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Lo confesso, ho firmato anch’io la petizione de “il Fatto Quotidiano” a favore dei magistrati palermitani. L’ho fatto sapendo benissimo che non sarebbe servito a niente. Non perché, come dice Antonio Padellaro in un editoriale di qualche giorno fa, l’ondata emotiva della solidarietà si sarebbe stemperata nel giro di un amen, complice la calura estiva, no, ma per il semplice fatto che non credo a questo tipo di sondaggi telematici che identificano il mittente solo attraverso un indirizzo e-mail.
Nel mio caso, potrei settarmi un numero infinito di caselle di posta elettronica e “firmare” con nomi fasulli che nessuno andrebbe mai a controllare, basta che quella casella e-mail esista in quel momento e che sia abilitata a ricevere un generico messaggio di ringraziamento.
Con questo non intendo dire che le 116.000 firme ricevute siano tutte farlocche, ma che possono, in ipotesi e anche in pratica, essere falsate nel numero e nella provenienza.
Meglio, dunque, il classico tavolinetto per strada, con qualcuno che autentichi le firme, come per i referendum, o, semplicemente, riportare gli estremi di un documento di identità presentato contestualmente. Si può fare. Così si sa (si saprebbe) che a una firma corrisponde una persona e QUELLA persona identificata. Certo, ci vogliono i volontari e con il web si fa molto prima. Ma ci si espone anche alle critiche e alle firme fasulle.
Dunque ho firmato. Ma non perché mi interessino le sorti di Ingroia e degli altri magistrati coinvolti nel ricorso alla Consulta da parte del Capo dello Stato in quanto persone, ma perché ritengo imprescindibili, da parte di tutti, i principi di verità e di trasparenza quando ci sono delle ipotesi di reato così gravi, nonché il diritto a una informazione completa nei confronti del cittadino.
Firmare sul “Fatto Quotidiano”, insomma, è diventata una “tendenza”. Un po’ come comprarsi l’I-Phone. Solo che tra migliaia di persone che si comprano l’I-Phone per fare i fighetti quello che se lo compra perché effettivamente ci lavora passa inosservato.
Personalmente sono anche un po’ stufo della passerella mediatica offerta tutti i giorni al VIP di turno. Mi fa piacere sapere che hanno firmato, tra gli altri, Barbara Palombelli, Ficarra e Picone, Luca Zingaretti o chi per loro. Anzi, a dire il vero non me ne importa nulla (non credo che loro siamo interessati al fatto che ha firmato Valerio Di Stefano, quello che ha un blog…). Però le pagine si riempono di motivazioni, pensieri, giustificazioni, frasi lapidarie, di accompagnamento, di sintesi sul perché un personaggio di pubblico rilievo è stato spinto a firmare. Ma saranno bene affari suoi? Firmano come privati cittadini o come attori, giornalisti, magistrati, cantanti, soubrettes, intellettuali e affini?
Ogni tanto fa bene leggere il contributo di una signora di 98 anni che allega la fotocopia della carta d’identità a una lettera che spedisce al giornale perché non ha modo di firmare via internet, perché qui come altrove, c’è chi ci mette in gioco il personaggio, e chi si mette in gioco di persona.