170 total views
Siamo in gamba noi italiani. Abbiamo, per fortuna, una Corte Costituzionale che riporta le leggi dei parlamentini della seconda repubblica sui binari dello spirito della volontà dei Padri Costituenti.
Solo che lo fa sempre in ritardo (non per colpa sua, certamente).
E’ stato il caso dell’incostituzionalità di alcune parti della Legge Elettorale cosiddetta del “Porcellum”. Abbiamo accolto il ripudio della mancanza delle preferenze e della quantificazione di un esageratissimo premio di maggioranza con un sospiro di sollievo. Ma intanto un paio di parlamenti sono stati eletti con quei criteri, e i danni che hanno fatto non può cancellarli più neanche una cimosa imbevuta nell’acido cloridrico.
La legge 40 sulla fecondazione assistita è una delle pagine più buie della storia del Paese. La sentenza di ieri ne ha cancellate per sempre alcune parti. Ma la storia è piena di coppie che hanno affidato a gente senza scrupoli il desiderio di avere un figlio, e che si sono recate all’estero (magari raccondando una serie di balle ai propri familiari, come un periodo di vacanza da trascorrere in Ungheria, in Spagna o in Grecia -chi non vorrebbe visitare Budapest in pieno gennaio??-) dopo essersi sottoposte a cure con effetti collaterali non indifferenti, terrorizzate alla partenza per la consapevolezza di andare a commettere quello che per lo Stato italiano è un illecito e terrorizzate all’arrivo per doversi mettere nelle mani di medici che gestiscono strutture al limite della decenza e per dover pagare cifre molto importanti per poter sperare, tra gli ovuli donati da ragazze giovani e con problemi economici e sociali (nessuno dica che lo fanno gratis, ho cinquant’anni e non odo fiabe dall’età di bimbo che ebbi breve, come diceva Brancaleone da Norcia) o gli spermatozoi “conferiti” (ah, la meravigliosa asetticità della lingua italiana!) in stanzacce sporche che immagino tappezzate dalla solita dose media giornaliera di tette e culi su patinata.
Sono vite intere, in questo crocevia che immette in strade indeterminabili a priori, per cui la Consulta ha determinato la parola “fine”. Che è anche quella di tutti quelli che, fino ad oggi, non ce l’hanno fatta.