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Roberto Saviano è stato condannato dalla Corte d’Appello di Napoli al risarcimento di 60.000 euro (che non sono nemmeno tanti, voglio dire), assieme alla Arnoldo Mondadori Editore, a favore della Libra scarl e di varie testate giornalistiche, per aver illecitamente riprodotto tre aricoli tratti da “Cronache di Napoli” e “Corriere di Caserta” nel suo celebre romanzo “Gomorra”.
In primo grado il procedimento si era concluso con l’assoluzione di Roberto Saviano che ha sempre invocato il pubblico dominio delle informazioni contenute in quegli articoli, e che “riduce” il danno parlando di “autonoma attività creativa dell’autore” e che “I giudici hanno (…) ritenuto che due passaggi del mio libro avrebbero come fonte due articoli dei quotidiani di Libra. Neanche due pagine su un totale di 331. Ricorrerò in Cassazione. Anche se si tratta dello 0,6% del mio libro – conclude – non voglio che nulla mi leghi a questi giornali.”
Alla prima obiezione c’è solo da rispondere che in Germania il Ministro della difesa Karl-Theodor zu Guttenberg si dimise per aver copiato una parte della sua tesi di laurea. Saviano non riveste alcuna carica pubblica e non può certo dimettersi da niente. Ma è un personaggio pubblico, è uno scrittore stimato dalla gente (non tutta, a dire il vero), appare in TV, vende milioni di copie in tutto il mondo, parla, ma soprattutto è considerato autorevole. Lo 0,6% è anche troppo.
Se voleva che nulla lo legasse ai giornali che gli hanno fatto causa (vincendola!) avrebbe potuto evitare di copiarli o, quanto meno, di prenderli come fonti. O avrebbe potuto citarli. Non è il ragazzino che va dall’insegnante con una ricerca copiata da Wikipedia.
Ricorrerà in Cassazione? Benissimo, è un suo preciso e fondamentale diritto. Ma la Cassazione civile, come quella penale, non interviene più nel merito dei fatti (che con il processo di appello rimangono accertati), ma sulle procedure.
Saviano afferma che, anzi, sarebbe stata la Controparte a plagiare qualche suo scritto originariamente pubblicato su “Repubblica” e “il Manifesto”. Bene, agisca in giudizio e potrà avere ragione delle sue lamentele in un giudizio separato, qui non si tratta di vedere se qualcuno ha copiato Saviano, ma del contrario, ovvero del fatto che Saviano abbia copiato qualcuno.
Una cosa che non ha ancora detto nessuno è che sia Saviano che la Mondadori sono stati anche condannati al ripristino dello “stato di fatto” ovvero alla modifica del testo di “Gomorra” in modo che contenga il riferimento ai brani copiati. Le spese di giudizio ammontano a quasi 20000 euro.
Per la cronaca, ho usato come fonti il “Corriere del Mezzogiorno” on line («Copiate alcune pagine di Gomorra» Saviano e Mondadori condannati in appello in http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/notizie/cronaca/2013/21-settembre-2013/copiate-alcune-pagine-gomorrasaviano-mondadori-condannati-appello-2223230781946.shtml) e il dispositivo di sentenza. Tanto per esser chiari.