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Su repubblica.it ieri è apparso un reportage fotografico di 42 scatti. Dico “sarà una roba importante, che so, qualcosa sul conflitto di Gaza o sul recupero della Concordia.”
Macché, si trattava di una serie di fotografie di madri e di figlie che hanno deciso di farsi lo stesso tatuaggio nello stesso punto del corpo. Oppure di farsi tatuare due spezzoni di frase o di disegno, in modo che, avvicinando i due segmenti si ottengano il tatuaggio o la frase completi.
Voglio dire, la gente è fuori di testa completa e mica poco e l’orrenda e triviale immagine che ho scelto per corredare queste innocenti riflessioni lo dimostra.
Voglio dire, tutte queste signore superultraquarantenni, sfiancate dalla cellulite e deturpate dall’alluce valgo, che vogliono fare le giovani a tutti i costi e si fanno tatuare la frase “You are my sunshine” sul collo del piede mentre la figlia nello stesso punto ha immortalato “…my only sunshine”, che per dare un senso all’operazione devi mettere un piede davanti all’altro così la gente ti fotografa o, peggio, ti fotografi per conto tuo, ti fai un “selfie”, lo sbatti su Facebook e gli altri ti cliccano su “Mi piace” o ti dicono “Oh, che meraviglia!”. Ma che cazzo di meraviglia è? Sono due piedacci marci che neanche il più abile degli estetisti riuscirebbe a ricondurre a un aspetto vagamente decente!
E poi, tanto tanto, capisco le figlie. Ma le madri… porca miseria, hai un’età da pre-menopausa e devi per forza farti un tatuaggio “in stile” con quello di tua figlia (è la prima volta in vita mia che capisco il senso del titolo del romanzo di Proust “All’ombra delle fanciulle in fiore”) che, invece, è giovane, bella, e ha davanti a sé una vita sessuale intensa e soddisfacente. Non lo fanno per far vedere in giro che loro sono madre e figlia (come se gliene fregasse qualcosa a qualcuno, poi) ma che loro, madri, hanno con le rispettive figlie un rapporto privilegiato, speciale, che più che madre e figlia sono le classiche “amiche” e “complici”. E si dà il caso che le madri non debbano essere né amiche né complici dei loro figli.
Un giorno, forse, qualcuno avrà pietà di tanta presunzione. Per il momento spero proprio di no.