A 100 anni e con un ergastolo sulla schiena, si è piegato all’unico vero ergastolo possibile. E’ morto anche se qualcuno, nel giorno del suo complisecolo, lo ha omaggiato con la scritta «Dio stramaledica i tuoi accusatori».
Dio non esiste. La morte sì.
Priebke muore nonostante la detenzione domiciliare per motivi di salute (1999), la richiesta della grazia (2003), una breve vacanzina a Cardana di Besozzo (2006), e la concessione dell’attività lavorativa fuori dagli arresti domiciliari (2007), come muore ciascuno di noi: finalmente solo.
A Sua Eccellenza il Presidente del Tribunale Speciale
La comunicazione che mia madre ha presentato domanda di grazia in mio favore, mi umilia profondamente.
Non mi associo, quindi, a simile domanda, perché sento che macchierei la mia fede politica, che più d’ogni cosa, della mia stessa vita, mi preme.
Il recluso politico Sandro Pertini
— Mamma, con quale animo hai potuto fare questo? Non ho più pace da quando mi hanno comunicato, che tu hai presentato domanda di grazia per me. Se tu potessi immaginare tutto il male che mi hai fatto ti pentiresti amaramente di aver scritto una simile domanda.
Debbo frenare lo sdegno del mio animo, perché sei mia madre e questo non debba mai dimenticarlo. Dimmi mamma, perché hai voluto offendere la mia fede? Lo sai bene, che è tutto per me, questa mia fede, che ho sempre amato tanto. Tutto me stesso ho offerto ad essa e per essa con anima lieto ho accettato la condanna e serenamente ho sempre sopportate la prigione. E’ l’unica cosa di veramente grande e puro, che io porti in me e tu, proprio tu, hai voluto offenderla così? Perché mamma, perché? Qui nella mia cella di nascosto, ho pianto lacrime di amarezza e di vergogna – quale smarrimento ti ha sorpreso, perché tu abbia potuto compiere un simile atto di debolezza? È mi sento umiliato al pensiero che tu, sia pure per un solo istante, abbia potuto supporre che io potessi abiurare la mia fede politica pur di riacquistare la libertà. Tu che mi hai sempre compreso, che tanto andavi orgogliosa di me, hai potuto pensare questo? Ma, dunque, ti sei improvvisamente cosi allontanata da me, da non intendere più l’amore, che io sento per la mia idea?
Come si può pensare, che io, pur di tornare libero, sarei pronto a rinnegare la mia fede? E privo della mia fede, cosa può importarmene della libertà? La libertà, questo bene prezioso tanto caro agli uomini, diventa un sudicio straccio da gettar via, acquistato al prezzo di questo tradimento, che si è osato proporre a me.
Nulla può giustificare questo tuo imperdonabile atto. Lo so, più di te sono colpevoli coloro che ti hanno consigliata di compierlo. Vi sono stati spinti dall’amicizia che per me sentono e dalla pietà che provano per le mie condizioni di salute?
Ma pietà ed amicizia diventano sentimenti falsi e disprezzabili, quando fanno compiere simili azioni. Mi si lasci in pace, con la mia condanna, che è il mio orgoglio e con la mia fede, che è tutta la mia vita. Non ho chiesto mai pietà a nessuno e non ne voglio. Ma mi sono lagnato di essere in carcere e perché, dunque, propormi un cosi vergognoso mercato? E tu povera mamma ti sei lasciata persuadere, perché troppo ti tormenta il pensiero, che io non ti trovi più al mio ritorno. Ma dimmi, mamma, come potresti abbracciare tuo figlio, se a te tornasse macchiato di un così basso tradimento? Come potrei vivere vicino, dopo aver venduto la mia fede, che tu hai sempre tanto ammirata? No mamma, meglio che tu continui a pensarlo qui, in carcere, ma puro d’ogni macchia, questo tuo figliuolo, che vederlo vicino colpevole, però, d’una vergognosa viltà.
Che male ho fatto per meritarmi questa offesa? Forse ho peccato di orgoglio, quando andavo superbo di te, che con fiera rassegnazione sopportavi il dolore di sapermi in carcere. E ne parlavo con orgoglio ai miei compagni. E adesso non posso più pensarti, come sempre ti ho pensata: qualche cosa hai distrutto in me, mamma, e per sempre. È bene che tu conosca la dichiarazione da me scritta all’invito se mi associavo alla domanda da te presentata. Eccola: “ La comunicazione, che mia madre ha presentato domanda di grazia in mio favore, mi umilia profondamente. Non mi associo, quindi, ad una simile domanda, perché sento che macchierei la mia fede politica, che più d’ogni altra cosa, della mia stessa vita, mi preme”. Per questo mio reciso rifiuto la tua domanda sarà respinta. Ed adesso non mi rimane che chiudermi in questo amore, che porto alla mia fede e vivere di esso. Lo sento più forte di me, dopo questo tuo atto.
E mi auguro di soffrire pene maggiori di quelle sofferte fino ad aggi, di fare altri sacrifici, per scontare io questo male che tu hai fatto. Solo così riparata sarà l’offesa, che è stata recata alla mia fede ed il mio spirito ritroverà finalmente la sua pace. Ti bacio tuo Sandro.
P.S. Non ti preoccupare della mia salute, se starai molto priva di mie lettere. Pianosa, 23 febbraio 1933
Brunetta e Schifani saliranno al Quirinale, forse già domattina, con le dimissioni dei deputati dei loro gruppi firmate in tasca, per chiedere la grazia per Berlusconi al Capo dello Stato. Atteggiamento senza dubbio di interlocuzione e conciliazione.
Bondi ha detto che o si va a un provvedimento di clemenza istituzionale o si paventa la guerra civile. Rassicurante.
In Italia l’istituto della grazia è regolamentata dall’articolo 681 del codice di procedura penale.
Come direbbe il nostro ultrafelede Baluganti Ampelio, “O cosa ci sarà scritto”? Andiamo a vedere almeno il comma 1:
“La domanda di grazia, diretta al Presidente della Repubblica, è sottoscritta dal condannato o da un suo prossimo congiunto o dal convivente o dal tutore o dal curatore ovvero da un avvocato o procuratore legale ed è presentata al ministro di grazia e giustizia.”
Bondi, Brunetta e Schifani non sono né tutori né prossimi congiunti di Berlusconi, cosa ci vanno a fare?
Vanno, evidentemente, a sollecitare la concessione di una grazia motu proprio da parte di Napolitano. Certo, Napolitano lo può fare. Può, cioè, in linea teorica, concedere la grazia a Berlusconi o a chiunque altro anche senza che l’interessato la chieda.
Ma occorrerebbe, comunque, un’istruttoria. Non è che Napolitano conceda la grazia random!
C’è un’altra cosa molto interessante da osservare. La concessione è causa di estinzione della pena e non del reato.
Vuol dire che la colpevolezza di Berlusconi, ormai, è assodata e giudicata, non si mette in discussione.
Il massimo che la delegazione quirinalizia può ottenere è che Berlusconi non sconti la sua pena residua ai domiciliari o in affidamento in prova ai servizi sociali (o in carcere, se lo preferisce), ma non che venga cancellato il “marchio d’infamia” che grava su di lui, e di cui la stampa e l’informazione internazionale stanno parlando.
Le pene accessorie (cioè la famigerata interdizione dai pubblici uffici) sono cancellate solo se il provvedimento lo stabilisce espressamente.