Cinquantamila (50000) lacrime per “Mine Vaganti” di Ferzan Ozpetek

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E finalmente Ozpetek ha fatto un film degno di questo nome.

"Mine vaganti" non ha nulla della pesantezza, dell’angoscia e della scarsa capacità di concludere che avevano lo stesso "Le fate ignoranti" e "Saturno contro", non ha quella morbosità ossessiva come "La finestra di fronte" ma, soprattutto, quando esci dal cinema, non ti viene voglia di spararti (o di sparare sul proiettore, dipende), come in "Cuore Sacro".

Film veramente bello, dicevo, senza praticamente sbavature, con un cast molto compatto in cui tutti sono bravi allo stesso modo, senza cercare di surclassarsi l’uno con l’altro. E’ bravo perfino Scamarcio, il che è tutto dire.

Delicata la presenza di Nicole Grimaudo e quella di una cammeistica Elena Sofia Ricci che fa la zia-tegame.

La colonna sonora comprende un inedito di Patty Pravo (che firma il brano, scritto con Ilaria Cortese, Marco Giacomelli e Fabio Petrillo), cantato con la bocca sempre più stretta, ma decisamente notevole, mentre della Strambelli nazionale, rieccheggia un "Pensiero stupendo" in una versione dal vivo senza infamia e senza lode.

Il tormentone "50mila" di Nina Zilli, quanto meno non rompe i coglioni, canzonetta gradevole ma tutto sommato sciapitina.

Andate a vedere il film, la cui protagonista neanche tanto nascosta è una Lecce da brivido, che sarebbe proprio bello fosse davvero così, senza traffico e con il sole che la tinge di giallo.

Un giorno perfetto di Ferzan Ozpetek

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E’ certamente il miglior film di Ferzan Ozpetek che io abbia visto.

Non si sa se per il cambio di produzione o perché alla fine stava girando lo stesso film da una vita, impantanato fra fate ignoranti, omosessuali colti, donne sull’orlo di fallimenti matrimoniali, margheritebuy svampite, bagniturchi e saturni contro assortiti.

Fatto sta che Ozpeteck sembra essersi svegliato, e, pur non rinuciando a qualche porcheriola delle sue (un minimo di simil-incsto tra gli ingrediente ce l’ha voluto mettere anche qui) ha sfornato un film convincente, anche se non certo un capolavoro assoluto.

Valerio Mastandrea a fare il pazzo psicopatico e violento nei confronti della moglie e dei suoi due figli non e lo vedevo e non ce lo vedo proprio, è uno di quei personaggi che ormai hanno cucita addosso una nomèa da bonaccione romano e non riescono proprio a scrollarsela di dosso, nemmeno se si sparano un colpo di rivoltella in bocca.

Ma la storia è coesa, e nonostante si sappia già come il film va a finire fin dai primi minuti, si resta incollati alla poltrona ad osservare una eccellente Isabella Ferrari (troppo approssimativo il trucco, ma non è colpa sua), una Monica Guerritore eterea, lontana dal ruolo della strafiga e della "Scandalosa Gilda" di vent’anni fa (del resto le rughe ci sono!) e più somigliante a una Charlotte Rampling d’altyri tempi, piuttosto che a se stessa, e soprattutto Gabriele Paolino, il bambino che fa la parte del figlio, che cattura fin dalle prime scene.