Sul caso in questione non è che ci abbia capito molto, ma so che il Governatore della Lombardia Fontana è indagato per «frode in pubbliche forniture».
Si parla di conti in Svizzera, di soldi detenuti da delle “trust” alle Bahamas, di un bonifico salvareputazione effettuato dopo la messa in onda di una sua intervista a Report, di “75.000 camici e 7.000 set sanitari venduti per 513.000 euro alla Regione”, come riferisce il Corriere della Sera, solo che la ditta che li ha venduti è del cognato e, per il 10%, della moglie dello stesso Fontana.
Ma per il resto non ci ho capito nulla. Per me è arabo antico.
Ma ora nel registro degli indagati ci è finito anche lui, e la prima reazione l’ha affidata a Facebook:
«Da pochi minuti ho appreso di essere stato iscritto nel registro degli indagati. Duole conoscere questo evento, con le sue ripercussioni umane, da fonti di stampa. Sono certo dell’ operato della Regione Lombardia che rappresento con responsabilità».
A Rimini un parrucchiere egiziano è stato derubato della propria bicicletta. Era un mezzo che gli serviva per andare a lavorare ed aveva anche un certo valore commerciale. Disdetta. Gli si presenta davanti un tunisino che precisa di non essere il ladro di bicicletta che viene ricercato dal proprietario e dalle forze dell’ordine, ma che può fargli riavere il velocipede dietro versamento di 70 euro (dia, dia, dia qui…). Per tutta risposta il parrucchiere, esasperato, lo chiude nei suoi locali commerciali, chiama i carabinieri e aspetta il loro arrivo. I carabinieri effettivamente arrivano, e altrettanto effettivamente arrestano il tunisino profittatore. Solo che al parrucchiere egiziano dopo tre giorni arriva un avviso di garanzia in cui si ipotizza a suo carico il reato di sequestro di persona.
Nel Lodigiano -è cronaca recente- il gestore di un’osteria (che fa anche da ristorante, bar e tabaccheria) viene derubato, di notte, da degli individui (poi si accerterà che sono di nazionalità romena) che mirano a portarsi via delle cose di poco valore. Sigarette, per lo più. Il gestore è armato di un fucile da caccia (e che quindi dovrebbe poter utilizzare solo per l’attività venatoria). Non si sa come siano andate le cose, fatto sta che dal fucile da caccia del gestore parte un colpo che raggiunge uno dei malviventi alla schiena e lo ammazza quasi sul colpo. Una disgrazia, si dice. “Non volevo ucciderlo”, si difende il ristoratore. Ma per lui è subito pronto un avviso di indagine per omicidio volontario. La Regione Lombardia gli permetterà di accedere ai fondi del Pirellone per pagare la difesa.
In entrambi i casi la reazione della gente è esagerata. Tutti regolarmente a favore del parrucchiere egiziano e del ristoratore lodigiano. “Ma come, non si è più neanche liberi di difendere la propria proprietà che subito ti sbattono in galera con le accuse più infamanti?”
Ecco, io della gente che la pensa così ho una paura fottuta. Perché non solo mi sembra normale che delle persone che abbiano commesso un reato, sia pure per difendersi da un altro reato, vengano indagate, ma mi sembra perfino giusto e doveroso. Questo sì che corrisponde a quella definizione di “atto dovuto” con cui molti magistrati amano infarcire le giustificazioni dei loro atti, soprattutto quando questi ultimi risultano incomprensibili. E che c’entra pagare le spese legali a una persona che, per carità, sarà anche la più onesta del mondo, anzi, senz’altro sarà più onesta di me, ma che in conseguenza a una sua imperizia (il fucile era carico? E perché) ha fatto sì che morisse una persona? Forse che il privato cittadino che viene indagato per qualunque causa può rivolgersi alla sua regione per farsi pagare le spese legali? No, se le paga lui e basta. Dice “ma quelli volevano rubare”. Ho capito, ma un cartone di sigarette vale una vita umana?? E di che cavolo di “legittima difesa” si viene a parlare? Se c’è legittima difesa vuol dire che dall’altra parte c’è stata una “illegittima offesa”, ma le due azioni non sono proporzionate. Non è possibile che uno che per una azione rischia da 6 mesi a 3 anni di carcere più la multa e se la può cavare con un patteggiamento e una sospensione condizionale della pena debba essere ucciso da un privato citadino che pretendeva di farsi giustizia da solo. E tutti ad applaudire (tranne per il caso del parrucchiere egiziano che, si sa, era egiziano, per di più derubato da un tunisino, quindi quasi un connazionale, per il nostro modo di vedere le cose) tutti a dire “Siamo con te”, tutti a sottolineare che si vive in uno Stato ingiusto in cui ormai, signora mia, cosa vuole, non si è più nemmeno liberi di sparare un paio di schioppettate e ammazzare chi ci pare.
Così, ogni giorno, rinchiudiamo a chiave nei nostri locali o pigliamo a fucilate il nostro Stato di diritto, quello che scrive sugli articoli del Codice Penale “Chiunque…” che vuol proprio dire “qualunque persona”, non “Qualunque persona eccetto i ristoratori derubati o i parrucchieri derubati della bicicletta”. “Ma io non sapevo… io non volevo….” e certo. DOPO non sa e non vuole mai nessuno. Ma il Poeta ci insegna che “bisogna saper scegliere in tempo/non arrivarci per contrarietà”. Vite distrutte.
L’assessore Regionale all’Urbanistica e al Territorio della Lombardia, Daniele Beletti, ha inviato una lettera-petizione al Ministero della Giustizia chiedendo che venga sostituita o affiancata da altro collega, Letizia Ruggeri, il Pubblico Ministero che si è occupato del caso della morte per omicidio di Yara Gambirasio.
Cioè, adesso sono le persone che, secondo un convincimento evidentemente del tutto personale, chiedono la rimozione dei magistrati. Siamo arrivati a questo.
Invece di invocare la responsabilità civile dei magistrati, invece di farsi promotori di una indagine disciplinare, esponendo fatti (letto, firmato e sottoscritto), si propongono queste “class action” improvvisate.
In questo modo si potrà tranquillamente agire contro chiunque noi PENSIAMO essere inadeguato a quel compito per il solo fatto che lo pensiamo. “Il Fatto Quotidiano” riferisce che dall’originale della petizione è stato eliminato l’inciso che definiva la Ruggeri di “basso profilo tecnico e morale”.