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Riprendo il discorso del post:
https://www.valeriodistefano.com/dicono-di-me.html
sulla incredibile vis polemica e vendicativa che pervade la community dei fruitori degli audiobook.
E voglio parlarvi di una persona incredibile, Silvia Cecchini. Classe 1953, toscana, ” lavora come medico al Centro per lo studio e la Prevenzione Oncologica e dirige il servizio di Medicina Non Convenzionale”, come si legge sul sito ilnarratore.com.
Personalmente non sono un sostenitore delle medicine non convenzionali, ma queste sono opinioni e scelte personali che nulla hanno a che vedere con il motivo del contendere.
Silvia Cecchini è anche una (brava) traduttrice, ma soprattutto è una lettrice instancabile di audiolibri (tutti presenti sui cataloghi di iTunes e Audible). Ma proprio instancabile. Se andate su audible.it e cercate la stringa “Silvia Cecchini” vi ritroverete con 604 risultati disponibili. Oltre ai suoi libri e a quelli dei suoi co-autori (di cui, giustamente, sarà ben padrona di fare quello che vuole), c’è una miriade, un’infinità, un straordinaria abbondanza di letture di autori italiani e stranieri di ogni tempo e paese. Da Fogazzaro a Dickens, da Conan Doyle a Scott Fitzerald, passando via via per Oscar Wilde, Mark Twain, Van Dine, Bernanos, Wallace, Dumas, i Vangeli, Tolstoj, Chesterton, la Bibbia del Re Giacomo, Grazia Deledda, Virginia Woolf e tantissimi altri. Una pazienza e una abnegazione incrollabili. Legge libri ad alta voce, li registra, li mette a disposizione di tutti (alcune sue registrazioni integrali come “Anna Karenina”, “Jane Eyre”, “Una fra tante”, “I Promessi Sposi”, “Pinocchio” sono reperibili anche sul mio classicistranieri.com) o, come è suo diritto, trattandosi di opere e di traduzioni di pubblico dominio, li vende a prezzi più che popolari (non fa come me che sono caro asserpentato perché sono sostanzialmente un presuntuoso).
Silvia è armata solo della sua volontà, di un microfono e di (credo) Audacity. Come me, che non posso e non potrei più produrre audiolibri, perché dopo l’incidente occursomi nel 2012 ho il fiato corto e non riuscirei a leggere frasi eccessivamente lunghe.
Insomma, Silvia Cecchini ha dato e continua a dare alla cultura un contributo insostituibile. Dice “ma ci fa anche i soldi!” E vorrei anche vedere il contrario. Con tutto il lavoro che fa. Quando è entrato in pubblico dominio “Via col vento” di Margareth Mitchell, siccome non esisteva in italiano una traduzione di qualcuno che fosse morto stecchito da più di 70 anni, l’ha tradotto lei dall’inglese e poi ha messo a disposizione la saga di Rossella O’Hara agli ascoltatori di Amazon. Voglio dire, davanti a un impegno così, tanto di cappello. Bisognerebbe baciarle i piedi a Silvia Cecchini per quello che fa per tutti noi. E invece il popolo degli audiobook si è scatenato in una serie di considerazioni senza senso. Forte dell’anonimato e dello pseudonimato che le piattaforme consentono ai propri utenti, i commenti ingenerosi, in più di dieci anni di incrollabile attività, non sono mancati. Ne ho raccolto qualcuno. Tipo questo:
“Per favore fatela smettere di leggere!!!!!!! Rovina degli ottimi libri!!!!!…ma ci sarà pure un altro mestiere che le viene meglio, no???” (commento all’audiolibro “Ventimila leghe sotto i mari” di Jules Verne)
Ma certo che c’è un altro mestiere che le riesce meglio. E infatti lo svolge. Silvia Cecchini non è né un’attrice né un’interprete. E’ solo una lettrice. E come tale si propone.
A proposito dello stesso libro c’è chi osserva:
“la registrazione è un disastro, si sentono in sottofondo sirene e i rumori dei motorini di passaggio sotto le finestre dello studio e il microfono si spegne spesso, tanto che ogni tre per due la povera Cecchini è costretta a bussare sull’altoparlante per essere sicura che funzioni ancora… ma uno studio di registrazione decente non ce n’era?”
O regalateglielo voi alla Cecchini uno studio di registrazione insonorizzato (come si faceva con le scatole delle uova, ai tempi delle radio libere degli anni ’70), se sotto casa sua passano le sirene e i motorini che dovrebbe fare, poveretta, sparargli? Lo “studio” è casa sua. Non ha i mezzi che hanno i grandi editori per realizzare un audiolibro semiprofessionale. Il tutto è amatoriale, è come un piatto di tagliatelle fatte in casa. Se ci va dentro qualcosa che non dovrebbe starci si sente. Troppo sale, troppa farina, troppa acqua. Nulla viene mai come la volta precedente. Se si vogliono sentire sempre gli stessi sapori si comprano le tagliatelle industriali e non ci si pensa più. Ripeto: se a qualcuno non piace non è obbligato a scaricarselo e a comprarselo, se trova di suo gusto qualcos’altro vada pure a prenderselo dove crede meglio. Personalmente preferisco la pasta fatta in casa, ma se qualcuno insiste a dire che le penne rigate sono migliori perché “trattengono meglio il sugo”, vada al supermercato, se le compri e se le cucini come meglio gli aggrada.
Se no prendete un microfonino, lo stesso testo, la stessa passione e la stessa perseveranza della Cecchini (difficili da uguagliare, eh??) e registratene una versione voi, chi ve lo impedisce? Audible e iTunes sono lì apposta! Non aspettano altro.
Poi ce n’è uno che a proposito di “Guerra e Pace” commenta:
“Annullatemi questo acquisto e rimborsatemi. Mi sono stati addebitati 22 euro anziché 4,95. Mi tutelerò con ogni mezzo. Questa e una truffa.”
E di chi è la colpa? Della Cecchini?? Che c’entra questo col capolavoro di Tolstoj?? Se si è sentito buggerato, faccia il favore di rivolgersi a chi glielo ha venduto. O a un buon avvocato. Che gli prenderà svariate centinaia di euro a fronte di un rimborso di appena 17 euro e spiccioli. Bravo, non c’è che dire.
E sul “Conte di Montecristo” di Dumas (di cui conservo gelosamente una prima traduzione italiana)? Eccoci qui:
“La lettura invece avrebbe bisogno di una sistematina. Tagli mal fatti e si sente battere sul microfono…. I colpi sul microfono no…. Se ci fosse il conte vi spedirebbe in carcere…. “
Il carcere addirittura? Voglio dire, una persona spende più di 45 ore del suo tempo per leggerti il capolavoro di Dumas e tu la ringrazi così?
E’ un popolo strano quello degli abitatori del pianeta della “community” degli ascoltatori degli audiobook.
Ma veniamo a “Malombra” di Fogazzaro:
“non voglio parlare del libro che è bellissimo ma della narratrice. purtroppo la maggior parte deiibri che mi interessano vengono letti da lei. Troppo ansia nel leggere ,troppa fretta. Non rispetta la punteggiatura e rende tutto molto caricaturale. Se il 50% dei libri è letto da lei io finisco a questo punto l’ abbonamento. Non è possibile.”
Non rispetta la punteggiatura? Ma perché, ha forse il testo di riferimento sottomano? E perché non legge quello, invece di ascoltarlo? Vuole disdire l’abbonamento? E’ libero di farlo, Audible ne dà facoltà e possibilità. Se il 50% dei libri letti dalla Cecchini non gli piacciono, che compri dal restante 50%, che è pur sempre un’ottima percentuale di scelta.
C’è poi chi si lamenta per le ridicolaggini che provengono dalle traduzioni. Troppo antiquate, troppo vecchie, non in linea coi tempi e viandare. Ma, come ripeto, non basta che un autore sia ridoto cadavere putrescente da almeno 70 anni per poterne ripubblicare l’opera. Se si tratta di autori stranieri bisogna anche che il traduttore sia al camposanto da almeno 70 anni. Un esempio è quello di “Eugénie Grandet” di Balzac. La traduzione di Grazia Deledda (e che traduzione!) è perfettamente utilizzabile per un audiolibro, mentre quella dell’Oscar Mondadori che trovate in libreria no. C’è la galera (quella vera, non quella auspicata dall’ascoltatore del “Conte di Montecristo”!) per queste cose. Se proprio i detrattori della Deledda ci tengono che ci vadano loro sotto processo penale, tanto non si vede cosa è successo a quei poveracci del Gutenberg Project (che, almeno, non hanno scopo di lucro). Le traduzioni scelte appaiono ridicole? Se leggete la prima traduzione italiana di “Alice nel paese delle meraviglie” di Carroll non vi mettete a sorridere, vi sganasciate proprio dalle risate.
Un popolo di lagnosi, facili all’ira e lenti alla comprensione.
Alla signora Cecchini questo blog invia tutta la propria solidarietà e il proprio affetto. C’è gente che non si accontenta di vivere le proprie contraddizioni da sola, non è contenta finché non te le fa conoscere. Quindi, Silvia, “non ragioniam di lor ma guarda e passa”. Però che fatica!