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Che poi uno si ritrova a ricordare Francesco di Giacomo in una Italia idiota e contraddittoria ipnotizzata dal Governo Renzi da una parte e dal Festival di Sanremo dall’altra.
Di Giacomo non apparteneva certo a questa kermesse di lustrini e di paillettes (sia essa malamente sfilante nei dintorni di Palazzo Kitsch o deambulante su tacchi a spillo e sui tappeti rossi microfonati) e lo dimostrava con la sua presenza massiccia e il volto accigliato di chi ha vissuto la musica per poi perderla in un incidente stradale, proprio nel momento più favorevole per dimenticarsi di lui.
Da piccolo qualcuno, non ricordo chi, mi diede una cassetta del Banco del Mutuo Soccorso per farmela ascoltare. Il disco era “Darwin” (e, per inciso, esisteva già la linea “Orizzonte” della Ricordi). Era un disco “difficile”, granitico, pieno di gorgeggi di una voce matura e tenorile. Poi venne “Io sono nato libero” e con quel disco la prima incisione di “Non mi rompete”. Ecco, di quel brano mi piacevano le liriche. “…lasciate che io dorma questo sonno/sia tranquillo da bambino/sia che puzzi del russare da ubriaco”. Chi è che non vorrebbe dormire di un sonno così profondo, come quello di un ubriaco che russa? Meraviglia.
E il Banco del Mutuo Soccorso era il “Banco”; la Premiata Forneria Marconi era la “Premiata”. A Milano, per esagerazione di apocope, il Perigeo era il “Peri”. Bastava poco per indicare proprio QUEL gruppo. E il “Banco”, la “Premiata” e il “Peri” avevano ognuno una identità. Bei tempi.
E se n’è andato così, Francesco Di Giacomo, trascinato dai cavalli del maestrale.