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Io ascolto Radio 3. Sì, lo so che sono fatti miei. Così come afferisce alla categoria dei “fatti miei” il fatto (vedi tu) che mi piaccia “Tutta la città ne parla”, trasmissione delle 10 del mattino.
Sono un inguaribile abitudinario. Mi piace ritrovare gli stessi ritmi e le stesse ripetitività nei gesti quotidiani.
Ieri, come faccio sempre, ho partecipato alla trasmissione con un commento su Facebook. E, come spesso succede, sono stato citato.
Si parlava di agricoltura sostenibile, di biodiversità, di biomasse, di vita sana, di cibi biologici, del fatto che costruiscono le case e non lasciano l’erba eh no, se andiamo avanti così chissà come si farà.
Ho scritto:
“Non se ne può più del concetto secondo cui ciò che è naturale è buono e sostenibile per forza. Finché non capiremo che un atomo di idrogeno è un atomo di idrogeno, sia che venga prodotto in laboratorio, sia che si trovi nella cacca di un animale non andremo da nessuna parte, sostenibile o no che sia.”
Nella citazione la parola “cacca” è stata sostituita da “scarti”.
Ora, ditemi voi. Ho scritto “cacca”, sissignori, non ho offeso nessuno perché volevo indicare proprio le deiezioni escrementizie degli animali. Quell’oggetto lì. Perché “scarti”?? Le parole sono importanti e la “cacca” anche.
Non capisco questa mania edulcolatrice del linguaggio. “Cacca” è usato qui in tono offensivo? No. C’erano bambini all’ascolto?? Molto difficilmente (e poi “cacca” è una delle prime parole che si insegna loro quando imparano a parlare, “Hai fatto la cacca??” “Non metterlo alla bocca, è cacca!” -nel senso che è cattivo o nocivo-). Dunque che male poteva fare la “cacca” del sottoscritto (intesa come parola riportata, ça va sans dire)?
Non ce l’ho certo con la redattrice che ha effettuato il piccolo camuffamento verbale (anzi!), perché posso facilmente intuirne le ragioni.
Ma ho scritto “cacca” e “cacca” deve essere.
Se Piero Manzoni avesse inscatolato “Scarti d’artista” anziché “Merda d’artista” Wikipedia non gli avrebbe mai dedicato una pagina.