Da oggi migliaia di files relativi alla musica classica sono redistribuiti, per il libero download on line, in formato MP3, su musicaclassicaonline.com all’indirizzo:
Scaricate tutto quello che volete o ascoltatelo on line, a vostro piacimento, che sarà anche il mio. Tutti i file sono tratti da magnatune.com e sono redistribuiti secondo una licenza Creative Commons.
So che ve ne importerà il giusto, cioè zero, ma volevo lo stesso comunicarvi con spocchiosa vigliaccheria che i miei due siti gemelli classicistranieri.com e musicaclassicaonline.com sono passati, per la redistribuzione del materiale sonoro, al formato .OGG, abbandonando il proprietario e vetusto (non che .OGG sia nuovo, beninteso, o almeno non nuovissimo) formato .MP3.
Voi direte “Hai solo cambiato codifica”, ed è in parte vero. Ma .OGG è un formato libero e aperto, mentre .MP3 non lo è. O, meglio, se ne conoscono bene le specifiche, ma se Fraunhofer (titolare del brevetto degli .MP3) decidesse domani di far pagare anche un solo centesimo per ogni file .MP3 distribuito, potrebbe farlo e io andrei sul lastrico. Meglio non correre rischi.
Inoltre, musicaclassicaonline.com ha iniziato a immettere nei suoi possedimenti anche registrazioni di alta qualità (quella di un CD, per intenderci), con alcune opere in formato .WAV, perfette per gli audiofili. Vale la pena di dargli un’occhiata. Per voi non cambia nulla e noi diamo una mano alla cultura dell’open source. Hai detto niente!
L’argomento è “violenza, insulti, machismo e web”.
La protagonista e portavoce della nuova proposta riverberata tramite il Corriere on line è la deputata Alessandra Moretti. Del Partito Democratico. No, è bene precisarlo, beninteso.
Le proposte della Moretti fanno semplicemente indignare e mostrano -nel caso avessimo ancora qualche dubbio residuo in proposito- quanto divario esista tra il Parlamento e la Rete. Ben più arcaico, rozzo, incapace e nolente di approcciarsi al mezzo telematico il primo, ça va sans dire.
Per rendersi conto della gravità della proposta della Moretti, è necessario andare a commentare parte della sua lettera, che, per intero, è stata pubblicata su questa pagina.
“(…) il parlamento più femminile che mai e il web più maschilista di sempre.”
Un parlamento “femminile” non è un parlamento “femminista” (che sarebbe da contrapporre al “maschilista” di cui sopra). Non dimentichiamoci che è stata una donna, la Presidente Laura Boldrini, a tagliolare per la prima volta nella storia repubblicana l’opposizione che stava facendo ostruzionismo. Il web è “maschilista” perché la sua sta diventando la modalità dell’insulto e l’insulto è, nell’immaginario collettivo, “maschile” per eccellenza. Non so quanto “maschilista” perché a fronte di un numero sempre più elevato di invidui di sesso maschile che insultano nel web, troviamo anche qualche perfetto esempio femminile che vaffanculeggia il prossimo in Parlamento: vi ricordate il “Vaffanculo” dell’onorevole Picierno, guarda caso del Partito Democratico (eh, lo so, a volte si dice la coincidenza) profferito a fine settembre? No, eh?? Io invece sì. Premessa che non tiene quella della Moretti. Ma andiamo avanti.
“Claudio Magris ha aperto sulle pagine del Corriere la riflessione sulla diffidenza, sulla distanza da prendere da Facebook e Twitter. Io dico un’altra cosa: riprendiamoci la libertà di dire la nostra sul web.”
Con tutto il rispetto per Claudio Magris ritengo che la diffidenza sia il peggiore degli atteggiamenti. Se io diffido di qualcuno o di qualcosa è perché penso che mi possa fare del male. O perché lo temo. Facebook e Twitter non fanno male. Sono lì per chi desidera iscriversi. Chi non lo vuol fare può starsene benissimo a navigare il restante 99,99% della rete. Blog, testate giornalistiche, newsgroup, mailing-list e sotto a chi tocca. Si può commentare (e insultare) anche da lì, tant’è che molta gente lo sta facendo da anni.
Ma cosa vuol dire “riprendiamoci la libertà di dire la nostra sul web.”? Qualcuno l’aveva forse limitata? C’è qualcun altro che toglie i polpastrelli delle dita dalla tastiera di chi vuole esprimersi in rete? Hanno approvato una legge che vieta alla gente di scaricarsi una meraviglia assoluta come WordPress e farcisi un blog come vogliono loro? Non mi pare proprio.
Qual è, dunque, l’agente limitante della nostra libertà di parola e di comunicazione sancite e sacrosantate dalla Costituzione? L’insulto? Non si può parlare perché la gente in rete ci insulta? Ma questo accade sempre. Può accadere in un contesto non “virtuale” (Dio stramaledica chi ha coniato l’aggettivo “virtuale”) senza dimenticare che chi scrive in rete è il barista che ci serve il caffè, il meccanico che ci ripara l’auto, perfino il professore della scuola dei nostri figli, un poliziotto, un carabiniere o un giudice o un pubblico ministero (avranno delle opinioni anche loro da esprimere fuori dal loro ambito di servizio, no??)
Più avanti:
“Mi sono presa l’onere di ripetere in tv l’insulto che mi era stato rivolto in commissione alla Camera e ciò sia per un dovere di cronaca, ma anche per dire che non abbiamo più paura degli stereotipi, nemmeno quelli che ci vogliono «signore» che non usano certi linguaggi.”
Ma bene, siccome esistono dei luoghi comuni e degli stereotipi che vedono la donna (soprattutto la donna parlamentare) come una campionessa del bon-ton e per nulla incline al dirty-talking, occorre ribaltare questa credenza e far vedere che, no, le parolacce, gli insulti, la diffamazione sono anche coniugabili al femminile (cosa di cui, comunque, non nutrivo alcun dubbio anche da prima, ma meno male che è venuta la Moretti a togliermi questi dubbi perché confesso che non ci stavo dormendo la notte).
Dunque, premesso che adesso basta con il luogo comune che vuole le donne bene educate, ripetiamole in TV quelle frasi di cui siamo state vittime, così, magari, se qualche minore ascolta, le sente anche lui. Per “diritto di cronaca”.
“Esiste la necessità, l’urgenza di reagire. Tanto per cominciare smettendo di fare le vittime! Mostriamo le facce e i volti di chi pensa di intimidirci con offese sessiste.”
La prima che fa la “vittima” è proprio la Moretti quando non si accontenta degli strumenti che la legge mette a disposizione del cittadino (e, dunque, anche del parlamentare) e pretende di pubblicare i volti delle persone che offendono. A parte il fatto che su Facebook e su Twitter spesso la faccia di una persona viene associata al commento o all’intervento (a parte quando la gente ci mette la foto del figlio neonato, quella sì, vera criminalità informatica), ma se qualcuno insulta dai commenti su un quotidiano on line cosa si fa? Beata la Moretti che ha potuto querelare un egregio signor Nome e Cognome. Tutto quello che può fare un cittadino in altri casi è andare dal magistrato con una querela contro ignoti o contro tale “Peperita Patty” o “Cacciavite 64”.
E, comunque, se il web non può, giustamente, diventare il regno dell’insulto impunito, non può diventare nemmeno una pubblica gogna. Personalmente ho sporto ben 12 querele per diffamazione. Una sola è arrivata a processo. Anzi, neanche lì. Le altre ronfano nei cassetti del Pubblico Ministero in attesa che squilli la tromba della prescrizione. Due sono state archiviate.
Non auguro alla Moretti che la sua querela segua questo oblio tanto diffuso e, comunque, io non mi sognerei mai di mettere sul mio blog il volto di chi mi ha diffamato senza un regolare processo e una sentenza di condanna passata in giudicato. Se no questa è caccia alle streghe. Siccome IO ritengo di essere stato infamato da Tizio, Tizio diventa a sua volta un infame da sbattere sui giornali o sui siti web? No, non ci sto e non ci starò mai.
E poi quale pena rischia normalmente un diffamatore? Una multa, a meno che non si chiami Sallusti. Il tentativo di riforma del reato di diffamazione va proprio verso l’esclusione del carcere, cosa gliene frega alla gente di vedere la faccia di chi ha diffamato? Casomai bastano il nome e il cognome, visto che la sentenza dovrebbe essere pubblica. Appunto, la sentenza, non la foto segnaletica.
“Denunciamo pubblicamente quelle persone che passano il tempo a inquinare uno spazio che dovrebbe essere di tutti, ma che purtroppo al momento è solo di chi ha la voce più grossa (e di timbro maschile). Denunciamo alla polizia postale e replichiamo agli insulti. Non restiamo immobili, non arretriamo perché l’offesa brucia tanto quanto uno schiaffo e a questo tipo di linguaggio dobbiamo rispondere per le rime, proprio oggi quando possiamo cambiare la cultura del Paese costruendo una vera leadership femminile non ricalcata su quella del maschio.”
Sì, denunciamoli. Ma prima di tutto alla Procura della Repubblica. La giustizia-fai-da-te non è che non sia migliore di quella ufficiale, è che non funziona nello stesso modo, tutto lì. Lo so benissimo che arrivare a sette anni per avere una sentenza di primo grado e vedersela poi sfumare sei mesi dopo è frustrante. Ma ci può essere chi riconosce il danno civile e vuole arrivare a un risarcimento. La gente non è tutta così carogna, e allora si può anche evitare (a volte e in certi casi) tutto questo tintinnar di Facebook al primo accenno di chiusura delle indagini o di citazione diretta a giudizio (per una diffamazione non ti dànno nemmeno il beneficio di una udienza-filtro, normalmente tocca farla al giudice monocratico che se ne scoccia pure).
E sia chiaro che lo “spazio di tutti” non esiste. E’ un mito, una concezione che fa più comodo a noi che alla verità. Facebook e Twitter sono spazi di proprietari individuati con Nome e Cognome. I signori Nome e Cognome, appunto, ne sono proprietari. Loro sono i server, loro sono i software, loro sono le infrastrutture, loro è il regno, loro la potenza e la gloria nei secoli. Se decidono di spegnere l’interruttore, addio “Mi piace” retweet e via cincischiando.ù
Quando diciamo “Il MIO profilo Facebook” diciamo una cosa che non è neanche inesatta, ma che non esiste proprio. Non siamo proprietari di un bel nulla. Questo blog esiste solo perché Aruba mi dà la possibilità di tenerlo in linea pagando una cifra più che ragionevole, ma se volessero dire domani “Signori, abbiamo scherzato, adesso vi rimborsiamo tutti e tra un mese non diamo più questo servizio” o mi trovo un altro hosting o col cavolo che continuo a parlare de “il mio blog“!
E non si replica agli insulti con altri insulti. “Occhio per occhio rende tutto il mondo cieco”, diceva il Mahatma!
“È dunque maturo il tempo per dotarsi di strumenti che ridistribuiscano il diritto a esistere e a fare opinione sul web: sono la promotrice di una proposta di legge sull’hate speech (incitazione all’odio) in rete, firmata dal capogruppo del Pd e da un sostanzioso numero di giovani deputati under 35.”
Il diritto a esistere e a fare opinione c’è già. Gli strumenti idem. Sono, forse, i parlamentari che non se ne sono accorti. Da quando Beppe Grillo ha un blog tutti corrono alla ricerca del consenso info-telematico. Va benissimo che si pongano sullo stesso livello dal punto di vista dei mezzi. Voglio dire, esiste beppegrillo.it, esiste valeriodistefano.com esisterà un onorevolepincopallino.org e via discorrendo. Poi se valeriodistefano.com ha un infinitesima diluzione omeopatica di accessi rispetto a beppegrillo.it questo fa parte del gioco.
Perché non basta esserci. Bisogna anche essere seguiti. E per essere seguiti occorrono molte cose, prima fra tutte (ma non definitivamente risolutrice) l’essere credibili.
E allora, in che cosa consiste questa proposta di legge che si basa sull’anglofonia a tutti i costi, tanto da preferire “hate speech” e mettere tra parentesi i corrispondente italiano? Non mi interessa sapere da chi viene proposto questo strumento, voglio sapere che cosa prevede.
Il crimine d’odio in Italia non esiste di per sé in forma generica, e non sarebbe male, in astratto, inserirlo. Ma occhio a non confondere la diffamazione con l’odio. Se do del “cretino” a qualcuno non è detto che io inciti al razzismo e alla xenofobia. E se dico “brutta troia schifosa” a una donna? E’ molto difficile che davanti a un giudice terzo possa resistere l’accusa di incitazione all’odio. Anche perché con un’offesa alla persona non si incita proprio nessun altro a odiare.
E poi perché il crimine d’odio dovrebbe riguardare soltanto la rete? Forse che una incitazione all’odio ha più effetto se commessa su Facebook, mentre se uno la commette in piazza durante un comizio politico, magari esaltando il Duce, è meno grave?
“Occorre che i provider inizino un processo di responsabilizzazione dei contenuti, affinché la rete resti luogo di dibattito libero e democratico e non spazio per dare sfogo anche alle peggiori frustrazioni e agli istinti più bassi.”
I provider? Non mi risulta che ai provider spetti un dovere educativo. Generalmente si limitano a fare affari. Ci puoi aprire una casella di posta elettronica, ma se la usi per spammare o per offendere la gente sono affari tuoi, non del provider. Puoi prendere un dominio, in Italia o all’Estero, diffonderci l’opera di San Tommaso d’Aquino o le fotografie di Hitler, sei sempre tu che agisci, non il provider. La responsabilità penale è personale, non è che WhatsApp o Google devono per forza aderire al metodo Montessori. Per il semplice fatto che non spetta a loro metterlo in atto.
“Ma il principio è anche quello di diffondere una cultura personale della responsabilità dell’insulto: perché il problema non è la rete ma chi la usa.”
Molto bene. Se il “principio” è quello della cultura personale della reponsabilità della persona nell’insulto (o nell’ingiuria) c’è l’art. 27 della Costituzione che la stabilisce. E dal 1948. Dov’è la novità della decantata proposta legislativa? Non c’è a parte il presunto diritto di mettere on line i volti dei diffamatori.
“(…) è una legge pensata per le ragazze: è importante che capiscano che reagire è facile, che come si è fatta una battaglia contro la violenza fisica, il cui primo grande risultato è la legge sul femminicidio, ora se ne sta iniziando una nuova.”
Ah, è una legge pensata per le ragazze? Ma i cittadini non sono tutti uguali davanti alla legge? Un uomo non può essere insultato? Di quelle dodici querele che ho sporto in Procura una è rivolta a una donna. E vi posso assicurare che le sue offese non contenevano esattamente preghiere. E allora cosa avrei dovuto fare? Non querelarla SOLO perché è una donna?
“Si può fare molto anche a livello di comunicazione: pubblicare i volti di chi pensa di insultare impunemente sul web è un modo per rafforzare e condividere la reazione. «In alto gli Ipad», dunque: facciamo vedere le facce di chi cerca di intimidirci, limitando la nostra libertà personale.”
Siamo in uno stato di diritto. L’unica pena è quella comminata dalla magistratura, ed è profondamente ingiusto aggiungerne una a nostro piacimento. Non sono previste pene accessore (come, ad esempio, la pubblicazione per estratto della sentenza su uno o più quotidiani come, ahimé, è previsto per i vucumprà che vendono i CD tarocchi o le cinture con il marchio contraffatto -almeno in questo ci distinguiamo, i vucumprà li schiaffiamo sul giornale ma possiamo ingiuriare chi ci pare che sul giornale non ci finiamo-). E quanto della sensibilità personale va a influire sulla percezione dell’ingiuria? Non è solo perché io mi sento ingiuriato che l’altro mi ha ingiuriato davvero. Generalmente viene avvertita come ingiuria qualunque espressione di un’opinione contraria. Dai tempi di Milan, Juve, Inter, Napoli se non tifi la mia squadra non sei mio amico.
E, infine, “In alto gli I-Pad”. Non si è proprio capita. E’ l’orgoglio dello Steve Jobs-compatibile?? Che differenza fa se uno accede a Internet con un I-Pad piuttosto che col PC di casa o con il tablet. E’ come dire “In alto il Mac!!” (e chi ha Linux? Chi ha Windows??) o “In alto gli MP3!” (io uso anche i file .ogg, qualcosa in contrario?).
In alto (nel senso di “¡Arriba!” o “Haut levé(e)”) siano, piuttosto, la dignità e la conoscenza a cui tutti abbiamo diritto fin dalla notte dei tempi. Quelle che nessun Facebook, nessun Twitter e nessuna Wikipedia ci potranno mai negare.
Nei giorni scorsi, oltre a questa pagnottona che ha allietato il desco, mi son deciso a sfornare una nuova serie di audioletture (sì, era tanto che non ripigliavo i progetti abbandonati, oggi mi sento assai più diligente).
E che oggi sia dedicato ad ascoltar questa sempiterna e mozartiana maraviglia, di modo che abbia a purgarci l’animo (e l’anima, già che ci siamo) da tutte le storture e stolture dell’animo umano.
E’ uscito "duepuntozero – Bisogna Lottare Ogni Giorno", il nuovo libro che raccoglie il meglio del blogvaleriodistefano.com, comprese le poesie d’amore, quelle inutili, le parodie d’autore, un po’ di iconografia scelta e dimolta altra buonissima roba.
All’indomani delle dimissioni di Berlusconi ho avuto l’idea di inviare una mail alla Voce della Russia, l’emittente radiofonica in lingua italiana che una volta veniva conosciuta con il nome di "Radio Mosca".
Il 15 novembre scorso hanno aperto la sezione "La paginetta degli ascoltatori" proprio con il mio scritto. Che, come vi potete immaginare, non era particolarmente generoso nei confronti di Berlusconi, ma questo non ha impedito alla fedelissima redazione italiana di difenderlo, e di riportare gli "aspetti internazionali dell’attività di Silvio Berlusconi che non possono essere ignorati". Non so se si riferissero a quando Berlusconi diede del Kapò al deputato europeo Schultz, quando parlò della Presidente Finlandese facendoci fare una figura meschina, quando ha fatto le corna nei consessi internazionali.
Insomma, nessun riferimento alla politica interna dell’Italia e alla crisi economica. Berlusconi, anche per la Voce della Russia, è l’ultimo dei Mohicani.
Speriamo che sia l’ultimo davvero, allora…
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Buona sera a tutti! In studio Giovanna.
Certamente non sono io che devo raccontarvi, amici, della reazione in Italia alle dimissioni di Silvio Berlusconi. Valerio Di Stefano di Roseto degli Abbruzzi – Teramo ha scritto:”Gentili Signori della Redazione Italiana, le inevitabili dimissioni di Berlusconi e del suo governo chiudono un’era dolorosa per l’Italia. Il popolo italiano è stato portato sull’orlo del baratro da un governo di personalismi opportunistici. Saranno necessari anni prima che il dissesto economico dell’Italia, assieme al suo degrado morale, civile, politico e delle istituzioni possa essere sanato. Lo sfascio del libero pluralismo dell’informazione, dell’equilibrio idrogeologico e artistico, della scuola pubblica e della giustizia costituiscono l’unica eredità di un Presidente del Consiglio che ha svolto il suo ruolo a discapito degli interessi del Paese. Mi auguro con forza che tutto questo non accada mai più. Un cordiale salute”. Gli italiani hanno pieno diritto di esprimersi su chi li ha governati per tanti anni. Ci sono però anche aspetti internazionali dell’attività di Silvio Berlusconi che non possono essere ignorati. Egli indubbiamente ha fatto molto per il consolidamento di buone relazioni tra l’Italia e la Russia. E il Presidente russo Dmitrij Medvedev, parlando domenica con Silvio Berlusconi, lo ha ringraziato per il contributo apportato allo sviluppo dei rapporti tra i nostri paesi. "Il Presidente russo ha ringraziato Silvio Berlusconi per il costruttivo lavoro congiunto e il suo grande contributo personale in qualità di Capo del Governo italiano allo sviluppo dei rapporti pluridimensionali russo-italiani,- è detto in una notizia diffusa dal servizio stampa del Cremlino. Si rileva che la sinergia tra i due paesi ha raggiunto un alto livello senza precedenti e si esprime la speranza in un ulteriore sviluppo progressivo dei rapporti bilaterali. A conferma di quanto detto davanti agli esperti internazionali della Russia nell’ambito del Club di Valdai il premier russo Vladimir Putin ha definito il suo collega e amico Silvio Berlusconi "uno dei piu’ grandi uomini politici europei", "uno degli ultimi Mohicani della politica".
Bene, ho lavorato un po’ alle audioletture, ultimamente, complice un inizio di bronchite che mi ha accompagnato fino ad oggi, e che sarebbe anche il caso che si levasse un po’ dalle scatole definitivamente. Siccome leggere ad alta voce fa bene alla trachea e a quant’altro possa essere colpito dalle flogosi semplici o complesse, ho pensato bene di deliziarvi con il Trionfo di Bacco e Arianna di Lorenzo il Magnifico con altri suoi due deliziosi coNponimenti, i sonetti "Belle, fresche e purpuree viole" nonché "Cerchi chi vuol le pompe e gli alti onori" . Ma il pezzo forte delle neo-immissioni è la "Vita Nuova" di Dante Alighieri, che è una cosa bellilla assai, ma può risultar noiosetta all’ascolto (dante è più apprezzabile in poesia che in prosa). C’è anche la lettura del Vangelo secondo Marco, nella traduzione del Luzzi. Come sapete ho avuto la licenza per la lettura di parte della traduzione dalla Società Biblica Britannica e Forestiera. Magari a qualcuno piace, chissà… Tra le prossime uscite Eros di Giovanni Verga e Cuore di De Amicis.
Allora dunque, vediamo un po’, sempre per la serie “Son soddisfazioni” gettiam ordunque il guardo su Google, che ha sempre delle sorprese mica male, e digitiamo la stringa “il giornalino di Gian Burrasca”, dalla quale ci aspettiamo venir fuori ogni sorta di informazioni sull’opera di Luigi Bertelli, detto Vamba, della quale diedi una lettura vocale che ha riscosso un certo successo e che e’ ancora reperibile cliccando qui: www.ilgiornalinodigianburrasca.it.
Sei giorni fa, ho ripostato l’audiolettura anche sul nuovo
Con l’autorizzazione e l’aiuto di Roberto Scaglione, è in linea l’archivio completo (a tutt’oggi) del programma "Studio DX", in un mirror utile per il download anche simultaneo di tutte le puntate andate in onda (e sono oltre 400).
Ho testé ascoltato una deliziosetta Toccata per Cetra di tale Francesco Gerrardo (o Francesco Gerardo, secondo una notazione più moderna). Dura meno di due minutini, ma è una gioja.
Ven’ vo’ far dono, chè ne è d’uopo.
Naturalmente avrei anche voluto dirvi un gocciolino chi fosse codesto Francesco Gerrardo o Gerardo ma, naturalmente, non lo so nemmen io, e Wikipedia non lo contempla in nessuna delle sue edizioni linguistiche. Certo, c’era da aspettarselo, non si trova il purtuttavia sublime Francesco Gerrardo ma vi si trova con cronometrica puntualità la notizia delle evoluzioni sentimentali della vita di Federica Pellegrini.
Oh, ma non dovete farvene iscandalo, chè lo sanno loro cosa è enciclopedico o no.
Noi che non sappiamo una bella verza di nulla, invece, siam lieti e gàrruli nell’ascoltar codesta Toccata (o Tastata, ora non mi rammento) nell’esecuzione di Doc Rossi, un bravo ricercatore e musicista che dà lustro al talento del Gerrardo e al proprio.
Siate felici del piacer che n’avreta ("avreta" è op. cit.)
E già che ci siamo, ricominicamo un po’ ad ascoltar della musica che è d’uopo.
Vi vo’ mostrar codesta Ciaccona, tratta da “Le Bourgeois Gentilhomme” di quella vecchia e inestimabile zoccola che fu Jean-Baptiste Lully nell’interpretazione dell’Ensemble “The Bach Players”. Il brano è tratto dall’immenso e provvidenziale catalogo dimagnatune.com. La licenza è un po’ bastarda, in estrema sintesi io ci posso fare il cavolo che mi pare perché son socio vitalizio di Magnatune, ma voi, a parte ascoltarlo e scaricarlo, non ci potete fare proprio un bel paio di ciùfoli, nemmeno ridarlo a un amico. O allora? E’ così… Comunque i termini della licenza sono più dettagliatamente specificati su http://www.classicistranieri.com/licenza.html.
Ascoltate e gaudete!!
[mp3-jplayer tracks=”Chaconne Le bourgeois gentilhomme (JB Lully)-The Bach Players-vbr@https://www.valeriodistefano.com/public/Chaconne Le bourgeois gentilhomme (JB Lully)-The Bach Players-vbr.mp3″ width=”100%”]
Mi son dimenticato, jersera, di rendervi edotti di altre due audioletture di cui non vo’ particolarmente orgoglioso, e che ho realizzato or non è molto. Siccome fanno schifo, non ho pensato opportuno farvene partecipi, ma poiché vi sarà tra voi qualcuno che abbia a cuore la propria autoflagellazione "in corpore", sappiate che ho letto "La Madre" di Svevo e "Il piccolo patriotta padovano", il primo dei racconti mensili di De Amicis. Siccome ho in preparazione la lettura di almeno quattro libri, e tutti contemporaneamente, ci vorrà un bel po’ prima di riavere qualcosa di consistente, ma mi auguro che arrivi prestino.
Nel frattempo intermezzo con queste baloccaggini sulle quali imploro la vostra pietà.
La Library of Congress ha messo in linea il National Jukebox, una raccolta di 10.000 file audio dichiarati e risalenti agli albori della registrazione audio e video, raccolta che indubbiamente costituisce un patrimonio di eccezionale interesse a disposizione dei visitatori del sito.
Sembra una bella cosa, dunque, e a guardarla lo è, sito leggero, altamente "performante" (come dicono quelli che non sanno utilizzare espressioni come "funziona bene"), in grado di reggere un assalto iniziale di vastissime proporzioni quale quello che ha accolto il lancio dell’iniziativa, lettorino di file audio elegante, insomma, all’apparenza tutta roba da apprezzare.
Provate però a fare il download dei file. Non ce n’è possibilità.
Quindi, non solo il materiale, ancorché dichiaratamente per la maggior parte di pubblico dominio negli States, non può essere scaricato, ma non può nemmeno essere libero di circolare ulteriormente.
"I’ve written in the past about the confused state of pre-1972 sound recordings and how many things that we think might be in the public domain (including Edison wax cylinders) may still be protected by state common law copyrights. In this case, it would be easy to think that the recordings, most of which were made before 1923, would be in the public domain. Certainly the sheet music, musical works, and spoken texts that are recorded have likely entered the public domain. But the recordings themselves will remain protected by copyright until 2067 – even though they are in the public domain in most of the rest of the world, where a 50 year term for sound recordings is the norm."
e più avanti
"The continued copyright protection of these recordings has one obvious impact on the National Jukebox site: one cannot download copies of the recordings. In spite of the fact that it has had a minimum of 85 years to exploit these recordings, Sony has, according to the LA Times, retained the rights to continue to commercialize them. Apparently anything that the Library of Congress wants to do to preserve these recordings must be done with the permission of Sony."
In breve, quelle registrazioni sarebbero di pubblico dominio per la maggior parte dei paesi del mondo ma per gli Stati Uniti. Per cui se il server del NONNational Jukebox della Library of Congress fosse residente in un’altra nazione, chiunque potrebbe effettuare legittimamente il download di quelle opere.
Ma fatta la legge trovata la contraddizione. Il National Jukebox include alcune preziosissime registrazioni dall’archivio Berliner (praticamente le prime incisioni effettuate negli Stati Uniti). Blindatissime, guai a metterci le mani. Guarda caso, però, all’indirizzo http://memory.loc.gov/ammem/berlhtml/berlreco.html alcune di quelle registrazioni sono regolarmente reperibili. Uno dirà: "Magari non fanno parte di quel gruppo di risorse su cui la Sony ha messo lo zampino". Appunto, e allora perché non fare una cernita tra cosa è scaricabile e cosa non lo è?
Per questi motivi il National Jukebox mi pare più un carrozzone poco fruibile dall’utente finale che una risorsa realmente a disposizione di tutti e, personalmente, non so proprio di che farmene. Dopo gli entusiasmi iniziali resterà lì a conservare cultura che nessuno potrà mai portare via con sé o condividere con altri. God bless the United States of America!
Rileggere ad alta voce "Pinocchio" per la gente del Web non è stata una riscoperta particolramente entusiasmante (anche se, paradosso della vita, ci sono degli ascoltatori entuasiasti dell’audiolibro che ho terminato e messo in linea appena ieri).
Intanto c’è da dire che di versioni gratuite di "Pinocchio" in audiolibro ne esistono almeno due. Una, quella distribuita dal Gutenberg Project e da Librivox mi sembra molto "americana", l’altra, per la voce di Silvia Cecchini mi è sempre sembrata un po’ troppo melliflua e poco adatta (anche se di gran lunga migliore della precedente) a rendere tutte le sfumature dell’animo del personaggio del Collodi e del mondo che gli gira intorno.
Se piacerà o non piacerà non è affar mio e non me ne curo. Il lavoro è lì per chi lo vuole, e chi non lo vuole può tranquillamente andare a prenderselo dove crede meglio. Il lavoro, s’intende.
Mi curo, invece, di quello che ho provato nel rileggere a voce alta e nel dare un qualsivoglia senso (foss’anche quello del mio personale modo di recepire il testo) l’opera ingiustamente considerata "maestra" nella letteratura mondiale.
Penso che quello che mi ha sempre colpito di Pinocchio sia stato il registro linguistico di un toscano d’antan che ho sempre amato frequentare. Ma poi basta.
Sgomberiamo il campo da possibili equivoci: Pinocchio non fa ridere. Al contrario, a leggerlo c’è proprio di che sfracassarsi i coglioni, non è un libro per l’educazione dei bambini e dovrebbe essere somministrato sotto la stretta sorveglianza e supervisione di un adulto. Pinocchio è tutto meno che educativo, ha personaggi improbabili e strampalati e, soprattutto, quello che sapevamo sulla fiaba non è vero. Quella dai capelli turchini, ad esempio, non appare subito nell’opera come "Fata", ma come Bambina. Una bambina che propone a Pinocchio di farle da sorellina. E che muore di crepacuore all’ennesima marachella del burattino. Una stronza, la Bambina dai capelli turchini che fa incidere sulla lapide della sua tomba perfino il nome del colpevole della sua morte (così si sentirà in colpa di più!). E come tutte le donne stronze nella vita di un uomo torna. Non si sa come faccia, metempsicosi, gusto per l’orrido, Gerovital.Ma ormai non è più bambina, è donna, ed è disposta a fargli da mamma e da fata insieme. Anche qui resterà con un palmo di naso, perché Pinocchio va nel Paese dei Balocchi e tanti saluti e sono. La donna, per Pinocchio è sorella/madre/fata. Quindi solo ruoli asessuati. E non perché un burattino (che si muove, pensa e agisce in tutto e per tutto come un bambino vero) non potesse provare delle pulsioni erotiche (coltiva altri sentimenti come quelli della lealtà e dell’amicizia), ma perché la società gliele nega in guisa di controllo materno e di intoccabilità.
Alcuni capitoli sono addirittura raccapriccianti. Pinocchio capisce fin troppo presto cosa sono la giustizia e i magistrati: il giudice delegato a ricevere la sua denuncia di furto per tutta risposta lo sbatte in galera. Lui non ne capisce il perché, deve solo accettare ciò che la società esterna gli impone e conformarvisi per il suo bene e per il bene della società stessa. Non capisce ma deve adeguarsi. E come tutte le persone che assaggiano la galera, non può fare altro che sprofondare sempre di più. Viene impiccato dagli "assassini" che lo vogliono derubare promettendogli guadagni facili in poco tempo (in fondo il Gatto e la Volpe non erano altro che una delle moderne finanziarie), lo costringono legato a una catena a fare il cane da guardia, rischia di essere fritto in padella a guisa di pesce e, trasformatosi in ciuchino, viene costretto a una umiliante performance nel circo, si azzoppa e lo rivendono a un delinquente matricolato che lo affoga con una pietra al collo per farne pelle da tamburo. Non c’è rieducazione, non c’è redenzione per Pinocchio nell’essere se stesso, ma solo nell’essere il prodotto delle aspettative degli altri. Quanto più Pinocchio corrisponde a quello che la Fata, Geppetto e il Grillo-Parlante vogliono da lui, tanto più è come loro, dunque buono.
Pinocchio è il prototipo di quelli che ce la fanno, che diventano bambini in carne ed ossa, che non muoiono ciuchi come il suo amico Lucignolo, che ciuco era e ciuco è destinato a rimanere per sempre, fino alla sua pietosa morte da ciuco, perché lui non ha una fata a cui sacrificarsi per essere salvato, lui non ha nessuno, e allora tanto peggio.
Quelli che hanno spostato il senso del romanzo di Collodi nella ricezione della gente sono stati: – Walt Disney (che l’ha epurato di quella parte che era tragica sì, ma che fungeva da campanello di allarme per il senso critico del lettore e lo ha trasformato in una farsa statunitense che nulla ha a che vedere con i toscanismi dello scritto); – Luigi Comencini, che nel trasporlo sul piccolo schermo ha fatto un’opera davvero meravigliosa, ma completamente diversa dal libro a cui è ispirato; – Edoardo Bennato che ha cannato la comprensione del personaggio della Fata e ci ha fatto un inno post-femminista all’acqua di rose.
Comunque, se volete ascoltare la mia lettura, la trovate qui:
9 aprile 2011 ore 22.00 SINISTER NOISE via dei magazzini generali, 4b Roma ingresso 5 euro
Due band e due label italiane entrambe legate da una scelta, quella di distribuire la propria musica liberamente seguendo la politica del copyleft.
SANS PAPIER – www.sanspapierband.it
“Non appartiene a scuole ben precise, non scimmiotta quasi nessuno e difficilmente è incasellabile. […] nove botte di adrenalina che dimostrano che quando l’attitudine c’è si può fare a meno delle istruzioni per l’uso.” – Rumore
Dopo l’EP SettevolteZeta (novembre 2007) ed una intensa attività live che li vede condividere il palco con nomi importanti del panorama indipendente italiano (The Zen Circus, Mariposa, Sud Sound System, Dente, Tre Allegri Ragazzi Morti, Il Pan Del Diavolo), nel 2011 pubblicano il primo LP, Manuale d’uso per giovani inesperti, su etichetta Imago Sound, rilasciato con licenze Creative Commons ed in free download su Jamendo dal 1° aprile 2011.
TEDESKO & THE MONOMAGICAL BAND – www.myspace.com/tedesko
L’uomo conosciuto come il Tedesko è il calzolaio di Vetralla, antico paese della Tuscia Viterbese. È cresciuto con Carlo Sanetti, studioso di letteratura antica e musicista conosciuto come The MonomagicalBand e La Guerra delle Formiche. Suonano ruvidamente insieme da sempre, in una mistura grunge’n’roll/punk dall’italiano sghembo. Nel 2008 hanno realizzato un LP omonimo, Tedesko & The MonomagicalBand, per l’etichetta copyleft SubTerra, ma amano più che altro l’estemporaneità impermanente delle performances e delle creazioni e la noncuranaza assoluta al compromesso con qualsivoglia sistema. Una vena punk-autoriale.
Durante la serata sarà possibile scaricare sulla propria pen-drive i dischi delle band e l’intero catalogo SubTerra ed Imago Sound.
Eccovi un’altra delirante segreteria telefonica, sempre dedicata alle Gentili Signore e benevole lettrici di questo blog, che potrete ascoltare in MP3 dal nostro lettore virtuale, oppure scaricare comodamente da qui.
Nel caso le mie affezionate lettrici fossero interessate a sostituire il messaggio della loro segreteria telefonica con uno più adeguato al loro drudo che non se le fila manco di pezza, ecco il primo MP3 di quella che sarà, certamente, una fortunatissima serie.
— Questa è la mia segreteria telefonica.
Non ho nessuna voglia di risponderti. E quindi? Ci sono problemi? No, e allora cosa vuoi da me?
Ringrazia che ti lascio il bip dopo il quale potrai registrare quello che ti pare, tanto non lo ascolto.
Oppure ascoltarlo prima dal nostro lettore di MP3:
[mp3-jplayer tracks=”Segreteria Telefonica – 01 – Fallo ora il guappetto@https://www.valeriodistefano.com/public/Segreteria Telefonica – 01 – Fallo ora il guappetto.mp3″ width=”100%”]
Qualcuno m’avrà dato per disperso, considerando la stitichezza con cui vi ho ammannito i miei ultimi commenti su questo o su quell’altro, ma sono stato assai impegnato con le letture ad alta voce, che poi vorrei sapere io stesso perché le faccio, a parte il fatto che sono infinitamente e inguaribilmente vanitoso.
C’è stata una (bella) novità. Di ritorno dal mio viaggio in Toscana ho portato con me una vecchia Bibbia protestante che avevo ancora a casa dei miei, dono di quel brav’uomo che fu il Pastore Giovanni Scuderi della Chiesa Evangelica Valdese di Livorno. Ho sempre avuto per i Valdesi una simpatia istintiva, sono brava gente, ed è per quello che ogni anno sono felice di destinar loro l’otto per mille della mia scalcinata ed esangue dichiarazione dei redditi.
Pensavo che se è facil cosa leggere la "Commedia" di Dante e diffonderne il risultato, per malconcio che sia, è difficilissimo che un testo di oltre duemila anni fa possa essere di pubblico dominio. Insomma, passi Dante, passino Ariosto, il Tasso, passi lo stesso D’Annunzio, passi la Deledda, ma la Bibbia, dico, la Bibbia (che è o dovrebbe essere l’opera capitale della cultura occidentale) è inchiodata e imprigionata da mille cavilli di copyright, perché, per le edizioni cattoliche la CEI e le Edizioni Paoline mantengono i diritti sulle traduzioni, per quelle protestanti ci sono revisioni di rivedute, nuove rivedute, la riveduta della riveduta, non ci si capisce un accidente, e ad ogni revisione i tempi di pubblico dominio si allungano.
Così ne ho fatta un po’ una sfida, e, per farvela breve, il Dott. Valdo Bertelot della Società Biblica Italiana mi ha concesso (gentile!) il diritto di diffondere letture a voce alta di alcuni libri della Bibbia preventivamente concordati.
La versione è quella di Giovanni Luzzi (che aveva, a sua volta, rivisto la storica Diodati sui testi originali, o allora? Non ve l’ho forse detto che non ci si capisce niente??), che cadrebbe, comunque, in pubblico dominio il 1 gennaio 2019.
Così mi sono cimentato con questa versione, a tratti ampollosa, devo dirlo, come con una sfida, soprattutto considerando il fatto che si tratta di un testo che mi appare assai lontano, ormai.
Nel frattempo, però, poiché il sacro va preso a piccole dosi, mi sono dilettato anche con la lettura di un libro (profanissimo!) di poesia, e dunque ecco in linea i "Postuma" di Lorenzo Stecchetti, eteronimo del poeta Olindo Guerrini, mai abbastanza lodato, che ha dato dei buoni frutti, messi in linea giusto pochi minuti fa.
Orbene, avrete tremato e trepidato per la mia esistenza in vita, visto che v’ho lasciati con alcuni post piuttosto noiosetti anziché no, ma poi vi spiegherò che senso hanno, ammesso che abbia un senso quello che stanno combinando intorno alla rete in nome dell’immancabile copyright, but that’s another story.
Stamane ero intento a divertirmi un tantinellino e a riordinare e rinforzare la sezione delle mie audioletture.
Mi faceva piacere riunirle, anche se alla meglio, in un luogo unico, ovviamente quelle sparse un po’ per ogni dove continueranno a starci, ma insomma, ne valeva la pena, perché ne ho aggiunte svariate.
Le trovate tutte (più o meno, ma manca qualcosa, e me ne dispiace) qui:
mentre tra le aggiunte c’è qualcosa in provenzale di Jaufre Rudel (la leggendaria "Vida", che non è sua, va da sé, e il famoso "Quan lo rius de la fontana") e non chiedetemi cosa mi abbia preso di mettermi a leggere nella lingua dei trovatori, a me piace e a qualcuno piacerà. Poi c’è Giacomino Leopardi, e non avete idea di quanto mia sia piaciuto "La sera del dì di festa", c’è quasi di che mettersi a piangere, e dire che al liceo l’odiavo il gobbetto di Recanati, "La pioggia nel pineto" di Rapagnetta, un sonetto del Marino (tanto per far vedere che esiste anche lui), e tragli spagnoli i soliti Unamuno, Machado e quella trombetta spelacchiata di Góngora.
Toh, e oggi ho parlato anche delle sorelle Materassi, o metteteci un toppino…
— Valerio Di Stefano "Maledetti Toscani: "Sorelle Materassi" di Aldo Palazzeschi" Lezione-Conferenza 1° Circolo Didattico – via G. Milli – Roseto degli Abruzzi 12 novembre 2011 – ore 16.00
Licenza: Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Condividi allo stesso modo 2.5 http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/2.5/
Lev Nikolaevič Tolstoj moriva cento anno fa, in una stazioncina di periferia.
Ho scovato questa registrazione della sua voce, risalente al 1908 (lo stesso anno a cui rimonta questa fotografia) e ve la ripropongo, con la speranza che questa occasione di ricordo faccia venire voglia a voi, ma soprattutto a me (che ho sempre avuto una congenita incapacità a leggere gli scrittori russi) di prendere in mano la sua opera e di farne tesoro, capissi almeno cosa dice…
Allora, visto che ogni tanto vale la pena fermarsi per ascoltare un po’ di musica (buona!) vale la pena che vi scarichiate e che mettiate tra le vostre gioje musicali codesto gran pezzo di PHY… talento che è Robin Stine, abile assai a destreggiarsi tra melodie jazzate in stile anni ’40 e suggestioni folk da valzeroni di un tempo.
Credo si tratti di uno dei migliori dischi che io abbia mai (re)distribuito, per cui, sia che decidiate di scaricare il tutto in formato .ogg o in formato .mp3 (ma lo so che preferirete l’MP3, che è proprietario, tanto siete pio duri…) abbiate la compiacenza di non ascoltarlo da soli, e se proprio dovete fare gli onanisti musicali, abbiate almeno il buon gusto di ascoltare il tutto con un buon whisky a fianco.
Lei, Robin Stine, canta davvero bene, vocina limpida, pulita, flessibile e trombereccia.
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Tuttavia il materiale, ancorché legittimamente distribuito e scaricato potrebbe non essere libero di essere distribuito ulteriormente. L’utente finale, se non è socio di Magnatune.com, deve tenere in debito conto di questa circostanza.
Introduce: Domenico Truppa – Segreteria MD Emilia-Romagna. Saluti: Roberto Alfonso (Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bologna), Coordina: Claudio Castelli (Presidente di Magistratura Democratica). Interventi fra gli altri di: Vittorio Borraccetti – Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Venezia; Roberto Natale – Presidente Federazione Nazionale Stampa Italiana; Marco Letizia – Presidente Associazione Nazionale funzionari di Polizia. Conclusioni: di Giuseppe Cascini, Segretario Nazionale ANM.
Sono giorni di attività frenetica. Leopardi li avrebbe definiti di "studio matto e disperatissimo". Proprio quando non avevo nulla da fare e cercavo di saltare su un piede solo mentre con la destra svolgo gli ultimi adempimenti lavorativi e con la sinistra cucino il petto di fagiano in salsa Peiregord (Peiregord?) ho avuto il tempo di mettere in linea, tra tutte le altre cose, anche un paio di mie audioletture che stanno andando benino (e mi piacerebbe anche capirne il perché).
Ho rilasciato un’altra intervista alla trasmissione radiofonica via web "Radiomagazine" (il sito di riferimento è www.radiomagazine.net), condotta dal vecchio, immarcescibile Dario Villani (una delle pochissime persone che con la radio credo abbia fatto di tutto, compreso trovare un lavoro e una religione). Il tema era l’apprendimento delle lingue attraverso la radio tra vecchie e nuove tecnologie.
Non ne vado molto fiero, a dire il vero (non tanto per la tematica, ma perché si tratta dell’intervista peggiore che abbia mai rilasciato negli ultimi trent’anni), ma siccome penso che a qualcuno interessi, eccola qui così com’è, ascoltabile anche attraverso il nostro tradizionale lettore di MP3. Poi ditene male, mi raccomando…
[mp3-jplayer tracks=”12 maggio 2010@https://www.valeriodistefano.com/public/12 maggio 2010.mp3″ width=”100%”]
Apprendo volentieri dal blog di Antonella Beccaria che su Gnufunk è in onda la trasmissione Bandscan a cura di Christian Diemoz che scrive:
“La Radio è una passione personale e nonostante sia assai devoto alle tecnologie digitali, un bagno di segnali analogici è sempre rinfrancante, serve a ricordarti che ciò che esisteva quando eri ragazzo sopravvive. In qualche modo, sopravvive quindi una parte di me. Bandscan, è l
Testè rientrato dall’opra sovrumana di render servigii culturali a’ più, dèccovi, appena appena tiepidina, la lectio magistralis (magistralis) appena tenuta sul "Gattopardo" di Giuseppe Tomasi di Lampedusa (o era "Come non far diacciare i ponci" del Beato Civili? Ora non rammento…)
— Valerio Di Stefano "La cucina nella letteratura: ‘Il Gattopardo’ di Giuseppe Tomasi di Lampedusa" Lezione-Conferenza 1° Circolo Didattico – via G. Milli – Roseto degli Abruzzi 4 maggio 2010 – ore 16.00
Licenza: Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Condividi allo stesso modo 2.5 http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/2.5/