Lo sbando totale a 20 anni dalla morte di Paolo Borsellino

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Paolo Borsellino - da it.wikipedia.org

Oggi ricorrono 20 anni dalla Strage di Via D’Amelio in cui morì Paolo Borsellino.

Stamattina alla radio sentivo una sorta di pietosa e pietistica “gara a tifare” il giudice dell’agenda rossa o Giovanni Falcone. Come la gente che tifava Bartali o Coppi. Personalmente avrei scelto Coppi, così come scelgo Giovanni Falcone, ma il punto è che davanti a uomini di questa caratura civile e morale bisogna soltanto togliersi il cappello e restare in silenzio.

Ma c’è un clima troppo grave, troppo morboso e troppo ammorbante nel paese per onorare degnamente questi due uomini. C’è un’inchiesta della magistratura sulle trattative Stato-mafia. Alcuni dei magistrati che le conducono, in particolare uno, il Pubblico Ministero Antonino Ingroia è esposto, per le sue esternazioni di pensiero e la sua posizione politica (legittima) al giudizio della pubblica opinione. Dall’altra pesa come un macigno la decisione del Capo dello Stato di sollevare il conflitto di attribuzioni dei magistrati di Palermo innanzi alla Consulta. Rita Borsellino parla di “schiaffo agli italiani”, c’è un giornale, un quotidiano che ha fatto delle intercettazioni non ancora distrutte dei colloqui del Capo dello Stato una bandiera e un punto d’onore, mentre, dall’altra parte la politica ufficiale taccia qualunque critica da attacco deliberato contro il colle, e il resto della stampa sonnecchia, o, se proprio deve dare qualche notizia, sembra esserne addirittura scocciata.

Nessuna verità, nessuna certezza. E’ lo sbando.