Ragazzini corrono sui muri neri di città / sanno tutto dell’amore che si prende e non si dà.

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L’altro giorno, una cara lettrice di questo blog, che per convenienza chiameremo Panciàtici Elvira vedova Cioli, mi chiedeva che cosa io pensassi del caso di quella infermiera di Prato di 35 anni rimasta incinta di un bambino di 13 anni a cui impartiva ripetizioni di inglese.

A parte il fatto che non mi piace troppo parlare di questi argomenti di “pruderie” nazional-popolare, ma cosa volete che ne pensi? Tutto il male possibile. Perché non è un caso che la normativa italiana preveda che gli atti sessuali, anche consensuali, con i minori di 14 anni, siano da considerarsi violenza sessuale a tutti gli effetti. Nell’opinione pubblica e nella morale (ma guarda che combinazione, proprio io che vi parlo di morale, siamo arrivati alla frutta) un individuo di 13 anni è un bambino, anche se ha sviluppato, come un uomo, l’apparato urogenitale e riproduttivo. E se un bambino viene affidato alla tua custodia da genitori che si fidano di te, è per prestazioni di natura decisamente diversa da quelle sessuali, e comunque il tuo compito è quello di insegnargli l’inglese, perché la mentalità di un bimbo di quell’età (chè a quell’età si è bimbi, non lo si dimentichi…) arriva sì a concepire l’idea di un rapporto sessuale completo (e concepisce anche qualcos’altro, magari), ma non ha sviluppata la concezione delle conseguenze. In breve, sa (o può sapere) che cosa è una trombatina, ma non sa che cosa sia (o cosa possa essere) la paternità. Infatti quando la signora, con una delicatezza degna di un elefante in un negozio di cristallerie, gli ha rivelato che il bambino che aveva partorito era suo, cioè del bambino che aveva repetizionato, il bambino (quello repetizionato) ha avuto paura ed è scappato dai genitori che l’hanno subito denunciata. Perché i bambini hanno paura, è nella loro indole, la paura fa parte proprio delle caratteristiche principali dell’essere infanti. Poi c’è il risultato del DNA. Poi ci sono le varie dinamiche della famiglia dell’infermiera/professoressa che non voglio nemmeno prendere in esame. Poi ci sono i mass media, i giornali, i social, c’è la gente che crocefigge ora questo ora quello, ma nessuno che dica che un atto del genere è violenza sessuale (non voglio usare parole come “stupro” o “pedofilia”, anche se mi prudono letteralmente le mani), è violenza psicologica, è un atto deplorevole, che nessuna difesa possa stare in piedi davanti ad atti del genere, ed è evidente che il ragazzino allora tredicenne non è nemmeno la vittima più da tutelare, visto che c’è, comunque, un bambino nato da sette mesi che deve essere, se possibile, maggiormente tutelato. Ma poi, dico, hai 35 anni (o 31, come riporta certa stampa, o quanti cazzo ne hai), si può sapere cosa ti salta in testa? Cosa vuoi dimostrare? Di essere una perfetta maestra e di avere il potere su un ragazzino indifeso?? Eppure la donna ha dichiarato: «La maternità non è un errore, ma un dono». E ancora: “Quando diventi mamma, non sei mai davvero sola. Una madre deve sempre pensare due volte: una per sé e una per i suoi figli”.

Donne che amano male. Mamme che amano troppo.

Un grido e un pianto acuto già spenti in un minuto segnalano tragedie di bambini. Bambino, armato e disarmato in una foto senza felicità sfogliato e impaginato in questa vita sola che non ti guarirà. 

Lolite a Teramo

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Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia. Lo-li-ta: la punta della lingua compie un breve viaggio di tre passi sul palato per andare a bussare, al terzo, contro i denti. Lo-li-ta. Era Lo, null’altro che Lo, al mattino, diritta nella sua statura di un metro e cinquantotto, con un calzino soltanto. Era Lola in pantaloni. Era Dolly a scuola. Era Dolores sulla linea punteggiata dei documenti. Ma nelle mie braccia fu sempre Lolita.”

Vladimir Nabokov, Lolita
E così anche nel teramano le hanno beccate.

Ragazzine minorenni, con ogni probabilità “di buona famiglia” (si dice sempre così quando si vuol distaccare il frutto marcio dall’albero che lo ha generato e che si suppone sano), insospettabili, che si dà per scontato che debbano pensare alla scuola, allo studio, ai turbamenti segreti per qualche ragazzino, a uscire con le amiche e invece schiaffano le loro foto per nulla caste su ask.fm.

Nude su richiesta, dunque, o, come si dice con anglicismo improponibile, on demand, contando da una parte sulla complicità dei mezzi (puoi farti una foto nuda da sola e farla circolare senza che nessuno ti veda) e sull’ignoranza dei loro limiti (nessuno è veramente anonimo su internet).

Ignoro come sia andata. Chissà, magari qualche genitore ha scoperto il “giro” e ha interessato la polizia postale per vedere fino a che livelo da girone dantesco sia profondo (“cignesi con la coda tante volte/quantunque gradi vuol che giù sia messa”), qualcuno che non ci sta a definirla una ragazzata, un qualcosa che possa essere risolto “tra galantuomini“, perché, si sa, è da “galantuomini” mettere sempre tutto a tacere quando i figli fanno le pirlate. Oppure quelle fotografie sono cadute nel calderone di una inchiesta più ampia.

Ma il senso del pudore ce l’hanno anche le minorenni, queste ragazzine che se il padre entra per sbaglio in camera loro mentre si cambiano saltano in aria e sbattono la porta, ma poi si fanno i “selfie” alle tette  perché è tanto figo.

E allora perché lo fanno? E’ semplice, lo fanno perché lo vogliono fare, perché è una loro scelta. E i genitori sempre lì a dare la colpa a internet, alla rete, ai social network, “a questo Facebook che io non so nemmeno cosa sia“. Però regalano alle loro figlie telefonini da 500 euro che si collegano perfino ai dischi volanti, perché loro vogliono WhatsApp. O, semplicemente, permettono loro di usarli solo perché qualche zia o nonna ringoglionita regala loro dei soldi perché hanno preso un bel voto in religione e quelle ci si sono comprate la quintessenza della telefonia compatibile con il pensiero neoputtanista dilagante (perché, si sa, “se no non sei nessuno“).

E non “tradiscono” solo la fiducia dei genitori. Tradiscono anche il loro portafoglio (è intestata a loro la connessione internet di casa, e loro pagano la bolletta anche perché la figlia ha voglia di farsi due cosine via webcam) e li pongono a rischio di procedimento penale (è a loro che è intestata la SIM con cui fanno mostra di sé sulla rete, e, comunque, esiste sempre la “culpa in vigilando”, ossia, se hai una figlia che zoccoleggia in rete la colpa è tua che non hai saputo vigilare sui suoi comportamenti).

Sì, lo so che questa non è certo la vita che ho sognato un giorno per (tutti) noi.

Baby Doll

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Hanno cominciato a limarci sordo da ieri con questa storia delle due “baby” prostitute dei Parioli, di quanto il mondo dei giovani sia inaccessibile agli adulti, di quanto siamo incapaci di interfacciarci con l’adolescenza proiettata in Internet.

Hanno scoperto che esiste un sito che si chiama “Bakeca Incontri” (sì, scritto così, con la k perché fa più figo) e che la gente ci va. Ma che strano, eh?? Mettono in linea un sito per incontri e la gente lo usa anche. Chissà cosa si credevano, che gli internauti lo lasciassero lì a marcire e a ricoprirsi di uno strato di muffa grigio-verdastra??

Hanno scoperto che gli adolescenti hanno un rapporto con la loro sessualità che non passa per il filtro dei genitori. Insomma, fanno un po’ quello che vogliono. Che è quello che abbiamo fatto tutti appena abbiamo avuto il barlume della ragione, impadronirci del nostro corpo e dire “ecco, è mio!”
Certo, prostituirsi è un po’ tanto, troppo, decisamente. Ma tra coloro che le aiutavano a inserirsi nei giri giusti c’era la madre di una di loro. Quindi il modello femminile e genitoriale c’era. Solo che era quello sbagliato.

Hanno scoperto che esiste la prostituzione anche a meno di 18 anni. Strano, anche quando qualcuno aveva parlato della nipotina di Mubarak da affidare a Nicole Minetti non se n’era accorto nessuno. Perché era un sistema, e adesso, appena il sistema comincia a sgretolarsi, si comincia a prendere coscienza di quello che era già consolidato. Ti si spalancano gli occhi e ti si sgonfia il cervello.

Hanno scoperto che la scuola è deficitaria nell’insegnamento della sessualità. Come se fosse colpa sua e degli insegnanti se, poi, le ragazzine si prostituiscono.

Hanno scoperto che i ragazzini vanno su Facebook (ma va’??) e che, proprio per questo, non si sa per quale imperscrutabile disegno del destino, sono incontrollabili. Cioè, siccome sono i genitori che non li sanno controllare, allora la colpa è di Facebook, è di Internet, è del computer, è di quell’attrezzo che però fa comodo a padri e madri perché intanto ti bada i ragazzi mentre tu vai fuori a lavorare e poi rientri stanco morto che c’è tua figlia che ti fa “Ciao Papi, Ciao Mami, come va?? Tutto bene??? Un mare di fatica per una cinquantina di euro scarsi, nevvero??? Pensate un po’ che io oggi ne ho guadagnati centoventi senza fare troppa fatica, anzi, è anche quasi divertente, ma tanto è colpa della scuola, vero???…