Ricordo del dottor Gualtiero Graziani, medico condotto

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Era buono il dottor Gualtiero Graziani, “medico condotto”, come era stampato sulla carta bianca su cui “segnava” (in toscano “segnare” sta per “prescrivere”) le ricette. Era buono e, soprattutto, non faceva male. No, il dottor Graziani non faceva male ai bambini. Quando visitava aveva il tocco leggero e gentile di un foresto (fiorentino, com’era) che non conosceva il posto in cui abitava e aveva timore perfino a mettere un piede in casa, ché, di sa, si potrebbe sporcare, e che chiedeva sempre permesso. Cominciava a palparti con molta cognizione e non ti chiedeva se faceva male qui o, piuttosto, quaggiù, no, no, ti chiedeva “Faccio male?” e no, a me il dottor Graziani male non ne ha mai fatto. Quando andavo a farmi vedere da lui perché avevo la tosse mi auscultava e poi mi diceva, tutto gentile, “Ecco, io ti darei proprio un bello sciroppino, te cosa ne dici?” Ma come che ne dicevo io, il medico era lui, poteva darmi quello che gli pareva, perché un altro modo toscano per dire “prescrivere” era “ordinare”: “Il dottore m’ha ordinato una caterva di medicine, accidentallùi”, diceva la mi’ nonna Angiolina quando ritornava dalla visita periodica in ambulatorio (lei però aveva un altro medico, il Graziani ce l’avevamo in famiglia io e i miei genitori). Quello che ti dava il medico era un “ordine” e lo dovevi pigliare, non si discuteva. Quando mi cascò il primo dentino ero proprio nella sua anticamera e, discretamente ma non troppo, lo sputai nel portacenere della sala di attesa. Non arrivò il topino a prendermelo e non mi ci mise un soldino (o, come dicevano i fiorentini stessi, un cittino), ma avevo dato il mio tributo alla scienza piuttosto che alla creduloneria popolare dei bimbi della mia età. Poi un giorno il dottor Graziani si ritirò dall’attività medica. “O quella?” dissero subito i miei genitori, “ora ci toccherà trovarne un altro”. Già, e dove lo trovavi un altro come il Graziani? Che ti dava le buone medicine, le fialette ricostituenti dolcissime di vitamina B12, che ti metteva il vaccino dell’antipolio sullo zuccherino (tre o quattro gocce) e te lo posava sulla lingua, che quando si scioglieva non era vaccino, era dolcezza allo stato puro. Perché era dolce il dottor Graziani. Come la ginnastica che consigliava di fare ai suoi pazienti più anziani e, in genere, a tutti, perché, si sa, fare un po’ di movimento fa bene, e io duro pinato, che non volevo fare sport di nessun genere. Se n’è andato il dottor Graziani, come prima o poi tocca fare a tutti. Se n’è andato in pieno coronavirus (ma non PER il coronavirus), e probabilmente, se ci fosse stato ancora come medico, si sarebbe stupito, con quello sguardo incredulo che aveva, davanti a questa catastrofe, per cui faccia buon viaggio dottore, tanto qui si mòre tutti.

Parlando del naufragio della Norman Atlantic

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Diceva sempre la mi’ nonna Angiolina che “le gente ènno cattive e ‘nfame!”

Io, invece, un po’ come Anna Frank, da bambino pensavo che la gente non fosse poi così cattiva, in fondo. Poi sono cresciuto e mi sono liberato ben presto della presenza ingombrante di Anna Frank e del suo giudizio sul mondo degli umani. Perc hé la gente è cattiva davvero, solo che lo scopri sempre dopo.

Diciamo che a volte la gente fa cose di cui non si capisce l’intima essenza. Scopo, utilità, quid, nòcciolo.

Come Lorsignori di “Repubblica”, che alle 12:57 di oggi hanno lanciato un tweet con su scritto: “Siete a bordo della Norman Atlantic? Avete informazioni?? Scrivete a…”.
Ora, ce lo vedete voi uno a bordo della Norman Atlantic che proprio mentre la nave sta andando a fuoco e mentre rischia di rimetterci le penne si collega col suo telefonino al suo provider e-mail per raccontare di come gli si stanno squagliano le suole delle scarpe sul pavimento incandescente dell’imbarcazione?

Siamo arrivati a un personificazione (per carità, maldestra e squalliduccia) di quello che nel cinema è il racconto dello scoop per eccellenza, quello della fine del mondo, della propria vita o, comunque, della fine di qualcosa. Come, che so, “La guerra dei mondi”, per esempio, in cui uno dei conduttori radiofonici coinvolti finiva per raccontare in diretta la propria morte.

Se la tua vita non vale un tweet, forse non è neanche vita.