“Forcone” è una parola che non si usa più

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E ora rimettiamo tutto a posto. Le speranze, le manifestazioni, e perfino i neologismi, compreso quel “forconi” che aveva destato tanta curiosità. Chissà chi saranno, cosa vogliono e perché questo nome.

Son tridenti a punta, i forconi, o cosa vuoi che siano, e tanto ti basti. Qualcuno ha insinuato che son burattini coi fili manovrati dalla criminalità organizzata e te non lo sai, ma li vedi disperati.

Ma disperati tanto da entrare in una libreria e minacciare di dar fuoco ai libri, questo no, non ce li vedo.

E basta un pretesto minuscolo per dare l’opportunità a chi ha fatto scempio della cultura e di libri non ne ha letto neanche uno, di definire “fascista” chi a vario titolo si è inserito nella diàtriba.

Vietato toccare la polizia, mi raccomando. Anche se i poliziotti si tolgono i caschi non lo fanno per solidarietà con chi protesta (del resto, con quel lauto stipendio che passa loro lo stato per rischiare la vita ogni volta come potrebbero??), sappiate che è una prassi, è una strategia per abbassare la tensione, quando le manifestazioni si svolgono in modo pacifico e ordinato. Già, ma se si svolgono in modo pacifico che bisogno c’è della polizia coi caschi?

E i “fascismi” additati sono proprio quelli di chi vorrebbe che la polizia difendesse i cittadini dimostranti e prendesse a cuore la loro causa. Che, voglio dire, si può fare, non è una cosa proibita. “Ma come? Le forze dell’ordine devono difendere lo Stato!!” Già, come se lo Stato e i cittadini non fossero la stessa cosa.

E allora, via, è tutto finito, i fuochi d’artificio si sono spenti, l’ultimo bòtto è scoppiato. “Forconi” è una parola che non si usa più, come le ciabatte infradito dell’estate dimenticate da qualche parte nella scarpiera. E’ inverno. E fa un freddo fascista.

3 ottobre 2009: la protesta della vergogna dei blogger

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Le iniziative strampalate ed estemporanee in rete pullulano di idee vecchie come il cucco e sempre più ripetitive.

Il 3 ottobre qualcuno si è inventato la protesta dei blogger. Vorrebbero che ciascuno si unisse alla protesta della stampa italiana di regime per il bavaglio alla libertà di informazione. Pretenderebbero o auspicherebbero, in altre parole, poveri illusi, che i blogger scendessero vitualmente in piazza per protestare contro le leggi che stanno per chiudere loro la bocca in Internet, appoggiandosi al baillàme dei vari “Repubblica”, “Corriere”, “L’Unità” e compagnia cantante.

Avranno pensato che se il baraccone mediatico trascina i grandi, qualche pesce piccolo si può sempre unire alla fanfara e fasri suonare il suo pezzetto di musica dal tamburo principal della banda d’Affori dell’editoria, che comanda da solo centocinquanta pìfferi.

I blogger scendono in piazza assieme agli organi di stampa che godono delle sovvenzioni e dei contributi pubblici che lo Stato elargisce a piene mani da Giuliano Ferrara a Concita Di Gregorio, passando anche per “Liberazione”. Un blog non riceve sovvenzioni da nessuno. E c’è una differenza sostanziale.

Dicono che il 3 ottobre tutti dovremo uscire con un post contro la repressione della libertà di opinione e di divulgazione del pensiero. Ma è quello che sto facendo da sempre. Perché mai questa attenzione al 3 ottobre? Il 4 forse le cose miglioreranno? Cambieranno? No di certo.

E che dire del fatto che il tre ottobre prossimo la manifestazione dei precari della scuola sarà oscurata dal tam tam dei blogger e dei giornalisti di regime che si sono accorti solo ora che c’è qualcuno che li sta trattando con il bastone. Ma è lo stesso padrone dalla cui mano hanno mangiato volentieri le carote.

Vergogna blogger!!