Garante della Privacy – Omicidio a Roma: i media rispettino il codice di procedura penale

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In seguito alla pubblicazione di numerose immagini dei presunti autori di un omicidio, avvenuto a Roma, il Garante ritiene opportuno ricordare che – fermo restando il diritto-dovere di informare su fatti di interesse pubblico – il giornalista deve comunque attenersi a quanto stabilito dalla specifica normativa vigente in materia.

Oltre a quanto previsto dalle Regole deontologiche relative al trattamento di dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica, l’art. 114, del Codice di procedura penale vieta “la pubblicazione dell’immagine di persona privata della libertà personale ripresa mentre la stessa si trova sottoposta all’uso di manette ai polsi ovvero ad altro mezzo di coercizione fisica, salvo che la persona vi consenta”.

Roma, 25 ottobre 2019

Tratto da: https://www.gpdp.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/9170332

Il senso di Pippo Civati per la Privacy

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Screenshot da www.civati.it

Io Pippo Civati non lo capisco. E non capirò mai neanche il perché abbia un seguito femminile così acceso e caloroso. Ma parliamo d’altro.

Ha inserito un sondaggio nel suo sito personale. Scopo del sondaggio dovrebbe essere quello di raccogliere il maggior numero possibile di opinioni sull’opportunità di votare la fiducia o meno in Parlamento al neogoverno Renzi e a tutte le renzine e ai renzini che ne fanno parte con malcelato orgoglio. In breve, fiducia o abbandono delle fila del PD. Che, voglio dire, dovrebbe anche saperlo un gocciolino da se solo, invece di chiederlo agli altri.

Per fare una cosa di questo genere basterebbe un formulario a due risposte, visto che tertium non datur e che ubi maior minor cessat.

Macché, sono ben UNDICI domande quando ne sarebbe bastata una, la prima.

Già la seconda è particolarmente fastidiosa: “Indipendentemente dalla tua risposta alla domanda 1, quali ragioni reputi valide per votare la fiducia?” Ma come sarebbe a dire “Indipendentemente dalla mia risposta alla domanda 1”?? Se io dovessi dire che la fiducia a Renzi non va votata come faccio a reputare valide alcune ragioni per farlo? In effetti tra le risposte possibili (max. 3) ce n’è una che dice “Non ci sono ragioni valide che giustifichino il Si alla fiducia” e “Sì”, ovviamente, è scritto anche senza accento.

La terza domanda è in par condicio: “Indipendentemente dalla tua risposta alla domanda 1, quali ragioni reputi valide per non votare la fiducia?”, quindi rovesciate il ragionamento di cui sopra e avrete le risposta.

Dalla quinta scelta in poi si va sul personale. Ben 7 domande su 11, non c’è male.

Si inizia con il classico uomo-donna, per proseguire con l’indicazione delle fasce d’età (sono compreso nella penultima, “tra i 46 e i 60 anni“, appena scendo negli inferi dell’ultima fascia, “sopra i 60 anni” vado direttamente a Lourdes su un wagon-lit della Croce Rossa). “In quale provincia vive?” “Qual è il suo titolo di studio?” Chissà che cosa cambia nella legittimità dell’espressione di un’opinione tra un laureato di Trento e un contadino con la licenza media di Ragusa (come se a Trento non ci fossero persone con la licenza media e come se a Ragusa non ci fossero laureati!).

Splendido il parco-risposte alla domanda n. 9 “Qual è la sua attuale occupazione?” in cui è contemplata l’opzione “Non sa”. Ma chi è che NON SA quale sia la sua occupazione?? Voglio dire, chi è che esce la mattina di casa e va a esercitare una non-attività in un non-luogo? Giusto il protagonista di “Un giorno di ordinaria follia“!
E alla fine di tutto “Per favore, inserisca la sua mail.”

Ah, ecco cosa volevi, Civati, non volevi la mia opinione, volevi la mia mail. Non ti bastava il mio anonimato o registrare un semplice indirizzo IP di provenienza. Cos’è, vuoi scrivere a tutti quelli che non sanno quale occupazione hanno? Quelli che sono disoccupati a loro insaputa??

Meno male che c’è un pistolottino sulla Privacy da leggere. Dice così: “I dati personali, anche di natura sensibile, conferiti dall’Utente, saranno trattati esclusivamente per finalità di registrazione dell’Utente e per comunicare con l’Utente registrato.”

Ma è proprio quello che mi preoccupa. Che qualcuno “registri” me quando invece dovrebbe esclusivamente registrare le mie risposte. E anche che qualcuno desideri “comunicare” con me. Perché mai dovrebbe farlo? Vuole sapere se per caso non so che numero porto di scarpe? O se non so chi ho votato alle ultime elezioni?

Va bene, facciamo così: io rispondo e do il mio indirizzo di posta elettronica. Poi gliene chiedo la cancellazione. Se non rispondono o non ottemperano vado dal Garante della Privacy. Seguite il blog, è solo l’inizio.

 

Pubblicità indesiderata: parzialmente accolto un mio ricorso

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Registro dei provvedimenti
n. 260 del 20 settembre 2012

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, in presenza del dott. Antonello Soro, presidente, della dott.ssa Augusta Iannini, vicepresidente, della prof.ssa Licia Califano e della dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici, componenti e del dott. Giuseppe Busia, segretario generale;

VISTA l’istanza ex artt. 7 e 8 del d.lg. 30 giugno 2003, n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali) inviata da Valerio Di Stefano nei confronti di The Writer, con la quale l’interessato, nel contestare la ricezione di una comunicazione promozionale inviata al proprio indirizzo di posta elettronica, ha chiesto di avere conferma dell’esistenza di dati personali che lo riguardano e di ottenere la loro comunicazione in forma intelligibile, di conoscerne l’origine, le finalità, le modalità e la logica su cui si basa il loro trattamento, nonché i soggetti o le categorie di soggetti ai quali i dati possono essere comunicati e l’ambito di diffusione degli stessi; visto che il ricorrente si è altresì opposto all’ulteriore trattamento di tali dati, di cui ha sollecitato la cancellazione;

VISTO il ricorso pervenuto l’8 maggio 2012 nei confronti di Planet Book Service di Mario Manna & C. s.a.s. (che è risultato essere il soggetto giuridico titolare del trattamento, di cui “The Writer” è un marchio commerciale), con il quale Valerio Di Stefano, nel sostenere di non aver ricevuto alcun riscontro dalla parte resistente, ha ribadito le proprie richieste e ha chiesto, altresì, di porre a carico della stessa le spese del procedimento;

VISTI gli ulteriori atti d’ufficio e, in particolare, la nota del 21 giugno 2012 con la quale questa Autorità, ai sensi dell’art. 149, comma 1, del Codice in materia di protezione dei dati personali (d.lg. 30 giugno 2003, n. 196), ha invitato il titolare del trattamento a fornire riscontro alle richieste dell’interessato, nonché la nota del 21 giugno 2012 con la quale questa Autorità ha disposto la proroga del termine per la decisione sul ricorso ai sensi dell’art. 149, comma 7, del Codice;

VISTA la nota pervenuta via e-mail il 12 luglio 2012 con la quale la resistente, nello scusarsi per il ritardo nel fornire riscontro alle istanze del ricorrente nonché per l’avvenuto invio delle comunicazioni promozionali, ha affermato che il nominativo del ricorrente, di cui non è in grado di dire nulla in ordine alla sua origine, è stato cancellato dall’archivio della società e l’interessato “non riceverà alcuna comunicazione ulteriore”;

VISTA la nota pervenuta via e-mail il 19 luglio 2012 con la quale il ricorrente, nel sottolineare la tardività del riscontro ottenuto dalla controparte, ne ha d’altra parte lamentato l’incompletezza, con particolare riferimento alla mancata precisazione circa l’eventuale comunicazione dei propri dati a soggetti terzi;

RILEVATO che, alla luce della documentazione in atti, la società resistente ha fornito solo un parziale riscontro alle istanze dell’interessato; ritenuto pertanto di dover accogliere parzialmente il ricorso e di dover ordinare alla resistente, ai sensi dell’art. 150, comma 2, del Codice, di comunicare al ricorrente e a questa Autorità l’origine dei dati personali che lo riguardano (almeno con riferimento alle fonti di acquisizione degli indirizzi di posta elettronica correntemente usati nell’attività di marketing) e i soggetti o categorie di soggetti ai quali gli stessi siano stati eventualmente comunicati, entro e non oltre trenta giorni dalla ricezione del presente provvedimento;

RITENUTO invece di dover dichiarare non luogo a provvedere sul ricorso ai sensi dell’art. 149, comma 2, del Codice in ordine alle restanti richieste, avendo la società resistente fornito, seppure solo nel corso del procedimento, un sufficiente riscontro alle rimanenti istanze dell’interessato affermando, in particolare (con dichiarazione della cui veridicità l’autore risponde ai sensi dell’art. 168 del Codice “Falsità nelle dichiarazioni e notificazioni al Garante”) che nessuna ulteriore comunicazione promozionale sarà più inviata all’interessato;

VISTA la determinazione generale del 19 ottobre 2005 sulla misura forfettaria dell’ammontare delle spese e dei diritti da liquidare per i ricorsi; ritenuto congruo, su questa base, determinare l’ammontare delle spese e dei diritti inerenti all’odierno ricorso nella misura forfettaria di euro 500, di cui euro 150 per diritti di segreteria, considerati gli adempimenti connessi, in particolare, alla presentazione del ricorso e ritenuto di porli a carico di Planet Book Service di Mario Manna & C. s.a.s., nella misura di 300 euro, previa compensazione della residua parte per giusti motivi;

VISTI gli artt. 145 e s. del Codice in materia di protezione dei dati personali (d.lg. 30 giugno 2003, n. 196);

VISTE le osservazioni dell’Ufficio formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE il dott. Antonello Soro;

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

a) accoglie parzialmente il ricorso e ordina alla società resistente di comunicare al ricorrente e a questa Autorità l’origine dei dati personali che lo riguardano e i soggetti o le categorie di soggetti ai quali gli stessi siano stati eventualmente comunicati, entro e non oltre trenta giorni dalla ricezione del presente provvedimento;

b) dichiara non luogo a provvedere sul ricorso in ordine alle restanti richieste;

c) determina nella misura forfettaria di euro 500, l’ammontare delle spese del procedimento posto, nella misura di 300 euro, previa compensazione della residua parte per giusti motivi, a carico di Planet Book Service di Mario Manna & C. s.a.s., la quale dovrà liquidarli direttamente a favore del ricorrente.

Ai sensi degli artt. 152 del Codice e 10 del d.lg. n. 150/2011, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all’autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato al tribunale ordinario del luogo ove ha la residenza il titolare del trattamento dei dati, entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso, ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero.

Roma, 20 settembre 2012

IL PRESIDENTE
Soro

IL RELATORE
Soro

IL SEGRETARIO GENERALE
Busia

Ce l’abbiamo fatta! Inviati 200 euro a favore delle popolazioni terremotate dell’Emilia

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Bene, allora possiamo dire tranquillamente che ce l’abbiamo fatta.

Finalmente ho ricevuto il bonifico di 200 euro per la pubblicità indesiderata (si tratta di un rimborso spese stabilito dal Garante per la protezione dei dati personali) e di cui vi ho parlato per la prima volta qui:

https://www.valeriodistefano.com/un-ricorso-al-garante-della-privacy-per-le-popolazioni-terremotate-dellemilia.html

e di cui trovate il testo del provvedimento di qua

https://www.valeriodistefano.com/e-mail-pubblicitarie-non-richieste-200-euro-per-i-terremotati-dellemilia.html.

Come promesso ho girato subito il tutto a favore dei terremotati dell’Emilia attraverso l’“Associazione Italiana Fundraiser ASSIF”.

Volevo far presente che un ricorso presso il Garante della Privacy, qualunque sia il suo esito, costa COMUNQUE 150 euro (si tratta di diritti di segreteria), ma fare un bonifico di soli 50 euro, per una causa del genere, mi sembrava un po’ da pidocchi, quindi ho preferito devolvere la cifra intera.

La vicenda e’ iniziata il 6 giugno 2012 e si e’ conclusa 5 mesi e 20 giorni dopo.

Vi riporto lo screenshot del bonifico. Va bene così, no?

PS: I 200 euro li scalo dalla dichiarazione dei redditi e ci mancherebbe anche altro.

E-mail pubblicitarie non richieste: 200 euro per i terremotati dell’Emilia

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E’ stata pubblicato sul bollettino del Garante della Privacy il provvedimento emesso a seguito del mio ricorso presentato tempo fa per avere ricevuto una mail di propaganda (fatti di cui parlo qui).

Il Garante, come ho già detto, ha riconosciuto una liquidazione delle spese a mio favore nella misura di 200 euro.

Non appena tale liquidazione mi verrà versata (a tutt’oggi non l’ho ricevuta) sarà interamente devoluta alle popolazioni terremotate dell’Emilia e ve ne darò conto.

Preciso che il ricorso al Garante della Privacy costa 150 euro di diritti di segreteria, che devono essere comunque versati all’atto della presentazione, indipendentemente dall’esito del ricorso.

da: http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/2075810

[doc. web n. 2075810]

Provvedimento del 20 settembre 2012

Registro dei provvedimenti
n. 255 del 20 settembre 2012

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, in presenza del dott. Antonello Soro, presidente, della dott.ssa Augusta Iannini, vicepresidente, della prof.ssa Licia Califano e della dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici, componenti e del dott. Giuseppe Busia, segretario generale;

VISTA l’istanza ex artt. 7 e 8 del d.lg. 30 giugno 2003, n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali) inviata da Valerio Di Stefano nei confronti di Italcube s.r.l., con la quale l’interessato, nel contestare la ricezione di una comunicazione promozionale inviata al proprio indirizzo di posta elettronica, ha chiesto di avere conferma dell’esistenza di dati personali che lo riguardano e di ottenere la loro comunicazione in forma intelligibile, di conoscerne l’origine, le finalità, le modalità e la logica su cui si basa il loro trattamento, nonché i soggetti o le categorie di soggetti ai quali i dati possono essere comunicati e l’ambito di diffusione degli stessi; visto che il ricorrente si è altresì opposto all’ulteriore trattamento di tali dati, di cui ha sollecitato la cancellazione;

VISTO il ricorso pervenuto il 17 giugno 2012 nei confronti di Italcube s.r.l., con il quale Valerio Di Stefano, nel sostenere di non aver ricevuto alcun riscontro dalla parte resistente, ha ribadito le proprie richieste e ha chiesto, altresì, di porre a carico della stessa le spese del procedimento;

VISTI gli ulteriori atti d’ufficio e, in particolare, la nota del 21 giugno 2012 con la quale questa Autorità, ai sensi dell’art. 149, comma 1, del Codice in materia di protezione dei dati personali (d.lg. 30 giugno 2003, n. 196), ha invitato il titolare del trattamento a fornire riscontro alle richieste dell’interessato;

VISTA le note pervenute via e-mail il 10 luglio 2012 e il 3 agosto 2012 con le quali la società resistente, nel fornire riscontro alle istanze del ricorrente, ha sostenuto di non avere ricevuto l’interpello preventivo (probabilmente per la presenza di filtri antispam) precisando altresì di avere inviato all’interessato “un messaggio pubblicitario proveniente dal sito www.caffe.com” in quanto lo stesso, in occasione di due precedenti acquisti presso altro sito (www.cartucce.it, “sito in uso alla medesima società Italcube s.r.l.”), aveva “espressamente autorizzato l’invio di informazioni commerciali e/o promozionali” su prodotti, servizi e altre attività, anche con riferimento alle società del gruppo; nella medesima nota la resistente ha altresì affermato, che a seguito delle modifiche apportate il ricorrente “non riceverà più alcuna comunicazione dalla nostra società e da società collegate a qualsiasi titolo al nostro gruppo”;

VISTA le note pervenute via e-mail il 18 luglio 2012 e il 3 agosto 2012 con le quali il ricorrente, che ha ulteriormente documentato l’invio dell’interpello preventivo, ha sostenuto la piena legittimità dell’utilizzo a tal fine di un indirizzo di posta elettronica tradizionale, ha sottolineato la tardività del riscontro ottenuto e ha, infine, ribadito la richiesta di porre a carico della controparte le spese del procedimento;

RITENUTO di dover dichiarare non luogo a provvedere sul ricorso ai sensi dell’art. 149, comma 2, del Codice avendo la società resistente fornito, nel corso del procedimento, adeguato riscontro alle istanze dell’interessato affermando (con dichiarazione della cui veridicità l’autore risponde ai sensi dell’art. 168 del Codice “Falsità nelle dichiarazioni e notificazioni al Garante”)  che nessuna comunicazione promozionale sarà più inviata all’interessato “dalla nostra società e da società collegate a qualsiasi titolo al nostro gruppo”;

VISTA la determinazione generale del 19 ottobre 2005 sulla misura forfettaria dell’ammontare delle spese e dei diritti da liquidare per i ricorsi; ritenuto congruo, su questa base, determinare l’ammontare delle spese e dei diritti inerenti all’odierno ricorso nella misura forfettaria di euro 500, di cui euro 150 per diritti di segreteria, considerati gli adempimenti connessi, in particolare, alla presentazione del ricorso e ritenuto di porli a carico di Italcube s.r.l. nella misura di 200 euro, previa compensazione della residua parte per giusti motivi;

VISTI gli artt. 145 e s. del Codice in materia di protezione dei dati personali (d.lg. 30 giugno 2003, n. 196);

VISTE le osservazioni dell’Ufficio formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE la dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici;

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

a) dichiara non luogo a provvedere sul ricorso;

b) determina nella misura forfettaria di euro 500, l’ammontare delle spese del procedimento posto, nella misura di 200 euro, previa compensazione della residua parte per giusti motivi, a carico di Italcube s.r.l., la quale dovrà liquidarli direttamente a favore del ricorrente.

Ai sensi degli artt. 152 del Codice e 10 del d.lg. n. 150/2011, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all’autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato al tribunale ordinario del luogo ove ha la residenza il titolare del trattamento dei dati, entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso, ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero.

Roma,  20 settembre 2012

IL PRESIDENTE
Soro

IL RELATORE
Bianchi Clerici

IL SEGRETARIO GENERALE
Busia

Pubblicità indesiderata: 200 euro per i terremotati dell’Emilia

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Prima di fare fagotto, volevo rendervi edotti del fatto che il Garante per la Protezione dei Dati Personali, a decisione finale del ricorso presentato per l’invio di messaggi di pubblicità indesiderata (trovate qui tutti i dettagli), mi ha riconosciuto un rimborso spese di 200 euro. Ne ho spesi 150 per presentare il ricorso. Non mi importa, come ho già scritto devolverò tutto alle popolazioni terremotate dell’Emilia. Non pubblico i dati completi perché il dispositivo non è ancora stato pubblicato a sua volta sul bollettino del Garante della Privacy.

Ma ce l’abbiamo fatta.

Un ricorso al Garante della Privacy per le popolazioni terremotate dell’Emilia

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Allora, da giorni vengo raggiunto da messaggi di posta elettronica non sollecitati da parte di una ditta che vende caffè on line.

Non solo non posseggo nessun tipo di macchina da caffè (espresso, moka, napoletana, con le cialde), ma non sopporto il gusto del caffè in modo assoluto. Mi ripugna, lo trovo sgradevole e riesco a tollerarlo solo nel ponce alla livornese. Per il resto non bevo caffè in assoluto, nemmeno al mattino quando mi sveglio.

Non ordinerei mai una fornitura di caffé che non sia il pacchetto di “Crema e Gusto” che beve mia moglie e che posso trovare tranquillamente al supermercato sotto casa.

Mi sono state mandate e-mail di propaganda a distanza temporale piuttosto ravvicinata (mediamente una mail ogni quattro giorni).

L’ultima è stata questa. Riguarda una offerta che abbina a qualunque ordine effettuato, una pezzatura di Parmigiano Reggiano del peso di 250-350 grammi circa. Il Parmigiano viene dagli stabilimenti distrutti dal terremoto in Emilia. Scrivono anche da dove l’hanno comprato.

La pubblicità recita “Aiutaci ad aiutare”. Potrebbe lasciar pensare al fatto che effettuando una ordinazione di caffè si contribuisca ad aiutare le popolazioni e le attività commerciali colpite dal sisma.

Invece il Parmigiano è già stato GIA’ acquistato.

Quindi, perché, semplicemente, non omaggiare gli acquirenti di questo prodotto, magari allegando un biglietto e spiegando il perché e il percome lo si è acquistato (è un bel gesto, in fondo) e le circostanze per cui lo si regala ai clienti?

Non è che “se compri da me poi aiuti i terremotati dell’Emilia”.

E allora ho deciso di iniziare le pratiche per presentare un ricorso al Garante della Privacy. Se riuscirò ad avere anche solo un rimborso spese riconosciuto, anche solo di 50 euro, lo devolverò alle popolazioni dell’Emilia. Davvero.

Il Garante della Privacy: INCA-CGIL deve rifondere 300 euro di spese

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Resterebbe solo da sapere chi sia il signor XY…

da: http://www.garanteprivacy.it/garante/doc.jsp?ID=1842944


Provvedimento del 21 luglio 2011

Registro dei provvedimenti
n. 315 del 21 luglio 2011

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, in presenza del prof. Francesco Pizzetti, presidente, del dott. Giuseppe Chiaravalloti, vicepresidente, del dott. Mauro Paissan e del dott. Giuseppe Fortunato, componenti e del dott. Daniele De Paoli, segretario generale;

VISTA l’istanza ex art. 7 del Codice in materia di protezione dei dati personali (d.lg. 30 giugno 2003, n. 196) inviata ad INCA-CGIL, con la quale XY, (il quale in data 3 febbraio 2011 era rimasto vittima di un infortunio "in itinere"), dopo aver ricevuto il 16 febbraio 2011 una comunicazione postale non sollecitata (contenente l’invito all’interessato a recarsi presso gli uffici del Patronato INCA-CGIL per comunicazioni inerenti il proprio infortunio), ha chiesto di avere conferma dell’esistenza dei dati personali, anche sensibili, che lo riguardano presso gli archivi della resistente, di averne comunicazione in forma intelligibile, di conoscere l’origine delle informazioni, le finalità, le modalità e la logica su cui si basa il loro trattamento, nonché i soggetti o le categorie di soggetti ai quali i dati possono essere comunicati; rilevato che, con la medesima istanza, l’interessato si è opposto all’ulteriore utilizzo dei dati che lo riguardano, sollecitandone a tal fine la cancellazione;

VISTO il ricorso presentato il  18 aprile 2011 nei confronti di INCA-CGIL  con la quale XY, ritenendo non adeguato il riscontro all’istanza ex art. 7 del Codice, ha ribadito le proprie richieste, chiedendo anche la liquidazione in proprio favore delle spese del procedimento;

VISTI gli ulteriori atti d’ufficio e, in particolare, la nota del 21 aprile 2011 con la quale questa Autorità, ai sensi dell’art. 149, comma 1, del Codice, ha invitato il resistente a fornire riscontro alle richieste dell’interessato, nonché la nota del 15 giugno 2011 con la quale, ai sensi dell’art. 149, comma 7, è stata disposta la proroga dei termini relativi al procedimento;

VISTA la nota datata 10 maggio 2011 con la quale la resistente ha fornito riscontro alle richieste del ricorrente, precisando tra l’altro che: 1) i dati personali detenuti in relazione al ricorrente corrispondono esclusivamente al nome, cognome e indirizzo (infatti nella banca dati INCA-CGIL non figura alcuna posizione associata al nominativo del ricorrente) e non detiene pertanto alcun dato sensibile o informazioni sullo stato di salute dell’interessato, come invece sostenuto da quest’ultimo); 2) il Patronato avrebbe avuto "notizia dell’infortunio in itinere (…) da un proprio iscritto il quale, avendo conoscenza personale dell’infortunato, ha fornito di quest’ultimo le generalità e l’indirizzo";  3), come già comunicato al ricorrente prima del ricorso, "è prassi dell’ente INCA-CGIL contattare le persone interessate e vittime di infortunio per offrire, se lo desiderano, assistenza", che viene fornita, peraltro, ai sensi dell’art.7 della legge n. 152/2001, "indipendentemente dall’adesione dell’interessato all’organizzazione promotrice e a titolo gratuito"; 4) la resistente ha provveduto a cancellare i dati personali detenuti in relazione al ricorrente;

VISTA le note pervenute via e.mail l’11 maggio 2011 e il 13 giugno 2011 con le quali l’interessato si è dichiarato insoddisfatto del riscontro fornito dalla resistente in ordine all’origine dei dati e ha ribadito la richiesta relativa alle spese per il procedimento;

VISTA la nota inviata in data 30 maggio 2011 con la quale la resistente ha ulteriormente precisato che "nel corso di un’assemblea indetta dal Patronato per l’esame da parte dei lavoratori delle problematiche infortunistiche e degli strumenti di tutela accordati ai lavoratori in tema di indennizzo risarcitorio dell’INAIL del danno biologico, un partecipante comunicava ai dirigenti sindacali di un infortunio occorso ad un suo conoscente del quale indicava esclusivamente il nome, il cognome e l’indirizzo";

RITENUTA la necessità di dichiarare non luogo a provvedere sul ricorso ai sensi dell’art. 149, comma 2, del Codice, atteso che l’ente resistente ha fornito riscontro alle richieste del ricorrente, attestando in particolare, con dichiarazione della cui veridicità l’autore risponde anche ai sensi dell’art. 168 del Codice ("Falsità nelle dichiarazioni e notificazioni al Garante"), di aver acquisito i dati personali del ricorrente da un conoscente di quest’ultimo nel corso di un’assemblea indetta dal Patronato e di aver comunque cancellato i dati detenuti in relazione all’interessato;

VISTA la determinazione generale del 19 ottobre 2005 sulla misura forfettaria dell’ammontare delle spese e dei diritti da liquidare per i ricorsi; ritenuto congruo, su questa base, determinare l’ammontare delle spese e dei diritti inerenti all’odierno ricorso nella misura forfettaria di euro 500, di cui euro 150 per diritti di segreteria, considerati gli adempimenti connessi, in particolare, alla presentazione del ricorso e ritenuto di porli a carico di INCA-CGIL nella misura di euro 300, compensandone la residua parte per giusti motivi;

VISTA la documentazione in atti;

VISTI gli artt. 145 e s. del Codice;

VISTE le osservazioni dell’Ufficio formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE il dott. Mauro Paissan;

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE:

a) dichiara non luogo a provvedere sul ricorso;

b) determina nella misura forfettaria di euro 500 l’ammontare delle spese e dei diritti del procedimento ponendoli nella misura di euro 300 a carico di INCA-CGIL, previa compensazione della residua parte per giusti motivi, la quale dovrà liquidarli direttamente a favore del ricorrente.

Avverso il presente provvedimento, ai sensi dell’art. 152 del Codice, può essere proposta opposizione davanti al tribunale ordinario del luogo ove ha sede il titolare del trattamento entro il termine di trenta giorni dalla notificazione del provvedimento stesso.

Roma, 21 luglio 2011

IL PRESIDENTE
Pizzetti

IL RELATORE
Paissan

IL SEGRETARIO GENERALE
De Paoli

Privacy e posta indesiderata: il dispositivo del Garante nei confronti dell’Associazione “Lo Spino Bianco”

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A tutt’oggi non mi risulta pervenuto il rimborso delle spese da parte dell’Associazione Culturale in questione. Vi daro’ notizie.

Tratto da: http://www.garanteprivacy.it/garante/doc.jsp?ID=1846482


Provvedimento del 22 settembre 2011

Registro dei provvedimenti
n. 340 del 22 settembre 2011

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, in presenza del prof. Francesco Pizzetti, presidente, del dott. Giuseppe Chiaravalloti, vicepresidente, del dott. Giuseppe Fortunato e del dott. Mauro Paissan, componenti e del dott. Daniele De Paoli, segretario generale;

VISTO il ricorso presentato al Garante il 28 luglio 2011 da Valerio Di Stefano nei confronti di Associazione Lo Spino Bianco, con il quale il ricorrente – che assume di aver ricevuto alcune comunicazioni promozionali non richieste al proprio indirizzo di posta elettronica – ha ribadito la richiesta, avanzata ai sensi dell’art. 7 del Codice in materia di protezione dei dati personali (d.lg. 30 giugno 2003, n. 196) in data 4 luglio 2011, volta ad avere conferma dell’esistenza di dati personali che lo riguardano e a ottenere la loro comunicazione in forma intelligibile e l’indicazione dell’origine, delle modalità, della logica e delle finalità del trattamento, nonché dei soggetti o delle categorie di soggetti ai quali i dati possono essere comunicati; visto che il ricorrente, nell’opporsi al trattamento dei dati, ha sollecitato la loro cancellazione, chiedendo di porre a carico della controparte le spese del procedimento;

VISTI gli ulteriori atti d’ufficio e, in particolare, la nota del 10 agosto 2011 con la quale questa Autorità, ai sensi dell’art. 149, comma 1, del Codice in materia di protezione dei dati personali (d.lg. 30 giugno 2003, n. 196), ha invitato il titolare del trattamento a fornire riscontro alle richieste dell’interessato;

VISTA la nota pervenuta via fax il 1° settembre 2011 con la quale il titolare del trattamento, nell’affermare che l’unico dato personale detenuto in relazione al ricorrente corrisponde all’indirizzo e-mail (pubblicato dallo stesso ricorrente sul proprio sito Internet) e che tale dato non è stato comunicato a terzi in quanto inserito "in una mailing list nascosta nel campo dei destinatari" (c.d. "blind carbon copy"); rilevato che l’associazione resistente ha provveduto nel frattempo alla cancellazione dell’indirizzo e-mail in questione, sottolineando il carattere "divulgativo/culturale" della comunicazione stessa;

VISTA la nota pervenuta via e-mail il 2 settembre 2011 con la quale il ricorrente ha sottolineato la tardività del riscontro ottenuto ed ha rilevato che la pubblicazione del proprio indirizzo di posta elettronica su Internet non renderebbe lecito, senza consenso, l’utilizzo del dato per l’invio di e-mail di carattere promozionale non sollecitate; il ricorrente ha pertanto ribadito la richiesta di porre a carico della controparte le spese del procedimento;

RILEVATO che, ai sensi dell’art. 130 del Codice, le comunicazioni effettuate mediante posta elettronica per l’invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta o per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale necessitano del preventivo consenso dell’interessato (salvo quanto previsto dal comma 4 del medesimo articolo) e che la reperibilità in Internet di un indirizzo di posta elettronica non lo rende per ciò stesso liberamente disponibile anche per l’invio di comunicazioni elettroniche non sollecitate;

RITENUTO comunque di dover dichiarare non luogo a provvedere sul ricorso ai sensi dell’art. 149, comma 2, del Codice avendo il titolare del trattamento (che ha cancellato dal proprio archivio l’indirizzo di posta elettronica dell’interessato) fornito un sufficiente riscontro all’interessato, seppure dopo la presentazione del ricorso;

VISTA la determinazione generale del 19 ottobre 2005 sulla misura forfettaria dell’ammontare delle spese e dei diritti da liquidare per i ricorsi; ritenuto congruo, su questa base, determinare l’ammontare delle spese e dei diritti inerenti all’odierno ricorso nella misura forfettaria di euro 500, di cui euro 150 per diritti di segreteria, considerati gli adempimenti connessi, in particolare, alla presentazione del ricorso e ritenuto di porli a carico di Associazione Lo Spino Bianco nella misura di 200 euro, previa compensazione della residua parte per giusti motivi;

VISTI gli artt. 145 e s. del Codice in materia di protezione dei dati personali (d.lg. 30 giugno 2003, n. 196);

VISTE le osservazioni dell’Ufficio formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE il dott. Giuseppe Fortunato;

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

a) dichiara non luogo a provvedere sul ricorso;

b) determina nella misura forfettaria di euro 500, l’ammontare delle spese del procedimento posto, nella misura di 200 euro, previa compensazione della residua parte per giusti motivi, a carico di Associazione Lo Spino Bianco, la quale dovrà liquidarli direttamente a favore del ricorrente.

Avverso il presente provvedimento, ai sensi dell’art. 152 del Codice, può essere proposta opposizione davanti al tribunale ordinario del luogo ove ha sede il titolare del trattamento, entro il termine di trenta giorni dalla notificazione del provvedimento stesso.

Roma, 22 settembre 2011

IL PRESIDENTE
Pizzetti

IL RELATORE
Fortunato

IL SEGRETARIO GENERALE
De Paoli

World Business Mail: per non ricevere lo spamming e’ necessario scrivere in India

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Ultimamente sto ricevendo un (bel) po’ di spamming  che vale la pena di essere analizzato.

I mittenti "apparenti" sarebbero grandi aziende italiane (l’ultima mail di spam che ho ricevuto sembra provenire da "TeleTu"), ma il tutto è da ricondurre alla Newsletter di WorldBusinessMail (un nome una garanzia!), come è regolarmente scritto in fondo alla proposta pubblicitaria, che recita, per l’appunto "State ricevendo questo messaggio in quanto siete iscritti gratuitamente alla newsletter di WorldBusinessMail".

Ora c’è un piccolo problema: io non mi sono mai iscritto a WorldBusinessMail.

Poco male, c’è il link dedicato all’informativa sulla privacy e penso di avviare tutte le procedure per farmi rimuovere. Anche perché, come è da immaginare, il link della disiscrizione automatica non solo non funziona, ma non fa altro che confermare che il mio indirizzo è realmente esistente, ma del resto quelli di WorldBusinessMail non dovrebbero averne dubbi.

L’informativa sulla privacy sembra dare sicurezza. Si citano le normative in tema di protezione dei dati personali vigenti in Italia, fino a dire che:

"Per qualsiasi problema o questione relativa ai suoi dati personali, la invitiamo a contattare l’incaricato per la conformità dei dati personali WorldBusinessMail al seguente indirizzo:

WorldBusinessMail

Tuticorin, Tamil Nadu 628001 India"


Insomma, per non essere più disturbato uno deve scrivere in India, dove, naturalmente, le leggi italiane non valgono e, quindi, c’è poco da attaccarsi al Garante della Privacy.

Ma c’è di più: "WorldBusinessMail trasmetterà i dati dell’utente a suoi partner commerciali per permettere l’invio delle offerte promozionali potenzialmente interessanti. La mancanza di un rifiuto da parte dell’utente implica automaticamente il suo consenso a tale uso e divulgazione dei suoi dati personali."
Come sempre il fatto che non si dica "no" corrisponde automaticamente a un "sì".
Mi ricorda il primo film dell’ottimo Francesco Nuti ("Madonna che silenzio c’è stasera!") che in una disputa surreale asseriva che chi tace non acconsente, chi tace sta zitto.

La pubblicita’ radiotelevisiva del Registro Pubblico delle Opposizioni

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C’è una pubblicità strana, insinuante, sciropposa e fuorviante.

Non so se l’avete vista, è quella del Ministero dello Sviluppo Economico relativa al Registro delle Opposizioni.

Il Registro delle Opposizioni è una roba da girone dantesco. E’ un coso di proporzioni elefantiache e di una assoluta inutilità che dovrebbe servire a preservare il cittadino dal Telemarketing Selvaggio.
Tutto questo perché il Parlamento ha approvato un provvedimento che permette alle aziende di pescare liberamente i numeri telefonici degli abbonati dagli elenchi per offrire pubblicità.

In breve, per calpestarci i testicoli coi tacchetti a spillo con offerte telefoniche ("Ma come, non mi dica che Lei paga ancora il Canone Telecom…") di ogni genere, non c’è bisogno che chi ci chiama disponga del nostro consenso a farlo (come dovrebbe accadere in ogni Paese che sia vagamente "normale"), no, basta essere inseriti nell’elenco degli abbonati al telefono.

Cioè, il solo fatto di comparire sull’elenco rende legittimo il continuo percussionismo scrotale.

Se uno NON vuole essere disturbato, i casi sono due:
a) o si fa cancellare dall’elenco telefonico (ma occhio che gli elenchi telefonici vecchi sono sempre una fornte inesauribile di dati, e non tutti vanno al macero);
b) o si iscrive, appunto, all’inutile Registro delle Opposizioni.

Inutile perché se io NON voglio un servizio lo chiedo a chi me lo offre, non devo iscrivermi proprio a un bel niente.

Ma la pubblicità telefisiva deve comunque servire per far conoscere il coso delle opposizioni in questione.

Ci sono due che formano (o dovrebbero formare) la classica coppia comica, solo che non fanno ridere nessuno. Dicono "Tu… tu…" per intendere sia il "tu" pronome personale che il segnale di occupato del telefono.
Figuratevi, battute del genere le faceva il Club di Topolino negli anni ’70. Le pubblicavano su "Qui Paperino Quack!" Roba da farsela sotto, uno guardava il telefono e gli chiedeva "Chi è il più bello del Reame?" e poi alzava la cornetta per sentirsi rispondere "Tuuu… Tuuuu…. Tuuuuuu….", insomma, si muore dal ridere (ah, le risa!). Ecco, battutine così.

Ma il messaggio sottile e nemmeno tanto subliminale che passa è lo slogan finale: "Uomo registrato, un po’ meno informato".

Cioè: puoi registrarti, sì, perché NOI che siamo buoni te ne diamo la possibilità e così nessuno ti disturba più, però sappi che così facendo sarai un po’ meno informato di prima.

E da quando la pubblicità è informazione?? L’informazione me la dài se mi dici come si fa una determinata cosa, non se mi offri un contratto telefonico per liberarmi di Telecom e poi imbrigliarmi nelle maglie di un’altra compagnia telefonica, magari mentre sto cenando. Non è informazione, è rottura di coglioni!
L’informazione sono io che me la vado a cercare, non me la deve offrire nessuno in casa mia.

E il registro delle opposizioni me lo faccio da solo.

Il “Signor Garante della Privacy” e l’ignoranza di chi ha paura

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Ho pubblicato oggi  il testo del provvedimento del Garante della Privacy che disciplina l’uso della sorveglianza attraverso le telecamere.

Qui un paio di opinioni e commenti. Credo dhe uno stato che sia disposto a far rinunciare i suoi cittadini alla privacy per un po’ di sicurezza non si meriti né privacy né sicurezza. In questo senso ha fatto bene il Garante a mettere dei paletti.

Apriti cielo e spalàncati terra, la gente reagisce perché vuole che la gente marcisca in galera e se non si possono più usare le telecamere per vedere chi entra e chi esce come si fa ad assicurare alla giustizia i malfattori? Già, perché per assicurare alla giustizia i malfattori si deve mettere in pericolo anche la riservatezza di chi non c’entra nulla. Bambini, ammalati, persone in carrozzella, amanti clandestini che passano, tutto ripreso, archiviato e schedato perché, si sa, ci sono i mariuoli che delinquono, eh, sì, bel discorso, come dire che siccome c’è qualcuno che lede i nostri diritti noi non possiamo più esercitarli, mi sembra ovvio.

La gente in Internet si sfoga commentando le notizie dei giornali, si sa, ed ecco un commento arrivato a "Repubblica" e rivolto al "Signor Garante" della Privacy.

Ora, chi glielo spiega a questa gente che pretende di avere la verità in tasca che il Garante della Privacy non è un signore ma un ufficio?

Privacy e telecamere: il testo del Garante sulla videosorveglianza

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Provvedimento in materia di videosorveglianza – 8 aprile 2010
(In corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale)

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, in presenza del prof. Francesco Pizzetti, presidente, del dott. Giuseppe Chiaravalloti, vice presidente, del dott. Mauro Paissan e del dott. Giuseppe Fortunato, componenti e del dott. Daniele De Paoli, segretario generale reggente;

VISTO lo schema del provvedimento in materia di videosorveglianza approvato dal Garante il 22 dicembre 2009 e trasmesso al Ministero dell’Interno, all’Unione delle Province d’Italia (UPI) ed all’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI), al fine di acquisirne preventivamente le specifiche valutazioni per i profili di competenza;

CONSIDERATE le osservazioni formulate dall’ ANCI con note del 25 febbraio 2010 (prot. n. 10/Area INSAP/AR/crc-10) e del 29 marzo 2010 (prot. n. 17/Area INSAP/AR/ar-10);

CONSIDERATE le osservazioni formulate dal Ministero dell’Interno con nota del 26 febbraio 2010;

VISTO il Codice in materia di protezione dei dati personali (d.lg. 30 giugno 2003, n. 196);

VISTE le osservazioni dell’Ufficio, formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento n. 1/2000;

Relatore il prof. Francesco Pizzetti; Continua la lettura di “Privacy e telecamere: il testo del Garante sulla videosorveglianza”

Telemarketing: ancora in vigore le indicazioni del Garante della Privacy

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Le regole predisposte dal Garante privacy nel marzo 2009, relative alle chiamate promozionali e pubblicitarie consentite a suo tempo dal decreto "Milleproroghe" del 2008, restano valide ancora per l’ulteriore periodo di sei mesi previsto dalla legge di conversione del decreto Ronchi, ovvero, se istituito in questo periodo, fino alla realizzazione del registro pubblico delle opposizioni al quale dovranno iscriversi le persone che non intendono ricevere questo tipo di telefonate.

Lo ha disposto l’Autorità con un provvedimento in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.

Aziende e call center che contatteranno gli utenti per fare promozione e offerte commerciali, dovranno quindi continuare a utilizzare solo banche dati effettivamente costituite sulla base degli elenchi telefonici precedenti al 1° agosto 2005. E non potranno chiedere il consenso degli interessati per futuri contatti né potranno cedere i dati che utilizzano a terzi.

Gli operatori che telefoneranno agli abbonati dovranno ad ogni contatto specificare per quale società chiamano e ricordare agli interessati i loro diritti. Ma soprattutto dovranno registrare immediatamente l’eventuale contrarietà dell’abbonato ad essere nuovamente contattato. L’utente che non intende essere più disturbato avrà il diritto di conoscere l’identificativo dell’operatore al quale ha comunicato la sua volontà.

Inoltre, i dati presenti nelle banche dati dovranno essere utilizzati solo a fini promozionali e non potranno in alcun modo essere usati per acquisire nuove informazioni o il consenso degli abbonati ad effettuare chiamate dopo la scadenza del periodo di deroga.

Il mancato rispetto del provvedimento comporta una sanzione amministrativa che va da 30 mila a 180 mila euro e che, nei casi più gravi, può raggiungere anche i 300 mila euro.

Roma, 30 dicembre 2009

Garante della Privacy: Wind mi deve rimborsare 200 euro per servizi non richiesti

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E oggi ci ha rimesso 200 euro anche Wind, così facciamo pari e patta.

Nel giugno scorso mi mandarono alcuni SMS che mi annunciavano l’attivazione di un paio di servizi non richiesti, che, tra le altre cose, non costano nemmeno poco, e che se volevo disattivare era necessario innescare una procedura che, come minimo, era un gran bel rompimento di zeri.

E’ partita la solita istanza di accesso ai dati e, poi, visto che si sono degnati di non rispondere (o, meglio, di rispondere, ma a un indirizzo in cui non risiedo e in cui non sono più residente da almeno 4 anni), è partito il ricorso.

Il Garante stavolta ci ha messo un po’ (6 mesi, è il dispositivo in assoluto più "ritardatario" che io abbia ricevuto) e sono 200 euro di rimborso, dunque.

Non solo, il Garante si è anche riservato ulteriori azioni nei confronti di Wind per quanto riguarda i servizi non richiesti in questione.

Il dispositivo integrale è scaricabile sotto forma di file .PDF

Garante della Privacy: “3” mi deve rimborsare 200 euro per SMS indesiderati

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"3" sarà anche un numero magico, ma in quanto a rispetto della privacy dei clienti lascia molto a desiderare.

Mi devono 200 euro, perché anche se è vero che è stato conferito l’assenso per il trattamento dei dati personali a fini di invio di SMS pubblicitari (promozione di servizi, tariffe etc…) è vero che si può recedere da questo assenso, e se loro non rispondono si può fare il ricorso al Garante della Privacy.

Che ha stabilito, appunto, tra le altre cose, che mi devono versare 200 euro.



Che, voglio dire, dopo che mi hanno cambiato unilateralmente le condizioni del contratto di abbonamento, male non sta loro davvero, no, decisamente no…

Il dispositivo integrale è scaricabile sotto forma di file .PDF

E’ uscito il mio libro “Difendere la privacy – Come colpire gli scocciatori al portafoglio.” Compràtelo, peccatori!

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Va bene, è ufficiale, è appena uscito per Lulu.com il mio secondo vanity-book, "Difendere la Privacy – Come colpire gli scocciatori al portafoglio" ISBN 978-1-4452-3356-7, 201 pagine (di cui la maggior parte di appendice, non illudetevi) in cui, tra il serio e il faceto, cerco di raccogliere (male!) la mia esperienza in tema di tutela della privacy dalle invasioni di spammer e pubblicitari selvaggi.

Costa (perché col cavolo che lavoro gratis!) 16,45 euro se lo comprate su Amazon, ma siccome nessuno è così fesso da farlo, potete pagarlo 12,27 euro e ci state larghi, semplicemente ordinandolo su Lulu.com.

Se proprio siete pidocchiosi, potete scaricarvi, certamente a pagamento, la versione digitale che costa 3,58 eurini tondi tondi (tondi?)

I link a cui collegarvi per l’acquisto sono:

http://www.lulu.com/product/scarica/difendere-la-privacy/6031062 (file PDF)

http://www.lulu.com/content/libro-a-copertina-morbida/difendere-la-privacy/7939667 (Acquista)

P.S.: Non chiedetemene una copia gratis perché col cavolo che ve la mando!

Le disposizioni del Garante della Privacy a tutela della famiglia di Pietro Marrazzo

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L’Autorità Garante per la privacy ha avviato l’esame della segnalazione con la quale Roberta Serdoz ha lamentato una violazione della sua sfera personale e familiare in relazione alle modalità con cui numerose testate giornalistiche hanno trattato la vicenda che ha coinvolto il marito, Piero Marrazzo.

L’istruttoria aperta dal Garante riguarda alcune testate, con particolare riferimento alla esposizione dei familiari, anche di minore età, e alla eventuale lesione dei diritti delle persone non coinvolte nell’inchiesta giudiziaria.

L’Autorità, riservandosi di adottare al termine dell’istruttoria eventuali provvedimenti inibitori, invita i mezzi di informazione ad applicare rigorosamente, anche in riferimento al caso Marrazzo, i principi del codice deontologico dei giornalisti e della Carta di Treviso e ad astenersi dal diffondere notizie e immagini relative ai familiari, in particolare dei figli, lesive della dignità della persona e della assoluta riservatezza che deve essere assicurata ai minori.

Roma, 13 novembre 2009

 

201 pagine

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Posta indesiderata: Critica Liberale deve risarcire le spese di procedimento

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Soprattutto alla luce di quanto approvato ieri sera al Senato, vale comunque la pena di battersi affinché il diritto di telefonata pubblicitaria indesiderata selvaggia diventi il diritto di essere lasciati in pace.

Ecco la parte finale del dispositivo con cui il Garante della Privacy, dopo la consueta istruttoria, stabilisce il rimborso di 150 euro a mio favore per le spese di procedimento per posta elettronica indesiderata:

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Via libera del Garante della Privacy alle telecamere esterne alla scuola. Ma con alcuni limiti.

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Via libera condizionato del Garante ad un impianto presso un istituto scolastico di Verona
Contro teppismo e atti vandalici nelle scuole le telecamere possono rappresentare uno strumento di prevenzione e deterrenza, ma vanno rispettate precise condizioni a tutela di ragazzi, docenti e personale scolastico. Le telecamere devono riprendere esclusivamente le mura esterne e funzionare solo negli orari di chiusura degli istituti.
 
È un sì condizionato quello con il quale il Garante privacy ha dato un via libera all’installazione di un impianto di videosorveglianza presso un istituto scolastico di Verona. L’impianto, sottoposto a verifica preliminare dell’Autorità, si inserisce in un più ampio progetto, denominato "Scuole sicure", messo a punto dalla provincia della città veneta con l’obiettivo di tutelare la sicurezza del patrimonio scolastico e di dissuadere da atti di vandalismo e teppismo.
 
L’impianto prevede l’installazione di sei telecamere in aree perimetrali esterne. Le telecamere, non inquadrano dettagli dei volti delle persone, sono segnalate da appositi cartelli, posizionati nelle vicinanze dei luoghi ripresi ed entrano in funzione solo in orari in cui le strutture scolastiche non sono presidiate da personale in servizio (dalle 22,30 alle 6,30). Le immagini, non visualizzate in tempo reale, vengono conservate in un server e cancellate dopo 72 ore. In caso di segnalazione di furti, atti di vandalismo o danneggiamenti le immagini vengono messe a disposizione di polizia e autorità giudiziaria.
 
Considerate le finalità di tutela del patrimonio perseguite dal sistema, l’Autorità ha ritenuto le misure adottate, le modalità di attivazione e le caratteristiche tecniche equilibrate, in linea con i principi affermati dalle norme sulla protezione dei dati personali e conformi con quanto stabilito dal Garante nel provvedimento generale in materia di videosorveglianza.
 
Ha tuttavia prescritto alla provincia l’adozione di specifiche misure al fine di assicurare maggiori garanzie per studenti, docenti e personale scolastico: limitazione dell’angolo di ripresa delle telecamere ai soli muri perimetrali dell’edificio, con esclusione delle aree esterne circostanti; visualizzazione delle immagini consentita solo a polizia e autorità giudiziaria; definizione, in accordo con il dirigente scolastico, degli orari di funzionamento delle telecamere in caso di attività all’interno della scuola che potrebbero iniziare e concludersi in coincidenza con l’orario di attivazione delle telecamere; adozione di misure che rendano visibili i cartelli anche di notte. Trattandosi di un progetto che riguarda anche altre scuole della provincia, l’Autorità ha spiegato che, qualora le caratteristiche dei sistemi di videosorveglianza da installare corrispondano a quelle autorizzate, non sarà necessario richiedere una ulteriore verifica preliminare.

Il testo dell’esposto di Berlusconi al Garante per la Privacy sui topless a Villa Certosa

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Ecco il testo dell’esposto che Silvio Berlusconi ha presentato all’Ufficio del Garante per la Protezione dei Dati Personali (pensavo di essere il solo che vi si rivolgeva per farsi rimborsare la pubblicità indesiderata da Tim, Findomestic, Barkleys e strozziname vario) e che ha dato luogo al sequestro delle foto con le ragazze in bikini e topless a Villa Certosa.

E’ ovvio che i magistrati che hanno dato ragione al Premier non appartengono a quei “grumi eversivi” che mirano a farlo saltare. Per cui, se adesso non conosciamo i particolari dei suoi festini in topless, potremo dire anche noi che è tutta colpa della Magistratura.


L’On. Silvio Berlusconi nato a Milano il 29/9/1936 e residente in Milano espone quanto segue: nel tardo pomeriggio del giorno 26/5/2009 il direttore di Panorama, Maurizio Belpietro, contattava uno dei miei legali, l’avvocato Niccolò Ghedini, rappresentandogli che ad un giornalista che collabora con la testata da lui diretta, il dottor Amadori, era giunta notizia che vi fossero alcune fotografie in vendita, che potevano apparire di particolare interesse in relazione agli attuali fatti di cronaca. Il dottor Belpietro veniva quindi informato che un fotografo di Olbia, tale Antonello Zappadu, residente in Olbia, offriva in vendita una serie di fotografie scattate all’interno della mia residenza sita in Olbia località Porto Rotondo, denominata Villa Certosa. Tali notizie erano riportate, come detto, al dottor Belpietro dal dottor Amadori, il quale narrava che già nel dicembre del 2008 lo Zappadu gli si era rivolto, prospettandogli l’opportunità di acquistare una serie di fotografie scattate a Villa Certosa. Amadori, che conosceva da lungo tempo lo Zappadu per motivi professionali, visionava alcune di queste foto e avvisava il vicedirettore di Panorama della situazione. Entrambi le ritenevano non rilevanti e la trattativa si interrompeva e nessun altro veniva posto a conoscenza dell’accaduto.

Nella giornata del 26 c.m. il dottor Amadori incontrava a Milano lo Zappadu che gli offriva nuovamente le foto, asserendo altresì di averne scattate delle altre nel periodo fra il Natale 2008 e gli inizi dell’anno 2009. Lo Zappadu asseriva che la situazione attuale di particolare clamore mediatico nei confronti del presidente del Consiglio e le imminenti elezioni politiche rendevano il materiale di eccezionale interesse. Affermava inoltre lo Zappadu, e ciò è di particolare rilievo, che tali foto erano state offerte al Gruppo Hachette-Rusconi e precisamente al direttore del settimanale Gente, dottoressa Monica Mosca. A dire dello Zappadu, Mosca era assolutamente interessata ad acquistarle ma si sarebbe riservata una decisione, dovendosi recare a Parigi per ottenere il consenso dall’editore, vista la cifra richiesta. Infatti lo Zappadu appalesava che il valore delle foto era quantificabile in ben 1 milione e mezzo di euro e che tale prezzo era correlato anche all’interesse dimostrato da giornali inglesi e francesi, quale ad esempio Paris Match, a cui sarebbe stato possibile per l’acquirente poi rivenderle. Lo Zappadu prospettava al dottor Amadori la possibilità di comprarle alla medesima cifra e per dimostrargli la serietà della trattativa con Rusconi gli inviava una bozza di contratto tra lui e l’editore. Gli inviava, inoltre, una serie di foto quale campione rispetto alle 700 totali, ribadendo la richiesta di 1 milione e mezzo e invitandolo a decidere con grande rapidità poiché la dottoressa Mosca sarebbe dovuta rientrare a breve da Parigi recandogli la risposta definitiva e a suo dire certamente positiva.

Il dottor Amadori, dopo aver visionato le foto, le consegnava al dottor Belpietro che le faceva pervenire, unitamente al contratto, all’avvocato Ghedini. Ghedini provvedeva a contattare telefonicamente la dottoressa Mosca per avvisarla che riteneva trattarsi di materiale di illecita provenienza, essendo stato commesso dallo Zappadu quantomeno il reato di cui all’art. 615 bis c.p. Si ricordava, fra l’altro, che lo Zappadu era già stata condannato in sede civile e dal Garante per la protezione dei dati personali oltre ad essere pendenti alcuni procedimenti penali nei suoi confronti per fatti analoghi, proprio commessi in danno dell’esponente specificatamente a Villa Certosa. La dottoressa Mosca rappresentava all’avvocato Ghedini che effettivamente era stata contattata dallo Zappadu, che le aveva offerto le fotografie il 20 o il 21 c.m. ma che non solo non aveva avviato una trattativa, né mai aveva ipotizzato di recarsi a Parigi dal suo editore, ma aveva chiaramente detto allo Zappadu di non essere interessata all’acquisto, anche perché a conoscenza delle condanne inflittegli, poiché essa stessa prima di dirigere il settimanale Gente lavorava presso il settimanale Oggi, dove erano state pubblicate nel 2007 le foto illegittimamente carpite in Villa Certosa. Appare quindi evidente il comportamento antigiuridico dello Zappadu che non solo ha commesso pacificamente il reato di cui all’6115 bis c.p. ma altresì ha tentato di procurarsi un ingiusto profitto prospettando l’indebita pubblicazione di materiale fotografico che avrebbe potuto provocare un evidente danno d’immagine ove maliziosamente prospettato, senza le facili spiegazioni che soltanto i diretti interessati avrebbero potuto fornire. Si osserva infatti, per completezza d’informazione, ancorché superflua rispetto alla commissione del reato, che un consistente gruppo di fotografie, pur essendovi i volti oscurati, verosimilmente ritrae nel maggio del 2008 l’allora primo ministro della Repubblica Ceca Topolanek, la sua famiglia, altro ministro del governo ceco, il loro seguito, oltre ad una serie di soggetti che erano stati ufficialmente convocati per le serate d’intrattenimento offerte a Topolanek. Si ricordi infatti che il Primo Ministro Ceco era stato ospite in Villa Certosa in quel periodo per circa una settimana.

L’altro gruppo di fotografie verosimilmente ritrae alcuni ospiti in Villa Certosa durante le vacanze natalizie 2008-09. Come è facile osservare dalle fotografie, si tratta di soggetti ripresi in momenti di assoluta intimità del tutto leciti e senza alcun particolare rilievo o connotazione, addirittura mentre si trovavano all’interno delle abitazioni poste a loro disposizione e ritratte mediante potenti ed intrusivi mezzi di riproduzione delle immagini. Appare evidente da quanto esposto che sono stati posti in essere comportamenti penalmente rilevanti. Chiedo pertanto che il Garante voglia adottare tutti i provvedimenti che riterrà opportuni ed in particolare l’inibizione di qualsivoglia utilizzo e o pubblicazione del materiale fotografico sopra indicato. Dichiaro di nominare quale mio difensore di fiducia nel presente procedimento l’avvocato Niccolò Ghedini.

Silvio Berlusconi

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Facebook, il Social Network e il Garante per la Privacy

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Il Garante della Privacy finalmente si è espresso sul Social Networking, e in particolare sul fenomeno Facebook, in modo chiaro.

A dire il vero le indicazioni c’erano anche nel 2008, ma, considerato che la Giornata Europea della Protezione dei Dati personali del 2009 ha come tema proprio il Social Network, ecco che le osservazioni del Garante cadono proprio come il cacio sui maccheroni.

Mi sembrano particolarmente interessanti le osservazioni di Mauro Paissan secondo cui “nel Regno Unito sarebbero quattro milioni e mezzo i ragazzi tra i 14 e i 21 anni che rischiano di subire ripercussioni negative sul proprio futuro lavorativo determinate dalle tracce lasciate in Internet. E che il 71 % dei ragazzi non vorrebbe mai che un’Università o un eventuale datore di lavoro cercasse informazioni in rete su di loro senza che loro stessi abbiano potuto prima cancellare i contenuti immessi nei Social network” (e ci credo!) mentre per l’Italia “accanto al crescente numero di utenti Facebook, si registra un parallelo aumento delle richieste di uscita dalla rete. Le persone che hanno già una propria visibilità tendono ora a chiamarsi fuori. Il non essere su Facebook diviene oggi segno di distinzione, il contrario di qualche mese fa.”

Insomma, ecco la sintesi dell’intervento del Presidente dell’Autorità Garante per la Protezione dei dati personali Francesco Pizzetti, leggetela che male non vi fa di certo.


Social network: attenzione a non cadere nella rete. Giornata Europea della protezione dei dati personali

Intervento di Francesco Pizzetti
Presidente dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali

(sintesi del’intervento)

Strumenti straordinari, ma attenti alle trappole
Il fenomeno dei social network è oggi in una fase esplosiva. Un numero crescente di utenti mettono il loro profilo su Facebook, MySpace, ASmallWorld e spalancano sul mondo le stanze dei propri ricordi, delle proprie abitudini, dei propri gusti per condividerli con gli altri sulla rete.

I social network sono “piazze virtuali” in cui ci si ritrova portando con sé e condividendo con altri fotografie, filmati, pensieri, indirizzi di amici e tanto altro. Offrono un’incredibile opportunità di incontro e un nuovo modo di sviluppare una vita di relazione senza limiti di spazio.


I social network rappresentano straordinari strumenti di innovazione sociale e contribuiscono a far sì che la rete sia sempre di più oggi il luogo dove si viene elaborando una nuova coscienza collettiva. Tuttavia, essi vengono usati da milioni di persone senza una perfetta conoscenza dei rischi ai quali si espone ed espone gli altri chi mette in rete e condivide informazioni.

Recenti e clamorosi usi inconsapevoli delle possibilità offerte dalle comunità on line e dai social network dimostrano che siamo in presenza di un fenomeno da affrontare con il necessario equilibrio, ma con la dovuta urgenza.

Si pensi al caso del ragazzo francese che ha visto la sua vita – vacanze, amici, dal lavoro dettagli intimi “postati” sul suo social network – pubblicata su un quotidiano. Ma si pensi anche ai veri e propri illeciti, come l’utilizzo di identità altrui per creare “falsi profili”, o il furto di informazioni personali per commettere truffe o soltanto per danneggiare chi queste informazioni ha messo on line.

Spesso è lo stesso termine di “community” a falsare la prospettiva: non sappiamo mai chi è veramente la nostra platea. Quando siamo nel mondo fisico possiamo vedere chi ascolta le nostre conversazioni, chi ci guarda. Nel mondo Internet le nostre informazioni si disseminano e non ne abbiamo più il controllo.

I rischi che è bene conoscere
Una volta messi sulla rete, i dati personali di un utente sono difficilmente cancellabili: un numero enorme di persone può conoscere le vostre confessioni più intime e chiunque

Il Garante: Telecom Italia viola le normative sulla privacy (e mi deve 250 euro!)

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Sono piccole, grandi soddisfazioni della vita quando Telecom Italia (no, dico, Telecom Italia) ti deve dare 250 euro per non aver adempiuto agli obblighi della legge sulla Privacy.

Ci si sente più leggeri, ma soprattutto si cammina con un sorrisetto di soddisfazione tronfio e sussiegoso.

Per quanti volessero leggersi il dispositivo con cui il Garante della Privacy dispone il tutto a mio favore, eccovi le immagini del dispositivo, che tra un po’ dovreste poter trovare anche sul sito istituzionale www.garanteprivacy.it.

Ah, tra parentesi di ricorsi ne ho vito un altro, quello contro American Express, non ve ne ho parlato per un sentimento di pura pietà umana. : - )

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Il Garante della Privacy dispone: Agos mi deve rifondere 250 euro per una pubblicita’ non richiesta

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Proprio ieri mi è stato recapitato da parte del Garante per la Protezione dei Dati personali il provvedimento con cui la finanziaria Agos Itafinco mi dovrà rimborsare 250 euro (di cui 150 anticipati per diritti di segreteria) per avermi spedito una pubblicità non desiderata e per non avere risposto nei tempi previsti dalla legge alla mia richiesta di cancellazione dei dati e, quindi, non aver rispettato il mio diritto ad essere lasciato in pace.

E con questo fanno tre rimborsi per giusta causa (i precedenti erano contro l’editore IMP e contro la Findomestic).

I provvedimenti si trovano qui:
http://www.garanteprivacy.it/garante/doc.jsp?ID=1491877

e qui: http://www.garanteprivacy.it/garante/doc.jsp?ID=1538601

Il provvedimento relativo a Agos Itafinco non è ancora stato pubblicato, ma lo sarà presto, quindi aggiornerò questo post quanto prima.

Spedire pubblicità indesiderata, o, comunque, trattare i dati personali di ciascuno in modo arbitrario può costare caro a chi lo fa.

In questo momento sono in istruttoria altri miei ricorsi contro:

a) American Express
b) Wikipedia (eh sì, la grande libertaria e liberticida fa orecchie da mercante quando si tratta di legittime richieste degli utenti…)
c) Telecom Italia
d) Barklays Bank

Domani dovrei far partire un altro ricorso contro una spammer italiana. Ve ne darò ampio conto.

Privacy: Findomestic mi deve rifondere 250 euro per pubblicità indesiderata

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NELLA riunione odierna, in presenza del Prof. Francesco Pizzetti, presidente e del dott. Giuseppe Chiavallotti, vicepresidente, del dott. Mauro Paissan e del dott. Giuseppe Fortunato, componenti e del dott. Giovanni Buttarelli, segretario generale,

VISTO il ricorso pervenuto al Garante il 15 aprile 2008, presentato da Valerio Di Stefano, nei confronti di Findomestic Banca S.p.A. con il quale il ricorrente, nel contestare la ricezione di alcune comunicazioni non sollecitate (volte a promuovere finanziamenti personali erogati dalla resistente medesima), ha riproposto le istanze previamente formulate, in data 12 marzo 2008, ai swensi degli artt. 7 e 8 del Codice in materia di protezione dei dati personali (d.lg 30 giugno 2003 n. 196), volte a ottenere la conferma dell’esistenza dei dati personali che lo riguardavano e la loro comunicazione in forma intelligibile, di conoscere l’origine dei dati stessi, la logica, le modalità e le finalità su cui si basa il trattamento, nonché i soggetti o le categorie di soggetti cui i dati possono essere comunicati; rilevato che l’interessato si è altresì opposto al rattamento dei dati che lo riguardano a fini commerciali e promozionali, sollecitandone a tal fine la cancellazione, e ha chiesto di porre a carico della resistente le spese del procedimento;

VISTI gli ulteriori atti d’ufficio (…)

(…omissis…)

TUTTO CIO’ PREMESSO IL GARANTE

a) dichiara non luogo a procedere sul ricorso;

b) determina nella misura forfettaria di euro 500 l’ammontare delle spese di procedimento posto, nella misura di 250 euro, previa compensazione della residua parte per giusti motivi, a carico di Findomestic Banca S.p.A., la quale dovrà liquidarli direttamente a favore del ricorrente.

Roma, 26 giugno 2008


Sono piccole, piccolissime vittorie contro soprusi che hanno il TAEG oltre il 16%. Prossimi ricorsi in ballo contro Agos e American Express. Stay Tuned.

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Il discorso del Garante della Privacy alla Camera dei Deputati

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da: www.radioradicale.it

Licenza: Creative Commons

Su Radioradicale i file cessano di essere scaricabili dopo tre settimane. Qui no.

Signor Presidente della Camera,

Autorità, Signore e Signori,

Anche nel 2007 l’Autorità è stata impegnata da nuovi fenomeni e questioni di straordinaria importanza.

Il bisogno di sicurezza continua ad essere avvertito come una priorità.

Le tecnologie si sviluppano senza sosta.

La facilità con la quale le informazioni possono essere raccolte ed utilizzate frammenta l’identità di ciascuno in mille pezzi e la ricompone continuamente attraverso mille prismi, nessuno dei quali dice davvero chi siamo.

I motori di ricerca, che ogni giorno accumulano pagine web cariche di tracce e notizie su di noi, sono i moderni caleidoscopi di una realtà che noi stessi alimentiamo ma che non dominiamo.

Il nostro ruolo è sempre più complesso e indispensabile.

Il riconoscimento delle Autorità di protezione dati, contenuto nella Carta dei diritti e nel Trattato di Lisbona e quanto accade, specialmente nei settori di Polizia e di Giustizia, dimostrano che queste Autorità sono componenti irrinunciabili di un “nuovo ordine istituzionale e politico europeo”, che con fatica si sta costruendo.

La Conferenza annuale delle Autorità europee, svoltasi in primavera a Roma, ha ribadito che la protezione dati è un aspetto fondamentale del modo di essere della società e segna i diversi stadi della cultura e della civiltà del nostro tempo.

Alle nostre Autorità si chiede di agire a trecentosessanta gradi, con un crescente ruolo dinamico e di impulso.

Ci sentiamo, e siamo, una Istituzione esperta in protezione dati, parte di un sistema-Paese che deve poter contare su di noi come strumento di modernizzazione e di crescita.

Tutta la nostra attività nel 2007 si è mossa in questa direzione.


L’attività del 2007

Se confrontiamo i dati del 2007 con quelli del 2006 emerge il cambiamento di ruolo.

L’Autorità si è concentrata soprattutto su provvedimenti relativi a grandi settori della vita sociale e sull’attività delle banche dati pubbliche e private.

I circa 500 provvedimenti collegiali adottati nel 2007 denotano una crescita della qualità dei provvedimenti e del rilievo della nostra attività nel suo complesso. Continua la lettura di “Il discorso del Garante della Privacy alla Camera dei Deputati”

Il Garante della Privacy sulla schedatura dei bambini ROM

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Il Garante per la protezione dei dati personali, anche con riferimento alle odierne notizie di stampa circa l’eventuale ricorso a forme di rilevazione anche biometriche (impronte digitali) estese pure ai minori, per finalità di identificazione o di censimento di comunità di nomadi, rilevando che tali modalità potrebbero coinvolgere delicati problemi di discriminazione, che possono toccare anche la dignità delle persone e specialmente dei minori, ha deliberato di chiedere informazioni alle Autorità competenti e in particolare ai Prefetti di Roma, Milano e Napoli.

Roma, 26 giugno 2008

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