I primi 20 anni dell’ineffabile Wikipedia

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Wikipedia compie venti, tondi, ed inutili anni.

Tutti a festeggiarla, celebrarla, lodarla, neanche fosse una sacra reliquia. Wikipedia è lì, col suo carico di arroganza e di potere. L’arroganza di chi concentra su se stesso il delicatissimo ruolo di revisore dei contenuti, e decide il bello e il cattivo tempo su quanto immettono in linea i wikipediani, e il potere di chi è sempre in testa alle ricerche di Google, diventando così il quinto sito più visitato al mondo.

Sono molti i giornali italiani che dedicano almeno un articolo al glorioso evento. Ci permettiamo il diritto di essere una voce fuori dal coro delle “alabanzas” che provengono dalla carta stampata e dal web.

Tra le molte e sperticate (e, in un certo qual modo, ingiustificate) lodi all’enciclopedia più caotica del mondo, figura un articolo di Marino Sinibaldi, direttore di Rai Radio Tre, su “Internazionale”. Ho sempre avuto molta stima di Sinibaldi, fa un lavoro egregio e rende un servizio insostituibile all’informazione pubblica e alla diffusione della cultura in Italia, ma stavolta ho qualcosa da dire su quello che scrive.

Dice Sinibaldi:

“(…) perché la usiamo? Ma qui la risposta può essere più semplice: è gratuita, amichevole, accessibile e comunque è sempre in cima alla pagina che ci appare se cerchiamo notizie su Lyndon B. Johnson o sulla battaglia di Teutoburgo (anzi, come corregge pedantemente Wikipedia, battaglia della foresta di Teutoburgo).”

Ci sarebbe da dire che anche la Treccani è gratuita, almeno nella sua versione web. Perché, dunque, si preferisce Wikipedia, che dice di se stessa di non poter dare garnzie sulla validità dei contenuti, a un’altra enciclopedia italiana che, invece, sulla validità dei contenuti, avrebbe molto da insegnare? Semplice, perché è meglio indicizzata (grazie ad un sistema certosino e perverso di rimandi interni, e al fatto che le voci vengono costantemente riviste e modificate) e perché la gente è maledettamente pigra. Ci sono utenti che pensano che Google sia un browser, quindi affidano le loro ricerche alla pagina più consultata nel web, guardano i primi elementi che ne escono fuori (e tra i primi elementi c’è sempre Wikipedia), e lì cliccano. Non si tratta, cioè, di un merito di Wikipedia. Si tratta, per lo più, di sfruttare l’ignoranza di chi naviga in modalità incerta sul web e si affida più volentieri ai motori di ricerca piuttosto che alla barra degli indirizzi del proprio browser preferito. Google è avido non solo di nuovi contenuti, ma anche e soprattutto di contenuti modificati, aggiunti, corretti. Cosa significa che Wikipedia è “accessibile”? Vuol dire forse che le altre enciclopedie più tradizionali non lo sarebbero?? E perfino quell’aggettivo “amichevole” mi suona male.

Wikipedia è tutt’altro che “amichevole”. E’, al contrario, presuntuosa e di parte. La “parte” di cui sopra, ovviamente, sono le regole che fissa perché gli utenti possano accedere a casa loro.

Nel 1996 decisi di dare il mio modesto e insignificante contributo a Wikipedia, correggendo la data di pubblicazione di un’opera dell’autore oggetto della mia tesi di laurea. Sapevo benissimo che quell’opera era stata pubblicata un anno dopo la data indicata da Wikipedia, era il mio oggetto di studi. Ho quindi modificato la voce, correggendola. Dopo due ore uno studentello liceale di letteratura spagnola, brufoloso e supponente mi scrive dicendomi che io non avevo dato giustificativi sufficienti per la mia variazione, we sì, insomma, ci vuole la bibliografia, e, nel dubbio, siccome era uno scemo, che oltretutto si firmava anche con uno pseudonimo, ha ripristinato la versione precedente (sbagliata). Bravo, così si fa!

E’ facile fare un’enciclopedia da più di un milione di voci. In primo luogo basta ritenere enciclopedico quello che enciclopedico non è (“Wanna Marchi”, per esempio), e poi basta gonfiare i contenuti fino all’inverosimile: se, per esempio, un’enciclopedia tradizionale dedicherebbe soltanto una voce ai Beatles, magari con tanto di discografia, Wikipedia ne crea a decine. Una dedicata ai Betles, altre quattro dedicate a ciascun componente, un’altra per ogni disco pubblicato, e un’altra ancora per ogni traccia contenuta su ogni disco pubblicato, magari di poche righe. Basta che “Beatles” rimandi a George Harrison, Ringo Starr, Paul McCartney e John Lennon. Poi ci saranno diversi rimandi del dipo “Discografia con i Beatles” per ciascuno di questi quattro interpreti, successivamente ciascuna voce della discografia sarà collegata a un album, e di quell’album verranno recensite le singole canzoni, tutto grazie ai volontarissimi. E’ come se una massaia che ha fatto troppo arrosto e se lo vede avanzato, lo riscaldi in giorno dopo, e, se ne avanza ancora, ci faccia il suo bel vitel tonné, che, se avanza ancora, tornerà buono per fare le polpette. Wikipedia non butta via niente.

E quindi, in questi giorni, ci ritroviamo a festeggiare questo poderoso popo’ di informazioni inesatte, equivoche, non certificate, al limite del gossip (Wikipedia è peggio del casellario giudiziale). Ce lo dobbiamo tenere così e non è una bella cosa, no, no davvero.