro bella forma francescana ma senza andare sul catto-comunista, rigidamente a ciabatta ma con i loro intrcci eleganti di cuoio marrone cucito che vedrai ci fai una bella figura quando cammini sul pavimento di mochètt, pozzinammazzàlle le infradito e tutti quelli che ci camminano, scomode, scomode, scomodissime, ma di cosa le fanno le stecche in cui infili l’alluce per separarlo dall’indice, di tungstento temperato rivestito d’acciaio zigrinato non cerato… un male cane, e io con le infradito non ci so camminare, nossignori, mi si piantano lì in mezzo alla strada e io vado a camminare sul marciapiede opposto dopo aver fatto un volo di una ventina di metri per il contraccolpo, le infradito sono tra le calzature in assoluto più maledette, seconde soltanto agli strafottuti zoccoli del Dottor Scholl’s e zoccole tutte quelle che ti dicono "ma io li trovo comodissimi!", con le fibbie regolabili e il plantare di legno marcio, ma le infradito sono infide perché per tenerle perfettamente calzate devi fare presa con le dita dei piedi e non ti riesce e allora la gente ti chiede che cos’hai e allora tu dici "Ma no, niente, stavo solo camminando, non vedi?" e lo sai benissimo che i piedi, salvo rarissime eccezioni, non hanno una funzione prensile, e allora mi ribalto e vaffanculo le infradito!