Lettera a Carlo Lorenzini “Collodi”

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Caro Collodi,

c’era una volta… “Un burattino!”, dirà subito Lei. No, caro il mio Furbèga, ha sbagliato. C’era una volta una canzone.

Oh, per intenderci, mica una canzone di quelle serie, da incidere su un disco a 78 giri, che non esistevano nemmeno quando è morto Lei, no, era una canzonetta di quelle false per bambini. Solo che a’ mocciosi dei su’ tempi probabilmente gli cantavano la ninna-nanna, mentre a me tutte le mattine alle elementari (e insieme a me a tutta la classe) mi picchiavano le gònadi con “Carissimo Pinocchio”, diffusa dagli altoparlanti di quelle scuole onorate. Dopo si diceva la preghierina e si cominciava la giornata. Chi lanciava con la cannula della penna le palline di carta imbevute di saliva e precedentemente masticate con doviziosa perizia, chi si rovinava il grembiàle con le pompette della Pelikan che gli scoppiavano in mano, chi, non avendo perizia né nell’una né nell’altra cosa, semplicemente si cacava addosso.

Nella canzoncina anzidetta, il Suo “Pinocchio” (best seller mondiale, ne converrà, come i film di Benigni!) veniva chiamato “amico dei giorni più lieti”. Non le sembra un po’ troppo?
Sì, vanno bene Geppetto, la Fata Turchina e il Grillo (spiaccicato contro il muro come si meritava per aver fatto una morale non richiesta).
Ma Pinocchio fa inquietare. Rischia di essere bruciato per cuocere un montone, viene trasformato in ciuchino per poi farci la pelle da tamburo, lo derubano ma la mala giustizia lo manda in galera, viene preso alla tagliola, lo legano alla catena, gli fanno fare il cane, gli tocca aspettare una notte intera che la lumaca gli venga ad aprire la porta, gli si bruciano i piedi mentre cerca di asciugarsi, si becca una secchiata d’acqua in capo mentre cerca da mangiare, è vittima della mala sanità, poi gli portano la bara, da ciuchino gli legano un peso al collo e cercano di affogarlo, viene inghiottito da una balena, e che cazzo, non è esattamente “quella gran Culo di Cenerentola” (op. cit.), e non è nemmeno una storia che uno la racconta a un bimbetto e quello ci si addormenta tutto felice e sereno. Ha mai sentito qualche ragazzino dire “Io da grande voglio essere come Pinocchio”?

Lei, caro Collodi, lo sa molto bene dove dorme il polpo, e ha capito ancor meglio che a ragionar di scarpette, di prìncipi azzurri, di fusi pungenti, di cacciatori, di mele avvelenate e di gatti cogli stivali non si fa ciccia, mentre a scriver di terrore la gente ti compra a frotte. Speriamo davvero che Le duri!

Suo sdegnoso

Valerio probabilmente Di Stefano