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Dunque, ieri mi sono fatto qualcosa come 500 km in macchina cercando di fuggire da una regione con tre casi di coronavirus e rifugiarmi nella tranquilla Roseto degli Abruzzi dove, però, nel frattempo, era in agguato un brianzolo portatore infetto di coronavirus, che soggiornava in questa ridente cittadina (che adesso non ha più nulla da ridere) da venerdì scorso e avrà infettato chissà chi, per cui viviamo piombati nel terrore, sembriamo i passeggeri del treno di “Cassandra Crossing”. Io mi sento come il protagonista di “Samarcanda” di Roberto Vecchioni, che per sfuggire alla morte che lo guardava con occhi cattivi al mercato di Bassora cavalca per tutta la notte e se la ritrova alle porte di Samarra che lo aspetta puntuale come un orologio svizzero. Non è esattamente la stessa cosa ma più o meno siamo lì col conto. Insomma la grande “caona” (termine livornese per designare sia l’epidemia che la paura) è arrivata. Ovviamente questo ha sconvolto la mia giornata lavorativa che sarà dirottata sugli arresti domiciliari. Bella giornatina, sì…