Orecchioni!

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Sì, dunque, si diceva che gli Stati Uniti spiano i nostri governanti e politici, ci ascoltano, intercettano ogni comunicazione (telefonate, mail, messaggi WhatsApp, Facebook, Twitter, codice Morse) parta, arrivi o sia in transito sul nostro territorio.

Anche Enrico Letta era sotto tiro. Ha detto: “Abbiamo chiesto chiarimenti al governo americano, perché attività di spionaggio di questo tipo non sono ammissibili”.

Del resto la Germania non se la passa meglio, e la Merkel ha già telefonato a Obama per lamentarsi degli orecchioni che mettono sotto controllo uno stato intero. Forse anche perché tra i telefoni intercettati c’erano i suoi.

Ma ora che ci ripenso noi non eravamo quelli che andavano a manifestare nelle piazze tutti belli tronfi e sussiegosi con un cartello recante la scritta “Intercettatemi pure” ben stretto in mano??
Non eravamo noi quelli che dicevano “Ah, io non ho nulla da nascondere, possono intercettarmi quando vogliono, io sono una persona trasparente”?
Siamo noi italiani quelli che pensano che siccome uno parla al telefono girandosi da una parte ha qualcosa da nascondere, perché se no, si sa, farebbe sentire i cazzi suoi all’universo mondo (che ne è, come d’uopo, interessatissimo).
Com’è che la gente quando deve mandare gli auguri di Natale invece di mandare il cartoncino aperto con la linguellina della busta incastrata dietro, lo chiude con la colla? Deve avere per forza dei segreti indicibili, e sicuramente è una persona poco perbene perché se VERAMENTE stesse mandando degli auguri di Natale non userebbe tutte queste inutili precauzioni.

Io non ho mai voluto essere intercettato. Ma non perché abbia qualcosa da nascondere, ma perché a chi telefono, a chi scrivo e cosa dico sono affari miei. Qualunque cosa dica, comunichi o scriva. Giù le mani dalle mie comunicazioni!

E invece abbiamo voluto fare i guappetti, rinunciare a un po’ della nostra privacy per avere un po’ di sicurezza, ma non meritavamo né l’una né l’altra.

Dov’è la vittoria? – Il bis

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Il commento sulla Merkel tratto dalla pagina Facebook dell'Onorevole Luca D'Alessandro

 

Abbiamo battuto la Germania per 2-1 e ce ne siamo già dimenticati.

Siamo un popolo, oltre che dalla dura cervice, come la Bibbia insegna, anche dalla memoria corta. Ci bastano due gol di Balotelli (a cui fino a qualche settimana prima qualcuno diceva di voler dare le banane) e ci resettiamo. Ci formattiamo il cervello, insomma, per poi riempirlo di altre cose che vanno a cancellare e sovrascrivere sinapticamente le precedenti. Siamo disperati, per farla breve.

Comunque ce l’abbiamo fatta. Abbiamo battuto i crucchi, i mangiapatate, i mangiacrauti, i mangiawuerstel (“Wuerstel” è un termine che non ha un corrispettivo in tedesco), ammazza quanto magnano, i nazisti (perché il passato non si cancella, nemmeno quando le generazioni non hanno più nulla a che vedere con chi li ha preceduti), i protestanti, i luterani, e, perché no, come scrive l’Onorevole Luca D’Alessandro sulla sua pagina Facebook, l’abbiamo fatto prendere “in quel posto” alla “culona inchiavabile” (termine berlusconiano di orrendo e sprezzante conio). Continua la lettura di “Dov’è la vittoria? – Il bis”

“Deutschland ueber alles” e’ un verso caro al passato nazista: la Merkel gelida davanti a una presunta gaffe del presidente cileno

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Noi tedeschi (di nascita, di adozione, effettivamente resideti, federali o "ex democratici dell’Est) siamo gente strana.

Il problema è che l’aver dato vita sulla scena internazionale al Nazional-Socialismo e aver prodotto un tangherino mica da ridere come lo zio Hitler (livornese: "Itle’") non ci fa proprio onore e ce ne vergognamo profondamente, imbarazzandoci in modo a volte davvero esagerato, sempre e comunque. Il senso di colpa non è una caratteristica dei Paesi a maggioranza cattolica, evidentemente.

Poi si scopre che Hitler non era tedesco, bensì austriaco. Ma anche questo non è che ci aiuti gran che.

Ieri il Presidente cileno José Piñera, in visita in Germania, ha scritto sul libro dei visitatori la frase "Deutschland ueber alles!". Gelo della Merkel che ha sottolineato che quella frase era legata al passato nazista della Germania.

Senza ricordarsi, probabilmente, che quella frase era stata scritta da August Heinrich Hoffman e che fa parte del testo in versi dell’inno nazionale tedesco, regolarmente eseguito in ogni occasione pubblica in cui la Germania sia presente. Comprese le partite di calcio dei campionati mondiali.

Siamo fatti così, ci dispiace sempre tutto, anzi, scusateci se la Germania ha anche un inno nazionale…