Una storia disonesta

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spinello

Era solo un ragazzo.

Un ragazzo fa molta paura. Soprattutto se ha 16 anni e non può difendersi. Soprattutto se, perquisito una prima volta e trovato in possesso di ben 10 grammi di hashish, non oppone resistenza, anzi, confessa addirittura di averne ancora a casa.

Un ragazzo così fa una paura tale che devi mandargli per forza sei uomini delle forze dell’ordine per perquisirgli la cameretta alla ricerca di quello che ti ha già detto di avere. Ne basterebbe uno solo, magari in borghese, per accompagnarlo e farsi dare il fumo, la “roba”, o come cazzo si chiama in gergo, ma il ragazzo di sedici anni fa paura, tanta paura, e allora bisogna fargliene altrettanta. Bisogna far leva sullo stigma sociale, sull’impressione che fanno le due volanti della Guardia di Finanza parcheggiate sotto casa, sul senso di colpa che si prova a subire una perquisizione davanti ai propri genitori, sulla vergogna di sentirsi sporchi.

E allora, solo allora, si ha la meglio su quel ragazzo di sedici anni che ci faceva tanta paura. E gli si può anche raccontare la storiella che quello che in realtà si stava facendo era per il suo bene, per evitare che continuasse ad usare e abusare della sostanza, magari che non spacciasse, ecco perché così tanta gente a cercare la sostanza proibita. C’era bisogno di tutto quel dispiego di forze per dimostrare che la Fini-Giovanardi è una legge educativa, non repressiva.

Poi il vuoto, il volo, lo schianto, la morte.

I militari, comprensibilmente erano scioccati. Loro. Figuriamoci quei due poveri genitori. Ma nesssun problema: i finanzieri potranno contare su un sostegno psicologico gratuito (la gente normale l’analista se lo paga a bòtte di 50 euro a seduta) e chissà, magari, tra un po’, quando tutto questo sarà finito, quando la gente se ne sarà dimenticata, quando tutto sarà sedato, anche una promozioncina o un trasferimento su richiesta.

Resterà solo la morte.
E la sconfitta. La sconfitta di uno stato inquisitore e violento che aveva una paura fottuta di un ragazzo di sedici anni.

Fini-Giovanardi: incostituzionale l’equiparazione penale delle droghe leggere a quelle pesanti

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Chissà come ci si deve sentire ad aver messo il proprio nome, le proprie speranze politiche, il proprio impegno, la responsabilità davanti ai cittadini in una legge che è stata dichiarata incostituzionale in alcune sue parti.

Come ci si sente ad aver mandato in galera tante persone che non dovrebbero starci (per carcerazione preventiva o per espiazione della pena) solo per aver disgraziatamente equiparato una canna all’uso di droghe cosiddette “pesanti”?

E come ci si sente a sapere che parte di quei detenuti potranno chiedere l’equo indennizzo per ingiusta detenzione, ora che è stato stabilito che il pari livello di tutte le droghe è incostituzionale, e che quindi sarà la collettività a sganciare per aver scarsamente valutato la portata dell’articolo in questione?

Come si sta ad aver detto che un bicchiere di vino a pasto fa bene (andatelo a dire a chi si deve mettere in viaggio e rischia la sospensione dell patente e il sequestro del mezzo!) mentre la cannabis non può essere assunta nemmeno in dosi minimerrime?

Male, eh?

Giovanardi sul caso Sallusti: più che la formulazione della norma, va (…) criticata la concreta decisione del giudice

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GIOVANARDI (PdL). “In una popolare trasmissione televisiva, il Parlamento e la classe politica sono stati accusati di non aver modificato le norme penali in materia di diffamazione, sulla base delle quali e stata recentemente comminata una condanna  considerata sproporzionata – all’ex direttore del quotidiano «il Giornale». La differenza tra la pena edittale minima prevista dalla norma e la pena massima e pero molto ampia, perché la fattispecie penale puo comprendere anche comportamenti di rilevante gravità: più che la formulazione della norma, va dunque criticata la concreta decisione del giudice, che ha stabilito quale pena irrogare nel caso concreto.”

“La patologia non sta nel Senato o nella Camera, bensì in una Cassazione nella quale il procuratore generale dice ai magistrati che c’e qualcosa che non funziona. Non possono sostenere che c’e diffamazione. Attenzione, e lo richiamo in Senato: se esprimere un’opinione e diffamazione (oltretutto senza neanche fare il nome di nessuno, e quindi esprimendo soltanto un’idea), possiamo arrivare molto lontano, e non tanto in tema di responsabilita dei politici, ma in relazione alla liberta di pensiero che chiunque in Italia deve avere, compresi i politici. C’e il vezzo dei magistrati di denunciare i giornalisti, i parlamentari o i politici, tanto le cause vengono discusse da altri magistrati.
Se poi si vanno a vedere i tempi e il modo in cui finiscono le cause quando è un magistrato a denunciare o quando, viceversa, è un cittadino a denunciare un magistrato, ci si accorge dell’esistenza di uno squilibrio totale. E’ lì la patologia.”

Dal resoconto stenografico di due interventi di Carlo Giovanardi al Senato della Repubblica, 27 settembre 2012

Carlo Giovanardi: “L’olocausto dei gay non c’è mai stato”

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“L’Olocausto dei gay non c’è mai stato. C’è stata invece, questo sì, una persecuzione dei gay. Ma per essere chiari di Olocausto ce n’è stato uno solo, ed è stato quello del popolo ebraico, anche dal punto di vista legislativo, normativo; tutti elementi che hanno costituito l’unicità di questo terribile dramma storico”

(Carlo Giovanardi)

in “Il Fatto Quotidiano”

Carlo Giovanardi contro la pubblicita’ IKEA: “(…) il termine ‘famiglie’ e’ in aperto contrasto con la nostra legge fondamentale “

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"L’Ikea è libera di rivolgersi a chi vuole e di rivolgere i propri messaggi a chi ritiene opportuno. Ma quel termine ‘famiglie’ è in aperto contrasto con la nostra legge fondamentale che dice che la famiglia è una società naturale fondata sul matrimonio, in polemica contro la famiglia tradizionale, datata e retrograda".

(Carlo Giovanardi, sottosegretario alla famiglia, 23/04/2011)


"Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese."

(Costituzione della Repubblica Italiana, articolo 3)