Dies Irae: la sentenza per le maestre della Olga Rovere di Rignano Flaminio

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I giudici di primo grado lo hanno detto: nessuna sentenza prima delle 16.00. E io sto scrivendo esattamente un’ora prima. Prima che si scateni l’inferno, prima che una sentenza stabilisca alcuni punti fermi di verità circa la colpevolezza o l’innocenza delle maestre di Rignano Flaminio, che riceveranno giustizia, come le vittime ammesse e costituitesi parte civile, a oltre sette anni dai fatti contestati.

Una gragnuola di accuse che vanno dalla violenza sessuale di gruppo e maltrattamenti alla corruzione di minore, al sequestro di persona, agli atti osceni, alla sottrazione di persona incapace, al turpiloquio, fiono atti contrari alla pubblica decenza.

A dirla tutta il turpiloquio non esiste più come reato, è un illecito amministrativo. E’ stato depenalizzato nel 1999.

Ma per il “Corriere della Sera” rientra anch’esso nella categoria dei “reati” (e dire che sono passati più di 20 anni), tanto importa ben poco sapere che cosa è reato e cosa non lo è, l’importante è che faccia notizia e che vada ad accumularsi con tutto il resto.

Vedremo se chi scriveva “A morte i pedofili di Rignano Flaminio” sarà più o meno mostro di chi indicava nei familiari delle presunte vittime un atteggiamento di persecuzione verso degli educatori rei soltanto di aver commesso il proprio dovere.

Non è una battaglia per poter stabilire una qualche verità, è solo una battaglia per poter sostenere chi è più mostro di chi.

Nel caso in cui fossero condannati, gli imputati della Olga Rovere di Rignano Flaminio saranno sì dichiarati colpevoli da un Tribunale della Repubblica, ma la loro presunzione di innocenza sarà comunque garantita dalla Costituzione.
Ma sarebbero comunque linciati mediaticamente, moralmente e forse anche fisicamente e personalmente.

Se dovessero essere assolti, si scatenerà lo stesso il linciaggio verso di loro e verso una magistratura ritenuta “incapace di dare risposte alle istanze della società civile” (cioè, fondamentalmente, la vendetta) che stabilisce lei prima di tutti chi ha commesso che cosa.

Attendiamo, dunque, la sentenza. Poi la follia.