I genitori di Jessica Faoro, la ragazza uccisa con 85 coltellate da un tranviene a Milano, hanno querelato Matteo Renzi per diffamazione per aver scritto nel suo libro ‘Un’altra strada. Idee per l’Italia di domani’, edito da Marsilio, che “A Milano Jessica Faoro viene uccisa da un italiano. Frequenta un brutto giro legato alla droga. Gli esami medici ci descrivono violenze di ogni genere e un omicidio particolarmente efferato”. La querela è stata sporta a Milano poi, per competenza, trasmessa alla Procura della Repubblica di Padova, dove ha sede la Casa Editrice. Il Pubblico Ministero Luisa Rossi ha chiesto l’archiviazione della querela nei giorni scorsi, richiesta di archiviazione a cui i genitori della ragazza hanno fatto opposizione. Secondo i magistrati infatti era di pubblico dominio che la vittima facesse uso di sostanze stupefacenti e quindi il libro di Renzi non avrebbe divulgato elementi diffamatori ulteriori a quelli già noti. La vicenda quindi non è da ritenersi conclusa e la parola ora passa al Giudice per le Indagini Preliminari.
Un giorno ho incontrato la persona che ho sempre voluto incontrare. Il mio idolo. Davanti a me c’era Salvini. Era un uomo saggio, simpatico e gentile: il migliore. Allora mi sono messo in fila ad aspettare di fare la foto. Il mio cuore si è riempito di gioia quando Salvini ha fatto passare prima i bambini. Quando toccava a me ho preso il telefono di mia mamma, e insieme ai miei fratelli sono andato a fare la foto. Non ci potevo credere.
La pagina Facebook di Caterina Simonsen è stata rimossa.
Non ne conosciamo il perché, ma è un duro colpo per tutti quello che stanno con Caterina e ci mettono anche l’hashtag. Come Matteo Renzi, per esempio.
Quali potrebbero essere i motivi di una rimozione della pagina?
– Mah, per esempio che la titolare non ha più voglia di apparire su Facebook considerata l’alta risonanza mediatica della sua vicenda. Ci sono, effettivamente, dei momenti in cui Facebook risulta pesante e greve, figuriamoci il vociare di qualche sciamannato. Ma se è vero che l’interessata ha consegnato le stampe dei deplorevoli messaggi offensivi che le sono stati rivolti alla Polizia Postale perché rimuovere la pagina, proprio adesso che stanno iniziando le indagini e che la presenza di quella pagina potrebbe aiutare l’identificazione di colpevoli ma anche di circostanze dei vari reati. Adesso che è stata tolta cosa possono vedere?
– Oppure la pagina potrebbe essere stata rimossa proprio per ordine dell’Autorità Giudiziaria, in modo da “congelare” le prove. Altra ipotesi possibile ma poco probabile: per congelare le prove contro alcuni presunti diffamatori si sarebbe, in ipotesi, sequestrata una pagina intera, impedendo alla titolare e ai suoi contatti di continuare a esprimere il proprio pensiero e ad interagire tra di loro. E’ come tagliarsi la testa per curare un brufolo.
– Ma la pagina potrebbe essere stata rimossa anche da Facebook. Qui, però, i motivi non li possiamo conoscere. Faccio presente che quella di Caterina era una pagina, non un profilo personale.
Quello che, invece, sì, colpisce, è la tempistica. Ed è quanto meno singolare che la pagina da cui tutto ha avuto inizio due o tre giorni fa sia, oggi, di fatto, irraggiungibile. Comunque la si metta, è un punto a favore degli animalisti. Che è come se vincesssero a tavolino la partita perché l’avversaria smette di giocare o le viene impedito di farlo.
Su “il Fatto Quotidiano” di ieri, un articolo di Chiara Paolin fa il punto sugli italiani, la crisi e le vacanze. Pare, in soldoni, che molti italiani rinunceranno alle ferie di sempre, o si accontenteranno di passarle in tono “minore”.
Poi c’è il caso di Alessandra da Padova. 43 anni, madre di due bambini piccoli, separata dal marito, con un guadagno di 2300 euro al mese. Anche il marito guadagna più o meno la stessa cifra.
Aveva visto una interessante offerta per le sue vacanze e quelle dei suoi figli: una settimana in un villaggio in Sardegna a 3000 euro. Però, purtroppo, ha fatto il calcolo di quanto ancora le rimaneva da pagare di IMU, delle bollette, del bollo e dell’assicurazione per la sua automobile, asilo e scuola elementare per i bambini, sport e cure mediche, e via, le vacanze in Sardegna saltano.
I suoi genitori hanno un appartamento a Jesolo, e hanno comprato vent’anni fa la casa in cui lei stessa e i bambini abitano. Nella casa di Jesolo i nonni materni hanno ospitato i bambini per il mese di luglio. Poi ci sono i suoceri, ovvero i nonni paterni dei bambini, che vivono in Cadore. E loro i piccoli li ospitano in montagna in agosto. Purtroppo si tratta di appartamenti non molto grandi con una sola camera da letto e bisogna un po’ accontentarsi.
Alessandra dice: “Mi rendo conto dei miei limiti, del fastidio che ho provato stendendo l’asciugamano sul bagnasciuga in mezzo a tanta gente, quando di solito andavamo in posti belli, alberghi carini, spiagge col mare blu. Per fortuna i bambini sguazzano felici anche in quell’acqua grigiastra, e giocano tutto il giorno con la sabbia come fossero a Miami. Sono piccoli, ancora.”
Certamente guadagnare 2300 euro al mese, vivere in un appartamento di proprietà (dei genitori!) e non avere un affitto da pagare, poter contare sull’aiuto economico di un-per-scelta-ex marito che probabilmente non fa il precario della scuola, avere genitori e suoceri disposti a ospitare i figli al mare e in montagna, sono quelle cose su cui tutti possono contare.
Sarà colpa dell’IMU, quindi, e delle spese da affrontare (ma quelle non le affronta nessuno, notoriamente, perché nessuno paga bollette, cure specialistiche, assicurazione per l’auto, istruzione) se un italiano non si può permettere neanche una settimana striminizita da 3000 euro in Sardegna, che, poi è un prezzo stracciato (chi è che non spende almeno 3000 euro l’anno per una settimana di vacanza??)
E i bambini che, però, si sa, sono piccoli, guarda caso si divertono lo stesso anche senza “alberghi carini” e “spiagge col mare blu”. Ma, appunto, sono piccoli, loro, e non si rendono conto che oggi non potersi permettere una vacanza da 3000 euro è un segno inequivocabile di imminente povertà.
Ho lavorato per quasi quattro anni a Cittadella (PD), e questo ve l’ho raccontato tante volte.
Credo di conservare in quel (bel) paese alcuni dei ricordi migliori della mia vita. Ci ho lavorato con entusiasmo, speranza e un briciolo di incoscienza. Ma ci sono stato benissimo, alla faccia delle difficoltà e di tutti quello che poteva conseguirne.
Un giorno, appena un mese e mezzo prima di sposarmi e di trasferirmi, ricevetti una lettera dell’Ufficio Anagrafe che mi offriva di diventare cittadino residente (anziché “domiciliato”), possibilità che non sfruttai.
Li trovavo veramente curiosi i cittadellesi, enigmatici come le mura che racchiudono il centro storico, che coi loro secoli di storia ne avrebbero di vicende da raccontare.
Brava gente, senza troppi grilli per il capo. Ovvio, qualcuno è un po’ fissato con gli “schèi”, ma questa è una caratteristica panveneta e non è certo propria di questa o di quella località.
Il sindaco di Cittadella, nonché deputato della Repubblica (della Repubblica, sia detto chiaramente e non della Padania!) Massimo Bitonci ha disposto il divieto di vendita del kebab nel centro storico e nelle vicinanze.
Le motivazioni sono contenute in questa dichiarazione: ”non sono certamente alimenti che fanno parte della nostra tradizione e della nostra identità, senza considerare che, nei luoghi dove se ne è permessa l’indiscriminata apertura, le amministrazioni comunali e i cittadini si sono pentiti amaramente”.
Sul fatto che l’alimento non faccia parte della nostra identità si potrebbe obiettare che questa non ci appare una osservazione di particolare pregio a favore dell’ipotesi antikebabista. Neppure i pomodori, il cacao, le patate, il mais sono prodotti dela nostra tradizione, vengono dall’America, eppure i veneti con il mais usano fare polenta che considerano (quella sì) “della nostra identità”, la pizza con la pummarola ‘n coppa è segnatamente napoletana, eppure in Veneto viene servita in modalità e gusti splendidi. Il kebab è una vivanda mediterranea, intendendo per “mediterraneo” il fatto che il Veneto si affaccia sul Mar Mediterraneo esattamente come ci si affacciano alcuni paesi nordafricani, la tradizione del cous-cous e delle sarde in saor è la stessa, solo che non lo sappiamo.
Il baccalà alla vicentina altro non è che un mantecato di stoccafisso. E lo stoccafisso viene dalla Norvegia, fa forse parte dell’identità veneta?
Proibire la vendita del kebab a Cittadella è come proibire la vendita dello Spritz a Pantelleria.
C’è solo da aspettare che a Cittadella, o nelle zone limitrofe, qualcuno si attrezzi per mettere su un hamburgerificio in forma di Fast Food con salse di senape e ketchup in bidoni di plastica, che si mettano a vendere polpette in mezzo a panini morbidi al sesamo con mezza foglia di lattuga e una sottiletta di formaggio arancione, per vedere se i permessi verranno rilasciati o meno, ma c’è da scommettere che in quel caso le amministrazioni comunali non si pentiranno amaramente.
«Bisogna togliere di mezzo un po’ di ideologia. Invece di polemizzare e non far nulla, penso sia mio dovere applicare al meglio la nuova disposizione. Se segnalare i reati è obbligo di tutti, i gruppi organizzati possono dare anche notizia di problemi e situazioni di disagio, tenendosi in contatto con Croce Verde o servizi sociali. Una sorta di ronda, ma solidale».
(Flavio Zanonato, sindaco di Padova del centro-sinistra, dichiarazione a "Repubblica")