Mia madre non sta bene. Soffre di alcune patologie che non le permettono una vita perfettamente autonoma al 100%.
Giorni fa è andata alla ASL per una visita specialistica. Le è stato prescritto un farmaco dispensato solo dalla farmacia dell’ospedale. Si è occupato un parente di provvedere a tutto questo. Ha portato la ricetta medica alla farmacia ma gli hanno detto che nei giorni successivi sarebbero stati chiusi per inventario, quindi primo giorno utile per ritirare il farmaco la mattina di oggi. Bene, primo viaggio.
Stamattina il parente si presenta alla farmacia dell’ospedale a ritirare il farmaco (secondo viaggio) ma gli dicono che serve assolutamente la tessera sanitaria. No, il codice fiscale non basta. Allora il parente viene a casa di mia madre (terzo viaggio) e ritira la tessera. Con la tessera gli dànno il farmaco, sì, ma gli dicono che serve anche il piano terapeutico rilasciato dalla ASL. Cioè da loro. Altro viaggio per il maledetto piano terapeutico. Una volta visto il piano terapeutico il farmacista trasale perché la dose del farmaco segnata sul piano terapeutico non era la stessa segnata sulla ricetta. Il medico prescrivente aveva sbagliato. Sicché ennesimo viaggio (ormai ho perso il conto) per prendere la confezione giusta e finalmente poter avere il farmaco a disposizione. Ah, dimenticavo: il piano terapeutico non andava bene. Ci voleva l’altro.
Bestemmie assortite, qualche santo tirato giù a viva forza dal calendario, e la pazienza di una persona encomiabile. La sanità è anche questo: un sistema che dovrebbe riuscire finalmente ad interfacciarsi con se stesso e a recuperare via computer tutti i documenti che le servono senza doverli chiedere in firmato cartaceo al paziente, che sarà paziente sì, ma prima o poi a suon di portare pazienza un paio di nocchini ve li tira. Grazie France.
Care amiche lettrici e cari amici lettori,
sono ancora ricoverato in ospedale dove cerco di proseguire il cammino verso una ottimista ma lunga guarigione.
Siete stati in tanti a esprimermi la vostra solidarietá e la vostra vicinanza. Grazie ancora.
Spero di poter affrontare anche con il vostro aiuto l’esperienza della sofferenza fisica nonché quello della sanità italiana al collasso.
La figlia di Beppe Grillo, Luna, è stata fermata e pare abbia consegnato spontaneamente alle forze dell’ordine un quantitativo di cocaina per uso personale.
Per questo motivo, come d’obbligo, è stata segnalata in Prefettura come “consumatrice di sostanze stupefacenti”.
E’ una delle tante procedure da medioevo che abbiamo in Italia, e che non fa altro che dare pane ai denti dei giornalisti, quegli stessi giornalisti che rivendicano una stampa libera e indipendente (con i contributi pubblici!) e si indignano perché la Lega Nord ha fatto loro lo sgambetto sul decreto di riforma del reato di diffamazione.
E’ ovvio che l’attenzione è sviata. Si colpisce, mettendola sui giornali, la figlia di Beppe Grillo per insinuare qualcosa sul padre, come se padre e figlia fossero la stessa persona.
Ma quello che non si dice è che abbiamo un sistema giuridico e giudiziario al collasso per cui se detieni un certo quantitativo per uso personale di cocaina vieni segnalato alla Prefettura, fermo restando che non si tratta di un reato, mentre se fai un uso smodato di alcol, anche se ti fermano non vieni segnalato alla Prefettura come consumatore abituale di una sostanza stupefacente (non ci sono dubbi che l’alcol lo sia, viene segnalato sulla tabella ufficiale delle droghe dall’Organizzazione Mondiale della Sanità) e si aspetta che accada il danno irreparabile per poter prendere dei provvedimenti. Che so, che uno vada a schiantarsi contro qualcun altro e lo ammazzi.
Ma l’alcolismo non fa notizia come la figlia di Beppe Grillo. Perche’ se la figlia di Grillo tira di coca piu’ o meno abitualmente magari hai la possibilita’ di mettere in cattiva luce il padre, mentre se qualcuno beve non si ha la possibilita’ di sputtanare nessuno.
L’ospedale è sempre un po’ brutto da frequentare, anche se ci vai per accompagnare una persona cara che deve fare un esame non grave, un po’ invasivo, dolorosetto e snervantino.
In ospedale ti senti sempre sporco anche se hanno disinfettato da poco. Anche se sembra che puliscano in continuazione. Tocchi un corrimano, ti siedi da qualche parte, e hai l’idea di sporco. Sembra sporco anche il caffè della macchinetta che l’infermiera beve dal bicchierino di plastica, col mestolino rudimentale di plastica, non si sa se col sapore di plastica e col supplemento di zucchero di plastica.
All’ospedale c’è l’aria condizionata.
Arriviamo puntuali all’appuntamento, l’infermiera, gentile, ci dice che c’è da aspettare. E c’è da aspettare perché il medico titolare dell’esame clinico si è ammalato. Si è ammalato perché c’è l’aria condizionata. E fa freddo. E si è beccato l’impossibile. "Ma non si potrebbe abbassare quest’aria condizionata?" Uno va lì con la maglietta perché, si veda il caso, fuori c’è il caldo dello strascico dell’estate più lunga dell’ultimo decennio, ottobre, siamo ad ottobre e fa ancora un caldo assassino. No, non si può abbassare e nemmeno spegnere. Bisogna tenersela così.
Quindi lo stato paga la malattia a un medico che non è in servizio perché è ammalato. E se il medico è ammalato bisogna sostituirlo, e, naturalmente, pagargli lo stipendio lo steso, perché è un principio sacrosanto. I malati che hanno bisogno di un esame diagnostico aspettano un’ora e più prima che la coda venga smaltita. Lo fanno seduti in sala di aspetto, dove c’è l’aria condizionata suddetta a palla. Tossiscono, cincischiano, starnutiscono, cercano di bere qualcosa di caldo, qualcosa di caldo dentro col caldo assassino fuori, e allora via al caffè di plastica che sa di plastica col cucchiaino di plastica e il bicchierino di plastica, e il tutto perché qualcuno non ha nessuna voglia di abbassare l’aria condizionata e poi la gente si lamenta che siamo il paese con un’economia che va a gambe larghe…
In linguaggio tecnico si chiama "infortunio in itinere". Succede quando vai a lavorare ma giri l’angolo e sbatti la testa contro una cosa che non dovrebbe essere lì, stai per chiederti perché, invece, c’è (mistero…), ma non ne hai il tempo perché oramai la bòtta è presa e tutto quel che puoi fare, a parte bestemmiare il calendario dei santi saltellando su un piede solo, è cercare di non avere effetti troppo gravi del contraccolpo alla cervicale.
Dunque, Pronto Soccorso.
Il Pronto Soccorso è un mondo a sé con cui ho avuto assai poco a che fare, e di sfuggita, praticamente mai per problemi personali. Stavolta è accaduto.
Si entra da una porticina angusta, che dà sul casottino dell’accettazione dove non c’è nessuno. Al lato, un’altra porta (quella vera e propria dell’ingresso) ha un campanello sotto cui è scritto "Suonare e attendere". Io ho suonato e atteso cinque minuti. Quanto basta per pensare che qualcuno possa non aver sentito. E quindi suonare di nuovo. E quindi sentirmi dire da un energomeno di un metro e novanta in camice verde e zoccoli bianchi che sul cartello c’è scritto "suonare e attendere" e che qualche ragione ci sarà. Certo, la ragione per cui ho suonato di nuovo è che nessuno mi attendeva. "Ma è qualcosa di grave?" E che ne so? Uno viene al Pronto Soccorso apposta per sentirselo dire se è grave o no. Se no sarei a lavorare. Oppure a spasso. "Bene, codice verde" Il codice verde è il penultimo della scala dei codici del pronto soccorso. Adesso so che le sbucciature, le medicazioni alle ginocchia dei bambini con la tintura di iodio, un mal di pancia passeggero non possono passarmi avanti. E’ una grande consolazione. "Attenda di là il medico" Il medico è una signora simpatica che deve averne viste di tutti i colori, altro che codici verdi! Però non mi attende subito, perché nel frattempo qualcun altro ha suonato, è una signora anziana che si lamenta e a cui vengono prestate le prime cure nella stanza a fianco. Perché tra la stanza in cui attendo di essere atteso (atteso che mi attendano, prima o poi) e la signora c’è solo una tenda. Quindi, anche non volendo, sento tutto. Cos’ha, cosa non ha, il suo lamentarsi e i commenti dei parenti che l’accompagnano. Alla faccia d’o cazz’ e della privacy.
"Cosa si sente?" Spiego i sintomi e quello che è successo. Mi guarda con l’aria di chi pensa dentro di sé che lì c’è gente che sta male davvero. Sì, ma il fatto che ci sia gente che sta male davvero non significa che io stia male per finta. Il primo esame neurologico ("Stringa le mie mani, forte, più forte…" "Guardi qui… no, di là…", "Faccia vedere la lingua…" ) è negativo. Sembra che me lo dicano con dispiacere. Come se il fatto che non ci sia nemmeno una conseguenza a livello nervoso sia una sconfitta. Cazzo, meno male, no? "Vada a fare la radiografia!" (…) disorientamento da labirinto ospedaliero, chiedo a due persone dove sia la radiologia (…) (…) o allora? Mi ci vuol tempo (…) Si spogli, appenda la giacca (dove? non c’è appendiabiti) o la appoggi pure sulla sedia (una sedia per i tuoi effetti personali, ma che gentili!), la prima la facciamo di fronte, sollevi il mento…. così, così… no, troppo, appena appena un po’ di meno, sì, stia fermo… TLAC! ora lo abbassi…. ancora… ancora… fermo!… TLAC! l’ultima di lato… si giri, guardio davanti a sé… peeeeeeeeerfètto… TLAC!! Insomma, un po’ di radiazioni gratuite random, nel caso uno volesse allevarsi un tumorello tra una venticinquina di anni e merci bien Madame Curie. Guardo le lastre che mi hanno fatto e vedo come sarà il mio cranio una volta che sarò scheletrito stile avorio cinese. Non mi piace e sono felice di voler essere cremato quando non ci sarò più. Si risparmiano tante brutture. "Torni con queste radiografie al Pronto Soccorso" (…) ora capisco Arianna che diede il filo a Teseo (…) chissà da dove cavolo sono venuto (…) accidenti a me e al mio senso dell’orientamento (…)
"Aspetti lì che ci sono delle urgenze…" E le vedo le urgenze. Nel senso che un signore con una flebo di antidolorifico in vena è sdraiato sul lettino della stanza in cui sono stato visitato io, solo che la porta è aperta e
tutti lo possono vedere. Intimità zero. Privacy manco p’o cazz’! La signora che va nella stanza accanto (quella protetta dalla tendina) dice di essere caduta dalle scale. Mi viene freddo. Quante donne vanno ogni giorno al Pronto Soccorso e dicono di essere cadute dalle scale! Spero solo che in quel caso sia vero. La signora viene fatta accomodare e la porta resta aperta. E’ impacciata, non sa se deve spogliarsi, attendere o cos’altro, certo che spogliarsi al Colosseo è sempre controproducente.
La visita ortopedica rivela che sì, la cervicale ha un po’ sofferto, "si giri, si giriii… un po’ di più, ecco…le fa male se le premo forte qui?" E certo che mi fa male, se lei mi ci preme forte. "Nulla di preoccupante, sono cose che succedono ai vivi!" Già, ma come mai ad altri vivi non succedono? Non ho voglia di portare avanti una polemica filosofica che non porterebbe a nulla, e poi il medico dell’ortopedia è simpatico.
Dieci giorni di inabilità al lavoro, una schiuma-gel, un antidolorifico e un collare da portare, sia pure in maniera molto blanda e discontibua. Mi mancano solo la medaglietta, il tatuaggio, la vaccinazione anticimurro e il guinzaglio.
Dopo l’influenza aviaria ci mancava solo la febbre maiala.
Lo sappiamo benissimo che si tratta dell’ennesima bufala, dell’ennesima corsa della case farmaceutiche per la produzione di vaccini e farmaci antivirali, comunque, considerato che 5 anni fa il famoso e famigerato H5N1 non fece il famoso "salto" di specie, ecco qui un virus nuovo di trinca, creato ad hoc per far passare il livello di allarme da 3 a 4 su una scala di 6.
Creato ad hoc per trasmettersi da uomo a uomo, ma con una alta possibilità di guarigione.
Creato ad hoc per far dire all’OMS che la pandemia è inevitabile, ma, non appena ci sono delle flessioni significative delle infezioni e dei contagi. Continua la lettura di “E’ in arrivo la maiala!”→
Nuova sconvolgente notizia dal ministero degli Apparati Genitali Roberto Maroni: In Italia sarebbe presente una fitta rete di traffico di organi di minori, soprattutto tra i clandestini, evento contrastabile solo con la nuova banca del seme. “Mediante la quale” aggiunge il Ministro del Sudoku Roberto Calderoli, sfoggiando i nuovi reni e il fegato della collezione autunno-inverno “l’individuazione e la castrazione chimica e fisica dei padri dei piccoli, sarà più veloce ed efficiente, così da eliminare il problema alla radice”. Polemica la risposta dal Centro Nazionale Trapianti. Il dottor Josef Mengele, interpellato, avrebbe dichiarato: “In Italia non c’è traffico di organi di pampini, gli organi che utilizziamo, sono tutti regolarmente registrati e prelevati da Giuliano Ferrara, il quale per la sua massa fisica è costretto quotidianamente a produrne di nuovi. Forse preleviamo anche qualche organo da qualche pampino epreo, ma ropa di poco conto… “
A sostegno della tesi del Maroni interviene la senatrice Maria Burani Procaccini: “Io col Maroni ho sempre lavorato a gomito stretto, abbiamo condiviso molto di più delle semplici idee politiche e delle copulazioni, perciò mi sento in dovere di affermare che lo amo e a Giugno ci sposeremo con rituale celtico, sacrificando agli dei la sua attuale moglie.” E i bambini? “I bambini? Quali bambini? Ah si, ne avremo molti.”
Nessuna dichiarazione invece dal Ministro della Chirurgia Plastica Mara Carfagna, a quanto pare si sarebbe riservata del tempo per pensarci su, si aspetta una sua risposta verso la fine del febbraio 2011. Al telefono azzurro risponde invece solo la segreteria telefonica.
In farmacia ho chiesto (o, meglio, fatto chiedere da mia moglie) una confezione di Brufen 600.
Hanno risposto che è necessaria la prescrizione medica.
Allora ho chiesto se potevano darmi almeno Moment ACT. Quello sì, rispondono, è un farmaco da banco, per quello non c’è bisogno di nessuna prescrizione.
Ora, si dà il caso che il principio attivo del Brufen sia l’ibuprofene, una molecola ad azione analgesica e anti-infiammatoria. Insomma, il parente moderno della Cibalgina. Brufen contiene 600 mg. di ibuprofene a compressa, e somministrato sotto quella forma, il paziente finale spende 0,38 euro per un grammo di Ibuprofene.
Anche Moment ACT è un farmaco a base di ibuprofene. Una compressa di Moment ACT contiene 400 mg. di anti-infiammatorio, e un grammo di Ibuprofene sotto forma di Moment ACT costa ben 1,62 euro. Almeno 4 volte di più del Brufen.
C’è da notare che i due farmaci non solo contengono lo stesso principio attivo, ma che non ne contengono altri in sinergia (ad esempio Vitamina C).
Per cui, ricapitolando: per avere lo stesso effetto di una compressa di Brufen 600, con obbligo di prescrizione (a dire della farmacia) basta prendere un Moment ACT e mezzo. E pagare 4 volte di più.
Poi c’è gente che dice che i farmaci generici sono una truffa!
Una volta c’era Alberto Sordi che nell’interpretare il Prof. Tersilli portava le madri dei suoi piccoli pazienti in barca, tra craniate sugli stipiti e serate di sesso abbozzato alla meglio.
Adesso Marcelletti pare essere implicato in una storia piuttosto squallida di MMS riproducenti parti femminili di una ragazzina di 13 anni inviati dalla ragazza dal telefono della madre, a sua volta implicata in una relazione occasionale con Marcelletti.
Poi ci sono le dazioni liberali obbligatorie alla associazione che Marcelletti dirige (le solite ONLUS, le solite lavatrici di soldi), insomma, una storia di ordinaria sanità, tanto più che non dovrebbe andare nemmeno sui giornali, visto che non fa notizia.
Tanto Berlusconi il ministro della Sanità non l’ha nemmeno nominato (e nessuno ci ha ancora fatto caso!)