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(Romano La Russa, assessore Regione Lombardia, 20 settembre)
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Qualcuno ha deciso che l’Italia non si limiterà a fornire le basi logistiche per permettere a Francia e Inghilterra di andare a giocare ai soldatini in Libia. Anzi, il nostro Paese offrirà anche uomini e mezzi.
Napolitano che è a Torino a vedere "I Vespri Siciliani" di Verdi (un curiosissimo allestimento in cui l’invasore è vestito da nazista, in cui appaiono giornaliste in minigonna e microfono, e in cui si ricorda il dolore della vedova Schifani ai funerali del marito e della scorta di Giovanni Falcone) e si limita a dire "Ci aspettano decisioni difficili".
Non c’è stato un dibattito parlamentare, naturalmente. Il Parlamento è la sede naturale del confronto, e il confronto è democrazia. Solitamente la guerra ha ben poco a vedere con la democrazia. Se la sono giocata in commissione Esteri e Difesa del Senato. La Russa ha dichiarato, tra l’altro: "L’Italia ha una forte capacità di neutralizzare i radar di ipotetici avversari". Non si è ancora capito, con questa storia degli avversari ipotetici, se lui pensi che si tratti di un gioco di ruolo o chissà cos’altro.
Ci ha messo becco anche il PD, naturalmente, con D’Alema che ha colto l’occasione di esprimersi in maniera trasversale e allineata con la maggioranza. Del resto ha chiosato: "che si attivi un dispositivo di protezione della Nato, una rete di sicurezza indispensabile, perchè va bene la coalizione dei ‘willings’, ma la Nato è la Nato" (il massimo del constatazionismo!)
E siccome la Nato è la Nato, Gheddafi è Gheddafi, la Libia è la Libia e l’Italia è l’Italia, indirizziamo pure i nostri aeroplanini verso il paese di un signore un po’ boriosetto cui, fino a pochissimi mesi fa, abbiamo baciato l’anello, e che abbiamo invitato a calpestare la terra della gente d’Abruzzo che aveva in comune con lui solo le tende.
E allora spariamo a qualcuno, che ci prudono tanto le mani. La "Garibaldi" è già partita da Taranto. Ma anche questo è un particolare. Lo faremo passare per un revival della campagna di Libia, un sentimento misto tra nostalgico e post-moderno.
"E perché il sol dell’avvenire splenda ancora sulla terra/facciamo un po’ di largo con un’altra guerra!"
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Ma, naturalmente, riferisce il Ministro, se ne dovrà occupare prima il Parlamento. Cioè loro:
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Dài, tu…
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La Russa lo ha preso per il bavero e lo ha fatto cacciare dalla sede romana di, potenza degli ossimori, via dell’Umiltà.
Il problema davvero spinoso del governo e delle istituzioni che oggi ci rappresentano, dunque, non è tanto il voler far partecipare a tutti i costi la lista del PDL alle elezioni del Lazio con la Polverini di turno, ma quello di tacitare ogni voce di dissenso, ogni iniziativa che vada in direzione contraria, sia pure in maniera non ostinata.
Ci stanno riuscendo cercando di instillare nell’opinione pubblica, anche nella più libertaria, il veleno del seme della prepotenza, quello che non passa attraverso il confronto delle idee libero e aperto, ma che pretende di tappare la bocca all’interlocutore solo perché dice la verità.
E non mi si dica che non è già successo.
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E’ morto perché chi va in Afghanistan viene pagato oltre 10.000 euro al mese dalle tasse dei cittadini italiani per andare in giro in scatolette della morte che continuano a definire "blindati".
Qualcuno dirà che è morto perché amava la pace e voleva la pace per i popoli dell’Afghanistan, e probabilmente dice il vero.
Personalmente penso che sia morto perché, semplicemente, non aveva ancora capito che la guerra, semplicemente, uccide. E che la cultura della morte non ha nulla a che vedere con quella della pace.