
180 total views
Mara Carfagna è stata minacciata in rete. Le hanno scritto cose indubbiamente sgradevoli sulla sua pagina Facebook, tipo “Ti verremo a prendere a casa”. Lei ha dato mandato ai suoi legali di querelare gli autori del gesto. Tutto questo va bene. E’ un suo diritto sacrosanto farlo.
La Boldrini, da parte sua, ha commentato su Twitter: «Ho telefonato a Mara Carfagna per esprimerle la mia solidarietà. Chi usa il web per minacciare snatura la Rete e la sua libertà».
Chi usa il web per minacciare, naturalmente, non snatura né la Rete, né tanto meno la libertà che essa offre, snatura prima di tutto se stesso e può essere perseguito a norma di legge. Punto. La libertà in rete è semplicemente connaturata al rispetto delle stesse regole che valgono per la società civile. Né più né meno. Viceversa rischieremmo una sorta di zona franca dove tutto è ammissibile, o un posto controllato in modo speciale.
Infatti la Gelmini, a sua volta, evidenzia: «Quest’episodio ci richiama al dovere di regolamentare in modo efficace il comportamento da tenere in rete». Perché, che comportamento si deve tenere in rete? No, ce lo dica, così lo sappiamo anche noi e, se del caso, ci adegueremo alla bisogna. Non bisogna offendere? Diffamare?? Minacciare??? Ma questi sono già reati perfettamente contemplati dal nostro codice penale. O vogliamo dire che una diffamazione è più diffamazione di un’altra solo perché compiuta sul web? Anche questo è contemplato, non c’è bisogno di ulteriori regolamentazioni.
Ancora una volta un episodio deprecabile ha dato seguito a reazioni deprecapili. Speriamo solo che il 49% dei lettori del Corriere che si è dichiarato “divertito” dalla lettura di questa notizia si diverta ancora di più a sostenere davanti a un giudice che “tanto è su internet”!