Mamma

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La mi’ nonna Angiolina mi diceva sempre “Un ti devi fidà’ nemmeno di tu’ mà’ cane!”. Del resto, cosa volete, la mi’ nonna Angiolina era una persona fine, dai modi delicati e dall’eloquio forbito.

Per noi italiani la mamma è un simbolo, di più, è sacra, assume un alone incontrastabile di intoccabilità: “mamma, sei tu la vita e per la vita non ti lascio mai più”, “Portami a ballare”, “Di mamme ce n’è una sola” (ce n’è una sòla??), “Una mamma fa tutto per il bene dei figli” (questa poi è bellissima).

Cioè, si diventa mamme e tutto è lecito e permesso. Devono aver inventato l’extraterritorialità delle genitrici. Quante volte abbiamo sentito frasi come “Una mamma certe cose le sente!” (non si sa bene cosa, ma una mamma le sente lo stesso, una suora, una ragazza, una donna nubile evidentemente no! Uno a zero e palla al centro.) Oppure “Nessuno ti vuole bene come la tua mamma”, altra locuzione terribile, perché si dà per scontata l’incapacità di amare di un marito, di una moglie, di un compagno, di una fidanzata e perché no, del figlio che abbiamo a nostra volta.

Sono tutte balle, ma noi non ce ne accorgiamo. E comunque diamo sempre per assodato che una madre agisca sempre per il bene. Mai per il male. Non importa che tramesti nel cellulare del figlio per vedere chi è la donzella di turno che lo distoglie dalle caserecce attenzioni (che comunque è sempre una troia per definizione), o che quando il pargolo ha l’influenza lo costringa a sorbirsi inutili brodaglie della donna (perché se una mamma ha deciso che una cosa ti fa bene non ci sono santi, ti fa bene e basta).

Poi succede il black-out, il corto circuito: le mamme possono uccidere. “Ma io non penso che una mamma possa arrivare ad uccidere il proprio cucciolo!!” Ah no?? E perché mai?? Cosa glielo impedisce? Tu, che oltretutto usi una parola orribile come “cucciolo” per indicare un essere umano, ma non ti vergogni a trattare tuo figlio in questo modo? Se lui è un cucciolo tu cosa sei, una leonessa? Un’orsa?? Una tigre??? Una iena????
“Dio mio come mi fa incazzare la gente che non vuol capire…” diceva Giorgio Gaber. Quando si sente dire qualcosa c’è sempre qualcuno che dichiara “Era una mamma molto attenta nei confronti dei suoi figli”. E si vede, che diamine!

Ma sì, continuiamo pure a difendere queste assassine con argomenti inoppugnabili come “E’ impossibile, una mamma non lo farebbe mai”, troveremo senz’altro un giudice pronto a darci ascolto, ad assolvere la rèa e a cancellare tutto il male dal mondo pur di ricongiungere un figlio (felicemente supersite e virtualmente orfano di madre) alla sua genitrice, e a me mi sa tanto che aveva ragione ma la mi’ nonna Angiolina.

Sandro Pertini – Mamma, con quale animo hai potuto fare questo?

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STABILIMENTI PENALI DI PIANOSA
23 febbraio 933

A Sua Eccellenza il Presidente del Tribunale Speciale

La comunicazione che mia madre ha presentato domanda di grazia in mio favore, mi umilia profondamente.

Non mi associo, quindi, a simile domanda, perché sento che macchierei la mia fede politica, che più d’ogni cosa, della mia stessa vita, mi preme.

Il recluso politico
Sandro Pertini


Mamma,
con quale animo hai potuto fare questo? Non ho più pace da quando mi hanno comunicato, che tu hai presentato domanda di grazia per me. Se tu potessi immaginare tutto il male che mi hai fatto ti pentiresti amaramente di aver scritto una simile domanda.

Debbo frenare lo sdegno del mio animo, perché sei mia madre e questo non debba mai dimenticarlo. Dimmi mamma, perché hai voluto offendere la mia fede? Lo sai bene, che è tutto per me, questa mia fede, che ho sempre amato tanto. Tutto me stesso ho offerto ad essa e per essa con anima lieto ho accettato la condanna e serenamente ho sempre sopportate la prigione. E’ l’unica cosa di veramente grande e puro, che io porti in me e tu, proprio tu, hai voluto offenderla così? Perché mamma, perché? Qui nella mia cella di nascosto, ho pianto lacrime di amarezza e di vergogna – quale smarrimento ti ha sorpreso, perché tu abbia potuto compiere un simile atto di debolezza?
È mi sento umiliato al pensiero che tu, sia pure per un solo istante, abbia potuto supporre che io potessi abiurare la mia fede politica pur di riacquistare la libertà. Tu che mi hai sempre compreso, che tanto andavi orgogliosa di me, hai potuto pensare questo? Ma, dunque, ti sei improvvisamente cosi allontanata da me, da non intendere più l’amore, che io sento per la mia idea?

Come si può pensare, che io, pur di tornare libero, sarei pronto a rinnegare la mia fede? E privo della mia fede, cosa può importarmene della libertà? La libertà, questo bene prezioso tanto caro agli uomini, diventa un sudicio straccio da gettar via, acquistato al prezzo di questo tradimento, che si è osato proporre a me.

Nulla può giustificare questo tuo imperdonabile atto.
Lo so, più di te sono colpevoli coloro che ti hanno consigliata di compierlo. Vi sono stati spinti dall’amicizia che per me sentono e dalla pietà che provano per le mie condizioni di salute?

Ma pietà ed amicizia diventano sentimenti falsi e disprezzabili, quando fanno compiere simili azioni. Mi si lasci in pace, con la mia condanna, che è il mio orgoglio e con la mia fede, che è tutta la mia vita. Non ho chiesto mai pietà a nessuno e non ne voglio. Ma mi sono lagnato di essere in carcere e perché, dunque, propormi un cosi vergognoso mercato? E tu povera mamma ti sei lasciata persuadere, perché troppo ti tormenta il pensiero, che io non ti trovi più al mio ritorno. Ma dimmi, mamma, come potresti abbracciare tuo figlio, se a te tornasse macchiato di un così basso tradimento? Come potrei vivere vicino, dopo aver venduto la mia fede, che tu hai sempre tanto ammirata?
No mamma, meglio che tu continui a pensarlo qui, in carcere, ma puro d’ogni macchia, questo tuo figliuolo, che vederlo vicino colpevole, però, d’una vergognosa viltà.

Che male ho fatto per meritarmi questa offesa?
Forse ho peccato di orgoglio, quando andavo superbo di te, che con fiera rassegnazione sopportavi il dolore di sapermi in carcere. E ne parlavo con orgoglio ai miei compagni. E adesso non posso più pensarti, come sempre ti ho pensata: qualche cosa hai distrutto in me, mamma, e per sempre. È bene che tu conosca la dichiarazione da me scritta all’invito se mi associavo alla domanda da te presentata. Eccola: “ La comunicazione, che mia madre ha presentato domanda di grazia in mio favore, mi umilia profondamente.
Non mi associo, quindi, ad una simile domanda, perché sento che macchierei la mia fede politica, che più d’ogni altra cosa, della mia stessa vita, mi preme”.
Per questo mio reciso rifiuto la tua domanda sarà respinta. Ed adesso non mi rimane che chiudermi in questo amore, che porto alla mia fede e vivere di esso. Lo sento più forte di me, dopo questo tuo atto.

E mi auguro di soffrire pene maggiori di quelle sofferte fino ad aggi, di fare altri sacrifici, per scontare io questo male che tu hai fatto. Solo così riparata sarà l’offesa, che è stata recata alla mia fede ed il mio spirito ritroverà finalmente la sua pace.
Ti bacio tuo Sandro.

P.S. Non ti preoccupare della mia salute, se starai molto priva di mie lettere.
Pianosa, 23 febbraio 1933