Quelli che se la tirano la crisi

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Sarà perché sto leggendo “Pane e Bugie” di Dario Bressanini, ma espressioni come “DOC”, “DOCG”, “Bio”, “Chilometri zero” mi stanno sempre più indigeste.

Soprattutto “bio”. Ma “bio-” cosa? “Biodegradabile”? “Biocompatibile”? “Biologico”, no? Allora usiamole per intero le parole.

“Bio”, “DOC”, “DOCG”, “Chilometri zero”. Tutte espressioni che associamo all’alimentazione e a un’alimentazione corretta per la nostra salute.

Una mela biologica costa di più del suo equivalente ottenuto con agricoltura tradizionale.
Forse è più gustosa, magari è più ricca di elementi nutritivi.
Però una famiglia spende ogni mese un TOT per l’acquisto e il consumo di frutta e verdura che fanno tanto bene alla salute. Ma se compra solo frutta e verdura biologiche l’assimilazione di nutrienti diminuisce considerevolmente perché ne comprerà una quantità sensibilmente inferiore.

Dice che dobbiamo consumare i nostri prodotti, quelli nazionali, quelli certificati.

Io compro regolarmente la cipolla di Tropea, la bresaola della Valtellina, la fontina della Val d’Aosta, il salame piccante calabrese, il Nero d’Avola, il Chianti, il Merlot veneto, il Cannonau della Sardegna, il Passito di Pantelleria, il Moscato dell’Elba e ora basta se no mi sbronzo.

Ma il Passito da Pantelleria sulla mia tavola a Roseto degli Abruzzi ci viene a piedi? Suppongo che una cipolla da Tropea arrivi dal mio verduraio per smaterializzazione atomica e che il formaggio Asiago giunga rotolando sulla sua stessa forma.

Le uniche cose a chilometro zero su cui posso contare sono le fragole, il prezzemolo, il basilico, la menta e i peperoncini che crescono sul mio terrazzo, il resto è fuori target.

Ci raccontiamo un sacco di balle. Ci preoccupiamo di farci portare la roba buona dal contadino (che ce la porta con la macchina che evidentemente va ad aria compressa) e non ce ne frega niente di tutto il parmigiano e tutta la pasta che mandiamo in Australia con le navi.

Il tuo amor non è zucchero…

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Ecco qual era l’ago della bilancia dell’economia italiana, quello che governava lo spread senza che le agenzie di rating riuscissero a riconoscere VERA e AUTENTICA causa della voragine che si ingoia tutti i nostri quattrini.

Non è la lotta all’evasione fiscale il rimedium rimediorum, nossignori. Sapete dove si annidava -infida!- la soluzione ai mali del Paese? Nello zucchero!

Lo zucchero fa male, quindi è fonte di guadagno. Come l’alcool o le sigarette. Basta mettere una tassa che in prima battuta era stata annunciata dall’informazione pubblica come sulle “bevande zuccherate”.
Ora, a voler ben vedere, anche lo sciroppo per la tosse che si vende in farmacia può essere una bevanda zuccherata, per cui per giorni ha resistito l’imposta sulle “bibite zuccherate”.
Ecco, “bibite” suona meglio, sì. Ma il the freddo è una bibita zuccherata. Così come possono esserlo i più comuni succhi di frutta, gli yogurt cosiddetti “da bere” (che sono un po’ come il “latte da mangiare”, ma va beh, non facciamo i sofistici), nonché le bevande saline per riprendere l’energia e correre come la folla di Pamplona rincorsa dai tori.

No, a dirla tutta quello che si voleva colpire era l’uso di bevande gassate E ZUCCHERATE. Ecco, così sì che va bene. Quelle cose terribili che fanno male e che, a voler ben vedere, vengono (anche, ma non solo) dall’America. Ma poi chi si è inalberato? Chi è che ha detto un fiero e sentito NO a questa proposta vòlta unicamente a preservare la nostra salute?

Enrico Letta. Ha detto che bisogna difendere il chinotto e la spuma bionda. Se vi piace la spuma al ginger, come a me, siete fregati, verranno a farvi l’accertamento. Probabilmente nelle prossime ore si incazzeranno come iene nell’ordine:

a) il club dei sostenitori della Cedrata Tassoni;
b) i bevitori clandestini di Aranciata Amara;
c) i Lemonsoda-addicted;
d) quelli che “a-me-la-gassosa-guai-a-chi-me-la-tocca!”
e) gli aficionados del Crodino e del Bitter Sanpellegrino (che per l’occasione avranno siglato una pace storica).

Ci sarà gente che per non pagare le tasse sulla roba gassata comprerà gli sciroppi (ricordate la menta, l’orzata, l’amarena, l’arancio, la granatina, quelli che se ne mettevano due dita in un bicchiere e si allungavano con cinque parti di acqua??), poi a casa di nascosto li diluiscono con una superfrizzante. Son quelli i rutti degli evasori fiscali!

 

(*) lo screenshot è tratto da ilcorriere.it