Si conclude con la richiesta da parte dell’interessato di andare in pensione (richiesta accolta) parte della vicenda disciplinare che riguarda il professor Emanuele Castrucci, responsabile dell’immissione su Twitter di alcuni contenuti di argomento hitleriano. Il procedimento disciplinare di tipo sanzionatorio va comunque avanti, e il docente è indagato dalla Procura della Repubblica di Siena per propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa, aggravata da negazionismo. (Fonte: Il Fatto quotidiano)
Alcuni giorni or sono il GIP di Siena, dottoressa Malavasi, aveva comunque respinto la richiesta della Procura della Repubblica di sequestrare l’account del docente, perché non vi ravvisava estremi di reato ma solo una rilettura storica e apologetica della figura di Hitler.
Vi ricorderete dei contenuti a sfondo hitleriano di certi tweet del professor Emanuele Castrucci, docente di Filosofia del Diritto presso l’Università di Siena. Ebbene oggi il GIP di Siena, dottoressa Roberta Malavasi ha rigettato la richiesta della Procura della Repubblica di sequestrare l’account Twitter del docente perché non sussisterebbero gli estremi per il reato di propaganda e istigazione all’odio razziale, ma solo una rilettura storica e apologetica della figura di Hitler. La procura ha già fatto sapere di intendere proporre ricorso contro questa decisione:
„Noi dissentiamo da questa interpretazione. Ritenendo che ci sia istigazione all’odio razziale, con la foto di Hitler che è un’ulteriore prova a sostegno. Quel tweet è stato poi rimosso dal professore. Per questo presenteremo ricorso al tribunale del Riesame chiedendo il sequestro del profilo“
Nel frattempo Castrucci ha regolarmente continuato a twittare. Ed è stato sospeso per decreto firmato dal rettore Frati dall’attività accademica e didattica, in attesa che si avvii la procedura per la sua destituzione.
Di certo c’è che la sentenza del GIP Malavasi pone un grosso punto interrogativo: e se davvero è stato fatto un gran polverone per nulla? E se davvero quei tweet fossero il risultato dell’espressione delle proprie, sia pure aberranti, idee personali e fossero il risultato dell’esercizio del diritto della libertà di pensiero individuale? Si starebbe giocando coi diritti di una persona, con il suo lavoro, con la sua reputazione e con la sua attività accademica. Tutto questo se è vero, come è vero, che le sentenze hanno un loro valore.
Se, invece, si vuol fare come Oscar Giannino, che in un tweet di oggi a commento della vicenda scrive che:
Sono e resterò garantista sempre. Per chiunque. Se un Gip riapre profilo twitter dicendo che apologia di Hitler non è istigazione al razzismo non cambierò di una virgola quel che penso, cioè l’esatto contrario, e brindo che questa Repubblica sia tollerante con gli intolleranti
allora è perfettamente inutile che la magistratura si occupi di queste delicate vicende. La logica del “dicano quello che vogliono, tanto io non cambierò mai di una virgola il mio pensiero in merito” (che, guarda caso, in questo frangente è un pensiero completamente diverso da quello che ha mosso le motivazioni della sentenza) non funziona. O, meglio, per funzionare funziona anche ma non porta da nessuna parte. Prima non avevamo che puri indizi e tutta la nostra rabbia da vomitare addosso al revisionista di turno, adesso abbiamo una sentenza. Che non è definitiva, si badi bene. Ma che segna un primo importante passo nell’accertamento di una verità che, se confermata, ribalterà tutto il castello accusatorio che si è mosso nei confronti di Castrucci. Bella figura, sì…
Schiaffeggiava bambini e li offendeva gridando “fai schifo, sei proprio un terrone”. Bambini di età compresa tra i pochi mesi e i due anni. Asilo nido, per indenderci. La donna si appartava anche in una stanza con il compagno, fatto entrare di nascosto, lasciando soli i bambini. Sono state le telecamere dei carabinieri, installate su ordine del PM di Varese a dimostrare i fatti e a spingere il GIP a irrogare la sanzione di sei mesi di sospensione dall’attività lavorativa per una maestra di Cocquio Trevisago. L’inchiesta ha avuto origine dalla segnalazione di una coppia di genitori che hanno riferito ai carabinieri della stazione di Besozzo che il loro bambino accusava sintomi di insonnia, incubi notturni e reazioni di autolesionismo. Il piccolo è stato ritirato dall’asilo.
E’ stata archiviata dall’ufficio del GIP di Roma, nella persona della dottoressa Paola De Nicola, la denuncia querela sporta a carico dello scrittore partenopeo Roberto Saviano dai quotidiani “Cronache di Napoli” e “Cronache di Caserta”. Saviano, in un articolo del 2015, aveva sostenuto che “Cronache di Napoli e Cronache di Caserta sono contigue alle organizzazioni criminali, che fungono da loro uffici stampa, e che sono organo di propaganda e di messaggi tra clan” .
Scrive inoltre Paola De Nicola: “Sussistono ulteriori e diversi elementi che fanno propendere per l’intrinseca veridicità e obiettività di quanto affermato da Saviano.” E inoltre: “Ad ulteriore contiguità dei sopracitati quotidiani con ambienti camorristici depone, altresì, la relazione della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle mafie del 5/8/2015”.
Assieme all’autore di Gomorra è stata archiviata anche la posizione dell’allora direttore del quotidiano “Repubblica” Ezio Mauro.
Roberto Saviano è stato condannato per diffamazione nel 2018, assieme alla Mondadori Libri, per aver dichiarato nel suo romanzo “Gomorra” che Vincenzo Boccolato, imprenditore residente all’estero e incensurato. Il provvedimento è stato firmato dal giudice della prima sezione civile di Milano Angelo Claudio Ricciardi. (fonti: Wikipedia e ANSA)
Ieri è successo che, mentre stavamo aspettando il responso del popolino della rete che ha messo al sicuro le chiappe del Ministro dell’Interno, sono stati arrestati i genitori dell’ex Primo Ministro Matteo Renzi. Una volta posti ai domiciliari con l’accusa di bancarotta fraudolenta e false fatturazioni, la notizia è diventata subito, come si dice in questi casi, “virale”. Talmente virale che su Twitter si è scatenata una vera e propria gara di solidarietà nei confronti dell’ex capo del governo. Come se l’arrestato fosse lui. Ora, voglio dire, io capisco l’empatia che può nascere da una notizia del genere, ma che le colpe dei padri possano in qualche modo ricadere sui figli è un Dio che è morto da quel dì. Mi sono immerso in questo sciropposo liquame buonista e ho trovato il commento di uno che diceva che era vergognoso che i genitoria siano stati arrestati nel momento in cui il figlio si trovava a più di 600 Km. di distanza per lavorare. Non era andato a lavorare, Matteo Renzi, ma a presentare il suo libro a Torino (appuntamento poi annullato) e la presentazione di un libro, fino a prova contraria, è propaganda (a se stessi o al libro, si veda il caso), non lavoro. Anche se i suoi soldini se li sarà senz’altro guadagnati. L’ho fatto presente e mi hanno detto che non ho presente che cosa sia un lavoro intellettuale. Cioè, lo hanno detto a me! E va beh, così sia. Nessuno ha detto, come si dovrebbe dire in questi casi, che c’è il Tribunale del Riesame, e che i coniugi Renzi possono far valere le proprie opposizioni al provvedimento del GIP in quella sede, magari, se proprio ci tiene, augurando loro miglior fortuna. No, c’è gente che ha persino insinuato (come ha fatto lo stesso Renzi su Facebook) che la singolare coincidenza temporale dell’arresto dei genitori di Renzi e del processo di piazza con assoluzione piena a Salvini non sia poi una coincidenza vera e propria, rimestando nel torbido e riportando alla luce quella giustizia ad orologeria tanto cara al berlusconismo d’antan, cosa che non si addice affatto a tutto ciò che ha a che fare con Matteo Renzi. O magari sì, si veda il caso. Fatto è che ovunque si leggono hashtag deliranti tipo #siamotuttiMatteoRenzi (parlino per sé, i miei genitori non sono mai stati posti agli arresti domiciliari!) oltre all’inevitabile #iostoconMatteoRenzi (ma non si sa che cosa abbia fatto Matteo Renzi o quale sia il suo ruolo in questa vicenda). Forse qualcuno pensa che hanno colpito i genitori per colpire il figlio, una sorta di giustizia che, come una scheggia impazzita, prescinde da un concetto fondamentale: la responsabilità penale è personale (cioè, nessuno paga al posto di un altro). E il piagnisteo continua. gli hashtag sono i più utilizzati su Twitter, di Salvini salvo ormai non si ricorda più nessuno e il piagnisteo continua. Non c’è nessuna gogna né ingiusta né aberrante per Matteo Renzi, rendiamocene conto. Forse così facendo potremmo ricominciare a parlarne a mente serena.
Ho il dovere di fare una precisazione sulle vicende giudiziarie di Nichi Vendola, di cui ho parlato spesso.
Lo faccio con un po’ di ritardo, ma vediamo di raccapezzarci un po’ nella materia.
Sia chiaro in primo luogo che Nichi Vendola è e rimane ancora indagato per il reato di concussione nell’ambito dell’indagine sull’Ilva.
Il 4 dicembre scorso il Giudice per le Indagini Preliminari ha accolto la richiesta di archiviazione formulata dalla Procura per i reati di abuso d’ufficio, peculato e falso, per una transazione da 45 milioni di euro tra la Regione Puglia e l’ospedale ecclesiastico Miulli di Acquaviva delle Fonti.
Non è una buonissima notizia. L’unica notizia che metterebbe veramente fine a questa e a tante vicente giudiziarie sarebbe l’assoluzione con formula piena, e quella la si può ottenere solo in giudizio, non certo in sede preliminare.
La gente è abituata a equiparare l’archiviazione con l’assoluzione (e il patteggiamento con l’ammissione di colpevolezza). Non è così. Si archivia una posizione perché non ci sono elementi sufficienti per andare a giudizio. Ma non è detto che quegli elementi non possano essere trovati, e allora il processo si potrebbe riaprire (a meno che i fatti non siano caduti in prescrizione nel frattempo).
Resta ancora impregiudicata la domanda: quando si dimetterà Vendola per poter affrontare anche l’ultima pendenza giudiziaria come un normale cittadino?