@vanitosa95: a Portrait of the Hater as a young Woman

 352 total views

In fondo @vanitosa95 è un nickname come tanti. Come tanti pseudonimi che uno ha a disposizione per celare agli altri la propria identità. Il perché uno voglia farlo o ne abbia necessità è sempre un mistero. In questo caso mi pare che la ragione della scelta dello pseudonimato sia più che evidente: tirare vigliaccamente il sasso per ritirare subito la mano. Non essere rintracciabile e, di conseguenza, imputabile. @vanitosa95, in fondo, è solo un modo per chiamarla. Quello che veramente importa è che questo account è in Twitter dal maggio scorso, che ha collezionato ben 116 messaggi (capirai!) tutti di odio e di augurio per determinati interlocutori (Laura Boldrini, la figlia di Laura Boldrini, i partecipanti alla Leopolda, Maria Elena Boschi, le persone che fanno battute sulla colica di Matteo Salvini) di tumori e disgrazie varie. Sono delle modalità assolutamente riprovevoli di agire e che hanno fatto sì che Twitter chiudesse l’account nel pomeriggio di oggi, mentre lo screenshot con i due tweet di odio puro l’ho fotografato questa mattina, quando l’account era ancora operativo. E’ un esempio come tanti altri di cialtronismo e di gusto per la vendetta usa-e-getta, ma i messaggi in questione mi sono sembrati particolarmente pesanti. Sarà che non ho mai augurato il cancro a nessuno. Sarà che ho sempre pensato che certi personaggi sono spesso dei grandissimi portatori di polemiche e che le polemiche si smontano con i fatti, per cui non c’è bisogno di invocare il cancro su di loro, basta contraddirli con argomentazioni solide e incontrovertibili. Sarà che trovo internet uno strumento troppo prezioso per sprecarlo in inutili invocazioni oncologiche a danno di questi e di quelli. Sarà che i messaggi di questa persona, di cui ho oscurato la foto (non per rispetto della sua privacy, perché non ne ho nessuno, ma per rispetto di quella della persona a cui è stata probabilmente carpita) mi hanno turbato al punto di venirne a parlare con voi e di lasciarne traccia. Perché il male in rete esiste. Ed oggi è passato per il nome di @vanitosa95.

Il Fatto Quotidiano e le beghine di Facebook

 632 total views

fq

Qualche giorno fa sulla  versione on line del Fatto Quotidiano è apparsa questa vignetta di Mario Natangelo su Maria Elena Boschi.

Dico subito che non è un gran che. Fa ridere poco (tutt’al più ti strappa un sorrisetto striminzito) e si vede che l’autore non era in vena quando l’ha realizzata. Ma, anche a prima vista, è e rimane quello che è, una vignetta satirica. Punto.

Invece su Facebook l’altro giorno è stato il dies a quo della levata di scudi da parte dei filo-piddini. “Hai visto?” “Oh, sì, che gusto pessimo” “Ma davvero non si può vedere” “Che schifo!” “Sì, e poi è sessista”, il tutto in un cicaleccio da pomeriggio di agosto di signore che vanno a mettere i piedi nell’acqua di mare per rimediarsi un po’ di refrigerio.

Ecco, la gente ha paura della satira. Come se non fosse mai esistito il ridere sui potenti e sui politicanti. Quello che dà fastidio è vedere una donnina stilizzata, neanche poi tanto somigliante, con la gonna alzata (mentre per certi ambienti della sinistra dabbene era d’obbligo gridare “Il re e nudo!”, alludendo ad altre e più imbarazzanti vergogne) rappresentare per contrasto l’immagine angelicata che la ex ministro dà di sé. Siccome abbiamo un “textus receptus”, cioè una tradizione di immagine della Boschi, automaticamente non dovremmo potercela nemmeno immaginare un po’ svestita e ignudarella. Non si fa. Non si ride di chi ci governa. Soprattutto se chi ci governa forma parte del partito amico.

E’ stata una fiammata di commenti buonisti e piccosi durata appena un giorno (L’acrimonia su Facebook, spessso ha vita breve) ma è stata rivelatrice del dove stiamo andando e di dove, tristemente, siamo.

Sulla sua cattiva scuola

 393 total views

scuola

Mia moglie è un genio, l’ho sempre detto. E’ stata lei che mi ha fatto notare come l’attenzione dei media per l’assoluzione di Berlusconi in Cassazione abbia ovattato quella per lo sfacelo delle nostre istituzioni, a cominciare dall’approvazione alla Camera del DDL che porta il nome dell’illustre Costituzionalista Maria Elena Boschi, decreto che prevede la trasformazione del Senato da elemento del bicameralismo perfetto in zerbino della Camera dei Deputati. E, dato un colpo alla democrazia in senso puro (chi controllerà più il lavoro dei deputati impegnati ad approvare articoli, dispositivi ed emendamenti a spron battuto?), diamone uno anche alla scuola, via, così si minano le basi del Paese in maniera più efficace.

C’è da aver paura a sentire Renzi che dice:
Il merito (dei docenti) lo valuterà il preside, sentito il consiglio dei docenti, secondo modalità che sceglieranno. Decideranno loro.

A parte il fatto che i presidi si chiamano Dirigenti Scolastici e che non esiste il “consiglio dei docenti” (casomai esiste il “collegio dei docenti” o il “consiglio di classe”), si apprende da queste poche e agghiaccianti parole che il Dirigente Scolastico è quello che permetterà ad alcuni di prendere degli euro in più sulla busta paga, sulla base di quello che dice il collegio docenti, di cui, tra parentesi, il Dirigente Scolastico fa parte (può votare) e che presiede. Insomma, decide il tuo preside se sei bravo o no. Il lecchinismo portaborsistico della scuola italiana è dietro l’angolo: adesso tutti a sorridere al Dirigente, tutti a fare quello che dice lui, tutti a proporre progetti su progetti (tanto i soldi crescono ancora dalle monetine piantate da Pinocchio nel Campo dei Miracoli!), viaggi di istruzione (gite) con un posto di particolare prestigio già assegnato -nel caso al Dirigente venisse il ghiribizzo di farsi un viaggetto-. Tutto pur di entrare nelle sue grazie.

Quelli che prenderanno meno saranno, dunque, i docenti che fanno lezione in classe (quelli Renzi-compliant la faranno nelle aule multimediali, con le lavagne tecnologizzate, collegandosi a una connessione internet che non c’è) che si porteranno a casa i compiti da correggere (gli adepti avranno soltanto dei test a crocette!), che si rifiuteranno di accompagnare gli studenti in gita perché è l’unico modo per incanalare l’opinione pubblica sui problemi della scuola, meglio di uno sciopero (ma ci saranno sempre quelli -anzi, quelle- che diranno “Preside, se il collega non va vado io!!”), che presenteranno un fenomenale progetto sull’educazione alla riflessiologia del piede (da svolgersi con i soldi pubblici, si badi) perché ne hanno tratto tanto giovamento e devono diffondere il sacro e plantare Verbo!

Nell’articolato appare anche la “chiamata diretta” dei docenti da parte dei Dirigenti Scolastici che attingeranno da un Albo in cui saranno pubblicati i curricula degli aspiranti. Clientelismi e interessi parenteschi a tutto vapore.

Saranno in molti, al contrario di quanti si crede, a seguire Renzi in questo gioco al massacro. A seguirlo nell’istruzione che fa male al paese e ad accompagnarlo dove nessuno vorrebbe andare: sulla sua cattiva scuola.

Renzi: la dittatura della minoranza (e altre storielle amene)

 213 total views

Il compagno R., nel giustificare il contingentamento dei tempi di dibattito al Senato sulla riforma che porta il nome dell’illustre costituzionalista Maria Elena Boschi, ha parlato di una disgrazia cosmica da sventare, quella della “dittatura della minoranza”.

Da che mondo è mondo in un regime democratico (cioè non nel nostro, che è regime tout-court) l’esistenza di una minoranza, magari frammentata in varie correnti politiche, diverse per ispirazione e per finalità, minoranza che si dovrebbe chiamare più propriamente “opposizione” (perché i gruppi politici non si considerano per i numeri che portano, ma per la finalità istituzionale che hanno) è da sempre sinonimo di garanzia e di pluralismo. Parlare di “dittatura della minoranza” è una chiara contraddizione in termini. La dittatura, se mai, la farebbe la maggioranza se l’opposizione non esistesse e se non esistessero regole certe che regolano il dibattito parlamentare.

Ma queste regole certe ci sono. C’è l’articolo 72 della Costituzione che recita: “La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale e per quelli di delegazione legislativa, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi.”

Finito, non c’è discussione. Non ci sono “tagliole” o regolamenti parlamentari che tengano. Il regolamento del Senato quando istituisce la cosiddetta “tagliola” non è anticostituzionale, come asserisce Travaglio sul “Fatto Quotidiano” di oggi. E’ semplicemente inapplicabile quando si tratta di disegni di legge in materia costituzionale.

E’ uno scippo di democrazia di bassa lega quello perpetrato con la scusa di poter andare tutti in vacanza dopo l’8 agosto (diàmine, non si possono mica disdire il secchiello, la paletta e le formine per far contenta la Costituzione!).

La Boschi dice che, comunque, si passerà per un referendum confermativo. Non vedo l’ora di mandarli a casa!

Maria Elena Boschi “Sola con una tazza di latte”

 319 total views

“Figli? Ne vorrei tre. E a volte penso di essere già in grave ritardo. Desidero molto trovare un compagno. Sono single da un anno e la vita di coppia mi manca. Torno tardi dal lavoro, la casa è sempre vuota, sono lì da sola a bermi una tazza di latte e magari ho passato la giornata a discutere di emendamenti con uno dell’opposizione”

(da Vanity Fair)

La bella addormentata nei Boschi

 306 total views,  1 views today

E allora il Ministro per i Rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi ha stabilito, in Parlamento, che per il momento “Il governo non chiede dimissioni di ministri o sottosegretari sulla base di un avviso di garanzia”.

Ecco qua, voilà, c’est l’unique question, come scriveva Albert Camus ne “Lo straniero”.

“Abbiamo giurato sulla Costituzione, che contempla il principio fondamentale della presunzione di innocenza; l’avviso di garanzia è un atto dovuto a tutela dell’indagato e non una anticipazione della condanna.

Lo sapete qual è il grande difetto di questo tipo di ragionamento? Che non fa una grinza. Perché è vero che la Costituzione prevede la presunzione di innocenza fino a sentenza definitiva passata in giudicato (e, quindi, non è il solo avviso di garanzia a non costituire prova di colpevolezza, ma, a questo punto, neanche il rinvio a giudizio, neanche la sentenza di primo grado, neanche la sentenza di secondo grado). E’ sacrosanto che l’informazione di garanzia non costituisce alcuna anticipazione di condanna (e ci mancherebbe solo che fosse così!). Sì, sì, è proprio così.

Però una grinza la fa: un insegnante può ricevere un avviso di garanzia in cui gli si contestano reati sessuali nei confronti di minori. Per la Costituzione non è colpevole, ma non per questo la gente continua a mandare i propri figli da quell’insegnante (“Vài, vài pure cara, c’è la presunzione di innocenza, non potrà farti niente!“), e quell’insegnante, se non proprio dopo l’avviso di garanzia, viene sospeso dal servizio in attesa che una sentenza chiarisca la sua colpevolezza o meno. Un insegnante.

“Rispettiamo la scelta del Pd”, dice Alfano. Quando “rispettare” vuol dire “non criticare”.